DURANTE il pomeriggio di questo giovedì, quando Filippo ricordò al Maestro che la Pasqua si avvicinava e s’informò sui suoi piani per celebrarla, pensava alla cena di Pasqua che doveva essere consumata la sera del giorno dopo, venerdì. Era costume cominciare i preparativi per la celebrazione della Pasqua non più tardi di mezzogiorno del giorno precedente. E poiché gli Ebrei contavano i giorni a partire dal tramonto, ciò significava che la cena del sabato di Pasqua doveva essere consumata il venerdì sera, poco prima di mezzanotte.
Gli apostoli, quindi, non riuscivano a comprendere pienamente l’annuncio del Maestro che avrebbero celebrato la Pasqua un giorno prima. Essi pensarono, almeno alcuni di loro, che egli sapesse che sarebbe stato arrestato prima del momento della cena di Pasqua di venerdì sera e che li avesse perciò riuniti per una cena speciale questo giovedì sera. Altri pensarono che questa fosse semplicemente un’occasione particolare che precedeva la celebrazione regolare della Pasqua.
Gli apostoli sapevano che Gesù aveva celebrato altre Pasque senza l’agnello; e sapevano che non partecipava personalmente ad alcun servizio sacrificale del sistema ebraico. Egli aveva mangiato molte volte l’agnello pasquale come invitato, ma quando era ospite non era mai servito agnello. Non sarebbe stata una grande sorpresa per gli apostoli aver visto omesso l’agnello anche la sera di Pasqua, e poiché questa cena aveva luogo un giorno prima, essi non pensarono nulla per la sua mancanza.
Dopo aver ricevuto i saluti di benvenuto dal padre e dalla madre di Giovanni Marco, gli apostoli salirono immediatamente nella sala al piano superiore mentre Gesù si attardava a parlare con i familiari di Marco.
Era stato convenuto in anticipo che il Maestro avrebbe celebrato questa festa da solo con i suoi dodici apostoli; perciò non era previsto alcun servitore per servirli.
Quando gli apostoli furono condotti al piano superiore da Giovanni Marco, videro una vasta e comoda sala, completamente preparata per la cena, ed osservarono che il pane, il vino, l’acqua e le erbe erano tutti pronti ad un’estremità della tavola. Salvo che all’estremità su cui stava il pane e il vino, questa lunga tavola era circondata da tredici divani per stendersi, esattamente come sarebbe stata preparata per la celebrazione della Pasqua in una famiglia ebrea benestante.
Mentre i dodici entravano in questa sala, notarono vicino alla porta le brocche d’acqua, le bacinelle e gli asciugamani per il lavaggio dei loro piedi impolverati; e poiché non era stato previsto alcun servitore per svolgere questo servizio, gli apostoli cominciarono a guardarsi l’uno l’altro non appena Giovanni Marco li ebbe lasciati, e ciascuno cominciò a pensare tra sé: Chi laverà i nostri piedi? E ciascuno pensò anche che non sarebbe stato lui che avrebbe svolto questo ruolo evidente di servitore degli altri.
Mentre essi stavano là, riflettendo in cuor loro, diedero uno sguardo alla sistemazione dei posti a tavola, e notarono il divano più elevato dell’ospite d’onore con un divano alla destra e undici disposti attorno alla tavola, che terminavano di fronte a questo secondo seggio d’onore posto alla destra dell’ospite.
Essi aspettarono per qualche momento l’arrivo del Maestro, ma erano incerti se sedersi o aspettare la sua venuta e contare su di lui per l’assegnazione dei loro posti. Mentre esitavano, Giuda avanzò verso il posto d’onore alla sinistra dell’ospite, e significò che intendeva sdraiarvisi come ospite preferito. Questo atto di Giuda provocò immediatamente un’accesa disputa tra gli altri apostoli. Giuda aveva appena preso possesso del seggio d’onore che Giovanni Zebedeo rivendicò l’altro seggio preferito, quello alla destra dell’ospite. Simon Pietro si arrabbiò talmente per questa pretesa di Giuda e di Giovanni di scegliere i posti che, sotto gli sguardi degli altri apostoli irritati, camminò deciso attorno alla tavola e prese posto sul divano meno importante, alla fine dell’ordine di posti ed esattamente di fronte a quello scelto da Giovanni Zebedeo. Poiché altri avevano occupato i posti più alti, Pietro pensò di scegliere il più basso, e fece questo non solo per protestare contro l’orgoglio indecoroso dei suoi fratelli, ma con la speranza che Gesù, quando fosse venuto e l’avesse visto nel posto di minor onore, l’avrebbe chiamato ad un posto più alto, spostando così uno che aveva preteso di onorarsi da solo.
Con le posizioni più importanti e più umili così occupate, gli altri apostoli scelsero i loro posti, chi vicino a Giuda e chi vicino a Pietro, fino a che furono tutti accomodati. Essi erano seduti su questi divani attorno alla tavola a forma di U nell’ordine seguente: alla destra del Maestro, Giovanni; alla sinistra, Giuda, Simone Zelota, Matteo, Giacomo Zebedeo, Andrea, i gemelli Alfeo, Filippo, Natanaele, Tommaso e Simon Pietro.
Essi sono riuniti per celebrare, almeno in spirito, un’istituzione che datava da prima di Mosè e che si riferiva ai tempi in cui i loro padri erano schiavi in Egitto. Questa cena è il loro ultimo incontro con Gesù, ed anche in tale quadro solenne, per la condotta di Giuda, gli apostoli sono portati ancora una volta a cedere alla loro vecchia predilezione per gli onori, la preferenza e l’esaltazione personale.
Essi erano ancora impegnati in vocianti, irate recriminazioni quando il Maestro apparve sul vano della porta, dove esitò un istante, mentre un’espressione di disappunto appariva lentamente sul suo viso. Senza commenti egli andò al suo posto e non mutò la disposizione in cui essi si erano messi a sedere.
Erano ora pronti ad iniziare la cena, salvo che i loro piedi non erano ancora lavati e che non erano affatto di buonumore. Quando arrivò il Maestro essi si stavano ancora rimproverando l’un l’altro senza tanti complimenti, per non parlare dei pensieri di alcuni di loro che avevano sufficiente controllo emotivo per astenersi dall’esprimere apertamente i loro sentimenti.
Per alcuni istanti dopo che il Maestro ebbe preso posto non fu detta una parola. Gesù passò il suo sguardo su tutti loro e, mitigando la tensione con un sorriso, disse: “Ho desiderato grandemente mangiare questa Pasqua con voi. Volevo mangiare con voi ancora una volta prima di soffrire, e sapendo che è giunta la mia ora ho disposto di cenare con voi questa sera, perché, per quanto concerne domani, siamo tutti nelle mani del Padre, la cui volontà io sono venuto ad eseguire. Io non mangerò nuovamente con voi fino a che non sederete con me nel regno che mio Padre mi darà quando avrò compiuto ciò per cui mi ha mandato in questo mondo.”
Dopo che il vino e l’acqua furono stati mescolati, essi portarono la coppa a Gesù, il quale, quando l’ebbe ricevuta dalle mani di Taddeo, la tenne mentre rendeva grazie. E quando ebbe finito di rendere grazie, disse: “Prendete questa coppa e dividetela tra di voi e, quando ne berrete, realizzate che io non berrò ancora con voi il frutto della vite, poiché questa è la nostra ultima cena. Quando sederemo di nuovo in questo modo, sarà nel regno futuro.”
