APP 4.I Viaggi di Gesù

POICHÉ Gonod portava i saluti dei principi dell’India a Tiberio, il sovrano romano, il terzo giorno dopo il loro arrivo a Roma i due Indiani e Gesù si presentarono davanti a lui. Lo scontroso imperatore era eccezionalmente di buon umore quel giorno e chiacchierò a lungo con i tre. Dopo che essi l’ebbero lasciato, l’imperatore, alludendo a Gesù, fece osservare all’aiutante di campo che stava alla sua destra: “Se io avessi il portamento regale e i modi cortesi di quell’uomo sarei un vero imperatore, eh?”

Durante il suo soggiorno a Roma, Ganid ebbe degli orari regolari per lo studio e per le visite ai luoghi interessanti della città. Suo padre aveva molti affari da trattare, e poiché desiderava che crescendo suo figlio divenisse il suo degno successore nella direzione dei suoi vasti interessi commerciali, stimò fosse giunto il momento d’introdurre il giovane nel mondo degli affari. C’erano molti cittadini dell’India a Roma, e spesso uno degli stessi impiegati di Gonod lo accompagnò come interprete, cosicché Gesù ebbe giornate intere a disposizione; ciò gli diede il tempo di familiarizzarsi completamente con questa città di due milioni di abitanti. Egli andava frequentemente al foro, centro della vita politica, giuridica e degli affari. Saliva spesso al Campidoglio e meditava sulla schiavitù ignorante in cui erano tenuti questi Romani mentre contemplava questo magnifico tempio dedicato a Giove, a Giunone e a Minerva. Passava anche molto tempo sul colle Palatino, dove si trovava la residenza dell’imperatore, il tempio di Apollo e le biblioteche greca e latina.

In quest’epoca l’Impero Romano includeva tutta l’Europa meridionale, l’Asia Minore, la Siria, l’Egitto ed il nordovest dell’Africa; ed i suoi abitanti comprendevano cittadini di tutti i paesi dell’emisfero orientale. La ragione principale per la quale Gesù aveva acconsentito a fare questo viaggio era il suo desiderio di studiare questo aggregato cosmopolita di mortali sulla Terra e di mescolarvisi.

Gesù imparò molto sugli uomini mentre era a Roma, ma la più preziosa di tutte le molteplici esperienze del suo soggiorno di sei mesi in quella città fu il suo contatto con i capi religiosi della capitale dell’impero e l’influenza che esercitò su di loro. Entro la fine della prima settimana a Roma, Gesù aveva individuato i dirigenti più qualificati dei Cinici, degli Stoici e dei culti dei misteri, in particolare del gruppo mitraico, ed aveva fatto conoscenza con loro. Fosse o meno manifesto a Gesù che gli Ebrei avrebbero respinto la sua missione, egli prevedeva più certamente che i suoi messaggeri sarebbero venuti ben presto a Roma a proclamare il regno dei cieli. Perciò s’impegnò, nella maniera più stupefacente, a preparare la via per il migliore e più sicuro accoglimento del loro messaggio. Egli scelse cinque eminenti Stoici, undici Cinici e sedici dirigenti del culto dei misteri e passò molto del suo tempo libero per quasi sei mesi in stretta associazione con questi insegnanti religiosi. E questo fu il suo metodo d’istruzione: non una sola volta attaccò i loro errori o menzionò i difetti dei loro insegnamenti. In ciascun caso sceglieva la verità in ciò che essi insegnavano e poi procedeva ad abbellire ed a chiarire questa verità nella loro mente in modo tale che in brevissimo tempo questa elevazione della verità scacciava efficacemente l’errore ad essa collaboratore. E così questi uomini e queste donne istruiti da Gesù furono preparati a riconoscere in seguito le verità aggiuntive e similari negli insegnamenti dei primi missionari cristiani. Fu questa pronta accettazione degli insegnamenti dei predicatori del Vangelo che diede un così potente impulso alla rapida diffusione del Cristianesimo a Roma e da là in tutto l’impero.

Il significato di questa rimarchevole opera può essere meglio compreso se si tiene presente che di questo gruppo di trentadue capi religiosi istruiti da Gesù a Roma soltanto due non diedero frutti. Gli altri trenta furono di capitale importanza nell’insediamento del Cristianesimo a Roma, ed alcuni di loro aiutarono anche a fare del principale tempio mitraico la prima chiesa cristiana di quella città. Noi che osserviamo le attività umane da dietro le quinte e alla luce di diciannove secoli di tempo, riconosciamo giusto tre fattori di suprema importanza nel periodo iniziale di preparazione per la rapida diffusione del Cristianesimo in Europa, e sono:

1. La scelta ed il mantenimento di Simon Pietro come apostolo.

2. Il colloquio a Gerusalemme con Stefano, la cui morte portò a convincere Saul di Tarso.

3. La preparazione preliminare di questi trenta Romani per la successiva direzione della nuova religione a Roma ed in tutto l’impero.

Nel corso di tutte le loro esperienze, né Stefano né i trenta selezionati compresero mai che avevano a suo tempo parlato con l’uomo il cui nome era divenuto il soggetto del loro insegnamento religioso. L’opera di Gesù nei confronti dei trentadue che aveva scelto in origine fu interamente personale. Nelle sue attività con questi individui lo Scriba di Damasco non ne riuniva mai più di tre per volta, raramente più di due, mentre più spesso li istruiva singolarmente. Egli poté compiere questa grande opera d’istruzione religiosa perché questi uomini e queste donne non erano prigionieri delle tradizioni; non erano vittime di preconcetti radicati su tutti gli sviluppi religiosi del futuro.

Molte volte nel corso degli anni immediatamente successivi Pietro, Paolo e gli altri insegnanti cristiani di Roma sentirono parlare di questo Scriba di Damasco che li aveva preceduti e che aveva così evidentemente preparato (a loro avviso inconsapevolmente) la via per la loro venuta con il nuovo Vangelo. Sebbene Paolo non abbia mai realmente sospettato l’identità di questo Scriba di Damasco, poco tempo prima della sua morte, a causa della somiglianza delle descrizioni della persona, giunse alla conclusione che il “fabbricante di tende di Antiochia” fosse anche lo “Scriba di Damasco”. In un’occasione, mentre predicava a Roma, Simon Pietro, ascoltando una descrizione dello Scriba di Damasco, sospettò che questo individuo potesse essere stato Gesù, ma respinse prontamente questa idea, sapendo benissimo (così egli credeva) che il Maestro non era mai stato a Roma.

1. I veri valori

Fu con Angamon, il capo degli Stoici, che Gesù ebbe un colloquio di un’intera notte all’inizio del suo soggiorno a Roma. Quest’uomo divenne più tardi un grande amico di Paolo e si rivelò un potente sostegno della Chiesa cristiana a Roma. In sostanza, e riesposto in linguaggio moderno, ecco ciò che Gesù insegnò ad Angamon:

Il criterio dei veri valori deve essere cercato nel mondo spirituale e sui livelli divini della realtà eterna. Per un mortale ascendente tutti i criteri più bassi e materiali devono essere considerati transitori, parziali ed inferiori. Lo scienziato, in quanto tale, è limitato alla scoperta della relazione tra i fatti materiali. Tecnicamente egli non ha diritto di affermare di essere materialista o idealista, perché così facendo ha presunto di abbandonare il comportamento del vero scienziato, poiché tutte queste rivendicazioni di comportamento sono l’essenza stessa della filosofia.

A meno che la percezione morale e la realizzazione spirituale dell’umanità non siano accresciute in proporzione, il progresso illimitato di una cultura puramente materialistica può diventare alla fine una minaccia per la civiltà. Una scienza puramente materialistica nasconde in se stessa il germe potenziale della distruzione di ogni sforzo scientifico, perché un simile comportamento presagisce il crollo finale di una civiltà che ha abbandonato il suo senso dei valori morali ed ha ripudiato la sua meta spirituale di realizzazione.

Gli scienziati materialisti e gli idealisti estremi sono destinati ad essere sempre in disaccordo. Questo non è il caso di quegli scienziati ed idealisti che posseggono un criterio comune di valori morali elevati e di livelli spirituali sperimentati. In tutte le epoche gli scienziati ed i religiosi devono riconoscere che sono sottoposti a giudizio davanti al tribunale dei bisogni umani. Essi devono astenersi dal guerreggiare tra di loro mentre si sforzano validamente di giustificare la loro persistente sopravvivenza per mezzo di una devozione accresciuta al servizio del progresso umano. Se la cosiddetta scienza o la pretesa religione di un’epoca sono false, allora bisogna che purifichino le loro attività o che scompaiano davanti all’emergere di una scienza materiale o di una religione spirituale di un ordine più autentico e più meritorio.

2. Il bene ed il male

Mardus era il capo riconosciuto dei Cinici di Roma e divenne un grande amico dello Scriba di Damasco. Giorno dopo giorno egli conversava con Gesù e sera dopo sera ascoltava il suo insegnamento superno. Fra le più importanti discussioni con Mardus vi fu quella destinata a rispondere alla domanda di questo Cinico sincero sul bene e sul male. In sostanza, e nel linguaggio del ventesimo secolo, Gesù disse:

Fratello mio, il bene ed il male sono semplicemente delle parole che simbolizzano i livelli relativi della comprensione umana dell’Universo osservabile. Se si è eticamente pigri e socialmente indifferenti, si può prendere come criterio del bene gli usi sociali correnti. Se si è spiritualmente indolenti e moralmente non progressivi, si possono prendere come criteri del bene le pratiche e le tradizioni religiose dei propri contemporanei. Ma l’anima che sopravvive al tempo ed emerge nell’eternità deve fare una scelta vivente e personale tra il bene ed il male, quali sono determinati dai veri valori dei criteri spirituali stabiliti dallo spirito divino che il Padre Celeste ha mandato ad abitare nel cuore dell’uomo. Questo spirito interiore è il criterio della sopravvivenza della personalità.

La bontà, come la verità, è sempre relativa ed immancabilmente contrastata dal male. È la percezione di queste qualità di bontà e di verità che permette alle anime in evoluzione degli uomini di prendere quelle decisioni di scelte personali che sono essenziali alla sopravvivenza eterna.

L’individuo spiritualmente cieco che segue con logica il dettato scientifico, gli usi sociali e i dogmi religiosi si trova in grande pericolo di sacrificare la sua indipendenza morale e di perdere la sua libertà spirituale. Tale anima è destinata a diventare un pappagallo intellettuale, un automa sociale ed uno schiavo dell’autorità religiosa.

La bontà si eleva sempre verso nuovi livelli d’accresciuta libertà di autorealizzazione morale e di conseguimento di una personalità spirituale - la scoperta del Spirito interiore e l’identificazione con lui. Un’esperienza è buona quando aumenta l’apprezzamento della bellezza, accresce la volontà morale, eleva il discernimento della verità, sviluppa la capacità di amare e di servire i propri simili, esalta gli ideali spirituali ed unifica i motivi umani supremi del tempo con i piani eterni del Spirito interiore. Tutto ciò conduce direttamente all’accresciuto desiderio di fare la volontà del Padre, favorendo così la passione divina di trovare Dio e di essere più simili a lui.

A mano a mano che salirete la scala universale di sviluppo delle creature, troverete un aumento della bontà ed una diminuzione del male in perfetta armonia con la vostra capacità di sperimentare la bontà e di discernere la verità. L’attitudine a commettere degli errori o a praticare il male non sarà interamente perduta fino a che l’anima umana ascendente non raggiungerà i livelli spirituali ultimi.

La bontà è vivente, relativa, sempre in progresso, invariabilmente un’esperienza personale ed eternamente correlata con il discernimento della verità e della bellezza. La bontà si trova nel riconoscimento dei valori positivi di verità del livello spirituale che deve, nell’esperienza umana, essere contrastato dalla contropartita negativa - le ombre del male potenziale.

Finché non raggiungerete i livelli paradisiaci, la bontà sarà sempre più una ricerca che un possesso, più una meta che un’esperienza di conseguimento. Ma anche quando si ha fame e sete di rettitudine, si prova una crescente soddisfazione nel parziale raggiungimento della bontà. La presenza del bene e del male nel mondo è in se stessa una prova positiva dell’esistenza e della realtà della volontà morale dell’uomo, la personalità, che identifica così questi valori ed è anche capace di scegliere tra di essi.

Nel momento in cui si raggiunge il Paradiso, la capacità del mortale ascendente d’identificare l’io con i veri valori spirituali s’è ampliata al punto da raggiungere la perfezione del possesso della luce della vita. Una tale personalità spirituale perfezionata diviene così completamente, divinamente e spiritualmente unificata con le qualità positive e supreme della bontà, della bellezza e della verità che non sussiste alcuna possibilità per questo spirito retto di proiettare una qualche ombra negativa del male potenziale quando è esposto alla penetrante luminosità della divina luce dei Sovrani infiniti del Paradiso. In tutte queste personalità spirituali la bontà non è più parziale, contrastante e relativa; essa è divenuta divinamente completa e spiritualmente repleta; si avvicina alla purezza e alla perfezione del Supremo.

La possibilità del male è necessaria alla scelta morale, ma non lo è la sua attualità. Un’ombra è solo relativamente reale. Il male attuale non è necessario come esperienza personale. Il male potenziale agisce egualmente bene come stimolo alla decisione nei regni del progresso morale sui livelli inferiori dello sviluppo spirituale. Il male diventa una realtà dell’esperienza personale solo quando una mente morale fa del male la sua scelta.

3. Verità e fede

Nabon era un Ebreo greco ed il più eminente tra i capi del principale culto dei misteri a Roma, quello mitraico. Anche se questo sommo sacerdote del Mitraismo ebbe numerosi incontri con lo Scriba di Damasco, fu più durevolmente influenzato dalla loro discussione sulla verità e la fede che ebbero una sera. Nabon aveva pensato di convertire Gesù e gli aveva anche suggerito di ritornare in Palestina come insegnante mitraico. Egli non realizzava che Gesù lo stesse preparando a diventare uno dei primi convertiti al Vangelo del Regno. Riesposto in terminologia moderna, la sostanza dell’insegnamento di Gesù fu:

La verità non si può definire con parole, ma soltanto vivendola. La verità è sempre qualcosa di più della conoscenza. La conoscenza concerne le cose osservate, ma la verità trascende questi livelli puramente materiali nel senso che si associa alla saggezza ed ingloba degli imponderabili come l’esperienza umana ed anche le realtà spirituali e viventi. La conoscenza ha origine nella scienza; la saggezza nella vera filosofia; la verità nell’esperienza religiosa della vita spirituale. La conoscenza si occupa dei fatti, la saggezza delle relazioni, la verità dei valori della realtà.

L’uomo tende a cristallizzare la scienza, a formulare la filosofia e a dogmatizzare la verità perché è mentalmente pigro nell’adattarsi alle lotte progressive della vita ed è anche terribilmente timoroso dell’ignoto. L’uomo naturale è lento ad avviare dei cambiamenti nelle proprie abitudini di pensiero e nelle proprie tecniche di vita.

