IL 10 marzo tutti i gruppi di predicatori e d’insegnanti si erano riuniti a Betsaida. Giovedì sera e venerdì molti di loro andarono a pesca, mentre sabato si recarono alla sinagoga per ascoltare un anziano Ebreo di Damasco parlare sulla gloria del padre Abramo. Gesù trascorse la maggior parte di questo sabato da solo sulle colline. Quel sabato sera il Maestro parlò per più di un’ora ai gruppi riuniti su “Il ruolo dell’avversità ed il valore spirituale della delusione”. Questa fu un’occasione memorabile ed i suoi ascoltatori non dimenticarono mai la lezione che impartì.
Gesù non si era ancora completamente ripreso dal dispiacere del suo recente ripudio a Nazaret; gli apostoli notarono che una particolare tristezza si mescolava alla sua abituale condotta cordiale. Giacomo e Giovanni rimasero con lui gran parte del tempo, poiché Pietro era occupato con le numerose responsabilità concernenti il benessere e la direzione del nuovo corpo di evangelisti. Questo tempo di attesa prima di partire per la Pasqua a Gerusalemme fu impiegato dalle donne per andare di casa in casa, insegnando il Vangelo e curando gli ammalati a Cafarnao e nelle città e villaggi circostanti.
In questo periodo Gesù cominciò ad utilizzare per la prima volta il metodo delle parabole per istruire le folle che si riunivano così frequentemente attorno a lui. Poiché Gesù aveva parlato con gli apostoli e gli altri fino a notte inoltrata, questa domenica mattina molto pochi del gruppo si erano alzati per la colazione; così egli andò in riva al mare e si sedette da solo sul battello, il vecchio battello da pesca di Andrea e di Pietro, che era sempre lasciato a sua disposizione, e meditò sui prossimi passi da fare nel lavoro per l’espansione del regno. Ma il Maestro non sarebbe rimasto da solo a lungo. Molto presto cominciarono ad arrivare delle persone da Cafarnao e dai villaggi vicini, e verso le dieci di quel mattino quasi mille erano riunite sulla riva vicino al battello di Gesù e richiamavano a gran voce la sua attenzione. Pietro si era ora alzato, e facendosi strada fino al battello, disse a Gesù: “Maestro, devo parlare loro?” Ma Gesù rispose: “No, Pietro, racconterò loro una storia.” Ed allora Gesù cominciò il racconto della parabola del seminatore, una delle prime di una lunga serie di parabole simili che insegnò alle folle che lo seguivano. Questo battello aveva un sedile sopraelevato sul quale egli si sedette (perché era costume sedersi quando s’insegnava) per parlare alla folla riunita lungo la riva. Dopo che Pietro ebbe detto poche parole, Gesù disse:
“Un seminatore uscì per seminare, e mentre seminava avvenne che alcuni semi caddero sul ciglio della strada dove furono calpestati e mangiati dagli uccelli del cielo. Altri semi caddero in luoghi sassosi dove c’era poca terra, e crebbero immediatamente perché non erano profondi nel terreno, ma appena il sole brillò essi seccarono non avendo radici con cui procurarsi l’umidità. Altri semi caddero tra i rovi, e quando i rovi crebbero essi furono soffocati, cosicché non diedero grano. Altri semi ancora caddero su terreno buono, e crescendo produssero alcuni trenta, alcuni sessanta, ed altri cento volte tanto.” E quando ebbe finito di raccontare questa parabola, egli disse alla folla: “Chi ha orecchie per intendere, intenda.”
Gli apostoli e quelli che erano con loro, quando sentirono Gesù istruire il popolo in questo modo, rimasero molto perplessi; e dopo aver parlato a lungo tra di loro, quella sera, nel giardino di Zebedeo, Matteo disse a Gesù: “Maestro, qual è il significato delle oscure massime che presenti alla folla? Perché parli in parabole a coloro che cercano la verità?” E Gesù rispose:
“Con pazienza vi ho istruito per tutto questo tempo. A voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma alle moltitudini prive di discernimento e a coloro che cercano la nostra distruzione d’ora in poi i misteri del regno saranno presentati in parabole. E faremo questo affinché coloro che desiderano realmente entrare nel regno possano discernere il significato dell’insegnamento e trovare così la salvezza, mentre coloro che ci ascoltano soltanto per trovarci in fallo possano essere più confusi per il fatto che vedranno senza vedere e udranno senza udire. Fratelli miei, voi non percepite la legge dello spirito che decreta che a colui che ha sarà dato affinché possieda in abbondanza; ma a colui che non ha sarà tolto anche quello che ha? Per questo parlerò d’ora in poi al popolo molto in parabole affinché i nostri amici e coloro che desiderano conoscere la verità possano trovare quello che cercano, mentre i nostri nemici e coloro che non amano la verità possano ascoltare senza comprendere. Molta di questa gente non segue la via della verità. In verità il profeta descrisse tutte queste anime prive di discernimento quando disse: ‘Perché il cuore di questa gente è divenuto grossolano, e le loro orecchie sono dure ad udire ed hanno chiuso i loro occhi per timore di discernere la verità e di comprenderla nel loro cuore.’ ”
Gli apostoli non compresero pienamente il significato delle parole del Maestro. Mentre Andrea e Tommaso parlavano ancora con Gesù, Pietro e gli altri apostoli si ritirarono in un’altra parte del giardino dove s’impegnarono in una lunga ed approfondita discussione.
Pietro e il gruppo vicino a lui giunsero alla conclusione che la parabola del seminatore era un’allegoria, che ciascun elemento aveva un significato nascosto, e così decisero di andare da Gesù a chiedere una spiegazione. Di conseguenza, Pietro si avvicinò al Maestro dicendo: “Noi non riusciamo a penetrare il significato di questa parabola e desideriamo che tu ce la spieghi, poiché dici che ci è dato di conoscere i misteri del regno.” E quando Gesù udì ciò, disse a Pietro: “Pietro io non desidero nasconderti nulla, ma dimmi prima di che cosa avete parlato; qual è la tua interpretazione della parabola?” l’insegnamento del Vangelo. Gli uccelli che portano via il seme caduto sul suolo indurito rappresentano Satana, o il maligno, che sottrae ciò che è stato seminato nel cuore di questi ignoranti. Il seme caduto nei luoghi sassosi e che germoglia così rapidamente rappresenta quelle persone superficiali e non riflessive che, quando ascoltano la buona novella, ricevono il
Dopo un momento di silenzio, Pietro disse: “Maestro, noi abbiamo discusso molto sulla parabola e questa è l’interpretazione alla quale io sono giunto: il seminatore è il predicatore del Vangelo; la semente è la parola di Dio. Il seme caduto sul ciglio della strada rappresenta coloro che non comprendono l’insegnamento del Vangelo. Gli uccelli che portano via il seme caduto sul suolo indurito rappresentano Satana, o il maligno, che sottrae ciò che è stato seminato nel cuore di questi ignoranti. Il seme caduto nei luoghi sassosi e che germoglia così rapidamente rappresenta quelle persone superficiali e non riflessive che, quando ascoltano la buona novella, ricevono il messaggio con gioia; ma poiché la verità non ha radici nel profondo della loro comprensione, la loro devozione è di breve durata di fronte alle tribolazioni e alle persecuzioni. Quando sopraggiungono delle difficoltà, questi credenti vacillano; quando sono tentati si dileguano. Il seme caduto tra i rovi rappresenta coloro che ascoltano volentieri la parola, ma che permettono alle preoccupazioni del mondo e alla falsità delle ricchezze di soffocare la parola della verità, cosicché essa diviene sterile. Ora, il seme caduto sul terreno buono e germogliato per dare alcuni trenta, alcuni sessanta, ed altri cento volte tanto, rappresenta coloro che, quando hanno ascoltato la verità, l’hanno ricevuta con diversi gradi di apprezzamento - a motivo delle loro differenti doti intellettuali - e manifestano quindi questi diversi gradi di esperienza religiosa.”