Gesù cominciò a parlare così ai suoi apostoli perché sapeva che la sua ora era giunta. Egli comprendeva che era arrivato il momento in cui doveva ritornare dal Padre, e che la sua opera sulla terra era quasi terminata. Il Maestro sapeva che aveva rivelato sulla terra l’amore del Padre, che aveva proclamato la sua misericordia all’umanità e che aveva completato ciò per cui era venuto nel mondo, fino a ricevere tutto il potere e l’autorità nel cielo e sulla terra. Similmente egli sapeva che Giuda Iscariota aveva deciso pienamente di consegnarlo quella sera nelle mani dei suoi nemici. Egli realizzava perfettamente che questo tradimento era opera di Giuda, ma che esso faceva piacere anche a Lucifero, a Satana e a Caligastia, il principe delle tenebre. Ma egli non temeva nessuno di coloro che cercavano la sua sconfitta spirituale, non più di quanto temeva coloro che cercavano di attuare la sua morte fisica. Il Maestro aveva una sola preoccupazione, ed era per la sicurezza e la salvezza dei suoi discepoli scelti. E così, con la piena conoscenza che il Padre aveva posto ogni cosa sotto la sua autorità, il Maestro si preparò ora a porre in atto la parabola dell’amore fraterno.
Dopo aver bevuto la prima coppa della Pasqua, era costume ebraico che l’ospite si alzasse da tavola e si lavasse le mani. Più avanti nel corso del pasto e dopo la seconda coppa, si alzavano similmente tutti gli invitati e si lavavano le mani. Poiché gli apostoli sapevano che il loro Maestro non osservava mai questi riti di lavaggio cerimoniale delle mani, erano molto curiosi di sapere che cosa intendeva fare quando, dopo che ebbero tutti bevuto da questa prima coppa, egli si alzò da tavola e si diresse in silenzio verso la porta presso la quale erano stati posti le brocche d’acqua, le bacinelle e gli asciugamani. E la loro curiosità si mutò in stupore quando videro il Maestro togliersi la sopravveste, cingersi di un asciugamano e cominciare a versare dell’acqua in una delle bacinelle per i piedi. Immaginate la meraviglia di questi dodici uomini, che avevano appena rifiutato di lavarsi l’un l’altro i piedi, e che si erano impegnati in tali indecorose dispute suoi posti d’onore a tavola, quando lo videro avviarsi attorno all’estremità non occupata della tavola verso il posto più basso del banchetto, dove stava Simon Pietro, e, inginocchiatosi nell’atteggiamento di un servo, prepararsi a lavare i piedi di Simone. Come il Maestro s’inginocchiò, tutti i dodici si alzarono in piedi come un solo uomo; anche il traditore Giuda dimenticò per un momento la sua infamia al punto di alzarsi con i suoi compagni apostoli in questa espressione di sorpresa, di rispetto e di profondo stupore.
Simon Pietro stava là, guardando il viso rivolto in su del suo Maestro. Gesù non disse nulla; non era necessario che parlasse. Il suo atteggiamento rivelava chiaramente che aveva intenzione di lavare i piedi di Simon Pietro. Nonostante le sue debolezze umane, Pietro amava il Maestro. Questo pescatore galileo fu il primo essere umano a credere con tutto il cuore nella divinità di Gesù e a fare piena e pubblica confessione di questa credenza. E Pietro da allora non aveva mai più realmente dubitato della natura divina del Maestro. Poiché Pietro riveriva ed onorava in tal modo Gesù nel suo cuore, non c’era da stupirsi che la sua anima si risentisse all’idea che Gesù fosse inginocchiato là davanti a lui nell’atteggiamento di un comune servitore e si proponesse di lavare i suoi piedi come avrebbe fatto uno schiavo. Quando Pietro subito dopo si riprese a sufficienza per rivolgersi al Maestro, espresse i sentimenti affettuosi di tutti i suoi compagni apostoli.
Dopo i pochi istanti di questo grande imbarazzo, Pietro disse: “Maestro, hai veramente intenzione di lavarmi i piedi?” Ed allora, guardando in viso Pietro, Gesù disse: “Tu puoi non comprendere pienamente ciò che sto per fare, ma in seguito conoscerai il significato di tutte queste cose.” Allora Simon Pietro, tirando un lungo respiro, disse: “Maestro, tu non laverai mai i miei piedi!” E ciascuno degli apostoli manifestò con un cenno del capo la loro approvazione alla ferma dichiarazione di Pietro di rifiuto a consentire a Gesù di umiliarsi in questo modo davanti a loro.
Il drammatico appello di questa scena insolita toccò inizialmente anche il cuore di Giuda Iscariota; ma quando il suo vanitoso intelletto giudicò lo spettacolo, concluse che questo gesto di umiltà era semplicemente un ulteriore episodio che provava definitivamente che Gesù non sarebbe mai stato qualificato per essere il liberatore d’Israele, e che lui non aveva commesso alcun errore nel decidere di abbandonare la causa del Maestro.
Mentre stavano tutti là stupefatti col fiato sospeso, Gesù disse: “Pietro, io dichiaro che, se non lavo i tuoi piedi, tu non parteciperai con me a quello che sto per compiere.” Quando Pietro udì questa dichiarazione, unita al fatto che Gesù continuava a rimanere là inginocchiato ai suoi piedi, egli prese una di quelle decisioni di cieco consenso in adesione al desiderio di colui che rispettava ed amava. Quando Simon Pietro cominciò a rendersi conto che era attribuito a questo progettato atto di servizio un significato che determinava il proprio futuro legame con l’opera del Maestro, egli non solo si rassegnò all’idea di permettere a Gesù di lavargli i piedi ma, nella sua caratteristica ed impetuosa maniera, disse: “Allora, Maestro, non lavarmi soltanto i piedi ma anche le mani e la testa.”
Mentre il Maestro si accingeva ad iniziare il lavaggio dei piedi di Pietro, disse: “Colui che è già puro ha bisogno soltanto di avere lavati i suoi piedi. Voi che sedete con me questa sera siete puri - ma non tutti. Ma la polvere dei vostri piedi avrebbe dovuto essere lavata prima che vi sedeste a tavola con me. Inoltre, vorrei compiere questo servizio per voi come una parabola per illustrare il significato di un nuovo comandamento che presto vi darò.”
Allo stesso modo il Maestro fece il giro della tavola, in silenzio, lavando i piedi dei suoi dodici apostoli, senza escludere Giuda. Quando ebbe finito di lavare i piedi dei dodici, Gesù indossò la sua sopravveste, ritornò al suo posto di ospite, e dopo aver guardato gli apostoli sconcertati, disse:
“Comprendete veramente ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro, e dite bene, perché lo sono. Se dunque il Maestro ha lavato i vostri piedi, come mai voi non eravate disposti a lavarvi i piedi l’un l’altro? Quale lezione dovreste imparare da questa parabola in cui il Maestro svolge così volentieri quel servizio che i suoi fratelli non hanno voluto fare l’uno per l’altro? In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone; né colui che è mandato è più grande di colui che lo manda. Voi avete visto il modo di servire nella mia vita tra di voi, e benedetti sono coloro che avranno la grazia ed il coraggio di servire così. Ma perché siete così lenti a capire che il segreto della grandezza del regno spirituale non è simile ai metodi di potere del mondo materiale?