La verità rivelata, la verità scoperta personalmente, è la gioia suprema dell’anima umana; essa è la creazione congiunta della mente materiale e dello spirito interiore. La salvezza eterna di quest’anima che discerne la verità e che ama la bellezza è assicurata da quella fame e sete di bontà che portano questo mortale a sviluppare un’unicità di proposito: quella di fare la volontà del Padre, di trovare Dio e di divenire simile a lui. Non c’è mai conflitto tra la vera conoscenza e la verità. Può esservi conflitto tra la conoscenza e le credenze umane, credenze influenzate dai pregiudizi, deformate dalla paura e dominate dal timore di affrontare dei fatti nuovi di scoperta materiale o di progresso spirituale.

Ma la verità non può mai divenire possesso dell’uomo senza l’esercizio della fede. Ciò è vero perché i pensieri, la saggezza, l’etica e gli ideali dell’uomo non si eleveranno mai più in alto della sua fede, della sua sublime speranza. Ed ogni tale vera fede è basata su una riflessione profonda, un’autocritica sincera ed una coscienza morale intransigente. La fede è l’ispirazione dell’immaginazione creativa permeata dallo spirito.

La fede agisce per liberare le attività super-umane della scintilla divina, il germe immortale che vive dentro la mente dell’uomo e che è il potenziale della sopravvivenza eterna. Le piante e gli animali sopravvivono nel tempo mediante la tecnica consistente nel trasmettere da una generazione all’altra delle particelle identiche di se stessi. L’anima umana (la personalità) dell’uomo sopravvive alla morte del corpo grazie all’associazione d’identità con questa scintilla interiore della divinità che è immortale e che funziona per perpetuare la personalità umana su un livello continuo e superiore dell’esistenza universale progressiva. Il seme nascosto dell’anima umana è uno spirito immortale. La seconda generazione dell’anima è la prima di una successione di manifestazioni della personalità nelle esistenze spirituali e progressive, che terminano solo quando questa entità divina raggiunge la sorgente della sua esistenza, la sorgente personale di ogni esistenza, Dio, il Padre Universale.

La vita umana continua - sopravvive - perché ha una funzione nell’Universo, il compito di trovare Dio. L’anima dell’uomo attivata dalla fede non può fermarsi prima d’aver raggiunto questa meta del destino; ed una volta che ha raggiunto questa meta divina, essa non può più avere fine perché è divenuta simile a Dio - eterna.

L’evoluzione spirituale è un’esperienza della scelta crescente e volontaria della bontà accompagnata da una diminuzione uguale e progressiva della possibilità del male. Con il raggiungimento della finalità della scelta della bontà e della piena capacità dell’apprezzamento della verità, nasce una perfezione della bellezza e della santità la cui rettitudine inibisce eternamente la possibilità di emergere anche del concetto del male potenziale. Una tale anima che conosce Dio non proietta alcuna ombra di sospetto del male quando funziona su un livello spirituale così elevato di bontà divina.

La presenza dello spirito del Paradiso nella mente dell’uomo costituisce la promessa di rivelazione e l’impegno di fede di un’esistenza eterna di progressione divina per ogni anima che cerca di raggiungere l’identità con questo frammento spirituale immortale ed interiore del Padre Universale.

Il progresso nell’Universo è caratterizzato da una libertà crescente della personalità, perché essa è associata al raggiungimento progressivo di livelli sempre più elevati di autocomprensione e di conseguente volontaria autolimitazione. Il raggiungimento della perfezione nell’autolimitazione spirituale equivale al completamento dell’indipendenza nell’Universo e della libertà personale. La fede nutre e mantiene l’anima dell’uomo in mezzo alla confusione del suo orientamento iniziale in questo vasto Universo, mentre la preghiera diviene la grande unificatrice delle diverse ispirazioni dell’immaginazione creativa e degli impulsi della fede di un’anima che tenta d’identificare se stessa con gli ideali spirituali della divina presenza interiore associata.

Nabon fu grandemente impressionato da queste parole, come lo fu da ciascuno dei suoi colloqui con Gesù. Queste verità continuarono ad ardere nel suo cuore ed egli fu di grande aiuto ai predicatori del Vangelo di Gesù che vennero più tardi.

4. Il ministero personale

Mentre era a Roma, Gesù non dedicò tutto il suo tempo libero a questo lavoro di preparare gli uomini e le donne a divenire futuri discepoli nel regno futuro. Egli passò molto tempo ad acquisire una conoscenza intima di tutte le razze e classi di uomini che vivevano in questa città, la più grande e la più cosmopolita del mondo. In ciascuno di questi numerosi contatti umani Gesù aveva un duplice proposito: desiderava conoscere le loro reazioni alla vita che essi stavano vivendo nella carne ed aveva anche intenzione di dire o di fare qualcosa per rendere questa vita più ricca e più degna di essere vissuta. I suoi insegnamenti religiosi nel corso di queste settimane non differirono da quelli che caratterizzarono la sua vita successiva come istruttore dei dodici apostoli e predicatore alle moltitudini.

Il tema principale del suo messaggio era sempre: il fatto dell’amore del Padre Celeste e la verità della sua misericordia, uniti alla buona novella che l’uomo è figlio per fede di questo stesso Dio d’amore. La tecnica abituale di Gesù nei contatti sociali consisteva nel far parlare la gente e nel portarla a conversare con lui ponendo loro delle domande. La conversazione iniziava generalmente con lui che poneva delle domande a loro e finiva con loro che ponevano delle domande a lui. Egli era ugualmente abile nell’insegnare sia ponendo delle domande che rispondendo ad esse. Di regola, a coloro che istruiva di più diceva di meno. Coloro che traevano maggior beneficio dal suo ministero personale erano dei mortali oppressi, ansiosi e demoralizzati, che trovavano molto sollievo dall’opportunità di alleggerire la loro anima grazie ad un ascoltatore affettuoso e comprensivo, ed egli era tutto questo ed ancora di più. E quando questi esseri umani disadattati avevano parlato con Gesù delle loro afflizioni, egli era sempre in grado di offrire loro delle indicazioni pratiche e d’immediato aiuto per appianare le loro reali difficoltà, senza dimenticare di pronunciare delle parole di pronto conforto e d’immediata consolazione. Ed invariabilmente egli parlava a questi mortali afflitti dell’amore di Dio e, con diversi e svariati metodi, li informava che erano i figli di questo amorevole Padre Celeste.

In questo modo, durante il suo soggiorno a Roma, Gesù entrò personalmente in contatto affettuoso e vivificante con più di cinquecento mortali del regno. Egli pervenne in tal modo ad una conoscenza delle differenti razze dell’umanità che non avrebbe mai potuto acquisire a Gerusalemme e nemmeno ad Alessandria. Egli considerò sempre questi sei mesi come uno dei periodi più produttivi ed istruttivi della sua vita terrena.

Come si può immaginare, un uomo talmente versatile ed intraprendente non poteva vivere così per sei mesi nella metropoli del mondo senza essere avvicinato da numerose persone desiderose di assicurarsi i suoi servizi per certi affari o, più spesso, per dei progetti d’insegnamento, di riforme sociali o di movimenti religiosi. Egli ricevette più di una dozzina di tali proposte ed utilizzò ciascuna di esse come un’opportunità per trasmettere dei pensieri di elevazione spirituale con parole accuratamente scelte o mediante un servizio gentile. Gesù amava molto fare qualcosa - anche di poca importanza - per ogni sorta di persone.

Egli parlò con un senatore romano di politica e di governo, e quest’unico contatto con Gesù fece una tale impressione su questo legislatore che passò il resto della sua vita cercando vanamente d’indurre i suoi colleghi a cambiare il corso della politica corrente dall’idea di un governo che sostiene ed alimenta il popolo a quella di un popolo che sostiene il governo. Gesù passò una serata con un ricco proprietario di schiavi; parlò dell’uomo quale figlio di Dio ed il giorno seguente quest’uomo di nome Claudio concesse la libertà a centodiciassette schiavi. Egli andò a cena da un medico greco e gli disse che i suoi pazienti avevano una mente e un’anima oltre al corpo, e portò così questo abile medico a sforzarsi di svolgere un servizio più profondo verso i suoi simili. Egli parlò con ogni sorta di persone di ogni condizione sociale. Il solo posto di Roma che non visitò furono i bagni pubblici. Egli rifiutò di accompagnare i suoi amici ai bagni a causa della promiscuità dei sessi che vi regnava.

Ad un soldato romano, mentre camminavano lungo il Tevere, egli disse: “Sii valoroso di cuore quanto di mano. Abbi il coraggio di fare giustizia e sii grande a sufficienza da mostrare misericordia. Obbliga la tua natura inferiore ad obbedire alla tua natura superiore come tu obbedisci ai tuoi superiori. Riverisci la bontà ed esalta la verità. Scegli il bello al posto del laido. Ama il tuo prossimo e cerca Dio con tutto il tuo cuore, perché Dio è tuo Padre nei cieli.”

Ad un oratore del foro egli disse: “La tua eloquenza è piacevole, la tua logica è ammirevole, la tua voce è gradevole, ma il tuo insegnamento non è conforme alla verità. Se solo tu potessi godere dell’ispirante soddisfazione di conoscere Dio come tuo Padre spirituale, allora potresti impiegare la tua capacità di parola per liberare i tuoi simili dalla servitù delle tenebre e dalla schiavitù dell’ignoranza.” Questo era quel Marco che ascoltò Pietro predicare a Roma e divenne il suo successore. Quando crocifissero Simon Pietro, fu quest’uomo che sfidò i persecutori romani e continuò coraggiosamente a predicare il nuovo Vangelo.

Incontrando un pover’uomo che era stato falsamente accusato, Gesù lo accompagnò davanti al magistrato, ed essendogli stato accordato il permesso speciale di comparire in sua vece, fece quel superbo discorso nel quale disse: “La giustizia fa grande una nazione, e più grande è una nazione più sarà preoccupata di fare in modo che l’ingiustizia non colpisca nemmeno il suo cittadino più umile. Guai alla nazione in cui solo coloro che posseggono denaro ed influenza possono ottenere prontamente giustizia davanti ai suoi tribunali! È sacro dovere di un magistrato assolvere l’innocente quanto punire il colpevole. Il perdurare di una nazione dipende dall’imparzialità, dall’equità e dall’integrità dei suoi tribunali. Il governo civile è fondato sulla giustizia, come la vera religione è fondata sulla misericordia.” Il giudice riconsiderò il caso, e dopo aver vagliato le testimonianze liberò l’imputato. Tra tutte le attività di Gesù durante questo periodo di ministero personale, questo avvenimento fu quello più vicino ad una comparizione in pubblico.

5. Consigli all’uomo ricco

Un uomo ricco, cittadino romano e stoico, divenne molto interessato agli insegnamenti di Gesù, al quale era stato presentato da Angamon. Dopo molti colloqui intimi, questo ricco cittadino chiese a Gesù che cosa farebbe con la ricchezza se la possedesse, e Gesù gli rispose: “Dedicherei la ricchezza materiale all’elevazione del livello di vita materiale, come offrirei la mia conoscenza, la mia saggezza ed il mio servizio spirituale per l’arricchimento della vita intellettuale, per la nobilitazione della vita sociale e per il progresso della vita spirituale. Amministrerei la ricchezza materiale come un saggio ed efficiente depositario delle risorse di una generazione per il profitto e la nobilitazione delle generazioni successive.”

Ma l’uomo ricco non fu pienamente soddisfatto dalla risposta di Gesù. Egli si azzardò a chiedere di nuovo: “Ma che cosa pensi che dovrebbe fare un uomo nella mia posizione della sua ricchezza? Dovrebbe conservarla o distribuirla?” E quando Gesù percepì che egli desiderava realmente conoscere meglio la verità sulla sua fedeltà verso Dio e sul suo dovere verso gli uomini, rispose ancora: “Mio buon amico, capisco che tu cerchi sinceramente la saggezza e che ami onestamente la verità; sono dunque disposto ad esporti il mio punto di vista sulla soluzione dei tuoi problemi concernenti le responsabilità della ricchezza. Lo faccio perché tu hai chiesto il mio consiglio, e dandoti questo parere io non mi riferisco alla ricchezza di nessun altro uomo ricco; offro questo consiglio solo a te e per la tua condotta personale. Se tu desideri onestamente considerare la tua ricchezza come un deposito fiduciario, se vuoi realmente divenire un saggio ed efficace gerente della tua ricchezza accumulata, allora ti consiglierei di fare la seguente analisi delle fonti dei tuoi beni: domandati, e fa del tuo meglio per trovare la risposta onesta, da dove proviene questa ricchezza? E per aiutarti nell’analisi delle fonti della tua grande fortuna, ti suggerirei di tenere a mente i seguenti dieci differenti metodi per accumulare ricchezze materiali:

“1. Ricchezza ereditata - ricchezze provenienti da genitori e da altri antenati.

“2. Ricchezza scoperta - ricchezze derivate da risorse non sfruttate della madre terra.

“3. Ricchezza commerciale - ricchezze ottenute come equo profitto nello scambio e nel baratto di beni materiali.

“4. Ricchezza disonesta - ricchezze derivate dallo sfruttamento iniquo o dall’asservimento dei propri simili.

“5. Ricchezza da profitto - reddito derivato dalle possibilità di equo e giusto rendimento del capitale investito.

“6. Ricchezza dovuta al genio - ricchezze provenienti da compensi delle doti creative ed inventive della mente umana.

“7. Ricchezza accidentale - ricchezze derivate dalla generosità dei propri simili o aventi origine dalle circostanze della vita.

“8. Ricchezza rubata - ricchezze ottenute con ingiustizia, disonestà, furto o frode.

“9. Fondi in deposito fiduciario - ricchezza posta nelle tue mani dai tuoi simili per un qualche uso specifico, presente o futuro.

“10. Ricchezza guadagnata - ricchezze derivate direttamente dal tuo lavoro personale, l’equa e giusta remunerazione dei tuoi sforzi quotidiani della mente e del corpo.

“E così, amico mio, se vuoi essere un fedele e giusto gerente della tua grande fortuna, davanti a Dio e al servizio degli uomini, devi dividere approssimativamente la tua ricchezza in queste dieci grandi categorie, e poi procedere ad amministrare ogni porzione conformemente all’interpretazione saggia ed onesta delle leggi di giustizia, di equità, di lealtà e di vera efficacia. Tuttavia, il Dio del cielo non ti condannerà se talvolta ti sbaglierai, in situazioni dubbie, a favore della considerazione misericordiosa e disinteressata per i bisogni delle vittime sofferenti delle circostanze sfortunate della vita mortale. Quando sei in onesto dubbio circa l’equità e la giustizia di certe situazioni materiali, che le tue decisioni favoriscano coloro che sono nel bisogno, favoriscano coloro che soffrono la sfortuna di privazioni immeritate.”

