Il Vangelo di Saulo di Tarso

Il quinto Vangelo

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Domus


Scopo della presente raccolta dei testi delle sette lettere sicuramente attribuibili a Paolo, è soprattutto quello di riscoprire, nei limiti del possibile, il vero Paolo, liberato dalle incrostazioni più o meno volontarie, che hanno parzialmente travisato o almeno annacquato, il suo formidabile messaggio.

L’autenticità delle lettere tradizionalmente attribuite a Paolo è stata messa in discussione per la prima volta nel secolo XIX dagli studiosi della scuola di Tubinga. In base alla sua teoria dialettica della storia, F.Ch. Baur, fondatore della scuola, sosteneva che Paolo avesse composto solo le quattro lettere maggiori (Romani, I e II Corinzi e Galati), le uniche in cui si rispecchiano le idee proprie del cosiddetto «partito paolino», contrarie a quelle della corrente che faceva capo a Pietro («partito petrino»).

Il problema è stato affrontato in seguito su un piano non più ideologico, ma letterario, storico e teologico. Il lungo lavoro di analisi letteraria ha portato a riconoscere l’autenticità di sette lettere, mentre per le altre sei l’orientamento comune è di negarne l’autenticità.

Si tratterebbe quindi di lettere scritte e pubblicate a nome di un personaggio che non ne è il vero autore. Per distinguerle da quelle sicuramente autentiche, queste sei lettere sono comunemente chiamate deutero-paoline. Diverso è il caso della lettera agli Ebrei, che non si presenta come opera di Paolo e quindi rappresenta un caso a sé.

Le lettere sicuramente autentiche si riconoscono senza difficoltà per il loro stile diretto e immediato e per lo stretto collegamento con gli eventi principali della vita dell’Apostolo. Nelle lettere deutero-paoline invece non solo lo stile, ma anche il lessico e la sintassi cambiano. Inoltre gli eventi in esse riportati sono estranei al corso della vita di Paolo, quale risulta dalle lettere autentiche e dagli Atti.

Le lettere deutero-paoline non sono più scritti «occasionali», ma adottano un genere letterario che le avvicina maggiormente all’«epistola», cioè a un trattato dottrinale in forma epistolare. Infine in queste lettere la figura e il ruolo di Paolo sono fortemente idealizzati. In definitiva, le lettere deutero-paoline sembrano rivolte a un uditorio più ampio, con lo scopo di inculcare alcune idee e di correggere certi errori. In esse si rispecchia un periodo storico successivo a quello dell’Apostolo, nel quale la chiesa sente ormai la necessità di preservare le autentiche tradizioni apostoliche e di difenderle nei confronti di chi divulga false dottrine.

La «scuola paolina» dunque non si è assunta solo il compito di preservare dall’oblio il messaggio dell’Apostolo raccogliendo i suoi scritti, ma ne ha determinato l’interpretazione divulgando arbitrariamente nuove lettere in suo nome e sotto la sua autorità. Il fatto quindi che alcune lettere non siano state scritte da lui costringe a rivedere in senso critico alcuni stereotipi che, a partire da esse, gli sono stati applicati. Paolo ha avuto molti contrasti sulla interpretazione del Vangelo di Gesù, sia in vita che dopo. Le sue lettere originali hanno rischiato di non entrare nel Nuovo Testamento se non per le lettere deutero-paoline, allora a Paolo attribuite, che facevano rientrare il suo insegnamento nell'alveo istituzionale, alterando di fatto il suo vero pensiero.

Le lettere deutero-paoline sono sicuramente favorevoli a Paolo, ma sono state dettate dal desiderio di non essere troppo dure nei confronti delle autorità precostituite (uguaglianza tra uomini e donne, uguaglianza con gli schiavi, etc.), di non correre il rischio di essere escluse dal canone cristiano (se non addirittura tacciate di eresia) e dall'innato desiderio, di chi ritiene di esserne l'arbitro, di mediare il suo insegnamento che altrimenti avrebbe potuto portare fuori strada chi non ritenuto debitamente preparato. Tentazione mai scomparsa nella Chiesa.