“Quando sono entrato in questa sala stasera, non eravate contenti di rifiutare orgogliosamente di lavarvi i piedi l’un l’altro, ma dovevate anche abbassarvi a disputare tra di voi su chi avrebbe avuto i posti d’onore alla mia tavola. Questi onori li cercano i Farisei e i figli di questo mondo, ma non dovrebbe essere così tra gli ambasciatori del regno celeste. Non sapete che non ci può essere alcun posto di preferenza alla mia tavola? Non comprendete che io amo ciascuno di voi quanto gli altri? Non sapete che il posto più vicino a me, secondo come gli uomini considerano tali onori, può non significare nulla riguardo alla vostra posizione nel regno dei cieli? Voi sapete che i re dei Gentili hanno la sovranità sui loro sudditi, e che coloro che esercitano questa autorità sono talvolta chiamati benefattori. Ma non sarà così nel regno dei cieli. Colui che vuole essere grande tra di voi, che divenga il più piccolo, e colui che vuole essere capo, che divenga come uno che serve. Chi è più grande, colui che siede a tavola o colui che serve? Non si considera comunemente che chi siede a tavola sia il più grande? Ma voi osserverete che io sono tra di voi come uno che serve. Se voi siete intenzionati a divenire dei servitori con me nel compimento della volontà del Padre, nel regno futuro sederete con me in potenza, continuando a fare la volontà del Padre nella gloria futura.”
Quando Gesù ebbe finito di parlare, i gemelli Alfeo portarono il pane ed il vino, con le erbe amare e la pasta di frutta secca, per la successiva portata dell’Ultima Cena.
Per alcuni minuti gli apostoli mangiarono in silenzio, ma sotto l’influenza del buonumore del Maestro si misero presto a conversare, ed il pasto proseguì come se niente d’insolito avesse interferito nella buona disposizione e nell’armonia sociale di questa occasione straordinaria. Dopo un po’, verso la metà di questa seconda portata del pasto, Gesù, passando il suo sguardo su di loro, disse: “Vi ho detto quanto desideravo molto fare questa cena con voi, e sapendo come le forze maligne delle tenebre hanno cospirato per provocare la morte del Figlio dell’Uomo, ho deciso di mangiare questa cena con voi in questa stanza segreta un giorno in anticipo sulla Pasqua, poiché domani sera a quest’ora io non sarò con voi. Vi ho detto ripetutamente che devo tornare dal Padre. Adesso la mia ora è venuta, ma non era necessario che uno di voi mi tradisse per consegnarmi nelle mani dei miei nemici.”
Quando i dodici udirono ciò, essendo già stati privati di molta della loro arroganza e fiducia in se stessi dalla parabola del lavaggio dei piedi e dal successivo discorso del Maestro, cominciarono a guardarsi l’un l’altro mentre in tono sorpreso chiedevano con esitazione: “Sono io?” E quando essi ebbero tutti posto la stessa domanda, Gesù disse: “Anche se è necessario che io ritorni dal Padre, non c’era bisogno che uno di voi divenisse un traditore per compiere la volontà del Padre. Questa è la maturazione del male nascosto nel cuore di uno che non è riuscito ad amare la verità con tutta la sua anima. Quanto è ingannevole l’orgoglio intellettuale che precede la rovina spirituale! Il mio amico di lunga data, che sta ora mangiando il mio pane, sarà pronto a tradirmi, anche mentre intinge la sua mano con me nel piatto.”
Quando Gesù ebbe parlato in questo modo, tutti loro cominciarono a chiedere di nuovo: “Sono io?” E quando Giuda, seduto alla sinistra del suo Maestro, chiese di nuovo: “Sono io?” Gesù, intingendo il pane nel piatto di erbe, lo porse a Giuda dicendo: “Tu l’hai detto.” Ma gli altri non udirono Gesù parlare a Giuda. Giovanni, che era sdraiato alla destra di Gesù, si sporse e chiese al Maestro: “Chi è? Noi vorremmo sapere chi è che si è mostrato infedele al suo impegno.” Gesù rispose: “Ve l’ho già detto, è colui al quale ho dato il pezzo di pane intinto.” Ma era così naturale per l’ospite dare un pezzo di pane intinto a chi sedeva alla sua sinistra che nessuno di loro vi aveva prestato attenzione, benché il Maestro avesse parlato così chiaramente. Ma Giuda fu dolorosamente cosciente del significato delle parole del Maestro associate al suo atto, e temé che i suoi compagni si rendessero ora similmente conto che il traditore era lui.
Pietro era estremamente turbato da ciò che era stato detto, e sporgendosi sulla tavola disse a Giovanni: “Chiedigli chi è, o se te l’ha rivelato, dimmi chi è il traditore.”
Gesù mise fine al loro mormorio dicendo: “Sono addolorato che questa cattiva azione si sia verificata ed ho sperato fino a questo momento che il potere della verità potesse trionfare sull’inganno del male, ma tali vittorie non si conquistano senza la fede di un sincero amore della verità. Io non avrei voluto dirvi queste cose a questa nostra ultima cena, ma desidero avvertirvi di questi dispiaceri e prepararvi così a ciò che ci aspetta. Vi ho parlato di ciò perché desidero che ricordiate, dopo che me ne sarò andato, che conoscevo tutti questi perfidi complotti e che vi ho preavvertiti che sarei stato tradito. E faccio tutto ciò solo perché possiate essere fortificati in vista delle tentazioni e delle prove imminenti.”
Dopo aver parlato così, Gesù si piegò verso Giuda e disse: “Ciò che hai deciso di fare, fallo subito.” E quando Giuda udì queste parole, si alzò da tavola e lasciò in fretta la sala, uscendo nella notte per fare quello che aveva deciso di compiere. Quando gli altri apostoli videro Giuda uscire in fretta dopo che Gesù gli aveva parlato, pensarono che fosse andato a prendere dell’altro cibo per la cena o a fare qualche altra commissione per il Maestro, poiché supponevano che egli portasse ancora la borsa.
Gesù sapeva che oramai non c’era più nulla da fare per impedire a Giuda di tradire. Egli aveva cominciato con dodici apostoli - ora ne aveva undici. Egli aveva scelto sei di questi apostoli, e benché Giuda fosse tra quelli nominati dai suoi apostoli scelti per primi, il Maestro l’aveva accettato e, fino a questo stesso momento, aveva fatto tutto il possibile per santificarlo e salvarlo, proprio come aveva lavorato per la pace e la salvezza degli altri.
Questa cena, con i suoi episodi di affetto ed i toni mitigati, fu l’ultimo appello di Gesù al disertore Giuda, ma non servì a nulla. Una volta che l’amore è veramente morto, l’avvertimento, anche quando è dato con il massimo tatto e trasmesso nello spirito più amichevole, di regola intensifica solo l’odio ed accende la cattiva determinazione a portare a compimento i propri progetti egoisti.
Quando essi portarono a Gesù la terza coppa di vino, la “coppa della benedizione”, egli si alzò dal divano e, prendendo la coppa nelle sue mani, la benedisse dicendo: “Prendete questa coppa e bevetene tutti. Questa sarà la coppa del mio ricordo. Questa è la coppa della benedizione di una nuova dispensazione di grazia e di verità. Essa sarà per voi il simbolo dell’effusione e del ministero dello Spirito divino della Verità. Ed io non berrò nuovamente questa coppa con voi fino a quando non ne berrò nella nuova forma con voi nel regno eterno del Padre.”