Dopo aver discusso queste materie per parecchie ore, ed in risposta alla richiesta dell’uomo ricco di ulteriori e più dettagliate istruzioni, Gesù ampliò i suoi consigli dicendo in sostanza: “Mentre ti offro nuovi suggerimenti circa il tuo comportamento nei confronti della ricchezza, ti raccomando di ricevere il mio consiglio come dato soltanto a te e per la tua condotta personale. Io parlo solo per me stesso ed a te come ad un amico che m’interroga. Ti supplico di non diventare un suggeritore del modo in cui altri uomini ricchi dovranno considerare la loro ricchezza. Io ti consiglierei:

“1. Come gerente di una ricchezza ereditata dovresti considerare le sue fonti. Tu sei moralmente obbligato a rappresentare la generazione passata nella trasmissione onesta di una ricchezza legittima alle generazioni successive dopo averne dedotto un’equa percentuale a beneficio della generazione presente. Ma non sei obbligato a perpetuare una disonestà o un’ingiustizia implicate nell’accumulo iniquo di una ricchezza da parte dei tuoi antenati. Ciascuna parte della tua ricchezza ereditata che si riveli proveniente da frodi o da ingiustizie, puoi rimborsarla conformemente alle tue convinzioni di giustizia, di generosità e di riparazione. Il resto della tua ricchezza legittimamente ereditata puoi usarlo con equità e trasmetterlo senza timore come amministratore fiduciario di una generazione a favore della seguente. Una saggia discriminazione ed un sano giudizio dovrebbero dettare le tue decisioni circa il lascito di ricchezze ai tuoi successori.

“2. Ogni persona che gode di una ricchezza proveniente da scoperte dovrebbe ricordarsi che ogni individuo può vivere sulla terra solo per un breve periodo e dovrebbe, perciò, prendere adeguate disposizioni per la ripartizione di queste scoperte in modo che siano di utilità al maggior numero possibile di suoi simili. Mentre lo scopritore non dovrebbe vedersi rifiutare ogni ricompensa per gli sforzi della scoperta, non dovrebbe pretendere egoisticamente di arrogarsi tutti i vantaggi ed i benefici derivanti dalla scoperta di risorse accumulate dalla natura.

“3. Fintantoché gli uomini scelgono di condurre gli affari del mondo per mezzo del commercio e dello scambio, hanno il diritto ad un equo e legittimo profitto. Ogni commerciante merita una remunerazione per i suoi servizi; il mercante ha diritto alla sua ricompensa. L’equità del commercio ed il trattamento onesto accordati ai propri simili negli affari organizzati del mondo creano molti differenti tipi di ricchezza da profitto, e tutte queste fonti di ricchezza devono essere giudicate secondo i più alti principi di giustizia, di onestà e di equità. Il commerciante onesto non deve esitare a trarre lo stesso profitto che accorderebbe di buon grado ad un suo simile in una transazione analoga. Mentre questo tipo di ricchezza non è identico al reddito da lavoro individuale quando i rapporti d’affari sono condotti su larga scala, allo stesso tempo tale ricchezza accumulata onestamente conferisce al suo possessore un diritto considerevole di avere voce propria nella successiva distribuzione.

“4. Nessun mortale che conosce Dio e che cerca di fare la volontà divina può abbassarsi ad esercitare delle oppressioni per mezzo della ricchezza. Nessun uomo nobile si sforzerà di accumulare delle ricchezze e di ammassare una potenza finanziaria per mezzo della schiavitù o dello sfruttamento iniquo dei suoi fratelli nella carne. Le ricchezze sono una maledizione morale ed uno stigma spirituale quando sono derivate dal sudore dell’uomo mortale oppresso. Ogni fortuna di tal genere dovrebbe essere restituita a coloro che sono stati in tal modo derubati o ai loro figli e ai figli dei loro figli. Una civiltà durevole non può essere costruita sulla pratica consistente nel defraudare il lavoratore del suo salario.

“5. La ricchezza onesta ha diritto ad un interesse. Fino a quando gli uomini prenderanno a prestito e presteranno può essere riscosso un interesse equo purché il capitale prestato sia una ricchezza legittima. Pulisci il tuo capitale prima di pretendere degli interessi. Non divenire meschino e avido al punto da abbassarti a praticare l’usura. Non permettere mai a te stesso di essere così egoista da impiegare il potere del denaro per acquisire un vantaggio ingiusto sui tuoi simili che si dibattono nelle difficoltà. Non cedere alla tentazione di esigere degli interessi da usuraio da un tuo fratello in difficoltà finanziarie.

“6. Se ti capita di ottenere una ricchezza da colpi di genio, se le tue ricchezze sono derivate dalla ricompensa delle tue doti inventive, non reclamare una porzione ingiusta di questa ricompensa. Il genio è debitore di qualcosa tanto ai suoi antenati che alla sua progenie; allo stesso tempo egli è in obbligo verso la razza, la nazione e le circostanze delle sue scoperte inventive; dovrebbe anche ricordare che è stato come uomo tra gli uomini che ha messo a punto ed effettuato le sue invenzioni. Sarebbe egualmente ingiusto privare il genio di ogni suo incremento di ricchezza. E sarà sempre impossibile per gli uomini stabilire delle leggi e dei regolamenti equamente applicabili a tutti questi problemi di giusta distribuzione della ricchezza. Tu devi in primo luogo riconoscere gli uomini come tuoi fratelli, e se desideri onestamente trattarli come vorresti essere trattato tu, i precetti ordinari di giustizia, di onestà e di equità ti guideranno nella soluzione giusta ed imparziale di tutti i problemi ricorrenti delle remunerazioni economiche e della giustizia sociale.

“7. Salvo che per i compensi giusti e legittimi guadagnati nell’amministrazione dei propri beni, nessun uomo dovrebbe avanzare delle pretese personali sulla ricchezza che il tempo e l’occasione possono aver messo nelle sue mani. Le ricchezze accidentali dovrebbero essere considerate un po’ come un deposito fiduciario da spendere a beneficio del proprio gruppo sociale o economico. I possessori di tale ricchezza dovrebbero avere la voce maggiore nella determinazione della saggia ed efficace distribuzione di queste risorse non guadagnate. Gli uomini civilizzati cesseranno un giorno di considerare tutto quello che controllano come loro proprietà personale e privata.

“8. Se una parte della tua fortuna è stata intenzionalmente derivata da frode, se qualcosa della tua ricchezza è stata accumulata con pratiche disoneste o metodi iniqui, se le tue ricchezze sono il prodotto di comportamenti ingiusti con i tuoi simili, affrettati a restituire tutti questi guadagni malamente acquisiti ai loro legittimi proprietari. Fa piena ammenda e depura così la tua fortuna da tutte le ricchezze disoneste.

“9. La gestione della ricchezza da parte di una persona per conto di altri è una responsabilità solenne e sacra. Non rischiare e non mettere in pericolo questo deposito fiduciario. Prendi per te di ogni deposito solo quello che tutti gli uomini onesti dedurrebbero.

“10. Quella parte della tua fortuna che rappresenta i guadagni dei tuoi sforzi mentali e fisici - se il tuo lavoro è stato fatto con lealtà ed equità - è veramente tua. Nessuno può contestare il tuo diritto di possedere e di utilizzare questa ricchezza come ritieni opportuno, posto che l’esercizio di questo diritto non rechi danno ai tuoi simili.”

Quando Gesù ebbe finito di consigliarlo, questo ricco Romano si alzò dal suo divano ed augurando la buona notte a Gesù gli fece questa promessa: “Mio buon amico, percepisco che sei un uomo di grande saggezza e bontà, e domani comincerò ad amministrare tutti i miei beni conformemente al tuo consiglio.”

6. Il ministero sociale

Qui a Roma avvenne anche quel toccante episodio in cui il Creatore dell’ Universo trascorse alcune ore per restituire un figlio perduto a sua madre in ansia. Questo fanciullo si era smarrito lontano da casa e Gesù lo trovò che piangeva disperato. Egli e Ganid si stavano recando in biblioteca, ma si occuparono di ricondurre a casa il ragazzo. Ganid non si dimenticò mai il commento di Gesù: “Sai, Ganid, la maggior parte degli esseri umani assomiglia a questo ragazzo smarrito. Essi spendono molto del loro tempo a piangere nel timore e a soffrire nella tristezza quando, in realtà, si trovano a pochissima distanza dalla salvezza e dalla sicurezza, proprio come questo ragazzo era soltanto poco lontano da casa. Tutti coloro che conoscono la via della verità e godono della certezza di conoscere Dio dovrebbero considerare un privilegio, e non un dovere, offrire consiglio ai loro simili nei loro sforzi per trovare le soddisfazioni della vita. Non abbiamo noi provato una gioia suprema nel restituire il ragazzo a sua madre? Allo stesso modo coloro che conducono gli uomini a Dio sperimentano la soddisfazione suprema di servire l’umanità.” Ed a partire da quel giorno e per il resto della sua vita naturale Ganid fu continuamente alla ricerca di figli perduti da ricondurre alle loro case.

Ci fu la vedova con cinque figli il cui marito era stato accidentalmente ucciso. Gesù raccontò a Ganid che anche lui aveva perso suo padre in un incidente, ed essi andarono molte volte a confortare questa madre ed i suoi figli, mentre Ganid chiese del denaro a suo padre per fornire loro viveri e vestiario. Essi non cessarono i loro sforzi prima di aver trovato un impiego per il primogenito in modo che potesse contribuire al mantenimento della famiglia.

Quella sera, mentre ascoltava il racconto di queste esperienze, Gonod disse benevolmente a Gesù: “Io mi propongo di fare di mio figlio uno studioso o un uomo d’affari ed ora tu cominci a farne un filosofo o un filantropo.” E Gesù rispose sorridendo: “Forse faremo di lui tutti e quattro; egli potrà allora godere di una quadrupla soddisfazione nella vita perché il suo orecchio destinato a riconoscere la melodia umana sarà capace di discernere quattro toni invece di uno.” Allora Gonod disse: “Percepisco che sei veramente un filosofo. Devi scrivere un libro per le generazioni future.” E Gesù rispose: “Non un libro - la mia missione è di vivere una vita in questa generazione e per tutte le generazioni. Io - ”ma si fermò, dicendo a Ganid: “Figlio mio, è ora di ritirarci.”

7. I viaggi intorno a Roma

Gesù, Gonod e Ganid fecero cinque viaggi partendo da Roma verso punti interessanti del territorio circostante. Nella loro visita ai laghi dell’Italia del nord, Gesù ebbe un lungo colloquio con Ganid sull’impossibilità d’istruire un uomo su Dio se l’uomo non desidera conoscere Dio. Essi avevano incontrato casualmente un pagano ottuso mentre viaggiavano verso i laghi, e Ganid fu sorpreso dal fatto che Gesù non seguì il suo metodo abituale di coinvolgere l’uomo in una conversazione che avesse portato naturalmente a discutere di questioni spirituali. Quando Ganid chiese al suo precettore perché dimostrasse così poco interesse verso questo pagano, Gesù rispose:

Ganid, l’uomo non aveva fame di verità. Egli non era insoddisfatto di se stesso. Non era pronto a chiedere aiuto e gli occhi della sua mente non erano aperti per ricevere luce per l’anima. Quest’uomo non era maturo per il raccolto della salvezza; gli deve essere concesso più tempo perché le prove e le difficoltà della vita lo preparino a ricevere la saggezza ed una conoscenza superiore. Oppure, se potessimo portarlo a vivere con noi, potremmo mostrargli con il nostro modo di vivere il Padre che è nei cieli, e sarebbe perciò talmente attratto dal nostro vivere come figli di Dio da essere costretto ad informarsi su nostro Padre. Non si può rivelare Dio a coloro che non lo cercano; non si possono condurre delle anime reticenti alle gioie della salvezza. L’uomo deve divenire assetato di verità a seguito delle esperienze della vita, o deve desiderare di conoscere Dio in conseguenza del contatto con la vita di coloro che conoscono il Padre divino prima che un altro essere umano possa agire come intermediario per condurre un tale mortale al Padre Celeste. Se noi conosciamo Dio, la nostra vera occupazione sulla terra consiste nel vivere in modo da permettere al Padre di rivelarsi nella nostra vita, e così tutte le persone che cercano Dio vedranno il Padre e chiederanno il nostro aiuto per saperne di più sul Dio che trova in questo modo espressione nella nostra vita.”

Fu in montagna, nel corso della loro visita in Svizzera, che Gesù ebbe con il padre ed il figlio una conversazione di un’intera giornata sul Buddismo. Ganid aveva posto molte volte a Gesù delle domande dirette su Budda, ma aveva sempre ricevuto delle risposte più o meno evasive. Quel giorno, in presenza del figlio, il padre pose a Gesù una domanda diretta su Budda e ricevette una risposta diretta. Gonod disse: “Vorrei realmente sapere che cosa pensi di Budda.” E Gesù rispose:

“Il vostro Budda fu molto meglio del vostro Buddismo. Budda fu un grande uomo ed anche un profeta per il suo popolo, ma fu un profeta orfano; voglio dire con ciò che ben presto egli perse di vista suo Padre spirituale, il Padre Celeste. La sua esperienza fu tragica. Egli cercò di vivere e d’insegnare come un messaggero di Dio, ma senza Dio. Budda diresse la sua nave di salvezza verso il porto sicuro, verso l’entrata del porto di salvezza dei mortali, e là, a causa di carte di navigazione sbagliate, la bella nave si arenò. Là è rimasta per numerose generazioni, immobile e quasi irrimediabilmente incagliata. E su questa nave sono rimasti molti dei vostri connazionali per tutti questi anni. Essi vivono a brevissima distanza dalle acque sicure del porto, ma rifiutano di entrarvi perché la nobile imbarcazione del buon Budda ha avuto la sfortuna di arenarsi appena fuori del porto. Ed i popoli buddisti non entreranno mai in questa rada a meno di abbandonare la nave filosofica del loro profeta e di cogliere il suo nobile spirito. Se il vostro popolo fosse rimasto fedele allo spirito di Budda, voi sareste entrati da molto tempo nel vostro porto della tranquillità dello spirito, del riposo dell’anima e della certezza della salvezza.

“Vedi Gonod, Budda ha conosciuto Dio in spirito, ma non è riuscito a scoprirlo chiaramente nella mente; gli Ebrei hanno scoperto Dio nella mente, ma hanno mancato in larga misura di conoscerlo in spirito. Oggi i Buddisti si dibattono in una filosofia senza Dio, mentre il mio popolo è miseramente schiavo del timore di un Dio senza una filosofia salvifica di vita e di libertà. Voi avete una filosofia senza un Dio; gli Ebrei hanno un Dio, ma sono largamente privi di una filosofia di vita a lui connessa. Non avendo una visione di Dio come spirito e come Padre, Budda non è riuscito a portare nel suo insegnamento l’energia morale e la potenza di guida spirituale che una religione deve possedere se deve cambiare una razza ed elevare una nazione.”