Gesù, dopo aver ascoltato l’interpretazione di Pietro della parabola, chiese agli altri apostoli se non avessero anche loro delle impressioni da presentare. Solo Natanaele rispose a questo invito. Egli disse: “Maestro, anche se riconosco molte buone cose nell’interpretazione della parabola da parte di Simon Pietro, io non sono pienamente d’accordo con lui. La mia opinione su questa parabola sarebbe: il seme rappresenta il Vangelo del Regno, mentre il seminatore rappresenta i messaggeri del regno. Il seme caduto sul ciglio della strada sul suolo indurito rappresenta coloro che hanno sentito poco del regno, insieme con coloro che sono indifferenti al messaggio e con coloro che hanno indurito il loro cuore. Gli uccelli del cielo che portano via il seme caduto sul ciglio della strada rappresentano le abitudini della vita, la tentazione del male e i desideri della carne. Il seme caduto tra i sassi rappresenta quelle anime emotive che sono rapide a ricevere il nuovo insegnamento ed egualmente veloci a rinunciare alla verità quando sono poste di fronte alle difficoltà e alle realtà di una vita conforme a questa verità; esse mancano di percezione spirituale. Il seme caduto tra i rovi rappresenta coloro che sono attratti verso le verità del Vangelo; essi sono intenzionati a seguire i suoi insegnamenti, ma ne sono impediti dall’orgoglio della vita, dalla gelosia, dall’invidia e dalle ansietà dell’esistenza umana. Il seme caduto sul terreno buono, che germoglia per dare alcuni trenta, alcuni sessanta, ed altri cento volte tanto, rappresenta i naturali e diversi gradi di capacità a comprendere la verità e a rispondere ai suoi insegnamenti spirituali da parte di uomini e di donne che posseggono differenti dotazioni d’illuminazione spirituale.”
Quando Natanaele ebbe finito di parlare, gli apostoli e i loro collaboratori s’immersero in una seria discussione ed ingaggiarono un sincero dibattito, alcuni sostenendo la correttezza dell’interpretazione di Pietro, mentre un numero quasi uguale cercava di difendere la spiegazione della parabola fornita da Natanaele. Nel frattempo Pietro e Natanaele si erano ritirati in casa, dove s’impegnarono in un vigoroso e risoluto sforzo, ciascuno per convincere l’altro a cambiare opinione.
Il Maestro permise a questa confusione di raggiungere il punto di più intensa espressione; poi batté le mani per chiamarli vicino a lui. Quando essi furono di nuovo tutti riuniti attorno a lui, disse: “Prima che vi parli di questa parabola, qualcuno di voi ha qualcosa da dire?” Dopo un momento di silenzio, Tommaso disse: “Sì, Maestro, io vorrei dire qualche parola. Mi ricordo che tu ci hai già detto una volta di stare in guardia su questa stessa cosa. Tu ci hai insegnato che, quando avessimo usato degli esempi per la nostra predicazione, impiegassimo storie vere, non delle favole, e che scegliessimo la storia più adatta ad illustrare la sola verità centrale ed essenziale che volevamo insegnare alla gente, e che, dopo aver utilizzato la storia, non tentassimo di effettuare un’applicazione spirituale di tutti i dettagli minori implicati nel racconto della storia. Io ritengo che Pietro e Natanaele si sbaglino entrambi nei loro tentativi d’interpretare questa parabola. Ammiro la loro abilità nel fare queste cose, ma sono egualmente certo che tutti questi tentativi per trarre da una normale parabola delle analogie spirituali da ciascuno dei suoi elementi possano portare soltanto alla confusione e ad un serio malinteso sul vero proposito di tale parabola. Che quanto affermo è vero risulta pienamente dal fatto che, mentre eravamo tutti dello stesso parere un’ora fa, ora siamo divisi in due gruppi separati che sostengono opinioni differenti su questa parabola, e sostengono tali opinioni così ardentemente da interferire, a mio avviso, con la nostra capacità di afferrare pienamente la grande verità che tu avevi in mente quando hai presentato questa parabola alla folla, e che hai chiesto successivamente a noi di commentare.”
Le parole che Tommaso pronunciò ebbero un effetto calmante su tutti loro. Egli li invitò a ricordare ciò che Gesù aveva insegnato loro in precedenti occasioni, e prima che Gesù riprendesse a parlare, Andrea si alzò e disse: “Io sono persuaso che Tommaso abbia ragione e vorrei che ci dicesse quale significato egli attribuisce alla parabola del seminatore.” Dopo che Gesù ebbe invitato Tommaso a parlare, egli disse: “Fratelli miei, non vorrei prolungare questa discussione, ma poiché lo desiderate, dirò che penso che questa parabola sia stata raccontata per insegnarci una sola grande verità. E cioè che il nostro insegnamento del Vangelo del Regno, per quanto fedelmente ed efficacemente noi eseguiamo i nostri incarichi divini, sarà seguito da differenti gradi di successo; e che tutte queste differenze di risultati sono conseguenza diretta delle diverse condizioni del nostro ministero, condizioni sulle quali noi abbiamo poco o nessun controllo.”
Ora che la tensione fu superata, Pietro e Natanaele si felicitarono l’un l’altro per le loro interpretazioni e, ad eccezione dei gemelli Alfeo, ciascuno degli apostoli si avventurò a dare un’interpretazione della parabola del seminatore prima di ritirarsi per la notte. Anche Giuda Iscariota offrì una spiegazione molto plausibile. I dodici tentarono spesso, tra di loro, di decifrare le parabole del Maestro come avrebbero fatto di un’allegoria, ma non presero mai più sul serio tali speculazioni. Questa fu una riunione molto proficua per gli apostoli ed i loro collaboratori, specialmente perché a partire da questo momento Gesù impiegò sempre di più delle parabole in connessione con il suo insegnamento pubblico.
Gli apostoli erano talmente presi dalle parabole che l’intera serata successiva fu dedicata all’ulteriore discussione su di esse. Gesù introdusse la conferenza della sera dicendo: “Miei diletti, dovete sempre differenziare l’insegnamento in modo da adattare la vostra presentazione della verità alla mente e al cuore di coloro che vi ascoltano. Quando vi trovate davanti ad una moltitudine d’intelletti e di temperamenti diversi, non potete pronunciare parole differenti per ogni classe di ascoltatori, ma potete raccontare una storia per trasmettere il vostro insegnamento; ed ogni gruppo, ed anche ogni individuo, sarà in grado di dare la propria interpretazione della vostra parabola in conformità alle sue doti intellettuali e spirituali. Lasciate che la vostra luce brilli, ma fatelo con saggezza e discrezione. Nessuno, quando accende una lampada, la copre con un vaso o la mette sotto il letto; mette la sua lampada su un piedistallo dove tutti possano vedere la luce. Lasciate che vi dica che nel regno dei cieli non c’è niente di nascosto che non sarà manifestato; né vi sono dei segreti che non saranno infine conosciuti. Alla fine tutte le cose verranno alla luce. Non pensate soltanto alle folle e al modo in cui esse intendono la verità; prestate attenzione anche al modo in cui voi stessi la intendete. Ricordate ciò che vi ho detto molte volte: a colui che ha sarà dato di più, mentre a colui che non ha sarà tolto anche quello che pensa di avere.”