Gli apostoli intuirono tutti che qualcosa di straordinario stava per accadere mentre bevevano da questa coppa di benedizione con profondo rispetto ed in perfetto silenzio. La vecchia Pasqua commemorava l’emersione dei loro padri da uno stato di schiavitù razziale alla libertà individuale. Ora il Maestro stava istituendo una nuova cena del ricordo come simbolo della nuova dispensazione in cui l’individuo asservito emerge dalla schiavitù del cerimonialismo e dell’egoismo alla gioia spirituale della fratellanza e della comunione dei figli del Dio vivente liberati dalla fede.
Quando essi ebbero finito di bere questa nuova coppa del ricordo, il Maestro prese il pane e, dopo aver reso grazie, lo ruppe in pezzi e, ordinando loro di passarselo, disse: “Prendete questo pane del ricordo e mangiatelo. Vi ho detto che io sono il pane della vita. E questo pane della vita è la vita congiunta del Padre e del Figlio in un solo dono. La parola del Padre, qual è rivelata nel Figlio, è in verità il pane di vita.” Quando essi si furono distribuiti il pane del ricordo, il simbolo della parola vivente della verità incarnata nelle sembianze della carne mortale, si sedettero tutti di nuovo.
Istituendo questa cena del ricordo, il Maestro, com’era sempre sua abitudine, fece ricorso a parabole e a simboli. Egli impiegò dei simboli perché voleva insegnare certe grandi verità spirituali in maniera tale da rendere difficile ai suoi successori attribuire delle interpretazioni precise e dei significati definiti alle sue parole. In questo modo egli cercò d’impedire alle generazioni successive di cristallizzare il suo insegnamento e di legare i suoi significati spirituali alle mortali catene delle tradizioni e dei dogmi. Stabilendo l’unica cerimonia, o sacramento, associata all’intera missione della sua vita, Gesù ebbe molta cura di suggerire i suoi significati piuttosto che impegnarsi in definizioni precise. Egli non desiderava distruggere il concetto individuale di comunione divina stabilendo una forma precisa; né desiderava limitare l’interpretazione spirituale del credente congelandola in forme e riti. Egli cercava piuttosto di rendere libera l’anima umana rinata sulle ali gioiose di una libertà spirituale nuova e vivente.
Nonostante lo sforzo del Maestro d’istituire così questo nuovo sacramento del ricordo, coloro che vennero dopo di lui nei secoli successivi badarono a che il suo espresso desiderio fosse efficacemente contrastato, riducendo il suo semplice simbolismo spirituale di quell’ultima sera nella carne a delle interpretazioni rigorose e sottoponendolo alla precisione quasi matematica di una formula fissa. Di tutti gli insegnamenti di Gesù, nessuno è divenuto più standardizzato dalla tradizione.
Questa cena del ricordo, quando vi partecipano coloro che credono nel Figlio e che conoscono Dio, non ha bisogno di essere associata ad alcun simbolismo di puerili errate interpretazioni umane sul significato della presenza divina, perché in tutte queste occasioni il Maestro è sempre realmente presente. Se Gesù è sempre presente nel cuore dell’uomo, suo tempio, a maggior ragione è presente quando più persone si riuniscono nel suo nome. La cena del ricordo è l’incontro simbolico del credente con Gesù. Quando si deiventa in tal modo coscienti in spirito, il Figlio è effettivamente presente, ed il suo spirito fraternizza con il frammento interiore di suo Padre.
Dopo che essi ebbero meditato per alcuni istanti, Gesù proseguì a dire: “Quando farete queste cose, ricordatevi della vita che ho vissuto sulla terra tra di voi e rallegratevi che io stia continuando a vivere sulla terra con voi e a servire tramite voi. Come individui, non litigate tra di voi su chi sarà il più grande. Siate tutti come fratelli. E quando il regno crescerà al punto da inglobare grandi gruppi di credenti, astenetevi similmente dal lottare per la grandezza o dal cercare degli onori tra questi gruppi.”
E questo grandioso avvenimento ebbe luogo nella sala al piano superiore di un amico. Non vi fu alcuna forma sacra o consacrazione cerimoniale concernenti la cena o la casa. La cena del ricordo fu istituita senza approvazione ecclesiastica.
Dopo che Gesù ebbe istituito così la cena del ricordo, disse agli apostoli: “Tutte le volte che farete questo, fatelo in memoria di me. E quando vi ricorderete di me, riandate prima alla mia vita nella carne, ricordatevi che sono stato un tempo con voi, e poi, per mezzo della fede, discernete che cenerete tutti un giorno con me nel regno eterno del Padre. Questa è la nuova Pasqua che lascio a voi, il ricordo stesso della mia vita di conferimento, la parola di vita eterna e del mio amore per voi, l’effusione del mio Spirito della Verità su tutta la carne.”
E poi essi terminarono questa celebrazione dell’antica ma incruenta Pasqua, in connessione con l’inaugurazione della nuova cena del ricordo, cantando tutti insieme il Salmo centodiciotto.
DOPO aver cantato il Salmo alla conclusione dell’Ultima Cena, gli apostoli pensarono che Gesù intendesse ritornare immediatamente al campo, ma egli fece segno che si sedessero. Il Maestro disse:
“Vi ricordate bene quando vi ho mandato in missione senza borsa né bisaccia e vi ho anche raccomandato di non portare con voi alcuna veste di ricambio. E vi ricorderete tutti che non vi è mancato nulla. Ma ora sono sopraggiunti tempi difficili. Voi non potrete più contare sulla buona volontà delle folle. D’ora in poi chi ha una borsa la porti con sé. Quando andrete nel mondo a proclamare questo Vangelo, prendete tante provviste per il vostro mantenimento quante vi sembrerà più opportuno. Io sono venuto a portare la pace, ma essa non apparirà prima di un certo tempo.
“È giunta l’ora per il Figlio dell’Uomo di essere glorificato, ed il Padre sarà glorificato in me. Amici miei, io sarò con voi soltanto per poco. Presto mi cercherete, ma non mi troverete, perché sto andando in un luogo dove voi non potete in questo momento venire. Ma quando avrete terminato la vostra opera sulla terra come io ho ora terminato la mia, allora verrete da me, così come io mi preparo ora ad andare da mio Padre. Tra poco tempo vi lascerò, voi non mi vedrete più sulla terra, ma mi vedrete tutti nell’era futura quando ascenderete al regno che mio Padre mi ha dato.”
Dopo pochi istanti di conversazione informale, Gesù si alzò e disse: “Quando vi ho rappresentato una parabola indicante come dovreste essere disposti a servirvi l’un l’altro, ho detto che desideravo darvi un nuovo comandamento; e vorrei farlo ora che sto per lasciarvi. Voi conoscete bene il comandamento che ordina di amarvi l’un l’altro; di amare il vostro prossimo come voi stessi. Ma io non sono pienamente soddisfatto nemmeno di questa devozione sincera da parte dei miei figli. Vorrei vedervi compiere degli atti d’amore ancora più grandi nel regno della fraternità dei credenti. E così vi do questo nuovo comandamento: che vi amiate l’un l’altro come io ho amato voi. E da ciò tutti gli uomini sapranno che siete miei discepoli, se vi amate così l’un l’altro.
Dandovi questo nuovo comandamento, io non pongo alcun fardello nuovo sulle vostre anime; vi porto piuttosto una nuova gioia e vi do la possibilità di provare un nuovo piacere conoscendo le delizie dell’effusione dell’affetto del vostro cuore sui vostri simili. Io sto per provare la gioia suprema, pur soffrendo di afflizioni esteriori, nell’effusione del mio affetto su di voi e sui vostri simili mortali.