Allora Ganid esclamò: “Maestro, istituiamo tu ed io una nuova religione che sia abbastanza buona per l’India ed abbastanza grande per Roma, e forse potremo proporla agli Ebrei al posto di Yahweh.” E Gesù rispose: “Ganid, le religioni non si fanno. Le religioni degli uomini si sviluppano nel corso di lunghi periodi, mentre le rivelazioni di Dio sfolgorano sulla terra nella vita degli uomini che rivelano Dio ai loro simili.” Ma essi non compresero il significato di queste parole profetiche.

Quella notte, dopo che si furono coricati, Ganid non riuscì a dormire. Egli parlò a lungo con suo padre e alla fine disse: “Sai, padre, talvolta penso che Joshua sia un profeta.” E suo padre rispose soltanto con tono assonnato: “Figlio mio, ce ne sono altri -.”

A partire da questo giorno e per il resto della sua vita naturale Ganid continuò ad elaborare una religione propria. Egli era potentemente stimolato nella sua mente dalla larghezza di vedute, dall’equità e dalla tolleranza di Gesù. In tutte le loro discussioni di filosofia e di religione questo giovane non provò mai sentimenti di rancore o reazioni di antagonismo.

Quale scena, per le intelligenze celesti, contemplare questo spettacolo del ragazzo indiano che propone al Creatore dell’ Universo d’istituire insieme una nuova religione! E benché il giovane non lo sapesse, essi stavano istituendo proprio in quel momento una religione nuova ed eterna - questa nuova via di salvezza, la rivelazione di Dio all’uomo tramite Gesù ed in Gesù. Quello che il ragazzo desiderava maggiormente fare inconsciamente lo stava facendo davvero. Ed è stato, ed è, sempre così. Quello che l’immaginazione umana illuminata e riflessiva, spiritualmente istruita e spontaneamente e disinteressatamente guidata, desidera fare ed essere, diviene proporzionalmente creativo in rapporto al grado di consacrazione del mortale a compiere divinamente la volontà del Padre. Quando l’uomo si associa a Dio, grandi cose possono accadere, ed accadono.

8. Il ritorno da Roma

PREPARANDOSI a lasciare Roma, Gesù non salutò nessuno dei suoi amici. Lo Scriba di Damasco apparve a Roma senza annuncio e scomparve allo stesso modo. Ci volle un anno intero prima che coloro che lo conobbero e lo amarono rinunciassero a sperare di vederlo ancora. Prima della fine del secondo anno piccoli gruppi di coloro che l’avevano conosciuto si riunirono spinti dal loro comune interesse per i suoi insegnamenti e dal loro mutuo ricordo dei bei momenti trascorsi con lui. E questi piccoli gruppi di Stoici, di Cinici e di seguaci dei culti dei misteri continuarono a tenere queste riunioni sporadiche ed ufficiose fino a quando apparvero a Roma i primi predicatori della religione cristiana.

Gonod e Ganid avevano acquistato così tante cose ad Alessandria e a Roma che inviarono tutti i loro bagagli in anticipo a Taranto con un convoglio di animali da soma, mentre i tre viaggiatori attraversarono senza fretta l’Italia a piedi percorrendo la grande Via Appia. Nel corso di questo viaggio essi incontrarono ogni sorta di esseri umani. Molti nobili cittadini romani e coloni greci vivevano lungo questa strada, ma già la progenie di un gran numero di schiavi di livello inferiore cominciava a fare la sua apparizione.

Un giorno, mentre sostavano per il pranzo circa a metà strada da Taranto, Ganid pose a Gesù una domanda diretta su che cosa pensasse del sistema di caste dell’India. Gesù disse: “Benché gli esseri umani differiscano per molti aspetti l’uno dall’altro, davanti a Dio e nel mondo spirituale tutti i mortali si trovano in una posizione d’uguaglianza. Ci sono soltanto due gruppi di mortali agli occhi di Dio: quelli che desiderano fare la sua volontà e quelli che non lo desiderano. Quando l’Universo osserva un mondo abitato, discerne similmente due grandi classi: quelli che conoscono Dio e quelli che non lo conoscono. Quelli che non possono conoscere Dio sono annoverati tra gli animali di ciascun dato regno. L’umanità può giustamente essere suddivisa in numerose classi secondo le differenti qualifiche, perché può essere considerata dal punto di vista fisico, mentale, sociale, professionale o morale, ma queste differenti classi di mortali, quando appaiono davanti al tribunale di Dio, si trovano su un piano d’uguaglianza; Dio non fa veramente eccezione di persone. Sebbene non si possa evitare il riconoscimento di differenti capacità e dotazioni umane nel campo intellettuale, sociale e morale, non bisognerebbe fare tali distinzioni nella fratellanza spirituale degli uomini quando sono riuniti per l’adorazione in presenza di Dio.”

9. La misericordia e la giustizia

Un incidente molto interessante accadde un pomeriggio ai bordi della strada mentre si stavano avvicinando a Taranto. Essi videro un giovane rozzo e prepotente che aggrediva un ragazzo più piccolo. Gesù si affrettò ad aiutare il giovane assalito, e quando l’ebbe liberato, tenne saldamente fermo l’aggressore fino a quando il piccolo fu scappato. Appena Gesù lasciò il giovane prepotente, Ganid si scagliò su di lui e cominciò a percuoterlo energicamente, e con grande sorpresa di Ganid, Gesù intervenne prontamente. Dopo che ebbe frenato Ganid e permesso al ragazzo spaventato di fuggire, il giovane, appena riprese fiato, gridò tutto agitato: “Non riesco a capirti Maestro. Se la misericordia richiede che tu liberi il ragazzo più piccolo, la giustizia non richiede la punizione del giovane più grande e colpevole?” In risposta, Gesù disse:

“Ganid, è vero, tu non capisci. Il ministero della misericordia è sempre opera dell’individuo, mentre la punizione della giustizia è funzione dei gruppi amministrativi della società, del governo o dell’Universo. In quanto individuo sono tenuto a mostrare misericordia; io dovevo andare in aiuto del ragazzo assalito, ed in tutta coerenza posso usare la forza sufficiente per bloccare l’aggressore. E questo è esattamente ciò che ho fatto. Ho liberato il ragazzo assalito; qui finiva il ministero di misericordia. Poi ho trattenuto con forza l’aggressore abbastanza a lungo da consentire alla parte più debole della contesa di fuggire, dopodiché mi sono ritirato dalla faccenda. Io non mi sono messo a giudicare l’aggressore, valutando così i suoi motivi - a definire tutto quello che aveva a che fare con l’attacco al suo simile - e poi ad incaricarmi d’infliggere la punizione che la mia mente poteva indicare come giusta riparazione per la sua cattiva azione. Ganid, la misericordia può essere prodiga, ma la giustizia è precisa. Non puoi discernere che non esistono due persone in grado di mettersi d’accordo sulla punizione che soddisferebbe le esigenze della giustizia? Una imporrebbe quaranta colpi di frusta, un’altra venti, mentre un’altra ancora raccomanderebbe la reclusione come giusta punizione. Non vedi che su questo mondo è meglio che tali responsabilità ricadano sulla collettività o che siano amministrate da rappresentanti scelti dalla collettività? Nell’Universo il giudizio è riservato a coloro che conoscono pienamente gli antecedenti di tutti i misfatti come pure le loro motivazioni. In una società civilizzata ed in un Universo organizzato, l’amministrazione della giustizia presuppone la pronuncia di una sentenza giusta conseguente ad un giudizio equo, e tali prerogative sono assegnate ai gruppi giudiziari dei mondi ed agli amministratori onniscienti degli universi superiori di tutta la creazione.”

Essi parlarono per giorni su questo problema di come manifestare la misericordia ed amministrare la giustizia. E Ganid comprese, almeno in una certa misura, perché Gesù non volle impegnarsi in uno scontro personale. Ma Ganid fece un’ultima domanda per la quale non ricevette mai una risposta del tutto soddisfacente; e quella domanda era: “Ma, Maestro, se una creatura più forte ed irritabile ti attaccasse e minacciasse di ucciderti, che cosa faresti? Non faresti alcun sforzo per difenderti?” Sebbene Gesù non potesse rispondere in maniera completa e soddisfacente alla domanda del giovane, in quanto non voleva rivelargli che lui (Gesù) stava vivendo sulla terra per dare l’esempio dell’amore del Padre del Paradiso ad un Universo che l’osservava, disse tuttavia questo:

“Ganid, comprendo bene come alcuni di questi problemi ti lascino perplesso e mi sforzerò di rispondere alla tua domanda. In primo luogo, in ogni attacco portato alla mia persona io determinerei se l’aggressore è o no un figlio di Dio - mio fratello nella carne - e se stimassi che questa creatura non possiede un giudizio morale ed una ragione spirituale, mi difenderei senza esitazione fino al limite della mia forza di resistenza, senza preoccuparmi delle conseguenze per l’aggressore. Ma non attaccherei così un mio simile con status di filiazione, anche in caso di legittima difesa. In altre parole, non lo punirei in anticipo e senza giudizio per avermi aggredito. Cercherei in tutti i modi possibili di prevenirlo e di dissuaderlo dal compiere tale attacco e di mitigare questo nel caso non riuscissi ad impedirlo. Ganid, io ho una fiducia assoluta nella sorveglianza di mio Padre che è nei cieli; io sono consacrato a fare la volontà di mio Padre che è nei cieli. Non credo che mi possa capitare un danno reale; non credo che l’opera della mia vita possa realmente essere messa in pericolo da un qualunque mio nemico che desideri colpirmi, e certamente non dobbiamo temere alcuna violenza da parte dei nostri amici. Io sono assolutamente convinto che l’Universo intero è ben disposto nei miei confronti - e continuo a credere a questa verità onnipotente con una fiducia sincera malgrado tutte le apparenze contrarie.”

Ma Ganid non fu interamente soddisfatto. Essi discussero molte volte su questi argomenti, e Gesù raccontò alcune delle sue esperienze d’infanzia ed anche di Giacobbe, il figlio del tagliapietre. Sentendo come Giacobbe si era eretto a difensore di Gesù, Ganid disse: “Oh, comincio a capire! Innanzitutto molto di rado un essere umano normale desidererebbe attaccare una persona mite come te, ed anche se qualcuno fosse così avventato da farlo è quasi certo che vi sarebbe vicino qualche altro che si precipiterebbe in tuo aiuto, come tu stesso vai sempre in soccorso di ogni persona che vedi in difficoltà. Nel mio cuore, Maestro, io sono d’accordo con te, ma nella mia testa penso ancora che se fossi stato Giacobbe avrei provato piacere a punire quegli individui violenti che pretendevano di attaccarti semplicemente perché credevano che non ti saresti difeso. Io immagino che tu sia abbastanza sicuro nel tuo viaggio attraverso la vita perché passi molto del tuo tempo ad aiutare gli altri ed a soccorrere i tuoi simili in difficoltà - ebbene, è molto probabile che ci sarà sempre qualcuno pronto a difenderti.” E Gesù rispose: “Questa prova non è ancora arrivata, Ganid, e quando verrà ci conformeremo alla volontà del Padre.” Questo fu quasi tutto quello che il giovane riuscì a tirare fuori dal suo precettore su questo difficile argomento dell’autodifesa e della non resistenza. In un’altra occasione egli ottenne da Gesù l’opinione che la società organizzata aveva ogni diritto d’impiegare la forza nell’esecuzione dei suoi giusti mandati.

10. L’imbarco a Taranto

Mentre si attardavano al punto di attracco, aspettando che il battello scaricasse il proprio carico, i tre viaggiatori notarono un uomo che maltrattava sua moglie. Com’era sua abitudine, Gesù intervenne in aiuto della persona soggetta all’attacco. Egli avanzò dietro al marito adirato, e battendogli gentilmente sulla spalla gli disse: “Amico mio, posso parlare con te in privato per un momento?” L’uomo in collera rimase sconcertato da un simile approccio e, dopo un momento d’imbarazzante esitazione, balbettò - “eh - perché - sì, che cosa vuoi da me?” Dopo che Gesù l’ebbe condotto in disparte, disse: “Amico mio, percepisco che deve esserti accaduto qualcosa di terribile; io desidero vivamente che tu mi racconti che cosa è potuto accadere ad un uomo forte come te per portarlo ad aggredire sua moglie, la madre dei suoi figli, e proprio qui davanti agli occhi di tutti. Sono certo che devi supporre di avere qualche buona ragione per questo attacco. Che cosa ha fatto tua moglie per meritare un simile trattamento da parte di suo marito? Guardandoti credo di discernere sul tuo viso l’amore per la giustizia se non il desiderio di mostrare misericordia. Mi azzardo a dire che, se tu mi avessi trovato ai bordi della strada, attaccato dai predoni, ti saresti precipitato senza esitazione in mio soccorso. Oso affermare che tu hai compiuto molti di questi atti di coraggio nel corso della tua vita. Ora, amico mio, dimmi di che cosa si tratta? Tua moglie ha fatto qualcosa di male, oppure hai scioccamente perso la testa e l’hai insensatamente aggredita?” Non fu tanto ciò che disse Gesù che toccò il cuore di quest’uomo, quanto lo sguardo benevolo ed il sorriso cordiale con cui si rivolse a lui a conclusione delle sue osservazioni. L’uomo disse: “Percepisco che sei un sacerdote dei Cinici e ti sono riconoscente per avermi frenato. Mia moglie non ha fatto granché di male; è una buona moglie, ma mi irrita il modo in cui mi critica in pubblico, ed io perdo le staffe. Sono dispiaciuto per la mia mancanza di autocontrollo e prometto di cercare di tener fede all’impegno preso con uno dei tuoi fratelli che mi aveva insegnato la via migliore molti anni fa. Te lo prometto.”

Ed allora, dicendogli addio, Gesù disse: “Fratello mio, ricorda sempre che l’uomo non ha alcuna autorità legittima sulla donna, a meno che la donna non gli abbia spontaneamente e volontariamente dato tale autorità. Tua moglie si è impegnata a vivere con te, ad aiutarti a combattere le battaglie della vita e ad assumere la parte maggiore del fardello consistente nel mettere al mondo e nell’allevare i tuoi figli; ed a compenso di questo servizio speciale è semplicemente equo che essa riceva da te quella protezione speciale che l’uomo può dare alla moglie quale compagna che deve portare, mettere al mondo e nutrire i figli. Le cure affettuose e la considerazione che un uomo è disposto a concedere a sua moglie ed ai suoi figli indicano la misura in cui quell’uomo ha raggiunto i livelli superiori dell’autocoscienza creativa e spirituale. Non sai che gli uomini e le donne sono i partner di Dio per il fatto che cooperano alla creazione degli esseri che crescono fino a possedere il potenziale di anime immortali? Il Padre che è nei cieli tratta lo Spirito Madre dei figli dell’Universo come un uguale a se stesso. È essere simile a Dio condividere la tua vita, e tutto ciò che vi si riferisce, in termini uguali con la madre e compagna che condivide così pienamente con te questa esperienza divina di riprodurre voi stessi nella vita dei vostri figli. Se solo puoi amare i tuoi figli come Dio ama te, amerai ed avrai cara tua moglie come il Padre nei cieli onora ed esalta lo Spirito Infinito, la madre di tutti i figli spirituali di un vasto Universo.”