Il seguito della discussione sulle parabole e delle ulteriori istruzioni sulla loro interpretazione può essere riassunto ed espresso in linguaggio moderno come segue:
1. Gesù sconsigliò l’uso sia di favole che di allegorie per insegnare le verità del Vangelo. Egli raccomandò il libero uso di parabole, specialmente di parabole sulla natura. Insisté sull’importanza di utilizzare l’analogia esistente tra il mondo naturale e quello spirituale come mezzo per insegnare la verità. Egli fece frequentemente allusione alla natura come “l’ombra irreale e fugace delle realtà spirituali”.
2. Gesù citò tre o quattro parabole tratte dalle Scritture ebraiche, attirando l’attenzione sul fatto che questo metodo d’insegnamento non era del tutto nuovo. Tuttavia divenne quasi un metodo nuovo d’insegnamento per il modo in cui egli lo impiegò da allora in poi.
3. Nell’insegnare agli apostoli il valore delle parabole, Gesù richiamò l’attenzione sui seguenti punti:
La parabola fa simultaneo appello a livelli estremamente differenti di mente e di spirito. La parabola stimola l’immaginazione, sfida la discriminazione e provoca la critica mentale; incoraggia la simpatia senza suscitare antagonismo.
La parabola parte dalle cose conosciute per giungere al discernimento del non conosciuto. La parabola utilizza il materiale ed il naturale come mezzi per presentare lo spirituale ed il super-materiale.
Le parabole favoriscono l’adozione di decisioni morali imparziali. La parabola elude numerosi pregiudizi e introduce con grazia nuove verità nella mente, e fa tutto ciò provocando il minimo di risentimento personale di autodifesa.
Il rifiuto della verità contenuta nell’analogia di una parabola richiede un atto intellettuale cosciente compiuto direttamente in dispregio del giudizio retto e della decisione equa di un individuo. La parabola porta a forzare il pensiero attraverso il senso dell’udito.
L’uso dell’insegnamento in forma di parabole permette all’istruttore di presentare delle verità nuove, anche sensazionali, evitando nel contempo in larga misura ogni controversia e conflitto esterno con la tradizione e l’autorità costituita.
La parabola possiede anche il vantaggio di stimolare il ricordo della verità insegnata quando s’incontrano successivamente le stesse scene familiari.
In questo modo Gesù cercò di far conoscere ai suoi discepoli molte delle ragioni a sostegno della sua pratica d’impiegare sempre più le parabole nel suo insegnamento pubblico.
Verso la fine della lezione della sera Gesù fece il suo primo commento sulla parabola del seminatore. Egli disse che la parabola si riferiva a due cose: primo, era un riesame del suo ministero fino a quel momento ed una previsione di ciò che l’attendeva durante il resto della sua vita sulla terra. Secondo, era anche un’allusione a quello che gli apostoli e gli altri messaggeri del regno potevano aspettarsi nel loro ministero, di generazione in generazione, con il passare del tempo.
Gesù ricorse all’uso di parabole anche per confutare nel modo migliore possibile lo sforzo calcolato dei capi religiosi di Gerusalemme d’insegnare che tutta la sua opera era compiuta con l’assistenza di demoni e del principe dei diavoli. Il richiamo alla natura contraddiceva tale insegnamento, poiché la gente di quel tempo considerava tutti i fenomeni naturali come il prodotto dell’azione diretta di esseri spirituali e di forze soprannaturali. Egli decise anche di adottare questo metodo d’insegnamento perché gli consentiva di proclamare delle verità essenziali a coloro che desideravano conoscere la via migliore, fornendo allo stesso tempo ai suoi nemici minori opportunità di trovare motivi di offesa e di accuse contro di lui.
Prima di congedare il gruppo per la notte, Gesù disse: “Ora vi racconterò la fine della parabola del seminatore. Vorrei mettervi alla prova per sapere come l’accetterete: il regno dei cieli è anche simile ad un uomo che ha seminato del buon seme sulla terra; e mentre dormiva di notte e si occupava dei suoi affari di giorno, il seme germogliò e crebbe, e senza che egli sapesse come, la pianta giunse a maturazione. Vi fu dapprima lo stelo, poi la spiga, poi il grano nella spiga. E poi quando il grano fu maturo l’uomo prese la sua falce e fu fatto il raccolto. Colui che ha orecchi per intendere intenda.”
Gli apostoli rigirarono molte volte queste parole nella loro mente, ma il Maestro non fece mai più menzione di questa aggiunta alla parabola del seminatore.
Il giorno successivo Gesù insegnò di nuovo al popolo dal battello, dicendo: “Il regno dei cieli è simile ad un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo; ma mentre dormiva il suo nemico venne a seminare della zizzania in mezzo al grano e fuggì. Così, quando le pianticelle germogliarono e più tardi stavano per dare frutto, apparve anche la zizzania. Allora i servi di questo padrone vennero a dirgli: ‘Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene allora questa zizzania?’ Ed egli rispose ai suoi servi: ‘Un nemico ha fatto questo.’ Allora i servi chiesero al loro padrone: ‘Vuoi che andiamo ad estirpare questa zizzania?’ Ma egli rispose loro dicendo: ‘No, per timore che strappandola sradichiate anche il frumento. Lasciate piuttosto che entrambi crescano insieme fino al tempo del raccolto, e dirò allora ai mietitori: raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla, poi raccogliete il frumento per ammassarlo nel mio granaio.’ ”
Dopo che la gente ebbe posto qualche domanda, Gesù raccontò un’altra parabola: “Il regno dei cieli è simile ad un granello di senape che un uomo ha seminato nel suo campo. Ora un grano di senape è il più piccolo dei semi, ma quando si è sviluppato completamente diventa la più grande di tutte le erbe ed assomiglia ad un albero, cosicché gli uccelli del cielo possono venire a riposare sui suoi rami.”
“Il regno dei cieli è anche simile al lievito che una donna prese e nascose in tre misure di farina, e così avvenne che tutta la farina lievitò.”
“Il regno dei cieli è anche simile ad un tesoro nascosto in un campo e che un uomo ha scoperto. Nella sua gioia egli andò a vendere tutto quanto possedeva per poter avere il denaro per comperare il campo.”
“Il regno dei cieli è anche simile ad un mercante che cerca delle belle perle; ed avendo trovato una perla di grande valore, andò a vendere quanto possedeva per poter acquistare la perla straordinaria.”
“Ancora, il regno dei cieli è simile ad una rete a strascico che è stata gettata in mare e che raccoglie ogni sorta di pesci. Ora, quando la rete fu piena, i pescatori la tirarono sulla spiaggia, dove si sedettero per fare la cernita dei pesci, raccogliendo quelli buoni in panieri mentre gettarono via quelli cattivi.”
Gesù raccontò alla folla molte altre parabole. Infatti, a partire da questo momento egli insegnò raramente alle masse se non con questi metodi. Dopo aver parlato in parabole ad un uditorio pubblico, egli esponeva più completamente ed esplicitamente i suoi insegnamenti agli apostoli e agli evangelisti durante le riunioni della sera.
