Ricerche recenti

Il lavoro di Pesch ed il suo “Vangelo della Passione” databile al 37, i lavori di Robinson e di Carmignac, i lavori di H. Riesenfeld e di R. Riesner sul “processo formale della trasmissione” hanno scardinato il pregiudizio della storia delle forme e dimostrato la falsificazione dei presupposti del precedente metodo, senza però entrare mai nel consesso delle teorie più o meno ampiamente accettate.

Soltanto il mirabile studio di M. Hengel sul Vangelo secondo Marco, per la potenza delle argomentazioni che abbattevano il muro del post quem rappresentato dal 70 d.C. e mettevano in risalto il collegamento romano/petrino della sua predicazione, ha raggiunto un livello di condivisione piuttosto elevato. Significativo in tal senso è l’ostracismo che il mondo accademico ha mostrato nei confronti di padre O’Callaghan prima e di C.P. Thiede poi, il quale riprendendo ed in alcuni casi assolutizzando alcune idee del primo ha strenuamente sostenuto l’identificazione di un frammento qumranico, noto come 7Q5, con un passo del Vangelo secondo Marco, che ne avrebbe costretto la datazione al più tardi al quinto decennio del I secolo: su questa identificazione si sono venute a creare due vere e proprie schiere di pro e contro, che certo non hanno aiutato l’avanzamento delle ricerche ma anzi hanno spesso annacquato le ipotesi in campo con proposte alternative a volte al limite del ridicolo.

Non manca in questo quadro il trattamento riservato a quegli studiosi del campo cosiddetto “classico” (cioè impegnati nello studio della letteratura greca e latina) che hanno avuto l’ardore di provare ad applicare i loro metodi di indagine alla letteratura neotestamentaria, in particolare i quattro vangeli: questi studiosi sono giunti a risultati che soltanto l’applicazione di un reale metodo di studio scevro da qualsiasi “necessità accademica” può raggiungere, come il mirabile esempio del filologo classico W. Schadewaldt. Questi studiosi furono anche tacciati di intromettersi in discipline che non li riguardavano, fino ad essere contestati perfino nella tipologia del loro studio.

Fin dalle origini, la figura di Gesù di Nazareth ha alimentato aspre polemiche e divisioni laceranti: ancora oggi, a quasi 2000 anni dalla sua morte, non solo il campo religioso e teologico continua la “tradizione” di queste dispute, ma anche il campo esegetico e scientifico, quello che più di tutti si dovrebbe dimostrare neutrale ed impermeabile a discussioni ideologiche sulla sua figura, si è dimostrato alle volte più dogmatico nelle sue posizioni, più restio a rivalutare le sue acquisizioni e meno propenso al dialogo costruttivo di quanto a volte non lo siano i “fedeli” del Cristo. Per tutti valga quanto ebbe a scrivere un noto studioso contemporaneo, che criticando fortemente le posizioni assunte da Thiede e dalla scuola svedese guidata da B. Gerhardsson, così si esprime:

"Un vero manifesto di difesa programmatica dello status quo accademico, non troppo dissimile da quello messo in atto da caste e baronie, religiose e non, che dal medioevo sono giunte fino a noi, nel tentativo di difendere se stessi come simbolo da imitare nella ricerca scientifica. Ma la scienza non si fa con i simboli o adagiandosi su posizioni più o meno condivise, ma sulla scorta di metodologie e corrette indagini di studio non dare mai nulla per scontato e porsi sempre nuove domande: se così non fosse, la terra sarebbe un continente piatto poggiato sulle spalle di Atlantide."