Appena saliti a bordo del battello, essi si volsero a guardare la scena della coppia che, con le lacrime agli occhi, si teneva silenziosamente abbracciata. Avendo udito l’ultima parte del messaggio di Gesù all’uomo, Gonod passò tutta la giornata a meditare sull’argomento e risolse di riorganizzare la sua famiglia al suo ritorno in India.

Il viaggio verso Nicopoli fu piacevole ma lento perché il vento non era favorevole. I tre trascorsero molte ore a raccontare le loro esperienze a Roma e a ricordare tutto ciò che era loro accaduto dopo il primo incontro a Gerusalemme. Ganid era permeato dello spirito di ministero personale. Egli cominciò ad esercitarlo sul cambusiere, ma al secondo giorno, quando entrò nelle acque profonde della religione, chiese a Joshua di aiutarlo a trarsi d’impaccio.

Essi trascorsero parecchi giorni a Nicopoli, la città fondata da Augusto una cinquantina di anni prima come “città della vittoria” per commemorare la battaglia di Azio, essendo questo il luogo dove egli si era accampato con il suo esercito prima della battaglia. Essi alloggiarono nella casa di un certo Geremia, un proselito greco della fede ebraica che avevano incontrato a bordo. L’apostolo Paolo passò tutto l’inverno con il figlio di Geremia in questa stessa casa nel corso del suo terzo viaggio missionario. Da Nicopoli essi fecero vela sullo stesso battello per Corinto, capitale della provincia romana di Acaia.

11. A Corinto

Dal momento del loro arrivo a Corinto, Ganid cominciò ad interessarsi molto della religione ebraica. Non vi fu niente di strano, quindi, che un giorno, passando davanti alla sinagoga e vedendo la gente entrarvi, chiedesse a Gesù di condurlo alla funzione. Quel giorno essi ascoltarono un dotto rabbino parlare sul “Destino d’Israele”, e dopo il servizio incontrarono un certo Crispo, il principale dirigente di questa sinagoga. Essi tornarono molte volte ad assistere ai servizi della sinagoga, ma soprattutto per incontrare Crispo. Ganid si affezionò molto a Crispo, a sua moglie e alla loro famiglia di cinque figli. Egli si divertì molto ad osservare come un Ebreo conduceva la sua vita di famiglia.

Mentre Ganid studiava la vita di famiglia, Gesù insegnava a Crispo le vie migliori della vita religiosa. Gesù ebbe più di venti incontri con questo Ebreo lungimirante. E non ci si deve sorprendere che, anni più tardi, quando Paolo ebbe predicato in questa stessa sinagoga, e dopo che gli Ebrei ebbero respinto il suo messaggio e votato la proibizione a proseguire le sue predicazioni nella sinagoga, e dopo che egli si fu allora rivolto ai Gentili, questo Crispo, con tutta la sua famiglia, abbia abbracciato la nuova religione e sia divenuto uno dei principali sostegni della Chiesa cristiana che Paolo organizzò successivamente a Corinto.

Durante i diciotto mesi in cui Paolo predicò a Corinto, dove fu raggiunto più tardi da Sila e da Timoteo, incontrò molte altre persone che erano state istruite dal “precettore ebreo del figlio di un mercante indiano”.

A Corinto essi incontrarono gente di tutte le razze provenienti da tre continenti. Dopo Alessandria e Roma, questa era la città più cosmopolita dell’impero mediterraneo. C’erano molte cose che attiravano l’attenzione in questa città, e Ganid non si stancò mai di visitare la cittadella che si ergeva a quasi seicento metri sul livello del mare. Egli passò anche gran parte del suo tempo libero nella sinagoga ed in casa di Crispo. Egli fu dapprima colpito, poi affascinato, dalla condizione della donna nella famiglia ebrea; ciò fu una rivelazione per questo giovane Indiano.

Gesù e Ganid furono spesso ospiti di un’altra famiglia ebrea, quella di Giusto, un mercante devoto, che viveva in una casa contigua alla sinagoga. E molte volte, successivamente, quando l’apostolo Paolo soggiornò in questa casa, sentì raccontare di queste visite del giovane Indiano e del suo precettore ebreo, mentre Paolo e Giusto si chiedevano che cosa fosse avvenuto di questo saggio e brillante insegnante ebreo.

Mentre erano a Roma, Ganid aveva notato che Gesù rifiutava di accompagnarli ai bagni pubblici. Il giovane tentò più volte in seguito d’indurre Gesù ad esprimersi maggiormente riguardo alle relazioni tra i sessi. Anche se rispondeva alle domande del ragazzo, egli non sembrava mai disposto a discutere a fondo questi argomenti. Una sera, mentre passeggiavano alla periferia di Corinto vicino al luogo in cui il muro della cittadella scendeva fino al mare, essi furono avvicinati da due donne di strada. Ganid era giustamente imbevuto dell’idea che Gesù fosse un uomo di alti ideali ed aborrisse tutto ciò che riguardava l’impurità o sapeva di male; di conseguenza egli si rivolse in modo brusco a queste donne invitandole rudemente ad andarsene. Quando Gesù vide ciò, disse a Ganid: “Tu hai buone intenzioni, ma non dovresti permetterti di parlare in questo modo ai figli di Dio, anche se si tratta di suoi figli sviati. Chi siamo noi per giudicare queste donne? Conosci tu forse tutte le circostanze che le hanno portate a ricorrere a simili metodi per procurarsi da vivere? Resta qui con me mentre parliamo di queste cose.” Le prostitute furono stupite da ciò che egli disse, anche più di quanto lo fu Ganid.

Mentre erano là al chiaro di luna, Gesù proseguì a dire: “In ogni mente umana vive uno spirito divino, dono del Padre che è nei cieli. Questo spirito buono si sforza sempre di condurci a Dio, di aiutarci a trovare Dio ed a conoscere Dio; ma nei mortali vi sono anche molte tendenze fisiche naturali che il Creatore ha posto in loro per servire al benessere dell’individuo e della razza. Ora, molto spesso, gli uomini e le donne si confondono nei loro sforzi per comprendere se stessi e per affrontare le molteplici difficoltà incontrate per guadagnarsi da vivere in un mondo così largamente dominato dall’egoismo e dal peccato. Io percepisco, Ganid, che nessuna di queste donne è volontariamente depravata. Posso dire dai loro volti che esse hanno patito molti dispiaceri; hanno molto sofferto sotto i colpi di un destino apparentemente crudele; esse non hanno scelto intenzionalmente questo tipo di vita; in uno scoraggiamento che rasentava la disperazione hanno ceduto alla pressione del momento ed hanno accettato questo modo disgustoso di guadagnarsi da vivere come modo migliore per trarsi fuori da una situazione che sembrava loro disperata. Ganid, certe persone sono realmente perverse nel loro cuore; scelgono deliberatamente di fare delle cose spregevoli. Ma dimmi, guardando ora questi visi inondati di lacrime, vedi qualcosa di cattivo o di malvagio?” Mentre Gesù aspettava la sua risposta, la voce di Ganid si soffocò balbettando: “No, Maestro, non vedo niente. E mi scuso per la mia scortesia verso di loro - imploro il loro perdono.” Allora Gesù disse: “Ed io ti dico da parte loro che esse ti hanno perdonato, come dico da parte di mio Padre che è nei cieli che egli ha perdonato loro. Ora venite tutti con me a casa di un amico dove riposeremo e faremo dei piani per una nuova e migliore vita futura.” Fino a questo momento le donne stupefatte non avevano detto una parola; esse si guardarono l’un l’altra e seguirono silenziosamente gli uomini che facevano strada.

Immaginate la sorpresa della moglie di Giusto quando, a quest’ora tarda, Gesù apparve con Ganid e queste due straniere dicendo: “Ci perdonerai se arriviamo a quest’ora, ma Ganid ed io desideriamo mangiare un boccone e vorremmo spartirlo con queste nostre nuove amiche che hanno pure bisogno di nutrimento; ed oltre a ciò siamo venuti da te con l’idea che sarai interessata a discutere con noi il modo migliore di aiutare queste donne ad avviarsi ad una nuova professione. Esse possono raccontarti la loro storia, ma suppongo che abbiano avuto molte difficoltà, e la loro presenza stessa nella tua casa testimonia quanto seriamente esse desiderino conoscere gente per bene e quanto volentieri accetteranno l’opportunità di mostrare al mondo intero - ed anche agli angeli del cielo - quali brave e nobili donne possono diventare.”

Quando Marta, la moglie di Giusto, ebbe servito il cibo sulla tavola, Gesù, prendendo inaspettatamente congedo da loro, disse: “È tardi, e poiché il padre del giovane ci starà aspettando, vogliate scusarci se vi lasciamo qui insieme - tre donne - le figlie dilette dell’Altissimo. Io pregherò per la vostra condotta spirituale mentre voi farete dei piani per una vita nuova e migliore sulla terra e per la vita eterna nel grande aldilà.”

Quindi Gesù e Ganid si congedarono dalle donne. Fino ad allora le due prostitute non avevano detto nulla; anche Ganid era rimasto muto. E per qualche istante fu la stessa cosa per Marta, ma essa fu ben presto all’altezza della situazione e fece per queste straniere tutto ciò che Gesù aveva sperato facesse. La più anziana delle due donne morì poco tempo dopo con vive speranze di sopravvivenza eterna e la più giovane lavorò nella sede degli affari di Giusto e divenne più tardi membro vitalizio della prima Chiesa cristiana a Corinto.

Nella casa di Crispo, Gesù e Ganid incontrarono parecchie volte un certo Gaio, che divenne successivamente un fedele aiutante di Paolo. Durante questi due mesi trascorsi a Corinto essi ebbero conversazioni amichevoli con decine d’individui degni d’interesse, e come risultato di tutti questi contatti apparentemente casuali più della metà delle persone contattate in tal modo divennero membri della successiva comunità cristiana.

Quando Paolo venne per la prima volta a Corinto non aveva intenzione di restarvi a lungo. Ma egli non sapeva a qual punto il precettore ebreo aveva preparato la via per il suo lavoro. E scoprì inoltre quale grande interesse era già stato suscitato da Aquila e Priscilla. Aquila era uno dei Cinici con i quali Gesù era entrato in contatto a Roma. Essi erano degli Ebrei rifugiati provenienti da Roma, ed abbracciarono subito gli insegnamenti di Paolo, che visse e lavorò con loro, perché essi erano anche fabbricanti di tende. Fu a ragione di queste circostanze che Paolo prolungò il suo soggiorno a Corinto.

12. Lavoro personale a Corinto

Gesù e Ganid ebbero molte altre esperienze interessanti a Corinto. Essi ebbero delle conversazioni intime con un gran numero di persone che approfittarono grandemente delle istruzioni ricevute da Gesù.

Al mugnaio egli insegnò a macinare i grani della verità nel mulino dell’esperienza vivente, in modo da rendere le cose difficili della vita divina facilmente accettabili anche dai propri simili mortali deboli e fragili. Disse Gesù: “Dà il latte della verità a coloro che sono bambini nella percezione spirituale. Nel tuo ministero vivente ed amorevole servi il nutrimento spirituale sotto forma attraente e adatta alla capacità di ricezione da parte di ciascuno di coloro che t’interrogano.”

Al centurione romano egli disse: “Rendi a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio. Il servizio sincero a Dio ed il servizio leale a Cesare non sono in contrasto a meno che Cesare non abbia la pretesa di arrogare a se stesso l’omaggio che può essere rivendicato solo dalla Deità. La fedeltà a Dio, se arriverai a conoscerlo, ti renderà tanto più leale e fedele nella tua devozione ad un imperatore degno.”

Al capo sincero del culto mitraico disse: “Fai bene a cercare una religione di salvezza eterna, ma sbagli andando in cerca di questa verità gloriosa tra i misteri creati dagli uomini e tra le filosofie umane. Non sai che il mistero della salvezza eterna risiede nella tua stessa anima? Non sai che il Dio del cielo ha inviato il suo spirito a vivere dentro di te, e che questo spirito condurrà tutti i mortali che amano la verità e che servono Dio fuori da questa vita ed attraverso i portali della morte fino alle altezze eterne della luce dove Dio aspetta di ricevere i suoi figli? E non dimenticare mai che voi che conoscete Dio siete figli di Dio se aspirate veramente ad essere simili a lui.”

Al maestro epicureo disse: “Fai bene a scegliere il meglio e ad apprezzare ciò che è buono, ma sei saggio quando ometti di discernere le grandi cose della vita mortale che sono incorporate nei regni spirituali, derivate dalla realizzazione della presenza di Dio nel cuore umano? La grande cosa in tutta l’esperienza umana è la realizzazione della conoscenza del Dio, il cui spirito vive dentro di te e cerca di farti avanzare nel lungo e quasi interminabile viaggio per raggiungere la presenza personale del nostro Padre comune, il Dio di tutta la creazione, il Signore degli universi.”

All’impresario e costruttore greco disse: “Amico mio, come costruisci gli edifici materiali degli uomini, sviluppa un carattere spirituale a somiglianza dello spirito divino che è dentro la tua anima. Non lasciare che la tua riuscita come costruttore temporale superi il tuo risultato come figlio spirituale del regno dei cieli. Mentre costruisci le dimore del tempo per gli altri, non dimenticare di assicurarti il diritto alle dimore dell’eternità per te stesso. Ricorda sempre, esiste una città le cui fondamenta sono la rettitudine e la verità ed il cui costruttore e creatore è Dio.”

Al giudice romano disse: “Mentre giudichi gli uomini, ricordati che comparirai anche tu un giorno in giudizio davanti al tribunale dei Sovrani di un Universo. Giudica con giustizia, ed anche con misericordia, proprio come tu un giorno implorerai considerazione misericordiosa da parte dell’Arbitro Supremo. Giudica come vorresti essere giudicato in circostanze simili, guidato dallo spirito della legge quanto dalla sua lettera. Ed allo stesso modo che tu accordi giustizia dominata dall’equità e alla luce dei bisogni di coloro che sono condotti davanti a te, così avrai diritto di aspettarti una giustizia temperata dalla misericordia quando ti troverai un giorno davanti al Giudice di tutta la terra.”

Alla padrona della locanda greca disse: “Offri la tua ospitalità come una persona che riceve i figli dell’Altissimo. Eleva l’impegno gravoso del tuo lavoro quotidiano ai livelli superiori di un’arte raffinata con la consapevolezza crescente che servi Dio servendo le persone nelle quali egli risiede per mezzo del suo spirito che è sceso a vivere nel cuore degli uomini, cercando così di trasformare la loro mente e di condurre la loro anima alla conoscenza del Padre Paradisiaco di tutti questi doni conferiti dallo spirito divino.”