La folla continuò ad aumentare per tutta la settimana. Sabato Gesù se ne andò sulle colline, ma domenica mattina le folle ritornarono. Gesù parlò loro nel primo pomeriggio dopo la predicazione di Pietro, e quando ebbe terminato, disse ai suoi apostoli: “Sono stanco della ressa; andiamo sull’altra sponda a riposarci per un giorno.”
Mentre attraversavano il lago essi incontrarono una di quelle violente ed improvvise bufere di vento che sono caratteristiche del Mare di Galilea, specialmente in questa stagione dell’anno. Questa massa d’acqua è circa duecento metri sotto il livello del mare ed è circondata da alte rive, specialmente ad ovest. Vi sono delle gole profonde che vanno dal lago verso i monti, e poiché l’aria calda si alza in una sacca sopra il lago durante il giorno, c’è una tendenza dopo il tramonto che l’aria fresca delle gole irrompa verso il lago. Queste bufere di vento arrivano rapidamente e se ne vanno talvolta altrettanto improvvisamente.
Fu proprio una di queste bufere di vento della sera che sorprese il battello che portava Gesù verso l’altra riva questa domenica sera. Altri tre battelli con alcuni degli evangelisti più giovani lo seguivano. Questa tempesta era molto violenta, nonostante fosse limitata a questa zona del lago, non essendovi segni di burrasca sulla riva occidentale. Il vento era talmente forte che le onde cominciarono ad abbattersi sul battello. Il forte vento aveva strappato via la vela prima che gli apostoli avessero potuto ammainarla, ed essi dipendevano ora interamente dai loro remi per remare faticosamente verso la riva, distante poco meno di tre chilometri.
Nel frattempo Gesù dormiva a poppa del battello sotto un piccolo riparo che lo proteggeva. Il Maestro era stanco quando lasciarono Betsaida, ed era per assicurarsi del riposo che aveva ordinato loro di portarlo sull’altra riva. Questi ex pescatori erano dei rematori forti ed esperti, ma questa era una delle tormente più violente che avessero mai incontrato. Sebbene il vento e le onde sballottassero il loro battello quasi fosse un giocattolo, Gesù continuava a dormire imperturbato. Pietro era al remo di dritta vicino alla poppa. Quando il battello cominciò a riempirsi d’acqua, egli lasciò il suo remo e, precipitatosi verso Gesù, lo scosse energicamente per svegliarlo, e quando si fu destato Pietro gli disse: “Maestro, non sai che siamo in mezzo ad una violenta tempesta? Se tu non ci salvi periremo tutti.”
Come uscì sotto la pioggia, Gesù guardò prima Pietro e poi, scrutando nell’oscurità i rematori che lottavano, volse nuovamente lo sguardo verso Simon Pietro, il quale, nella sua agitazione, non era ancora tornato al suo remo, e gli disse: “Perché siete tutti così impauriti? Dov’è la vostra fede? Calma, state tranquilli.” Gesù aveva appena rivolto questo rimprovero a Pietro e agli altri apostoli, ed aveva appena invitato Pietro a cercare serenità per calmare la sua anima preoccupata, quando l’atmosfera perturbata, ristabilito il proprio equilibrio, si placò in una grande calma. Era particolarmente facile per gli uomini di quel tempo credere a dei miracoli della natura poiché erano fermamente persuasi che tutta la natura fosse un fenomeno direttamente controllato da forze spirituali e da esseri soprannaturali.
Gesù spiegò chiaramente ai dodici che egli aveva parlato ai loro spiriti turbati e si era rivolto alle loro menti scosse dalla paura, e che non aveva comandato agli elementi di obbedire alla sua parola, ma non servì a nulla. I discepoli del Maestro persistettero sempre nell’interpretare a modo loro tutti questi avvenimenti casuali. Da quel giorno essi insisterono nel considerare il Maestro come uno che disponeva di un potere assoluto sugli elementi della natura. Pietro non si stancò mai di raccontare come “anche i venti e le onde gli obbediscono”.
Era sera tardi quando Gesù ed i suoi collaboratori raggiunsero la riva, e poiché era una notte calma e stupenda, si riposarono tutti nei battelli e non sbarcarono che poco dopo il sorgere del sole del giorno successivo. Quando furono riuniti insieme, circa quaranta in tutto, Gesù disse: “Saliamo su quelle colline e fermiamoci per alcuni giorni a meditare sui problemi del regno del Padre.”
Sebbene la maggior parte della vicina riva orientale del lago risalisse dolcemente verso le terre alte, in questo punto particolare c’era un pendio scosceso, e la riva in alcuni punti cadeva a picco sul lago. Indicando il fianco della collina vicina, Gesù disse: “Saliamo su questo fianco per fare colazione e per riposare e parlare sotto qualche riparo.”
Tutto questo fianco della collina era pieno di caverne che erano state scavate nella roccia. Molte di queste nicchie erano antichi sepolcri. A mezza collina, su una piccola area relativamente piana, si trovava il cimitero del piccolo villaggio di Keresa. Mentre Gesù ed i suoi collaboratori passavano vicino a questo cimitero, un demente che viveva in queste caverne sul fianco della collina si precipitò verso di loro. Questo demente era molto conosciuto da queste parti, ed una volta era stato legato con ceppi e catene e confinato in una delle grotte. Da lungo tempo egli aveva rotto i suoi ceppi ed errava ora in libertà fra le tombe ed i sepolcri abbandonati.
Quest’uomo, di nome Amos, era afflitto da una forma ricorrente di follia. C’erano lunghi periodi in cui si procurava da vestire e si comportava abbastanza bene tra i suoi simili. Durante uno di questi intervalli di lucidità egli era andato a Betsaida, dove aveva ascoltato la predicazione di Gesù e degli apostoli, ed in quel tempo era divenuto un tiepido credente nel Vangelo del Regno. Ma comparve presto una fase violenta della sua malattia, ed egli fuggì verso le tombe, dove gemeva, urlava e si comportava in maniera tale da terrorizzare tutti coloro cui capitava d’incontrarlo.
Quando Amos riconobbe Gesù cadde ai suoi piedi ed esclamò: “Io ti conosco, Gesù, ma io sono posseduto da molti demoni e ti supplico di non tormentarmi.” Quest’uomo credeva veramente che la sua periodica afflizione mentale fosse dovuta al fatto che, in tali momenti, degli spiriti cattivi od impuri entrassero in lui e dominassero la sua mente ed il suo corpo. I suoi disturbi erano principalmente emotivi - il suo cervello non era gravemente malato.
Gesù, abbassando il suo sguardo sull’uomo che strisciava ai suoi piedi come un animale, si piegò e, presolo per mano, lo fece alzare e gli disse: “Amos, tu non sei posseduto da un demone; tu hai già ascoltato la buona novella che sei un figlio di Dio. Io ti comando di uscire da questo malessere.” E quando Amos udì Gesù pronunciare queste parole, si produsse una tale trasformazione nel suo intelletto che fu immediatamente ristabilito nell’equilibrio mentale e nel normale controllo delle sue emozioni. In questo momento si era riunita una folla considerevole proveniente dal villaggio vicino e queste persone, accresciute dai custodi di porci provenienti dalle alture circostanti, rimasero stupite nel vedere il demente che sedeva con Gesù e i suoi discepoli, nel pieno possesso del suo equilibrio mentale e che conversava liberamente con loro.