“Quando v’invito ad amarvi l’un l’altro, così come io ho amato voi, vi presento la misura suprema del vero affetto, perché nessuno può avere un amore più grande di questo: di essere disposto a dare la sua vita per i suoi amici. Ed ora, voi siete miei amici e continuerete ad esserlo se siete disposti a fare ciò che vi ho insegnato. Voi mi avete chiamato Maestro, ma io non vi chiamo servi. Se solo vi amerete l’un l’altro come io amo voi, sarete miei amici ed io vi dirò sempre ciò che il Padre mi rivela.
“Non soltanto voi avete scelto me, ma anch’io ho scelto voi, e vi ho ordinato di andare nel mondo a produrre i frutti del servizio amorevole verso i vostri simili, come io ho vissuto tra voi e vi ho rivelato il Padre. Il Padre ed io lavoreremo entrambi con voi, e voi sperimenterete la pienezza divina della gioia se solo obbedirete al mio comando di amarvi l’un l’altro così come io ho amato voi.”
Se volete condividere la gioia del Maestro dovrete condividere il suo amore. E condividere il suo amore significa aver condiviso il suo servizio. Una tale esperienza d’amore non vi libera dalle difficoltà di questo mondo; essa non crea un mondo nuovo, ma con tutta certezza rende il vecchio mondo nuovo.
Ricordatevi che è la fedeltà e non il sacrificio che Gesù chiede. La coscienza del sacrificio implica l’assenza di quell’affetto sincero che avrebbe fatto di un tale servizio amorevole una gioia suprema. L’idea del dovere significa che siete intenzionati a servire e quindi non provate la potente eccitazione di compiere il vostro servizio come un amico e per un amico. L’impulso dell’amicizia trascende ogni convinzione del dovere, ed il servizio di un amico per un amico non può mai essere qualificato un sacrificio. Il Maestro aveva insegnato agli apostoli che sono i figli di Dio. Egli li aveva chiamati fratelli, ed ora, prima di lasciarli, li chiama suoi amici.
Poi Gesù si alzò di nuovo e continuò ad istruire i suoi apostoli: “Io sono la vera vite e mio Padre è il coltivatore. Io sono la vite e voi siete i tralci. Ed il Padre mi chiede solo che voi portiate molti frutti. La vite viene potata solo per accrescere la produttività dei suoi tralci. Ogni tralcio uscito da me che non porta frutto, il Padre lo taglierà. Ogni tralcio che porta frutto sarà purificato dal Padre affinché possa dare più frutti. Voi siete già purificati dalla parola che io ho pronunciato, ma dovete continuare ad essere puri. Voi dovete dimorare in me ed io in voi; il tralcio morirà se viene separato dalla vite. Come il tralcio non può portare frutti se non dimora nella vite, così voi non potete produrre i frutti del servizio amorevole se non dimorate in me. Ricordatevi: io sono la vera vite e voi siete i tralci viventi. Colui che vive in me, ed io in lui, porterà molti frutti dello spirito e sperimenterà la gioia suprema di produrre questa messe spirituale. Se voi manterrete questa connessione spirituale vivente con me, porterete frutti in abbondanza. Se voi dimorate in me e le mie parole vivono in voi, sarete capaci di comunicare liberamente con me, ed allora il mio spirito vivente potrà impregnarvi in modo tale che potrete chiedere qualunque cosa il mio spirito vuole, e fare tutto ciò con la certezza che il Padre accoglierà la nostra petizione. Il Padre è glorificato in questo: che la vite abbia molti tralci viventi e che ogni tralcio porti molti frutti. E quando il mondo vedrà questi tralci che portano frutti - i miei amici che si amano l’un l’altro così come io ho amato loro - tutti gli uomini sapranno che voi siete veramente miei discepoli.
“Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi. Vivete nel mio amore così come io vivo nell’amore del Padre. Se fate come vi ho insegnato, dimorerete nel mio amore così come io ho mantenuto la parola del Padre e dimoro eternamente nel suo amore.”
Gli Ebrei avevano insegnato da lungo tempo che il Messia sarebbe stato “un tralcio originato dalla vite” degli antenati di Davide, ed in commemorazione di questo antico insegnamento un grande emblema del grappolo attaccato alla vite decorava l’entrata del tempio di Erode. Tutti gli apostoli si ricordarono di queste cose mentre il Maestro parlava loro questa sera nella sala al piano superiore.
Ma grandi disagi seguirono più tardi all’errata interpretazione delle conclusioni del Maestro riguardo alla preghiera. Questi insegnamenti avrebbero comportato poca difficoltà se fossero state ricordate la sue parole esatte e se successivamente fossero state trascritte correttamente. Ma per come ne fu fatta la trascrizione, i credenti finirono per considerare la preghiera in nome di Gesù come una sorta di magia suprema, pensando che avrebbero ricevuto dal Padre qualunque cosa avessero chiesto. Per secoli anime oneste hanno continuato a far naufragare la loro fede contro questo scoglio. Quanto tempo ci vorrà al mondo dei credenti per comprendere che la preghiera non è un processo per ottenere ciò che si vuole, ma piuttosto un programma per seguire la via di Dio, un’esperienza per imparare a riconoscere e ad eseguire la volontà del Padre? È interamente vero che, quando la vostra volontà si è veramente allineata alla sua, voi potete chiedere qualunque cosa concepita da quell’unione di volontà, e ciò sarà accordato. E tale unione di volontà è effettuata da e attraverso Gesù, così come la vita della vite fluisce dentro e attraverso i tralci viventi.
Quando esiste questa connessione vivente tra la divinità e l’umanità, se l’umanità prega in modo insensato ed ignorante per comodità egoiste e per compimenti vanitosi, può esservi soltanto una risposta divina: che vi sia una maggiore produzione di frutti dello spirito sugli steli dei tralci viventi. Quando il tralcio della vite è vivente, ci può essere soltanto una risposta a tutte le sue petizioni: maggiore produzione d’uva. Infatti, il tralcio esiste solo per portare frutti, per produrre uva, e non può fare nient’altro. Allo stesso modo il vero credente esiste solo allo scopo di portare i frutti dello spirito: amare l’uomo come lui è stato amato da Dio - amarci l’un l’altro, così come Gesù ha amato noi.
E quando la mano della disciplina del Padre è stesa sulla vite, ciò viene fatto per amore, affinché i tralci possano portare molti frutti. Ed un coltivatore accorto taglia soltanto i tralci morti e sterili.
Gesù ebbe grande difficoltà a portare i suoi stessi apostoli a riconoscere che la preghiera è una funzione dei credenti nati dallo spirito nel regno dominato dallo spirito.
Gli undici avevano appena cessato i loro commenti sul discorso della vite e dei tralci quando il Maestro, indicando che desiderava parlare loro ancora e sapendo che gli restava poco tempo, disse: “Quando vi avrò lasciati, non scoraggiatevi per l’inimicizia del mondo. Non abbattetevi nemmeno quando dei credenti codardi si rivolteranno contro di voi e si uniranno ai nemici del regno. Se il mondo vi odierà, non dimenticate che ha odiato me prima ancora di odiare voi. Se voi foste di questo mondo, allora il mondo amerebbe ciò che è suo, ma poiché non lo siete, il mondo rifiuta di amarvi. Voi siete in questo mondo, ma le vostre vite non saranno vissute alla maniera del mondo. Io vi ho scelti dal mondo per rappresentare lo spirito di un altro mondo presso questo stesso mondo da cui siete stati scelti. Ma ricordatevi sempre ciò che vi ho detto: il servo non è più grande del suo padrone. Se essi osano perseguitare me, perseguiteranno anche voi. Se le mie parole offendono i non credenti, anche le vostre parole offenderanno i malvagi. Ed essi vi faranno tutto ciò perché non credono né in me né in Colui che mi ha mandato; così voi subirete molte cose a causa del mio Vangelo. Ma quando soffrirete queste tribolazioni, ricordatevi che anch’io ho sofferto prima di voi a causa di questo Vangelo del Regno dei cieli.