Gesù ebbe numerosi incontri con un mercante cinese. Nel congedarsi da lui, gli fece le seguenti raccomandazioni: “Adora soltanto Dio, che è il tuo vero antenato spirituale. Ricordati che lo spirito del Padre vive sempre dentro di te ed orienta sempre la tua anima verso il cielo. Se segui inconsciamente le direttive di questo spirito immortale, sei certo di proseguire sulla via elevata di trovare Dio. E quando raggiungerai il Padre che è nei cieli, sarà perché cercandolo sei divenuto sempre più simile a lui. Dunque addio Chang, ma solo per qualche tempo, perché c’incontreremo nuovamente nei mondi della luce, dove il Padre delle anime spirituali ha preparato molti luoghi di sosta deliziosi per coloro che si dirigono verso il Paradiso.”

Al viaggiatore proveniente dalla Britannia disse: “Fratello mio, percepisco che sei alla ricerca della verità ed affermo che lo spirito del Padre di ogni verità forse risiede dentro di te. Hai mai sinceramente tentato di parlare allo spirito della tua anima? Una tale cosa è in verità difficile ed è raro che dia coscienza di successo; ma ogni tentativo onesto della mente materiale di comunicare con il suo spirito interiore porta a successo certo, nonostante che la maggior parte di tutte queste magnifiche esperienze umane debba rimanere a lungo come registrazioni super-coscienti nelle anime di questi mortali che conoscono Dio.”

Al ragazzo scappato da casa Gesù disse: “Ricordati che ci sono due cose dalle quali non puoi fuggire - Dio e te stesso. Ovunque tu vada, porti con te stesso e lo spirito del Padre Celeste che vive nel tuo cuore. Figlio mio, smetti di tentare d’ingannare te stesso; attieniti alla pratica coraggiosa di affrontare i fatti della vita; appoggiati saldamente sull’assicurazione della tua filiazione con Dio e sulla certezza della vita eterna, come ti ho insegnato. D’ora in poi proponiti di essere un vero uomo, un uomo determinato ad affrontare con coraggio ed intelligenza la vita.”

Al criminale condannato disse all’ultimo momento: “Fratello mio, sei caduto in rovina. Hai perduto la tua strada; ti sei impigliato nelle maglie del crimine. Da quanto mi hai detto, so che non avevi progettato di fare la cosa che sta per costarti la vita temporale. Ma hai commesso questo male ed i tuoi simili ti hanno giudicato colpevole; hanno deciso che devi morire. Né tu né io possiamo negare allo Stato questo diritto di difendersi nel modo che sceglie. Sembra che non vi sia modo di sfuggire umanamente alla punizione del tuo misfatto. I tuoi simili devono giudicarti per quello che hai fatto, ma c’è un Giudice al quale puoi appellarti per essere perdonato e che giudicherà secondo i tuoi reali motivi e le tue migliori intenzioni. Non devi temere il giudizio di Dio se il tuo pentimento è autentico e la tua fede sincera. Il fatto che il tuo errore comporti la pena di morte imposta dagli uomini non pregiudica la possibilità che la tua anima ottenga giustizia e goda di misericordia davanti ai tribunali celesti.”

Gesù ebbe molte conversazioni personali con un gran numero di anime affamate, troppo numerose per trovare posto in questa esposizione. I tre viaggiatori apprezzarono molto il loro soggiorno a Corinto. A parte Atene, che era più rinomata come centro educativo, Corinto era la più importante città della Grecia in quest’epoca dell’Impero Romano, e la loro sosta di due mesi in questo centro commerciale fiorente offrì l’opportunità a tutti e tre di acquisire un’esperienza molto preziosa. Il loro soggiorno in questa città fu una delle tappe più interessanti sulla via del ritorno da Roma.

Gonod aveva molti interessi a Corinto, ma alla fine i suoi affari furono conclusi ed essi si prepararono a salpare per Atene. Viaggiarono su un piccolo battello che si poteva trasportare per via di terra da uno dei porti di Corinto all’altro, su una distanza di sedici chilometri.

13. Ad Atene - il discorso sulla scienza

Essi arrivarono in breve tempo all’antico centro della scienza e del sapere greci e Ganid era elettrizzato al pensiero di trovarsi ad Atene, di essere in Grecia, il centro culturale dell’antico impero di Alessandro, che aveva esteso le sue frontiere fino al suo stesso paese dell’India. C’erano pochi affari da trattare, così Gonod passò la maggior parte del suo tempo con Gesù e Ganid, visitando i numerosi luoghi d’interesse ed ascoltando le interessanti discussioni tra il ragazzo ed il suo versatile maestro.

Una grande università fioriva ancora ad Atene ed il trio fece delle visite frequenti alle sue aule d’insegnamento. Gesù e Ganid avevano già analizzato a fondo gli insegnamenti di Platone quando avevano assistito alle lezioni nel museo di Alessandria. Tutti e tre ammirarono l’arte della Grecia, i cui esempi si potevano ancora trovare sparsi qua e là nella città.

Il padre ed il figlio apprezzarono molto la discussione sulla scienza che Gesù ebbe una sera nella loro locanda con un filosofo greco. Dopo che questo pedante ebbe parlato per quasi tre ore ed ebbe terminato il suo discorso, Gesù, in termini di pensiero moderni, disse:

Gli scienziati potranno misurare un giorno l’energia, o le manifestazioni della forza, della gravitazione, della luce e dell’elettricità, ma questi stessi scienziati non potranno mai (scientificamente) dire che cosa sono questi fenomeni universali. La scienza si occupa delle attività fisico-energetiche, la religione si occupa dei valori eterni. La vera filosofia ha origine dalla saggezza che fa del suo meglio per mettere in correlazione queste osservazioni quantitative e qualitative. Esiste sempre il pericolo che lo scienziato puramente fisico possa essere vittima dell’orgoglio matematico e dell’egoismo statistico, per non dire della cecità spirituale.

La logica è valida nel mondo materiale e la matematica è attendibile quando si limita alla sua applicazione alle cose fisiche; ma non si devono considerare come interamente affidabili od infallibili quando le si applica ai problemi della vita. La vita abbraccia fenomeni che non sono interamente materiali. L’aritmetica dice che, se un uomo può tosare una pecora in dieci minuti, dieci uomini possono farlo in un minuto. Questo calcolo è esatto, però ciò non è vero, perché i dieci uomini non riuscirebbero a farlo; essi s’intralcerebbero l’uno con l’altro al punto che il lavoro sarebbe considerevolmente rallentato.

La matematica asserisce che, se una persona rappresenta una certa unità di valore intellettuale e morale, dieci persone rappresenterebbero dieci volte questo valore. Ma trattando della personalità umana sarebbe più vicino al vero dire che una tale associazione di personalità è una somma uguale al quadrato del numero di personalità che figurano nell’equazione piuttosto che la loro semplice somma aritmetica. Un gruppo sociale di esseri umani operante in coordinata armonia rappresenta una forza molto più grande della semplice somma dei suoi componenti.

La quantità può essere identificata come un fatto, divenendo così un’uniformità scientifica. La qualità, essendo una questione d’interpretazione mentale, rappresenta una stima di valori e deve quindi rimanere un’esperienza dell’individuo. Quando la scienza e la religione diverranno meno dogmatiche e più tolleranti della critica, allora la filosofia comincerà a raggiungere l’unità nella comprensione intelligente dell’Universo.

C’è unità nell’Universo cosmico solo se si arrivano a discernere le manifestazioni nella realtà. L’Universo reale è amichevole verso ogni figlio del Dio eterno. Il vero problema è: come può la mente finita dell’uomo giungere ad un’unità di pensiero logica, vera e concordante? Questo stato mentale di conoscenza dell’Universo si può ottenere solo concependo che il fatto quantitativo ed il valore qualitativo hanno una causa comune nel Padre del Paradiso. Una tale concezione della realtà offre una visione più ampia sull’unità intenzionale dei fenomeni universali; essa rivela anche uno scopo spirituale di realizzazione progressiva della personalità. E questo è un concetto di unità che può percepire il quadro immutabile dell’ Universo vivente di relazioni impersonali in continuo cambiamento e di rapporti personali in continua evoluzione.

La materia, lo spirito e lo stato intermedio tra di loro sono tre livelli correlati ed inter-collaboratori della vera unità dell’Universo reale. Per quanto divergenti possano apparire i fenomeni universali dei fatti e dei valori, essi sono, dopotutto, unificati nel Supremo.

La realtà dell’esistenza materiale riguarda l’energia non riconosciuta come pure la materia visibile. Quando le energie dell’Universo sono frenate al punto da raggiungere il grado richiesto di movimento, allora, in condizioni favorevoli, queste stesse energie diventano massa. E non dimenticate, la mente, che è l’unica che può percepire la presenza di realtà apparenti, è essa stessa reale. La causa fondamentale di questo Universo di energia-massa, di mente e di spirito è eterna - essa esiste e consiste nella natura e nelle reazioni del Padre Universale e dei suoi coordinati assoluti.

Essi rimasero tutti più che sbalorditi dalle parole di Gesù, e quando il filosofo greco si congedò da loro, disse: “Finalmente i miei occhi hanno visto un Ebreo che pensa a qualcos’altro oltre che alla superiorità razziale e parla di qualcos’altro oltre che di religione.” Ed essi si ritirarono per la notte.

Il soggiorno ad Atene fu piacevole e proficuo, ma non particolarmente fecondo per i contatti umani. Troppi Ateniesi di quel tempo erano intellettualmente orgogliosi della loro antica reputazione o mentalmente stupidi ed ignoranti, essendo essi la discendenza degli schiavi inferiori di quelle epoche anteriori in cui c’era gloria in Grecia e saggezza nelle menti dei suoi abitanti. Nondimeno si potevano ancora trovare molte menti acute tra i cittadini di Atene.

14. Ad Efeso - il discorso sull’anima

Lasciando Atene, i viaggiatori passarono per la Troade per andare ad Efeso, capitale della provincia romana dell’Asia. Essi andarono molte volte al famoso tempio di Artemide degli Efesini, a circa tre chilometri dalla città. Artemide era la più celebre dea di tutta l’Asia Minore ed una perpetuazione dell’ancora più lontana dea madre dell’antica Anatolia. Il rozzo idolo esposto nell’enorme tempio dedicato al suo culto si riteneva fosse caduto dal cielo. Non tutta la precedente educazione di Ganid sul rispetto delle immagini e dei simboli della divinità era stata sradicata, ed egli credette di fare bene acquistando un piccolo reliquiario d’argento in onore di questa dea della fertilità dell’Asia Minore. Quella sera essi parlarono molto a lungo sull’adorazione di oggetti fatti da mani d’uomo.

Il terzo giorno della loro sosta essi camminarono lungo il fiume per osservare il dragaggio dell’imbocco del porto. A mezzogiorno parlarono con un giovane Fenicio che soffriva di nostalgia ed era molto demoralizzato; ma soprattutto era invidioso di un giovane che era stato promosso sopra di lui. Gesù gli rivolse delle parole d’incoraggiamento e citò l’antico proverbio ebreo: “Le qualità di un uomo gli aprono una strada e lo portano davanti a grandi uomini.”

Tra tutte le grandi città che visitarono in questo giro del Mediterraneo, è qui che svolsero la minor opera a favore del successivo lavoro dei missionari cristiani. Il Cristianesimo prese il suo avvio ad Efeso in larga misura grazie agli sforzi di Paolo, che vi risiedette per più di due anni, fabbricando tende per guadagnarsi da vivere e tenendo ogni sera delle conferenze sulla religione e sulla filosofia nella principale sala di riunioni della scuola di Tiranno.

C’era un pensatore progressista collaboratore a questa scuola locale di filosofia e Gesù ebbe con lui numerosi incontri proficui. Nel corso di questi colloqui Gesù aveva ripetutamente impiegato la parola “anima”. Questo Greco erudito alla fine gli chiese che cosa intendesse per “anima”, ed egli rispose:

“L’anima è la parte dell’uomo che riflette il suo io, che discerne la verità e che percepisce lo spirito; essa eleva per sempre l’essere umano al di sopra del livello del mondo animale. L’autocoscienza, in se stessa e per se stessa, non è l’anima. L’autocoscienza morale è la vera autorealizzazione umana e costituisce il fondamento dell’anima umana, e l’anima è quella parte dell’uomo che rappresenta il valore potenziale della sopravvivenza dell’esperienza umana. La scelta morale ed il compimento spirituale, la capacità di conoscere Dio e l’impulso ad essere simile a lui, sono le caratteristiche dell’anima. L’anima dell’uomo non può esistere senza pensiero morale e senza attività spirituale. Un’anima stagnante è un’anima morente. Ma l’anima dell’uomo è distinta dallo spirito divino che dimora dentro la sua mente. Lo spirito divino arriva simultaneamente alla prima attività morale della mente umana, e quella è l’occasione della nascita dell’anima.

“La salvezza o la perdita di un’anima dipendono dal fatto che la coscienza morale raggiunga o meno lo status di sopravvivenza per mezzo dell’alleanza eterna con lo spirito immortale collaboratore di cui è dotata. La salvezza è la spiritualizzazione dell’autorealizzazione della coscienza morale, che acquisisce così un valore di sopravvivenza. Tutte le forme di conflitti psichici consistono nella mancanza di armonia tra l’autocoscienza morale o spirituale e l’autocoscienza puramente intellettuale.

“L’anima umana, quando è matura, nobilitata e spiritualizzata, si avvicina allo status celeste, nel senso che è vicina ad essere un’entità intermedia tra il materiale e lo spirituale, tra l’io materiale e lo spirito divino. L’anima in evoluzione di un essere umano è difficile da descrivere ed ancor più difficile da dimostrare, perché non la si può scoprire né con metodi d’investigazione materiale né con prove spirituali. La scienza materiale non può dimostrare l’esistenza di un’anima, né lo può una pura prova spirituale. Nonostante il fallimento sia della scienza materiale che dei criteri spirituali di scoprire l’esistenza dell’anima umana, ogni mortale moralmente cosciente conosce l’esistenza della sua anima come esperienza personale reale ed effettiva.”

15. Il soggiorno a Cipro - il discorso sulla mente

Poco dopo i viaggiatori fecero vela per Cipro, fermandosi a Rodi. Essi godettero del lungo viaggio per mare ed arrivarono alla loro destinazione sull’isola molto riposati nel corpo e ristorati nello spirito.

Essi avevano progettato di godere di un periodo di vero riposo e di ricreazione nel corso di questa visita a Cipro, poiché il loro giro del Mediterraneo stava per finire. Sbarcarono a Pafos e cominciarono subito ad accumulare provviste per un soggiorno di alcune settimane sulle montagne vicine. Il terzo giorno dopo il loro arrivo essi partirono per la montagna con i loro animali da soma ben carichi.

