Ing. Emerito Maurizio Ammannato

Family Mgr. Giustina Ammannato

Gen. Sergio Ammannato

Dopo più di 60 anni, casualmente è spuntata fuori da un vecchio album di fotografie, una lettera scritta nel 1960 a mio padre, suo Comandante, da un Tenente di fanteria del secondo battaglione Folgore di stanza a Banne (Opicina) - Trieste. Ne riporto il testo ma non l'autore poiché non ritracciabili i suoi familiari a cui chiedere il diritto di pubblicazione. Questo Tenente, morì tre anni dopo, al servizio della sua Nazione.

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Scuola di Guerra
Palazzina H – Interno 8
CIVITAVECCHIA (Roma)

Banne, li 11/XI/960

"Pregiatissimo Sig. Maggiore,
Le porgo i miei, e della mia fidanzata, più sinceri saluti. Ieri ho ricevuto la sua graditissima e la ringrazio di avermi scritto. Non riesco a liberarmi dai pregiudizi che la nostra vita corrente ci impone, ed ho quindi, iniziato questa mia con il “pregiatissimo”, ma il termine che avrei voluto usare non è esattamente questo. Se l’avessi usato avrebbe espresso minore riguardo formale, ma sarebbe stato più vero e più profondo. In ogni caso è lo stesso termine con cui lei ha iniziato la Sua: scusi se mi permetto questa confidenza.

Scrivendola, ora, mi pare quasi di riallacciare dei rapporti forzatamente, brutalmente interrotti il 1° novembre alle 13:20 , e che non furono rapporti di mera subordinazione , freddamente filtrati attraverso il regolamento di disciplina, bensì di natura ancora più elevata spiritualmente, in cui la disciplina stessa si sublima.

“Soldati” lo si deve essere per amore: il regolamento e la dottrina, se non c’è il cuore, l’animo, il sentire, non potranno mai fare di un uomo un Soldato. Lei è stato per me, e per gli altri pochi “mondi di cuori” (e mi scusi la presunzione di annoverarmi tra questi) ma anche per chi non lo era e non lo è, il Comandante di cuore. Cioè colui che per nobiltà di azione di comando, per l’esempio costante, per la bontà e serietà che metteva nelle Sue azioni, per l’onestà delle proprie convinzioni, per la delicatezza del suo tratto, ci ha reso la subordinazione qualcosa di sentito; ci ha portato all’obbedienza non solo “pronta, rispettosa ed assoluta”, ma appassionata e sentita da noi nei suoi confronti come preciso e imprescindibile dovere perché chiesta con l’esempio e non imposta con sterile azione autoritaria.

Io le sono stato più vicino degli altri e più degli altro ho da Lei imparato. Da parte mia forse non ho fatto tutto quello che dovevo. Quel poco che ho fatto è niente per ciò che un Soldato dovrebbe essere capace di fare, seguendo la massima di d’azegliana memoria che “…quando tutto si è dovuto alla Patria, non si è mai dato abbastanza”.

In compenso l’ho conosciuta meglio degli altri, più intimamente, cioè non solo come Comandane (e per me “Il Comandante”) ma come uomo, come (mi permetta) amico e le confesso che sono rimasto ammirato dalle Sue doti umane, dalle Sue capacità professionali e, soprattutto, morali. In questa ammirazione è la grande lezione, durata per un anno intero, che lei mi ha dato e per cui La ringrazio di cuore.

Ho voluto ringraziarLa, signor maggiore, con quel mio modesto ricordo (l’album delle foro dell’anno a Banne), ho scelto l’Aquila come simbolo poiché essa ha un valore specifico, significativo, esso è il mio fervido e spontaneo augurio perché la Sua vita futura, umana e professionale, sia ricca di tutte le soddisfazioni, di tutti i beni che un Ufficiale come Lei merita.