“Molti di coloro che vi assaliranno ignorano la luce del cielo, ma ciò non è vero per certuni che ora ci perseguitano. Se non avessimo insegnato loro la verità, essi potrebbero fare molte cose strane senza incorrere nella condanna, ma ora, poiché hanno conosciuto la luce ed hanno osato respingerla, non hanno alcuna scusa per il loro comportamento. Chi odia me odia mio Padre. Non può essere altrimenti; la luce che vi salverebbe se accettata, può solo condannarvi se coscientemente respinta. E che cosa ho fatto io a questi uomini perché mi odino con un astio così terribile? Nulla, se non offrire loro fratellanza sulla terra e salvezza in cielo. Ma non avete letto nella Scrittura il versetto: ‘Ed essi mi hanno odiato senza una causa’?
“Ma io non vi lascerò soli nel mondo. Molto presto, dopo che me ne sarò andato, vi manderò un aiutante spirituale. Avrete con voi uno che prenderà il mio posto tra di voi, uno che continuerà ad insegnarvi la via della verità, ed anche che vi consolerà.
“Che il vostro cuore non sia turbato. Voi credete in Dio; continuate a credere anche in me. Benché io debba lasciarvi, non sarò lontano da voi. Vi ho già detto che nell’Universo di mio Padre vi sono molti luoghi di sosta. Se ciò non fosse vero, non vi avrei ripetutamente parlato di essi. Io sto per tornare in questi mondi di luce, in queste stazioni nel cielo del Padre alle quali ascenderete un giorno. Da tali luoghi io sono venuto in questo mondo, ed ora è vicino il momento in cui dovrò tornare all’opera di mio Padre nelle sfere del cielo.
“Se io vi precedo così nel regno celeste del Padre, vi manderò certamente a cercare affinché possiate essere con me nei luoghi che sono stati preparati per i figli mortali di Dio prima che questo mondo fosse. Anche se io devo lasciarvi, sarò presente con voi in spirito, e alla fine voi sarete con me in persona quando sarete ascesi a me nel mio Universo, così come io sto per ascendere a mio Padre nel suo Universo più grande. E ciò che vi ho detto è vero ed eterno, benché voi non possiate comprenderlo pienamente. Io vado dal Padre, e sebbene voi non possiate seguirmi ora, mi seguirete certamente nelle epoche future.”
Quando Gesù si sedette, Tommaso si alzò e disse: “Maestro, noi non sappiamo dove tu stai andando; quindi certamente non ne conosciamo la via. Ma ti seguiremo da questa sera stessa se ci mostrerai la via.”
Dopo aver ascoltato Tommaso, Gesù rispose: “Tommaso, io sono la via, la verità e la vita. Nessuno va al Padre se non attraverso me. Tutti coloro che trovano il Padre, prima trovano me. Se conoscete me, conoscete la via che porta al Padre. E voi mi conoscete, perché avete vissuto con me ed ora mi vedete.”
Ma questo insegnamento era troppo profondo per molti degli apostoli, e specialmente per Filippo, il quale, dopo aver detto alcune parole a Natanaele, si alzò e disse: “Maestro. Mostraci il Padre, e tutto ciò che hai detto diverrà chiaro.”
E quando Filippo ebbe parlato, Gesù disse: “Filippo, sono stato così a lungo con te ed ancora non mi conosci? Dichiaro di nuovo che chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi allora dire: mostraci il Padre? Non credi che io sia nel Padre ed il Padre in me? Non ti ho insegnato che le parole che dico non sono parole mie ma le parole del Padre? Io parlo per il Padre e non da me stesso. Io sono in questo mondo per fare la volontà del Padre, e ciò ho fatto. Mio Padre dimora in me ed opera attraverso me. Credetemi quando dico che il Padre è in me e che io sono nel Padre, oppure credetemi per la vita stessa che ho vissuto - per le mie opere.”
Mentre il Maestro si allontanava per rinfrescarsi con dell’acqua, gli undici si misero a discutere animatamente su questi insegnamenti, e Pietro si stava preparando a fare un lungo discorso quando Gesù ritornò e fece loro segno di sedersi.
Gesù continuò ad insegnare dicendo: “Quando sarò andato dal Padre, e dopo che egli avrà pienamente accettato l’opera che ho compiuto per voi sulla terra, e dopo che avrò ricevuto la sovranità finale sul mio stesso dominio, dirò a mio Padre: Avendo lasciato i miei figli da soli sulla terra, è conforme alla mia promessa inviare loro un nuovo maestro. E quando il Padre approverà, spargerò lo Spirito della Verità su tutta la carne. Lo Spirito di mio Padre è già nel vostro cuore, e quando verrà questo giorno avrete anche me con voi così come avete ora il Padre. Questo nuovo dono è lo spirito della verità vivente. I non credenti inizialmente non ascolteranno gli insegnamenti di questo spirito, ma i figli della luce lo accoglieranno tutti con gioia e con tutto il cuore. E voi conoscerete questo spirito quando verrà, così come avete conosciuto me, e riceverete questo dono nel vostro cuore, ed esso dimorerà in voi. Percepite dunque che io non sto per lasciarvi senza aiuto e senza guida. Non vi lascerò nella desolazione. Oggi posso essere con voi soltanto in persona. Nei tempi futuri sarò con voi e con tutti gli altri uomini che desiderano la mia presenza, ovunque siate e con ciascuno di voi simultaneamente. Non discernete che è meglio che io me ne vada; che vi lasci fisicamente in modo da poter essere meglio e più completamente con voi in spirito?
“Tra poche ore il mondo non mi vedrà più, ma voi continuerete a conoscermi nel vostro cuore fino a quando vi manderò questo nuovo maestro, lo Spirito della Verità. Come ho vissuto con voi in persona, allora vivrò in voi; sarò uno con la vostra esperienza personale nel regno dello spirito. E quando avverrà questo, saprete sicuramente che io sono nel Padre, e che, mentre la vostra vita è celata con il Padre in me, anch’io sono in voi. Io ho amato il Padre ed ho osservato la sua parola; voi avete amato me ed osserverete la mia parola. Come mio Padre mi ha donato il suo spirito, così io vi darò il mio spirito. E questo Spirito della Verità che spargerò su di voi vi guiderà, vi consolerà e alla fine vi condurrà in tutta la verità.
“Vi dico queste cose mentre sono ancora con voi, affinché siate meglio preparati a sopportare le prove che sono oramai imminenti. E quando sorgerà questo nuovo giorno voi sarete abitati dal Figlio così come dal Padre. E questi doni del cielo agiranno sempre l’uno con l’altro, così come il Padre ed io abbiamo operato sulla terra e davanti ai vostri stessi occhi come una sola persona, il Figlio dell’Uomo. E questo spirito amico vi porterà a ricordare tutto ciò che vi ho insegnato.”