Per due settimane i tre si divertirono molto, e poi, senza alcun segnale premonitore, il giovane Ganid cadde d’improvviso gravemente ammalato. Egli soffrì per due settimane di una forte febbre, andando spesso in delirio; Gesù e Gonod furono molto occupati ad assistere il ragazzo ammalato. Gesù curò abilmente e teneramente il ragazzo ed il padre fu stupito dalla gentilezza e dalla capacità manifestate in tutte le sue cure al giovane ammalato. Essi erano lontani dalle abitazioni ed il ragazzo era troppo grave per essere trasportato; così si prepararono ad assisterlo meglio che poterono per farlo tornare in buona salute lì in montagna.

Durante le tre settimane di convalescenza di Ganid, Gesù gli raccontò molte cose interessanti sulla natura ed i suoi diversi aspetti. E come si divertirono girovagando sulle montagne, con Ganid che faceva domande, Gesù che rispondeva, ed il padre meravigliato da tutto questo.

Nel corso dell’ultima settimana del loro soggiorno in montagna Gesù e Ganid ebbero una lunga conversazione sulle funzioni della mente umana. Dopo parecchie ore di discussione il ragazzo pose questa domanda: “Ma, Maestro, che cosa intendi quando dici che l’uomo sperimenta una forma di autocoscienza più elevata di quella degli animali superiori?” E trasposto in linguaggio moderno, Gesù rispose:

Figlio mio, ti ho già parlato molto della mente dell’uomo e dello spirito divino che vive in essa, ma ora consentimi di porre in evidenza il fatto che l’autocoscienza è una realtà. Quando un animale prende coscienza di sé, diviene un uomo primitivo. Tale conseguimento risulta da una coordinazione di funzioni tra l’energia impersonale e la mente che concepisce lo spirito, ed è questo fenomeno che giustifica la concessione di un punto focale assoluto per la personalità umana, lo spirito del Padre che è nei cieli.

Le idee non sono semplicemente una registrazione di sensazioni; le idee sono delle sensazioni più le interpretazioni riflesse dell’io personale; e l’io è più che la somma delle proprie sensazioni. In un’individualità in evoluzione cominciano a manifestarsi i sintomi di un approccio all’unità, e questa unità è derivata dalla presenza interiore di una parte dell’unità assoluta che attiva spiritualmente una tale mente autocosciente di origine animale.

Nessun semplice animale può essere autocosciente nel tempo. Gli animali possiedono una coordinazione fisiologica di sensazioni, di riconoscimenti collaboratori e della memoria corrispondente, ma nessuno di loro sperimenta un riconoscimento di sensazioni avente un significato o mostra un’associazione intenzionale di queste esperienze fisiche congiunte, quali sono manifestate nelle conclusioni delle interpretazioni umane intelligenti e riflessive. E questo fatto dell’esistenza autocosciente, collaboratore alla realtà della sua esperienza spirituale susseguente, fa dell’uomo un figlio potenziale dell’Universo e lascia prevedere il raggiungimento finale dell’Unità Suprema dell’Universo.

L’io umano non è soltanto la somma dei suoi stati di coscienza successivi. Senza il funzionamento efficace di un selezionatore ed collaboratore della coscienza non esisterebbe un’unità sufficiente per giustificare la designazione di un’individualità. Una tale mente non unificata potrebbe difficilmente raggiungere livelli di coscienza di status umano. Se le associazioni della coscienza fossero semplicemente un accidente, le menti di tutti gli uomini presenterebbero allora delle associazioni incontrollate e caotiche di certe fasi di alienazione mentale.

Una mente umana basata esclusivamente sulla coscienza di sensazioni fisiche non potrebbe mai raggiungere livelli spirituali; questa sorta di mente materiale mancherebbe totalmente del senso dei valori morali e sarebbe priva del senso direttivo della guida spirituale, che è così essenziale per raggiungere l’unità armoniosa della personalità nel tempo e che è inseparabile dalla sopravvivenza della personalità nell’eternità.

La mente umana comincia subito a manifestare qualità che sono sovra-materiali; l’intelletto umano veramente riflessivo non è interamente vincolato dai limiti del tempo. Il fatto che gli individui differiscano talmente negli atti della loro vita, non indica soltanto i diversi doni ereditari e le differenti influenze dell’ambiente, ma anche il grado di unificazione con lo spirito interiore del Padre che è stato raggiunto dall’io, la misura dell’identificazione dell’uno con l’altro.

La mente umana non sopporta bene il conflitto di una duplice alleanza. È un impegno severo per l’anima subire l’esperienza di uno sforzo per servire sia il bene che il male. La mente supremamente felice ed efficacemente unificata è quella interamente consacrata a fare la volontà del Padre che è nei cieli. I conflitti non risolti distruggono l’unità e possono sfociare nel disordine mentale. Ma il carattere di sopravvivenza di un’anima non è favorito dalla tendenza ad assicurarsi la pace mentale ad ogni costo, dall’abbandono di nobili aspirazioni e dalla compromissione d’ideali spirituali; questa pace si raggiunge piuttosto affermando risolutamente il trionfo di ciò che vero, e questa vittoria si ottiene trionfando sul male con la potente forza del bene.

Il giorno seguente essi partirono per Salamina, da dove s’imbarcarono per Antiochia sulla costa siriana.

16. Ad Antiochia

Antiochia era la capitale della provincia romana della Siria, e qui il governo imperiale aveva la sua residenza. Antiochia aveva mezzo milione di abitanti; era la terza città dell’impero per dimensione e la prima per depravazione e flagrante immoralità. Gonod aveva degli affari considerevoli da trattare, così Gesù e Ganid rimasero molto da soli. Essi visitarono tutto in questa città poliglotta, eccetto il boschetto di Dafne. Gonod e Ganid visitarono questo noto tempio di vergogna, ma Gesù rifiutò di accompagnarli. Queste scene non erano così scabrose per gli Indiani, ma erano ripugnanti per un Ebreo idealista.

Gesù diveniva più calmo e riflessivo a mano a mano che si avvicinava alla Palestina e alla fine del loro viaggio. Egli s’incontrò con poca gente ad Antiochia; andò raramente per la città. Dopo molte domande sul perché il suo precettore manifestava così poco interesse per Antiochia, Ganid alla fine indusse Gesù a dire: “Questa città non è lontana dalla Palestina; forse vi ritornerò un giorno.”

Ganid fece un’esperienza molto interessante ad Antiochia. Questo giovane si era dimostrato un allievo capace ad aveva già cominciato a fare pratico uso di alcuni insegnamenti di Gesù. C’era un Indiano impegnato negli affari di suo padre ad Antiochia che era divenuto antipatico e scontroso al punto che era stato previsto il suo licenziamento. Quando Ganid lo seppe, si recò nella sede degli affari di suo padre ed ebbe una lunga conversazione con il suo compatriota. Quest’uomo aveva la sensazione di essere stato assegnato ad un incarico che non gli confaceva. Ganid gli parlò del Padre che è nei cieli ed ampliò sotto molti aspetti le sue vedute sulla religione. Ma di tutto quello che Ganid disse, fu la citazione di un proverbio ebreo che fece maggiormente del bene, e quelle parole di saggezza erano: “Qualunque cosa la tua mano trovi da fare, falla con tutta la tua forza.”

Dopo aver preparato i loro bagagli per la carovana di cammelli, essi proseguirono in giù verso Sidone e poi da là in su verso Damasco, e dopo tre giorni erano pronti per la lunga tappa attraverso le sabbie del deserto.

17. In Mesopotamia

Il viaggio con la carovana attraverso il deserto non era un’esperienza nuova per questi grandi viaggiatori. Dopo che Ganid ebbe visto il suo precettore che aiutava a caricare i loro venti cammelli ed osservato che si offriva volontario per guidare il loro stesso animale, esclamò: “Maestro, c’è qualcosa che tu non sappia fare?” Gesù si limitò a sorridere dicendo: “Il maestro non è certamente senza onore agli occhi del suo diligente allievo.” E così partirono per l’antica città di Ur.

Gesù era molto interessato alla storia antica di Ur, luogo di nascita di Abramo, ed era anche affascinato dalle rovine e dalle tradizioni di Susa, al punto che Gonod e Ganid prolungarono di tre settimane la loro sosta in questi luoghi al fine di consentire più tempo a Gesù per condurre le sue ricerche e per avere anche migliori opportunità di persuaderlo a tornare in India con loro.

Fu ad Ur che Ganid ebbe un lungo colloquio con Gesù sulla differenza tra la conoscenza, la saggezza e la verità. E fu grandemente affascinato da quanto disse il saggio Ebreo: “La saggezza è la cosa principale; dunque acquisisci saggezza. Con tutta la tua ricerca della conoscenza, acquisisci comprensione. Esalta la saggezza ed essa ti farà avanzare. Essa ti condurrà agli onori se tu soltanto la praticherai.”

Giunse alla fine il giorno della separazione. Essi furono tutti coraggiosi, specialmente il ragazzo, ma fu una prova dura. Essi avevano le lacrime agli occhi, ma coraggio nel cuore. Congedandosi dal suo precettore, Ganid disse: “Addio, Maestro, ma non per sempre. Quando ritornerò a Damasco ti cercherò. Ti voglio bene, perché credo che il Padre che è nei cieli debba essere un po’ simile a te; so almeno che tu assomigli molto a ciò che mi hai detto di lui. Mi ricorderò il tuo insegnamento, ma soprattutto non dimenticherò mai te.” Il padre disse: “Addio ad un grande maestro, ad uno che ci ha resi migliori e ci ha aiutati a conoscere Dio.” E Gesù rispose: “La pace sia su di voi, e possa la benedizione del Padre che è nei cieli abitare sempre con voi.” E Gesù restò sulla riva a guardare la piccola barca che li conduceva al loro battello all’ancora. Il Maestro lasciò così i suoi amici indiani a Charax per non rivederli mai più in questo mondo. Nemmeno loro, in questo mondo, seppero mai che l’uomo apparso più tardi come Gesù di Nazaret era lo stesso amico che stavano per lasciare - Joshua, il loro maestro.

In India, Ganid crebbe e divenne un uomo influente, un degno successore del suo eminente padre, e diffuse molte delle nobili verità che aveva appreso da Gesù, il suo adorato maestro. Più tardi nella vita, quando Ganid intese parlare dello strano maestro della Palestina che terminò il suo percorso su una croce, benché riconoscesse la similarità tra il Vangelo di questo Figlio dell’Uomo e gli insegnamenti del suo precettore ebreo, non pensò mai che questi due fossero effettivamente la stessa persona.

Così ebbe fine quel capitolo della vita del Figlio dell’Uomo che si potrebbe intitolare: La missione di Joshua il maestro.

18. Le conferenze di Urmia

Sul cammino verso il Mar Caspio, Gesù si era fermato per alcuni giorni di riposo e di ricupero nell’antica città persiana di Urmia, sulla riva occidentale del Lago di Urmia. Sulla maggiore di un gruppo di isole situato a poca distanza dalla riva, in prossimità di Urmia, si trovava una grande costruzione - un anfiteatro per conferenze - dedicato allo “spirito della religione”. Questa struttura era veramente un tempio della filosofia delle religioni.

Questo tempio della religione era stato costruito da un ricco mercante cittadino di Urmia e dai suoi tre figli. Quest’uomo era Cymboyton e contava fra i suoi antenati persone di provenienza molto diversa.

Le conferenze e le discussioni in questa scuola di religione iniziavano alle 10, ogni mattino della settimana. Le sessioni del pomeriggio iniziavano alle 15 ed i dibattiti della sera si aprivano alle 20. Cymboyton o uno dei suoi tre figli presiedevano sempre queste sessioni d’insegnamento, di discussione e di dibattito. Il fondatore di questa scuola straordinaria di religione visse e morì senza avere mai rivelato le sue credenze religiose personali.

In più occasioni Gesù partecipò a queste discussioni, e prima che partisse da Urmia, Cymboyton convenne con Gesù che si sarebbe fermato con loro per due settimane nel suo viaggio di ritorno e avrebbe tenuto ventiquattro conferenze su “La fratellanza degli uomini”, e avrebbe condotto dodici sessioni serali di domande, discussioni e dibattiti sulle sue conferenze in particolare e sulla fratellanza degli uomini in generale.

In conformità a questo accordo, Gesù si fermò nel suo viaggio di ritorno e tenne queste conferenze. Questo fu il più sistematico e formale di tutti gli insegnamenti del Maestro sulla Terra. Mai prima o dopo egli disse così tanto su un argomento di quanto contenuto in queste conferenze e discussioni sulla fratellanza degli uomini. In realtà queste conferenze erano sul “Regno di Dio” ed i “Regni degli uomini”.

Nella facoltà di questo tempio di filosofia religiosa erano rappresentati più di trenta religioni e culti religiosi. Questi insegnanti erano scelti, mantenuti e pienamente accreditati dai loro rispettivi gruppi religiosi. In quel momento c’erano circa settantacinque insegnanti nella facoltà, e vivevano in casette che ospitavano ciascuna una dozzina di persone. Ad ogni nuova luna questi gruppi erano cambiati per sorteggio. L’intolleranza, lo spirito polemico od ogni altra tendenza ad interferire nel buon andamento della comunità provocavano il pronto e sbrigativo allontanamento dell’insegnante colpevole. Egli sarebbe stato mandato via senza tante cerimonie ed il suo sostituto in attesa sarebbe stato immediatamente messo al suo posto.

Questi insegnanti delle varie religioni facevano un grande sforzo per dimostrare quanto fossero simili le loro religioni in ciò che concerneva gli elementi fondamentali di questa vita e di quella futura. C’era tuttavia una regola che si doveva accettare per ottenere un posto in questa facoltà - ogni insegnante doveva rappresentare una religione che riconosceva Dio - un qualche tipo di Deità suprema. C’erano cinque insegnanti indipendenti nella facoltà che non rappresentavano alcuna religione organizzata, e fu come insegnante indipendente che Gesù apparve innanzi a loro.

19. La sovranità - divina ed umana

La fratellanza degli uomini è fondata sulla paternità di Dio. La famiglia di Dio deriva dall’amore di Dio - Dio è amore. Dio il Padre ama divinamente i suoi figli, li ama tutti.

Il regno dei cieli, il governo divino, è fondato sul fatto della sovranità divina - Dio è spirito. Poiché Dio è spirito, questo regno è spirituale. Il regno dei cieli non è né materiale né puramente intellettuale; è una relazione spirituale tra Dio e l’uomo.

Se religioni differenti riconoscono la sovranità spirituale di Dio il Padre, allora tutte queste religioni staranno in pace. Solo quando una religione pretende di essere in qualche modo superiore a tutte le altre e di possedere un’autorità esclusiva sulle altre religioni, tale religione avrà l’ardire di essere intollerante verso le altre religioni od oserà perseguitare i credenti delle altre religioni.

La pace religiosa - la fratellanza - non potrà mai esistere senza che tutte le religioni siano disposte a spogliarsi completamente di ogni autorità ecclesiastica e ad abbandonare totalmente ogni concetto di sovranità spirituale. Dio solo è spirito sovrano.