Per secoli l’insegnamento di Paolo è stato letto attraverso la lente di queste lettere, le quali hanno così raggiunto lo scopo di imporre a generazioni di lettori l’interpretazione che ne davano i loro autori. La diretta conseguenza di questo tentativo è che la sua novità è stata persa in favore di una visione moderata e giudaizzante del cristianesimo che da Roma si è diffusa poi in tutto il mondo occidentale.

È in forza di questa interpretazione addomesticata di Paolo che sono stati attribuiti a lui molti punti di vista non suoi, quali la difesa della struttura gerarchica della società e della chiesa, l’importanza della tradizione, l’obbedienza alle autorità civili, la sottomissione della donna all’uomo. Quello che a suo tempo era stato il paladino della novità evangelica è stato additato come un fautore dell’ordine costituito. La Chiesa si è così privata di quella dimensione sovversiva del vangelo di Gesù di cui Paolo era il portatore, ripiegandosi su posizioni di comodo e accettando il connubio con il potere politico, spesso tirannico e corrotto.

Per la maggior parte dei nostri contemporanei il vero Paolo è ancora rimasto purtroppo un illustre sconosciuto. A ciò hanno contribuito l' enorme lontananza nel tempo e nello spazio, il suo stile spesso di difficile interpretazione e molto passionale, ma soprattutto il carattere fortemente innovatore delle sue idee, troppo avanzate per i suoi tempi e non solo per quei tempi. Potremmo dire che più che i discepoli di Gerusalemme, ancora fortemente intrisi di legge mosaica e incerti sulla interpretazione delle forti libertà annunciate da Gesù, Paolo al contrario comprende e interiorizza il nucleo centrale del messaggio evangelico, libero da leggi, tradizioni e compromessi; sorprendentemente, vista la sua educazione ebraica fortemente convenzionale.

Paolo, sicuramente a conoscenza degli insegnamenti di Gesù, ne comprende, in spirito, il più profondo significato; lo vuole condividere con le sue comunità che comunque ne trovavano difficile la comprensione più profonda. Potremmo anche azzardare a dire che oggi Paolo probabilmente troverebbe le stesse difficoltà nel predicare nelle nostre chiese il nucleo più profondo del messaggio di Dio: eliminazione di ogni forma di violenza, anche spirituale; eliminazione di ogni forma di potere, anche religioso; eliminazione di ogni forma di discriminazione tra credenti e non credenti, tra cristiani e professanti altre religioni; tra padroni e schiavi, tra poveri e ricchi, tra uomini e donne. Nella comunità della fratellanza universale egli vede l’ambito per un’esperienza di libertà basata non sull’osservanza di norme, riti e decreti, ma su un amore vissuto: l'amore motore del mondo; non di un Dio "fuori" su nei cieli, ma di un Dio "dentro" di noi che ascolta, condivide, consola e guida.

L’esperienza di Paolo, liberato dalle sovrastrutture che gli sono state imposte dai redattori del suo epistolario postumo, diventa oggi quanto mai significativa. In un mondo che si è liberato da tanti condizionamenti e ha affermato in termini chiarissimi la dignità della persona umana, Paolo appare in modo sempre più chiaro come un maestro di libertà, di unità e di fratellanza tra i popoli (l'Apostolo delle genti).
Il suo contributo consiste non tanto nella riaffermazione dei diritti della persona, quanto piuttosto nell’abbattimento di tutte quelle barriere che impediscono una vera trasformazione della convivenza umana. In nome di Gesù egli annunzia la nascita di un mondo nuovo, senza barriere, in cui la globalizzazione si trasforma in una solidarietà universale.

Le sette lettere sicuramente autentiche, hanno consentito una nuova valutazione dell’insegnamento di Paolo. Al di fuori degli schemi del passato ha così cominciato a riemergere la figura storica del grande Apostolo il quale potrebbe di nuovo avere la possibilità di giocare un ruolo di primo piano nella stanca Chiesa di oggi.
Queste lettere, liberate da inserti post-paolini, possono rappresentare a tutti gli effetti un quinto Vangelo, il Vangelo di Paolo.



Ing. Emerito Maurizio Ammannato