Mentre il Maestro faceva una breve pausa, Giuda Alfeo si azzardò a porre una delle rare domande che lui o suo fratello avessero mai rivolte a Gesù in pubblico. Giuda disse: “Maestro, tu hai sempre vissuto tra di noi come un amico; come ti conosceremo quando non ti manifesterai più a noi se non tramite questo spirito? Se il mondo non ti vede, come saremo certi di te? Come ti mostrerai a noi?”
Gesù guardò tutti loro, sorrise, e disse: “Miei piccoli figli, io me ne sto andando, ritorno da mio Padre. Tra poco non mi vedrete come adesso qui, in carne ed ossa. Molto presto vi manderò il mio spirito, esattamente simile a me, salvo che per questo corpo materiale. Questo nuovo istruttore è lo Spirito della Verità che vivrà con ciascuno di voi, nel vostro cuore, e così tutti i figli della luce saranno fatti uno e saranno attratti l’uno verso l’altro. Ed in questo stesso modo mio Padre ed io potremo vivere nell’anima di ciascuno di voi ed anche nel cuore di tutti gli altri uomini che ci amano e che rendono reale quell’amore nelle loro esperienze amandosi l’un l’altro, così come io ora amo voi.”
Giuda Alfeo non comprese pienamente ciò che disse il Maestro, ma afferrò la promessa del nuovo maestro, e dall’espressione del viso di Andrea egli percepì che la sua domanda aveva ricevuto una risposta soddisfacente.
Il nuovo aiutante che Gesù promise di mandare nel cuore dei credenti, di spargere su tutta la carne, è lo Spirito della Verità. Questo dono divino non è la lettera o la legge della verità, né è destinato a funzionare come forma o come espressione della verità. Il nuovo maestro è la convinzione della verità, la coscienza e l’assicurazione dei veri significati su livelli spirituali reali. E questo nuovo maestro è lo spirito della verità vivente e crescente, della verità che si espande, si rivela e si adatta.
La verità divina è una realtà vivente percepita dallo spirito. La verità esiste solo sui livelli spirituali elevati di realizzazione della divinità e di coscienza della comunione con Dio. Voi potete conoscere la verità e potete vivere la verità; potete sperimentare la crescita della verità nell’anima e godere la libertà della sua illuminazione nella mente, ma non potete imprigionare la verità in formule, codici, credo, o modelli intellettuali di condotta umana. Quando intraprendete la formulazione umana della verità divina, essa muore rapidamente. Il salvataggio postumo della verità imprigionata, anche nel migliore dei casi, può risolversi solo nella realizzazione di una forma particolare di saggezza glorificata, intellettualizzata. La verità statica è una verità morta, e solo la verità morta può essere considerata una teoria. La verità vivente è dinamica e può godere solo di un’esistenza esperienziale nella mente umana.
L’intelligenza si sviluppa da un’esistenza materiale che è illuminata dalla presenza della mente cosmica. La saggezza comporta la coscienza della conoscenza elevata a nuovi livelli di significato e attivata dalla presenza della dotazione universale dell’aiuto della saggezza. La verità è un valore di realtà spirituale di cui fanno l’esperienza solo gli esseri dotati di spirito che funzionano sui livelli super-materiali di coscienza universale, e che, dopo la realizzazione della verità, permettono al suo spirito attivatore di vivere e di regnare nella loro anima.
Il vero figlio dotato di percezione universale cerca lo Spirito della Verità vivente in ogni saggia affermazione. L’individuo che conosce Dio eleva costantemente la saggezza ai livelli della verità vivente di compimento divino; l’anima spiritualmente non progressiva trascina costantemente la verità vivente ai livelli sterili della saggezza e nel dominio di una semplice conoscenza esaltata.
La regola d’oro, quando è priva della percezione super-umana dello Spirito della Verità, diviene niente di più che una regola di condotta altamente etica. La regola d’oro, quando è interpretata alla lettera, può diventare uno strumento di grande offesa verso i propri simili. Senza un discernimento spirituale della regola d’oro della saggezza, voi potete ragionare che, poiché desiderate che tutti gli uomini vi dicano la piena e franca verità della loro mente, voi dovreste perciò dire pienamente e francamente tutto ciò che pensate ai vostri simili. Una tale interpretazione non spirituale della regola d’oro può portare ad infelicità indicibili e a dispiaceri senza fine.
Certe persone intendono ed interpretano la regola d’oro come un’affermazione puramente intellettuale della fratellanza umana. Altri sperimentano questa espressione di rapporto umano come una gratificazione emotiva dei delicati sentimenti della personalità umana. Altri mortali prendono questa stessa regola d’oro come metro per misurare tutte le relazioni sociali, come criterio di condotta sociale. Altri ancora la considerano come l’ingiunzione positiva di un grande insegnante morale che ha incorporato in questa enunciazione il più alto concetto dell’obbligo morale riguardo a tutte le relazioni fraterne. Nella vita di tali esseri morali la regola d’oro diviene il centro e la circonferenza della saggezza di tutta la loro filosofia.
Nel regno della fraternità credente di coloro che amano la verità e che conoscono Dio, questa regola d’oro acquisisce qualità viventi di realizzazione spirituale su quei livelli superiori d’interpretazione che portano i figli mortali di Dio a considerare questa ingiunzione del Maestro come la richiesta che essi si relazionino con i propri simili in modo che questi stessi traggano il maggior beneficio possibile dal loro contatto con i credenti. Questa è l’essenza della vera religione: che amiate il vostro prossimo come voi stessi.
Ma la realizzazione più elevata e l’interpretazione più vera della regola d’oro consiste nella coscienza dello spirito della verità della realtà permanente e vivente di una tale dichiarazione divina. Il vero significato cosmico di questa regola della relazione universale è rivelato soltanto nella sua realizzazione spirituale, nell’interpretazione della legge di condotta da parte dello spirito del Figlio verso lo spirito del Padre che dimora nell’anima dell’uomo mortale. Quando questi mortali guidati dallo spirito realizzano il vero significato di questa regola d’oro, traboccano della certezza di essere cittadini dell’ Universo amichevole, ed i loro ideali della realtà spirituale sono soddisfatti soltanto quando amano i loro simili come Gesù ha amato tutti noi; e ciò è la realtà della realizzazione dell’amore di Dio.
Questa stessa filosofia della flessibilità vivente e dell’adattabilità cosmica della verità divina alle esigenze individuali e alla capacità di ciascun figlio di Dio deve essere percepita prima che si possa sperare di comprendere adeguatamente l’insegnamento e la pratica del Maestro circa la non resistenza al male. L’insegnamento del Maestro è fondamentalmente un proclama spirituale. Anche le implicazioni materiali della sua filosofia non possono essere utilmente considerate al di fuori delle loro correlazioni spirituali. Lo spirito dell’ingiunzione del Maestro consiste nella non resistenza di tutte le reazioni egoistiche all’Universo, unita al raggiungimento attivo e progressivo di livelli di rettitudine di veri valori spirituali: bellezza divina, bontà infinita e verità eterna - conoscere Dio e divenire sempre più simili a lui.
L’amore, l’altruismo, deve subire una costante e vivente interpretazione che lo adatta di nuovo alle direttive dello Spirito della Verità. L’amore deve afferrare così i concetti in continuo mutamento ed ampliamento del bene cosmico più elevato dell’individuo che è amato. E poi l’amore prosegue assumendo questo stesso atteggiamento verso tutti gli altri individui suscettibili di essere influenzati dalla relazione crescente e vivente dell’amore di un mortale guidato dallo spirito per gli altri cittadini dell’Universo. E tutto questo adattamento vivente dell’amore deve essere effettuato tenendo conto sia delle circostanze del male presente che del fine eterno della perfezione del destino divino.