Non ci può essere uguaglianza tra le religioni (libertà religiosa) senza guerre di religione fino a che tutte le religioni non consentono di trasferire la sovranità religiosa ad un livello super-umano, a Dio stesso.

Il regno dei cieli nel cuore degli uomini creerà l’unità religiosa (non necessariamente l’uniformità) perché ciascun gruppo religioso composto da tali credenti religiosi sarà privo di ogni nozione di autorità ecclesiastica - di sovranità religiosa.

Dio è spirito, e Dio dona un frammento del suo essere spirituale perché dimori nel cuore dell’uomo. Spiritualmente tutti gli uomini sono uguali. Il regno dei cieli è privo di caste, di classi, di livelli sociali e di gruppi economici.

Ma quando si perde di vista la sovranità spirituale di Dio il Padre, qualche religione comincerà ad affermare la sua superiorità sulle altre religioni; ed allora, invece di pace sulla terra e buona volontà tra gli uomini, cominceranno i dissensi, le recriminazioni e persino le guerre di religione, o almeno le guerre tra persone religiose.

Gli esseri dotati di libero arbitrio che si considerano uguali, a meno di non riconoscersi mutualmente sottomessi ad una qualche super-sovranità, ad una qualche autorità superiore a loro, presto o tardi saranno tentati di mettere alla prova la loro abilità di acquisire potere ed autorità sulle altre persone e sugli altri gruppi. Il concetto di uguaglianza porta la pace solo se è riconosciuta reciprocamente l’influenza del super-controllo di una super-sovranità.

Gli uomini religiosi di Urmia vivevano insieme in relativa pace e tranquillità perché avevano totalmente rinunciato a tutte le loro nozioni di sovranità religiosa. Spiritualmente essi credevano tutti in un Dio sovrano; socialmente, la totale ed incontestabile autorità risiedeva nel capo che li presiedeva - Cymboyton. Essi sapevano bene che cosa sarebbe accaduto ad un insegnante che avesse preteso di spadroneggiare sui suoi colleghi. Non ci può essere pace religiosa durevole sulla Terra fino a che tutti i gruppi religiosi non rinunciano spontaneamente ai loro concetti di favore divino, di popolo eletto e di sovranità religiosa. Solo quando Dio il Padre diviene supremo gli uomini diverranno fratelli nella religione e vivranno insieme in pace religiosa sulla terra.

20. La sovranità politica

La guerra sulla Terra non avrà mai fine fintantoché le nazioni resteranno attaccate alle nozioni illusorie di una sovranità nazionale illimitata. Vi sono soltanto due livelli di sovranità relativa su un mondo abitato: il libero arbitrio spirituale del singolo mortale e la sovranità collettiva dell’umanità come insieme. Tra il livello del singolo essere umano ed il livello dell’umanità come insieme, tutti i gruppi e tutte le associazioni sono relativi, transitori ed hanno valore solo nella misura in cui accrescono la felicità, il benessere ed il progresso degli individui e del grande insieme planetario - dell’uomo e dell’umanità.

Gli insegnanti religiosi devono ricordarsi sempre che la sovranità spirituale di Dio prevale su tutte le fedeltà spirituali interposte ed intermedie. I governanti civili impareranno un giorno che gli Altissimi governano nei regni degli uomini.

Questo governo degli Altissimi nei regni degli uomini non è a speciale beneficio di un gruppo particolarmente favorito di mortali. Non esiste nessun “popolo eletto”. Il governo degli Altissimi, super controllori dell’evoluzione politica, è un governo destinato a promuovere il bene più grande per il maggior numero di tutti gli uomini e per la durata più lunga di tempo.

La sovranità è potere e cresce per mezzo dell’organizzazione.Questa crescita dell’organizzazione del potere politico è buona ed auspicabile, perché tende ad includere settori sempre più vasti dell’intera umanità. Ma questa stessa crescita delle organizzazioni politiche crea un problema ad ogni stadio intermedio tra l’organizzazione iniziale e naturale del potere politico - la famiglia - ed il coronamento finale della crescita politica - il governo di tutta l’umanità, per mezzo di tutta l’umanità e per tutta l’umanità.

Partendo dal potere dei genitori nel gruppo familiare, la sovranità politica si evolve per organizzazione a mano a mano che le famiglie si estendono in clan consanguinei, che si uniscono per diverse ragioni in unità tribali - in raggruppamenti politici super-consanguinei. In seguito, grazie agli scambi, al commercio e alla conquista, le tribù si unificano in una nazione e le nazioni stesse si unificano talvolta in un impero.

A mano a mano che la sovranità passa da piccoli gruppi a gruppi più grandi, le guerre si fanno più rare. Cioè le guerre minori tra piccole nazioni diminuiscono, ma il potenziale per le grandi guerre si accresce via via che le nazioni che esercitano la sovranità divengono sempre più grandi. Ben presto, quando il mondo intero sarà stato esplorato ed occupato, quando le nazioni saranno poche, forti e potenti, quando queste grandi e presunte nazioni sovrane confineranno tra di loro, quando soltanto gli oceani le separeranno, allora sarà pronto il quadro per guerre più grandi, per conflitti mondiali. Le cosiddette nazioni sovrane non possono stare a contatto senza generare conflitti e provocare guerre.

La difficoltà nell’evoluzione della sovranità politica, dalla famiglia fino all’umanità intera, risiede nell’inerzia-resistenza incontrata su tutti i livelli intermedi. All’occasione le famiglie hanno sfidato il clan, e dal canto loro i clan e le tribù hanno spesso rifiutato di sottomettersi alla sovranità dello Stato territoriale. Ogni nuova e progredita evoluzione della sovranità politica è (ed è sempre stata) intralciata ed impedita dagli “stadi d’incastellatura” degli sviluppi anteriori dell’organizzazione politica. E questo è vero perché le fedeltà umane, una volta mobilitate, sono difficili da modificare. La stessa fedeltà che rende possibile l’evoluzione della tribù, rende difficile l’evoluzione della super-tribù - lo Stato territoriale. E la stessa fedeltà (il patriottismo) che rende possibile l’evoluzione dello Stato territoriale, complica immensamente lo sviluppo evoluzionario del governo di tutta l’umanità.

La sovranità politica è creata grazie all’abbandono dell’auto determinismo, prima da parte dell’individuo all’interno della famiglia e poi da parte delle famiglie e dei clan nei confronti della tribù e dei gruppi più grandi. Questo trasferimento progressivo dell’autodeterminazione dalle organizzazioni politiche più piccole a quelle sempre più grandi è generalmente proseguito senza tregua in Oriente dall’instaurazione delle dinastie Ming e Mogul. In Occidente esso è prevalso per più di mille anni sino alla fine della Guerra Mondiale, quando un malaugurato movimento retrogrado invertì temporaneamente questa normale tendenza ristabilendo la sovranità politica abbattuta di numerosi piccoli gruppi in Europa.

La Terra non godrà di una pace durevole fino a che le cosiddette nazioni sovrane non rimetteranno intelligentemente e pienamente i loro poteri sovrani nelle mani della fraternità degli uomini - il governo dell’umanità. L’internazionalismo - le Leghe delle Nazioni - non può mai portare una pace permanente all’umanità. Le confederazioni mondiali di nazioni impediranno efficacemente le guerre minori e controlleranno in modo accettabile le nazioni più piccole, ma non riusciranno ad impedire le guerre mondiali né a controllare i tre, quattro o cinque governi più potenti. Di fronte a conflitti reali, una di queste potenze mondiali si ritirerà dalla Lega e dichiarerà guerra. Non si può impedire alle nazioni di fare guerra finché restano contaminate dal virus illusorio della sovranità nazionale. L’internazionalismo è un passo nella direzione giusta. Una forza di polizia internazionale impedirà molte guerre minori, ma non sarà efficace per impedire le guerre maggiori, i conflitti tra i grandi governi militari della terra.

A mano a mano che il numero delle nazioni veramente sovrane (delle grandi potenze) decresce, l’opportunità ed il bisogno di un governo dell’umanità aumentano. Quando vi sono soltanto poche potenze realmente sovrane (grandi), esse devono impegnarsi in una lotta mortale per la supremazia nazionale (imperiale), oppure, abbandonando volontariamente certe prerogative di sovranità, devono creare il nucleo essenziale di un potere supernazionale che servirà come inizio della reale sovranità di tutta l’umanità.

Non vi sarà pace sulla Terra fino a che ogni nazione cosiddetta sovrana non abbandonerà il suo potere di fare la guerra nelle mani di un governo rappresentativo di tutta l’umanità. La sovranità politica è innata nei popoli del mondo. Quando tutti i popoli sulla Terra creeranno un governo mondiale, avranno il diritto e il potere di rendere questo governo SOVRANO. E quando una tale potenza mondiale rappresentativa o democratica controllerà le forze terrestri, aeree e navali del mondo, la pace sulla terra e la buona volontà tra gli uomini potranno prevalere - ma non prima di allora.

I cittadini non nascono per il beneficio dei governi; i governi sono organizzazioni create e stabilite a beneficio degli uomini. L’evoluzione della sovranità politica avrà fine solo con l’apparizione del governo della sovranità di tutti gli uomini. Tutte le altre sovranità hanno valori relativi, significato intermedio e status subordinato.

Con il progresso scientifico le guerre diverranno sempre più devastanti, fino a divenire quasi un suicidio razziale. Quante guerre mondiali bisognerà combattere e quante leghe di nazioni dovranno fallire prima che gli uomini siano disposti ad istituire il governo dell’umanità e a cominciare a godere delle benedizioni di una pace permanente ed a prosperare nella tranquillità della buona volontà - la buona volontà mondiale - tra gli uomini?

21. La legge, la libertà e la sovranità

Se un uomo aspira alla libertà - alla vera libertà - deve ricordarsi che tutti gli altri uomini anelano alla stessa libertà. Dei gruppi di tali mortali che amano la vera libertà non possono vivere insieme in pace senza sottomettersi a leggi, regole e regolamenti che garantiscano ad ogni persona lo stesso grado di libertà, salvaguardando allo stesso tempo un uguale grado di libertà per tutti i loro simili mortali. Se un uomo vuole essere assolutamente libero, allora un altro deve diventare uno schiavo assoluto. E la natura relativa della libertà è vera nel campo sociale, economico e politico. La libertà è il dono della civiltà reso possibile dall’applicazione della LEGGE.

La religione rende spiritualmente possibile realizzare la fratellanza degli uomini, ma è necessario un governo dell’umanità per regolare i problemi sociali, economici e politici collaboratori a questa meta di felicità e di efficienza umane.

Ci saranno guerre e rumori di guerra - una nazione insorgerà contro un’altra nazione - fintantoché la sovranità politica del mondo sarà divisa ed ingiustamente detenuta da un gruppo di Stati nazionali.

Un’altra guerra mondiale insegnerà alle cosiddette nazioni sovrane a formare una sorta di federazione, creando così il meccanismo per prevenire le piccole guerre, le guerre tra le nazioni minori. Ma le guerre mondiali continueranno fino alla creazione del governo dell’umanità. La sovranità globale impedirà le guerre globali - nient’altro può farlo.

Non è una questione di armamento o di disarmo. Nemmeno la questione di coscrizione o di servizio militare volontario c’entra in questi problemi di mantenimento della pace mondiale. Se si togliessero alle nazioni potenti tutte le forme di armamento meccanico moderno e tutti i tipi di esplosivi, esse si batterebbero con pugni, pietre e bastoni fintantoché rimanessero attaccate alle loro illusioni sul diritto divino alla sovranità nazionale.

La guerra non è una grande e terribile malattia dell’uomo; la guerra è un sintomo, un risultato. La vera malattia è il virus della sovranità nazionale.

Le nazioni sulla Terra non hanno posseduto una sovranità reale; esse non hanno mai avuto una sovranità che le proteggesse dalle rovine e dalle devastazioni delle guerre mondiali. Nella creazione del governo globale dell’umanità le nazioni non dovranno abbandonare la loro sovranità, ma creare effettivamente una sovranità mondiale, reale, sincera e duratura che sarà da allora pienamente capace di proteggerle da tutte le guerre. Gli affari locali saranno trattati dai governi locali, gli affari nazionali dai governi nazionali, gli affari internazionali saranno amministrati dal governo globale.

La pace mondiale non può essere mantenuta da trattati, dalla diplomazia, da politiche estere, da alleanze, da equilibri di potere, né da ogni altro tipo di espediente che faccia dei giochi di prestigio con le sovranità del nazionalismo. La legge mondiale deve venire all’esistenza e deve essere applicata da un governo mondiale - la sovranità di tutta l’umanità.

L’individuo godrà di molta più libertà sotto un governo mondiale. Oggi i cittadini delle grandi potenze sono tassati, regolamentati e controllati in maniera quasi oppressiva, e gran parte di queste interferenze attuali nelle libertà individuali scomparirà quando i governi nazionali saranno disposti ad affidare la loro sovranità in materia di affari internazionali alle mani di un governo globale.

Sotto un governo globale i gruppi nazionali avranno realmente occasione di realizzare e di godere le libertà personali di una democrazia autentica. L’inganno dell’autodeterminazione avrà termine. Con una regolamentazione globale delle monete e degli scambi commerciali verrà la nuova era di pace nel mondo intero. Potrà evolversi in breve tempo un linguaggio globale e ci sarà almeno qualche speranza di avere un giorno una religione globale - o delle religioni con una visione globale.

La sicurezza collettiva non assicurerà mai la pace fino a che la collettività non ingloberà tutta l’umanità.

La sovranità politica del governo rappresentativo dell’umanità porterà una pace durevole sulla terra, e la fraternità spirituale degli uomini assicurerà per sempre la buona volontà fra tutti gli uomini. Non esiste altro modo per mezzo del quale la pace sulla terra e la buona volontà tra gli uomini possano essere realizzate.

Dopo la morte di Cymboyton i suoi figli incontrarono grandi difficoltà per mantenere la pace tra il corpo insegnante. Le ripercussioni degli insegnamenti di Gesù sarebbero state molto più grandi se i successivi istruttori cristiani, che si unirono al corpo insegnante di Urmia, avessero dato prova di maggiore saggezza ed avessero esercitato maggiore tolleranza.

Il figlio primogenito di Cymboyton aveva chiamato in aiuto Abner da Filadelfia, ma la scelta degli insegnanti da parte di Abner fu molto infelice, nel senso che si dimostrarono inflessibili ed intransigenti. Questi insegnanti cercarono di rendere la loro religione dominante sulle altre credenze. Essi non sospettarono mai che le conferenze del conduttore di carovane cui ci si riferiva così spesso fossero state tenute da Gesù stesso.

Quando la confusione si accrebbe in seno alla facoltà, i tre fratelli ritirarono il loro appoggio finanziario, e dopo cinque anni la scuola chiuse. Fu riaperta più tardi come tempio mitraico e fu infine incendiata in occasione di una delle loro celebrazioni orgiastiche.