Ho preso Lei, signor Maggiore, come mio modello spirituale e, spero (se resterò in questa Santa Fanteria) che con l’esperienza che ancora ho da acquisire, di riuscire a portarmi alle vette raggiunte da Lei che, grazie a Dio, ne ha di ben più alte da conquistare. Il nostro esercito ha bisogno di Comandanti come lei e come il sig. Magg. Veri; di questi “calibri” non se ne trovano tutti i giorni!

Ci credo, sig. Maggiore, che avverte la nostalgia di tutti noi per quanto Lei non si sia mai dimostrato sentimentale (io so che lo è: mi scusi ancora questa impertinenza) ed a questa sua nostalgia fa eco profonda la nostra di Lei. Io, poi, (che sono un sentimentale) la rivedo sempre in mezzo a noi al flipper, in questa stanzetta da cui Le sto scrivendo, alla televisione, alla Santa Messa della Domenica, nella campagnola e quando da questa scendeva in anticipo perché la guardia si schierasse alla porta prima che lei apparisse ed in cento altri piccoli particolari. E come me, tutti la ricordano, Bernardini (Baffo), Noreisi (Putiferio), de Pinto (Nodino) e gli altri.

In questa reciproca nostalgia, sig. Maggiore, è la testimonianza che noi siamo vicini a Lei, e Lei a noi: questo è il vero motivo che fa del “II/82° Folgore il “Suo Battaglione”!

Son certo che Lei sarà lieto di fare l’aggiunto di tattica perché questa è una materia “sua” e poi la insegnerà al Corso Superiore! Per lei non è troppo ciò, ma il tempo farà il resto e, nel resto, ne sono certo, sono anche compresi gli alamari.

Si “annoia”? Non ci credo; chi è ricco di vitalità interiore, chi ha una famiglia come la sua, non può annoiarsi e poi …il “folgorino” trae motivo di formazione dalla noia stessa. La noia per il folgorino è “meditazione”, è “raccoglimento interiore” è “profonda introspezione della propria anima”. Se fosse qui, oggi (ore 19:30) sentirebbe quel terribile silenzio che rende “spoglia” la caserma come le ultime domeniche che lei ha trascorso qui, solo. Anzi mi avrebbe già invitato alla “Vecia bottana” per non restare sepolti nel silenzio. Quindi meglio che si riposi e si “annoi” vicino alla Sua Famiglia.

Non chiede “troppo” Sig. Maggiore per le mostrine, anzi mi offre ancora la possibilità di potere simbolicamente testimoniare il ricordo del “Comandante” vivo nello spirito di un folgorino; ricordo che sarebbe ignominiosamente macchiato dal “contrassegno” che lei […] mi consiglia. Ed io profitto che lei non sia qui in persona, per disubbidirLa, accludendole alla presente. Se non facessi così, non ci sarebbe più il valore simbolico. [….]

Sig. maggiore, La saluto associando al mio, il saluto della mia ragazza colpita dalla sua gentilezza (chissà cosa si immaginava a sentir parlare di “Comandante”: è poi rimasta entusiasta del nostro ambiente).

Il viaggio è andato bene? E la “Topolino” come sta? Le mando il saluto del battaglione più affettuoso e quello dei colleghi … tutti. Mi perdoni il tono, che , nello scrivere, mi sono permesso di usare.. ma ora non sono più ai suoi ordini!

Se lo avessi fatto prima, avrei potuto essere scambiato per un “violino”; adesso invece non è così.

Ella ci ha lasciato “qualcosa” al II Battaglione Folgore, che non è svanito con la Sua partenza, ma che La tiene vivo nel nostro cuore.

Nel grato e amichevole ricordo di Lei come Soldato e come Comandante, nuovamente, devotamente, La saluto inviandole una foglia della casera di Banne, un sasso grigio ed appuntito del monte San Michele, un pugno di terra di Vedetta Alice con il grido del “Secondo: Folgore”!

Devoti ossequi alla Signora e cordiali saluti ai suoi ragazzi.

Ten. .............."