Mentre i guardiani di porci si precipitavano nel villaggio per diffondere la notizia che il demente era stato risanato, i cani caricarono un piccolo branco di circa trenta porci incustoditi e spinsero la maggior parte di essi da un precipizio nel mare. Fu questo avvenimento accidentale, in connessione con la presenza di Gesù e con la presunta guarigione miracolosa del demente, che diede origine alla leggenda che Gesù aveva guarito Amos cacciando una legione di demoni da lui, e che questi demoni erano entrati nel branco di porci, inducendoli subito a fuggire a testa bassa verso la loro distruzione nel mare sottostante.
Prima della fine del giorno questo episodio era stato diffuso dai custodi di porci, e l’intero villaggio vi credette. Amos credette con assoluta certezza a questa storia; egli aveva visto i porci cadere oltre il ciglio della collina poco dopo che la sua mente turbata si era calmata, e credette sempre che essi avessero portato con loro gli stessi spiriti cattivi che l’avevano così a lungo tormentato ed afflitto. E ciò contribuì molto alla permanenza della sua guarigione. È ugualmente vero che tutti gli apostoli di Gesù (eccetto Tommaso) credettero che l’episodio dei porci fosse direttamente connesso con la guarigione di Amos.
Gesù non ottenne il riposo che era venuto a cercare. Per quasi tutta la giornata egli fu pressato da coloro che venivano a seguito della notizia che Amos era stato guarito, e che erano attratti dalla storia che i demoni erano usciti dal demente per entrare nel branco di porci. Così, dopo una sola notte di riposo, martedì mattina presto Gesù ed i suoi amici furono svegliati da una delegazione di questi allevatori pagani di porci, che era venuta a sollecitarlo di allontanarsi da loro. Il loro portavoce disse a Pietro e ad Andrea: “Pescatori di Galilea, partite da noi e portate con voi il vostro profeta. Noi sappiamo che è un sant’uomo, ma gli dei del nostro paese non lo conoscono e noi rischiamo di perdere un gran numero di porci. La paura di voi e discesa su di noi, per cui vi preghiamo di andarvene.” E quando Gesù li ebbe ascoltati disse ad Andrea: “Ritorniamo a casa nostra.”
Al momento di partire Amos supplicò Gesù di permettergli di tornare con loro, ma il Maestro non volle acconsentire. Gesù disse ad Amos: “Non dimenticare che sei un figlio di Dio. Ritorna dal tuo popolo e mostra loro quali grandi cose Dio ha fatto per te.” Ed Amos andò in giro a divulgare che Gesù aveva cacciato una legione di demoni dalla sua anima turbata, e che questi spiriti cattivi erano entrati in un branco di porci, conducendoli subito alla distruzione. Ed egli non si fermò prima di essere andato in tutte le città della Decapoli, proclamando quali grandi cose Gesù aveva fatto per lui.
LA STORIA della guarigione di Amos, il demente di Keresa, si era già diffusa a Betsaida e a Cafarnao, cosicché una grande folla stava aspettando Gesù quando il suo battello accostò quel martedì mattina. In mezzo a questa folla si trovavano i nuovi osservatori inviati dal Sinedrio di Gerusalemme, che erano venuti a Cafarnao per trovare un motivo per arrestare e mettere sotto accusa il Maestro. Mentre Gesù parlava con coloro che si erano riuniti per accoglierlo, Giairo, uno dei capi della sinagoga, si aprì un varco tra la folla e, prostratosi ai suoi piedi, lo prese per mano e lo supplicò di andare in fretta con lui, dicendo: “Maestro, la mia figlioletta, una figlia unica, giace a casa mia in punto di morte. Ti prego di venire a guarirla.” Quando Gesù udì la richiesta di questo padre, disse: “Verrò con te.”
Quando Gesù si avviò con Giairo, la grande moltitudine che aveva sentito la supplica del padre li seguì per vedere che cosa sarebbe accaduto. Poco prima del loro arrivo a casa del dirigente, mentre passavano in fretta per una strada stretta e con la folla che lo pressava, Gesù si fermò improvvisamente esclamando: “Qualcuno mi ha toccato.” E quando coloro che erano vicini a lui negarono di averlo toccato, Pietro disse: “Maestro, puoi vedere come questa folla ti pressa minacciando di schiacciarci, e tuttavia tu dici ‘qualcuno mi ha toccato’. Che cosa vuoi dire?” Allora Gesù disse: “Ho chiesto chi mi ha toccato perché ho percepito che dell’energia vivente era uscita da me.” Mentre Gesù si guardava attorno, il suo sguardo si posò su una donna vicina a lui, la quale, fattasi avanti, s’inginocchiò ai suoi piedi e disse: “Per anni sono stata afflitta da un’estenuante emorragia. Ho sofferto molto per l’intervento di numerosi medici; ho consumato tutte le mie sostanze, ma nessuno è riuscito a guarirmi. Poi ho sentito parlare di te ed ho pensato che se solo potevo toccare il lembo della tua veste certamente sarei guarita. E così sono avanzata con la folla che spingeva in avanti fino a che, trovandomi vicina a te, Maestro, ho toccato il bordo della tua veste e sono guarita; io so che sono stata guarita della mia malattia.”
Quando Gesù udì ciò, prese la donna per mano e, fattala alzare, disse: “Figlia, la tua fede ti ha guarita; va in pace.” Fu la sua fede e non il suo tocco che la guarì. Questo caso è un buon esempio di molte guarigioni apparentemente miracolose che avvennero durante l’incarico terreno di Gesù, ma che egli non volle coscientemente in alcun senso. Il passare del tempo dimostrò che questa donna era realmente guarita della sua malattia. La sua fede era del genere che faceva presa diretta sul potere creatore che risiedeva nella persona del Maestro. Con la fede che essa aveva, le bastava soltanto avvicinare la persona del Maestro. Gesù chiamò questa donna, Veronica di Cesarea di Filippo. Egli desiderava far sapere a tutti che era la fede pura e vivente di Veronica che aveva operato la guarigione.
Giairo era naturalmente assai spazientito per questo ritardo nel raggiungere la sua casa; così essi si rimisero in cammino con passo svelto. Ancora prima di entrare nel cortile del dirigente, uno dei suoi servi uscì dicendo: “Non disturbare il Maestro; tua figlia è morta.” Ma Gesù sembrò non prestare attenzione alle parole del servo perché, conducendo con lui Pietro, Giacomo e Giovanni, si girò e disse al padre in preda al dolore: “Non temere; credi soltanto.” Quando entrò in casa, egli trovò i suonatori di flauto già là con i piangitori che stavano facendo un baccano indecoroso; i parenti stavano già piangendo e gemendo. Dopo aver fatto uscire tutti i piangitori dalla stanza, entrò con il padre, la madre ed i suoi tre apostoli. Egli aveva detto ai piangitori che la fanciulla non era morta, ma essi lo derisero. Gesù si rivolse allora alla madre dicendo: “Tua figlia non è morta; è solo addormentata.” E dopo che la calma fu tornata nella casa, Gesù, avvicinatosi al giaciglio della ragazza, la prese per la mano e disse: “Figlia, io ti dico svegliati e alzati!” E quando la ragazza udì queste parole, si alzò immediatamente e camminò per la stanza. E subito, dopo che essa si fu ripresa dal suo stordimento, Gesù ordinò che le dessero qualcosa da mangiare, perché era stata a lungo senza cibo.