E così dobbiamo riconoscere chiaramente che né la regola d’oro né l’insegnamento della non resistenza possono essere correttamente compresi come dogmi o precetti. Essi possono essere compresi solo vivendoli, realizzando i loro significati nell’interpretazione vivente dello Spirito della Verità, che ordina il contatto affettuoso di un essere umano con un altro.
E tutto ciò indica chiaramente la differenza tra la vecchia religione e la nuova. La vecchia religione insegnava il sacrificio di se stessi; la nuova religione insegna solo l’altruismo, eleva l’autorealizzazione nel servizio sociale congiunto e nella comprensione dell’Universo. La vecchia religione era motivata dalla coscienza della paura; il nuovo Vangelo del Regno è dominato dalla convinzione della verità, lo spirito della verità eterna ed universale. E nessun ammontare di pietà o di fedeltà ad un credo può compensare l’assenza, nell’esperienza di vita dei credenti al regno, di quella spontanea, generosa e sincera benevolenza che caratterizza i figli del Dio vivente nati dallo spirito. Né la tradizione né un sistema cerimoniale di culto ufficiale possono compensare la mancanza di una compassione sincera per i propri simili.
Dopo che Pietro, Giacomo, Giovanni e Matteo ebbero posto al Maestro numerose domande, egli continuò il suo discorso di addio dicendo: “Vi sto raccontando tutto questo prima di lasciarvi affinché possiate essere preparati a ciò che sta per accadervi, così che non cadiate in gravi errori. Le autorità non si accontenteranno di espellervi dalle sinagoghe; vi avverto che si avvicina l’ora in cui coloro che vi uccideranno penseranno di stare facendo un servizio a Dio. E faranno tutte queste cose a voi e a coloro che porterete nel regno dei cieli perché non conoscono il Padre. Essi hanno rifiutato di conoscere il Padre rifiutando di ricevere me; e rifiutano di ricevere me quando respingono voi, purché voi abbiate osservato il mio nuovo comandamento di amarvi l’un l’altro così come io ho amato voi. Vi sto dicendo in anticipo queste cose affinché, quando verrà la vostra ora, come adesso è venuta la mia, possiate essere fortificati nella conoscenza che io sapevo tutto e che il mio spirito sarà con voi in tutte le vostre sofferenze per causa mia e del Vangelo. È per questo motivo che vi ho parlato così chiaramente fin dall’inizio. Vi ho anche avvertiti che nemici di un uomo possono essere i membri della propria famiglia. Sebbene questo Vangelo del Regno non manchi mai di portare una grande pace nell’anima del singolo credente, esso non porterà la pace sulla terra fino a che l’uomo non sarà disposto a credere di tutto cuore al mio insegnamento e ad istituire la pratica di fare la volontà del Padre come fine principale di vivere la vita di mortale.
“Ora che sto per lasciarvi, poiché è giunta l’ora che io ritorni dal Padre, sono sorpreso che nessuno di voi mi abbia chiesto: perché ci lasci? Tuttavia, so che vi ponete queste domande nel vostro cuore. Vi parlerò chiaramente, da amico ad amico. È veramente utile per voi che io me ne vada. Se non me ne andassi, il nuovo maestro non potrebbe venire nel vostro cuore. Bisogna che io sia spogliato di questo corpo mortale e sia ristabilito al mio posto nell’alto prima che possa mandare questo insegnante spirituale a vivere nella vostra anima e a condurre il vostro spirito nella verità. E quando il mio spirito verrà a dimorare in voi, illuminerà la differenza tra il peccato e la rettitudine e vi renderà capaci di giudicare saggiamente nel vostro cuore al loro riguardo.
“Ho ancora molte cose da dirvi, ma ora non potete sopportarne di più. Tuttavia, quando lo Spirito della Verità verrà, vi guiderà alla fine in tutta la verità via via che passerete per le numerose dimore nell’Universo di mio Padre.
“Questo spirito non parlerà da se stesso, ma vi proclamerà ciò che il Padre ha rivelato al Figlio, e vi mostrerà anche le cose future; egli glorificherà me così come io ho glorificato mio Padre. Questo spirito è uscito da me e vi rivelerà la mia verità. Tutto ciò che il Padre possiede in questo dominio è ora mio; per ciò vi ho detto che questo nuovo istruttore avrebbe preso da ciò che è mio e l’avrebbe rivelato a voi.
“Molto presto io vi lascerò per breve tempo. Successivamente, quando mi rivedrete, sarò già in cammino verso il Padre, cosicché anche allora non mi vedrete a lungo.”
Mentre egli faceva una breve pausa, gli apostoli cominciarono a dire tra di loro: “Che cos’è che ci racconta? ‘Tra poco vi lascerò’, e ‘quando mi rivedrete non sarà per lungo tempo, perché sarò in cammino verso il Padre.’ Che cosa vuol dire con questo ‘tra poco’ e ‘non per molto tempo’? Noi non riusciamo a comprendere ciò che ci sta dicendo.”
E poiché Gesù sapeva che essi si ponevano queste domande, disse: “Voi vi chiedete che cosa ho inteso quando ho detto che tra poco non sarei più stato con voi, e che, quando mi avreste rivisto io sarei stato in cammino verso il Padre? Vi ho detto chiaramente che il Figlio dell’Uomo deve morire, ma che risusciterà. Non riuscite allora a discernere il significato delle mie parole? Sarete prima rattristati, ma in seguito vi rallegrerete con molti che comprenderanno queste cose dopo che saranno avvenute. In verità una donna è ansiosa nell’ora del suo travaglio, ma una volta che ha dato alla luce suo figlio essa dimentica immediatamente la sua angustia nella gioia di sapere che un essere umano è nato nel mondo. E così è per voi che siete dispiaciuti per la mia partenza, ma io vi rivedrò presto, ed allora il vostro dolore si trasformerà in gioia e vi sarà data una nuova rivelazione della salvezza di Dio che nessun uomo potrà mai togliervi. E tutti i mondi saranno benedetti in questa stessa rivelazione della vita che trionfa sulla morte. Fino ad ora voi avete formulato tutte le vostre richieste nel nome di mio Padre. Dopo che mi avrete rivisto, voi potrete chiedere anche in nome mio, ed io vi ascolterò.
“Quaggiù io vi ho insegnato con proverbi e vi ho parlato in parabole. Ho fatto questo perché spiritualmente voi eravate solo dei bambini; ma sta per giungere il momento in cui vi parlerò apertamente del Padre e del suo regno. E farò questo perché il Padre stesso vi ama e desidera esservi rivelato più pienamente. L’uomo mortale non può vedere il Padre spirito; per questo io sono venuto nel mondo a mostrare il Padre ai vostri occhi di creature. Ma quando sarete divenuti perfetti nella crescita spirituale, allora vedrete il Padre stesso.”
Dopo che gli undici l’ebbero ascoltato parlare, si dissero l’un l’altro: “Ecco, egli ci parla chiaramente. Certamente il Maestro è venuto da Dio. Ma perché dice che deve tornare dal Padre?” E Gesù vide che essi ancora una volta non l’avevano compreso. Questi undici uomini non riuscivano a separarsi dalle loro idee a lungo nutrite del concetto ebraico del Messia. Più essi credevano pienamente in Gesù come il Messia, più divenivano inopportune queste nozioni profondamente radicate sul glorioso trionfo materiale del regno sulla terra.