Poiché c’era molta agitazione a Cafarnao contro Gesù, egli riunì la famiglia e spiegò che la fanciulla era caduta in uno stato di coma a seguito di una lunga febbre e che egli l’aveva semplicemente svegliata, che non l’aveva risuscitata dalla morte. Egli spiegò similmente tutto questo ai suoi apostoli, ma fu inutile; essi credettero tutti che avesse risuscitato la ragazza dalla morte. Quello che Gesù diceva a spiegazione di molti di questi miracoli apparenti aveva poco effetto sui suoi discepoli. Essi erano fissati con i miracoli e non tralasciavano alcuna occasione per attribuire un nuovo prodigio a Gesù. Gesù e gli apostoli ritornarono a Betsaida dopo che egli ebbe specificamente raccomandato a tutti loro di non raccontare niente a nessuno.
Quando uscì dalla casa di Giairo, due ciechi condotti da un ragazzo muto lo seguirono chiedendo a gran voce di essere guariti. In questo momento la fama di Gesù come guaritore era al suo apice. Dovunque andasse degli ammalati e degli afflitti lo stavano aspettando. Il Maestro appariva ora molto stanco e tutti i suoi amici temevano che continuasse la sua opera d’insegnamento e di guarigione fino al punto di un vero collasso.
Gli apostoli di Gesù, per non parlare della gente comune, non potevano comprendere la natura e gli attributi di questo Dio-uomo. Né alcuna generazione successiva è stata capace di valutare che cosa avvenne sulla terra nella persona di Gesù di Nazaret. E né la scienza né la religione avranno mai la possibilità di controllare questi avvenimenti eccezionali, per la semplice ragione che una simile situazione straordinaria non potrà mai più riprodursi su questo pianeta. Mai più, in nessun mondo di questo intero Universo, apparirà un essere nelle sembianze della carne mortale, incorporando allo stesso tempo tutti gli attributi dell’energia creatrice congiunti con le doti spirituali che trascendono il tempo e la maggior parte delle altre limitazioni materiali.
Mai prima che Gesù fosse sulla terra, né dopo, è stato possibile ottenere in modo così diretto e vivido i risultati che accompagnano la fede forte e vivente degli uomini e delle donne mortali. Per ripetere questi fenomeni bisognerebbe andare alla presenza immediata di Gesù, il Creatore, e trovarlo com’era in quei giorni - il Figlio dell’Uomo. Anche oggi, sebbene la sua assenza impedisca tali manifestazioni materiali, bisognerebbe astenervi dal porre ogni sorta di limitazioni alla possibile dimostrazione del suo potere spirituale. Benché il Maestro sia assente come essere materiale, è presente come influenza spirituale nel cuore degli uomini. Lasciando questo mondo, Gesù ha permesso al suo spirito di vivere a fianco di quello di suo Padre, che risiede nella mente e nel cuore di ogni uomo.
Gesù continuò ad insegnare al popolo di giorno e ad istruire gli apostoli e gli evangelisti di sera. Il venerdì egli annunciò una licenza di una settimana in modo che tutti i suoi discepoli potessero recarsi a casa loro o dai loro amici per alcuni giorni prima di prepararsi ad andare a Gerusalemme per la Pasqua. Ma più della metà dei suoi discepoli rifiutò di lasciarlo, e la folla cresceva ogni giorno di più, al punto che Davide Zebedeo voleva costruire un nuovo accampamento, ma Gesù rifiutò di acconsentirvi. Il Maestro aveva riposato così poco durante il sabato che domenica mattina, 27 marzo, cercò di allontanarsi dalla folla. Alcuni evangelisti furono lasciati a parlare alla folla, mentre Gesù e i dodici progettavano di andarsene, in incognito, sulla riva opposta del lago, dove si proponevano di ottenere il riposo di cui avevano tanto bisogno in un magnifico parco a sud di Betsaida-Giulia. Questa zona era un luogo di svago favorito degli abitanti di Cafarnao; essi conoscevano bene questi parchi posti sulla riva orientale.
Ma la gente non la intendeva così. Essi conoscevano la direzione presa dal battello di Gesù, ed affittando ogni imbarcazione disponibile partirono all’inseguimento. Quelli che non riuscirono a procurarsi dei battelli partirono a piedi per girare intorno all’estremità nord del lago.
Nel tardo pomeriggio più di mille persone avevano trovato il Maestro in uno dei parchi ed egli parlò loro brevemente, seguito da Pietro. Molte di queste persone avevano portato con sé del cibo, e dopo aver preso il pasto serale si riunirono in piccoli gruppi mentre gli apostoli e i discepoli di Gesù li istruivano.
Lunedì pomeriggio la moltitudine era aumentata a più di tremila persone. Ed ancora - durante la sera - la gente continuava ad arrivare portando con sé ogni sorta di ammalati. Centinaia di persone interessate avevano deciso di fermarsi a Cafarnao per vedere ed ascoltare Gesù lungo il loro tragitto per recarsi alla Pasqua, e rifiutavano semplicemente di essere delusi. Mercoledì a mezzogiorno circa cinquemila uomini, donne e bambini erano riuniti in questo parco a sud di Betsaida-Giulia. Il tempo era gradevole, essendo prossima la fine della stagione delle piogge in questa località.
Filippo aveva procurato un rifornimento di cibo per tre giorni per Gesù e i dodici, che era custodito dal giovane Marco, il loro tuttofare. Il pomeriggio di questo giorno, il terzo per quasi la metà di questa moltitudine, il cibo che la gente aveva portato con sé era quasi terminato. Davide Zebedeo non aveva qui una città di tende per nutrire ed alloggiare le folle. Né Filippo aveva fatto provviste di cibo per una tale moltitudine. Ma la gente, sebbene avesse fame, non voleva andarsene. Si sussurrava segretamente che Gesù, desideroso di evitare difficoltà sia con Erode che con i dirigenti di Gerusalemme, avesse scelto questo posto tranquillo fuori della giurisdizione di tutti i suoi nemici come luogo adatto per essere incoronato re. L’entusiasmo del popolo stava crescendo di ora in ora. Non una parola fu detta a Gesù, sebbene certamente egli sapesse tutto quello che stava accadendo. Anche i dodici apostoli erano contaminati da queste idee, e specialmente gli evangelisti più giovani. Gli apostoli che favorivano questo tentativo di proclamare Gesù re erano Pietro, Giovanni, Simone Zelota e Giuda Iscariota. Quelli che si opponevano al piano erano Andrea, Giacomo, Natanaele e Tommaso. Matteo, Filippo e i gemelli Alfeo erano neutrali. Il capo di questo complotto per farlo re era Joab, uno dei giovani evangelisti.
Questa era la situazione alle cinque di mercoledì pomeriggio, quando Gesù chiese a Giacomo Alfeo di chiamare Andrea e Filippo. Gesù disse loro: “Che cosa faremo con la moltitudine? Essi sono con noi da tre giorni e molti di loro hanno fame. Essi non hanno cibo.” Filippo e Andrea si guardarono l’un l’altro e poi Filippo rispose: “Maestro, dovresti mandare via questa gente affinché possa andare nei villaggi circostanti a comperarsi del cibo.” E Andrea, che temeva l’attuazione del complotto per farlo re, si unì subito a Filippo dicendo: “Sì, Maestro, credo sia meglio che tu congedi la folla affinché possa andare per la sua strada ed acquistare del cibo mentre tu ti prendi un po’ di riposo.” In questo momento altri dei dodici si erano aggiunti al gruppo. Allora Gesù disse: “Ma io non desidero mandarli via affamati; non potete nutrirli?” Questo fu troppo per Filippo, ed egli gridò: “Maestro, in questo posto di campagna dove possiamo acquistare del pane per questa moltitudine? Duecento denari non basterebbero per un pasto.”
Prima che gli apostoli avessero avuto la possibilità di esprimersi, Gesù si girò verso Andrea e Filippo dicendo: “Non voglio mandare via queste persone. Eccoli, sono come delle pecore senza un pastore. Io vorrei nutrirle. Quale cibo abbiamo con noi?” Mentre Filippo conversava con Matteo e Giuda, Andrea cercò il giovane Marco per accertare quanto fosse rimasto delle loro provviste. Egli ritornò da Gesù dicendo: “Non restano al ragazzo che cinque pani d’orzo e due pesci secchi” - e Pietro aggiunse prontamente: “E dobbiamo ancora mangiare questa sera.”
Per un istante Gesù rimase in silenzio. C’era un’espressione lontana nei suoi occhi. Gli apostoli tacevano. Gesù si girò improvvisamente verso Andrea e disse: “Portami i pani e i pesci.” E quando Andrea ebbe portato il cesto a Gesù, il Maestro disse: “Ordina alla gente di sedersi sull’erba in gruppi di cento e di designare un capo per ciascun gruppo mentre tu porti tutti gli evangelisti qui con noi.”
Gesù prese i pani nelle sue mani e, dopo aver reso grazie, spezzò il pane e ne diede ai suoi apostoli, che lo passarono ai loro collaboratori, i quali a loro volta lo portarono alla moltitudine. Gesù allo stesso modo spezzò e distribuì i pesci. E questa moltitudine mangiò e fu saziata. E quando ebbero finito di mangiare, Gesù disse ai discepoli: “Raccogliete i pezzi rotti che rimangono affinché niente vada perduto.” E quando ebbero finito di raccogliere i pezzi, essi avevano riempito dodici cesti. Quelli che parteciparono a questo banchetto straordinario furono circa cinquemila uomini, donne e bambini.
E questo fu il primo ed unico miracolo della natura che Gesù compì dopo averlo coscientemente progettato. È vero che i suoi discepoli avevano tendenza a chiamare miracoli molti fatti che non lo erano, ma questo fu un autentico ministero soprannaturale.
La nutrizione dei cinquemila con energia soprannaturale fu un altro di quei casi in cui la pietà umana aggiunta al potere creatore ebbero come risultato ciò che avvenne. Ora che la moltitudine era stata saziata, e poiché la fama di Gesù era subito aumentata a causa di questo straordinario prodigio, il progetto di prendere il Maestro e di proclamarlo re non richiedeva alcuna direzione personale. L’idea sembrò diffondersi tra la folla come un contagio. La reazione della moltitudine a questo soddisfacimento improvviso e spettacolare dei suoi bisogni fisici fu profonda e travolgente. Per lungo tempo era stato insegnato agli Ebrei che il Messia, il figlio di Davide, quando fosse venuto, avrebbe fatto nuovamente scorrere nel paese latte e miele, e che il pane della vita sarebbe stato donato loro come la manna del cielo si pensava fosse caduta sui loro antenati nel deserto. E tutta questa aspettativa non stava per realizzarsi ora proprio davanti ai loro occhi? Quando questa moltitudine affamata e denutrita ebbe finito di rimpinzarsi con il cibo miracoloso, ci fu una sola reazione unanime: “Ecco il nostro re.” Il liberatore d’Israele che compiva prodigi era giunto. Agli occhi di queste persone semplici il potere di nutrire comportava il diritto di regnare. Non c’è da meravigliarsi, quindi, che la moltitudine, quando ebbe finito di mangiare, si sia alzata come un sol uomo e abbia gridato: “Facciamolo re!”
Questo forte clamore entusiasmò Pietro e quegli apostoli che conservavano ancora la speranza di vedere Gesù affermare il suo diritto a regnare. Ma queste false speranze non sarebbero vissute a lungo. Questo forte clamore della moltitudine aveva appena cessato di ripercuotersi sulle rocce vicine che Gesù salì su un’enorme pietra e, alzata la mano destra per attirare la loro attenzione, disse: “Fratelli miei, voi avete delle buone intenzioni, ma siete poco avveduti e rivolti alla materialità.” Ci fu una breve pausa; questo vigoroso Galileo era là in atteggiamento maestoso nell’incantevole splendore di quel tramonto orientale. Egli sembrava in tutto un re mentre proseguiva a dire a questa moltitudine trepidante: “Voi vorreste farmi re, non perché le vostre anime sono state illuminate da una grande verità, ma perché i vostri stomaci sono stati riempiti di pane. Quante volte vi ho detto che il mio regno non è di questo mondo? Il regno dei cieli che noi proclamiamo è una fraternità spirituale e nessuno la governa seduto su un trono materiale. Mio Padre che è nei cieli è il Sovrano infinitamente saggio ed onnipotente di questa fraternità spirituale dei figli di Dio sulla terra. Ho talmente sbagliato nel rivelarvi il Padre degli spiriti al punto che vorreste fare un re di suo Figlio incarnato! Ora ritornate tutti alle vostre case. Se avete bisogno di un re, che il Padre delle luci sia incoronato nel cuore di ciascuno di voi come Sovrano spirituale di tutte le cose.”
Queste parole di Gesù congedarono la moltitudine disorientata e scoraggiata. Molti di coloro che avevano creduto in lui fecero marcia indietro e cessarono da allora di seguirlo. Gli apostoli erano senza parole; essi stavano riuniti in silenzio attorno ai dodici cesti con i resti del cibo; solo il ragazzo tuttofare, il giovane Marco, disse: “Ed egli ha rifiutato di essere nostro re.” Prima di partire da solo per le colline, Gesù si girò verso Andrea e disse: “Riporta i tuoi fratelli a casa di Zebedeo e prega con loro, specialmente per tuo fratello Simon Pietro.”
Gli apostoli, senza il loro Maestro - mandati via da soli - salirono sul battello e cominciarono a remare in silenzio verso Betsaida, posta sulla riva occidentale del lago. Nessuno dei dodici era così depresso ed abbattuto come Simon Pietro. Fu pronunciata a malapena qualche parola; essi stavano pensando tutti al Maestro da solo sulle colline. Li aveva abbandonati? In precedenza egli non li aveva mai mandati via tutti e rifiutato di andare con loro. Che cosa poteva significare tutto ciò?
L’oscurità scese su di loro, perché si era alzato un forte vento contrario che rendeva quasi impossibile avanzare. Mentre le ore dell’oscurità e del remare faticoso passavano, Pietro si sentì stanco e cadde per la spossatezza in un sonno profondo. Andrea e Giacomo lo stesero sul sedile imbottito a poppa del battello. Mentre gli altri apostoli lottavano contro il vento e le onde, Pietro fece un sogno; ebbe una visione di Gesù che veniva verso di loro camminando sul mare. Quando il Maestro sembrò procedere oltre il battello, Pietro gridò: “Salvaci, Maestro, salvaci.” E quelli che si trovavano a poppa del battello lo udirono pronunciare alcune di queste parole. Mentre questa apparizione notturna continuava nella mente di Pietro, sognò che udiva Gesù dire: “Abbiate coraggio, sono io, non temete.” Ciò fu come il balsamo di Galaad sull’anima turbata di Pietro; questo placò il suo spirito agitato, cosicché (nel suo sogno) egli gridò al Maestro: “Signore, se sei veramente tu, invitami a venire a camminare con te sull’acqua.” E quando Pietro si mise a camminare sull’acqua, le onde impetuose lo atterrirono, e poiché stava per affondare, gridò: “Signore, salvami!” E molti dei dodici lo udirono lanciare questo grido. Poi Pietro sognò che Gesù veniva in suo soccorso, e tendendo la sua mano lo afferrava e lo sollevava dicendo: “O, tu di poca fede, perché hai dubitato?”
In connessione con l’ultima parte del suo sogno, Pietro si alzò dal sedile su cui dormiva e andò veramente fuori bordo ed in acqua. Ed egli si svegliò dal suo sogno mentre Andrea, Giacomo e Giovanni lo afferravano e lo tiravano fuori dal mare.
Per Pietro questa esperienza fu sempre reale. Egli credette sinceramente che Gesù fosse venuto da loro quella notte. Egli convinse solo parzialmente Giovanni Marco, cosa che spiega perché Marco lasciò una parte della storia fuori dal suo racconto. Successivamente Luca, il medico, che fece delle ricerche approfondite su queste materie, concluse che l’episodio fu una visione di Pietro e rifiutò quindi d’includere questa storia nella preparazione della sua narrazione.
Giovedì mattina, prima dell’alba, essi ancorarono il loro battello al largo vicino alla casa di Zebedeo e dormirono quasi fino a mezzogiorno. Andrea fu il primo ad alzarsi e, passeggiando in riva al mare, trovò Gesù in compagnia del loro giovane tuttofare, seduto su una pietra vicino all’acqua. Nonostante che molti della folla e dei giovani evangelisti avessero cercato Gesù tutta la notte e per gran parte del giorno successivo sulle colline orientali, poco dopo mezzanotte egli ed il giovane Marco erano partiti a piedi per girare attorno al lago, attraversare il fiume e ritornare a Betsaida.
Dei cinquemila che erano stati miracolosamente nutriti e che quando i loro stomaci furono pieni ed il loro cuore vuoto lo avrebbero fatto re, soltanto cinquecento persisterono a seguirlo. Ma prima che costoro fossero informati del suo ritorno a Betsaida, Gesù chiese ad Andrea di riunire i dodici apostoli ed i loro collaboratori, incluse le donne, dicendo: “Desidero parlare con loro.” E quando furono tutti pronti, Gesù disse:
“Per quanto tempo vi sopporterò? Siete tutti lenti alla comprensione spirituale e carenti di fede vivente? Per tutti questi mesi io vi ho insegnato le verità del regno, e voi siete ancora dominati da motivi materiali invece che da considerazioni spirituali. Non avete neanche letto nelle Scritture dove Mosè esorta i figli non credenti d’Israele, dicendo loro: ‘Non temete, state calmi e contemplate la salvezza del Signore’? Il salmista ha detto: ‘Riponete la vostra fede nel Signore.’ ‘Siate pazienti, aspettate il Signore ed abbiate coraggio. Egli fortificherà il vostro cuore.’ ‘Rimettete il vostro fardello al Signore ed egli vi sosterrà. Abbiate sempre fiducia in lui ed aprite il vostro cuore a lui, perché Dio è il vostro rifugio.’ ‘Colui che abita nel luogo segreto dell’Altissimo dimorerà all’ombra dell’Onnipotente.’ ‘È meglio aver fede nel Signore che porre fiducia nei prìncipi umani.’
“Ed ora vedete tutti che operare miracoli e compiere prodigi materiali non conquisterà delle anime al regno spirituale? Abbiamo nutrito la folla, ma ciò non li ha portati né ad aver fame del pane della vita né ad aver sete dell’acqua della rettitudine spirituale. Quando la loro fame è stata soddisfatta essi non hanno cercato di entrare nel regno dei cieli, ma piuttosto hanno cercato di proclamare re il Figlio dell’Uomo alla maniera dei re di questo mondo, soltanto per poter continuare a mangiare del pane senza dover faticare. E tutto ciò, cui molti di voi hanno più o meno partecipato, non contribuisce in nulla a rivelare il Padre Celeste o a far progredire il suo regno sulla terra. Non abbiamo abbastanza nemici tra i capi religiosi del paese senza fare delle cose che probabilmente ci alienerebbero anche i Governanti civili? Io prego che il Padre unga i vostri occhi perché possiate vedere ed apra le vostre orecchie perché possiate udire, affinché abbiate pienamente fede nel Vangelo che vi ho insegnato.”
Gesù annunciò poi che desiderava ritirarsi per alcuni giorni di riposo con i suoi apostoli prima di prepararsi ad andare a Gerusalemme per la Pasqua, e proibì a tutti i suoi discepoli o alla folla di seguirlo. Così essi si recarono in battello nella regione di Gennezaret per due o tre giorni di riposo e di sonno. Gesù si stava preparando ad un momento molto critico della sua vita sulla terra e passò quindi molto tempo in comunione con il Padre Celeste.
La notizia della nutrizione dei cinquemila e del tentativo di fare re Gesù suscitò una vasta curiosità ed acuì i timori dei capi religiosi e dei dirigenti civili in tutta la Galilea e la Giudea. Mentre questo grande miracolo non fece nulla per far progredire il Vangelo del Regno nell’anima dei credenti orientati al materialismo e indifferenti, servì lo scopo di porre termine alla tendenza a cercare miracoli e ad anelare un re nella famiglia immediata di apostoli e di discepoli più vicini a Gesù. Questo episodio spettacolare mise fine al primo periodo d’insegnamento, di educazione e di guarigione, preparando così la via all’inizio di quest’ultimo anno di proclamazione delle fasi più elevate e più spirituali del nuovo Vangelo del Regno - la filiazione divina, la libertà spirituale e la salvezza eterna.
Mentre riposava a casa di un ricco credente della regione di Gennezaret, Gesù tenne delle riunioni informali con i dodici apostoli ogni pomeriggio. Gli ambasciatori del regno erano un serio, sobrio e corretto gruppo di uomini disillusi. Ma anche dopo tutto quello che era successo, e come gli avvenimenti successivi rivelarono, questi dodici uomini non erano ancora completamente liberati dalle loro nozioni congenite e a lungo accarezzate sulla venuta del Messia ebreo. Gli avvenimenti delle ultime settimane si erano svolti troppo rapidamente perché questi pescatori attoniti ne cogliessero il pieno significato. Ci vuole del tempo agli uomini e alle donne per effettuare dei cambiamenti radicali ed estesi nei loro concetti base e fondamentali di condotta sociale, di atteggiamenti filosofici e di convinzioni religiose.
Mentre Gesù e i dodici si riposavano a Gennezaret, le folle si dispersero; alcuni rientrarono a casa loro, altri andarono a Gerusalemme per la Pasqua. In meno di un mese i seguaci entusiasti e manifesti di Gesù, che erano più di cinquantamila nella sola Galilea, si ridussero a meno di cinquecento. Gesù desiderava dare ai suoi apostoli una simile esperienza dell’incostanza dell’acclamazione popolare affinché essi non fossero tentati di confidare in queste manifestazioni d’isteria religiosa temporanea dopo che li avesse lasciati soli nell’opera del regno, ma egli riuscì solo parzialmente in questo sforzo.
La seconda sera del loro soggiorno a Gennezaret, il Maestro raccontò di nuovo agli apostoli la parabola del seminatore ed aggiunse queste parole: “Vedete, fratelli miei, l’appello ai sentimenti umani è transitorio e del tutto deludente; l’appello esclusivo all’intelletto umano è parimenti vuoto e sterile; è solo facendo il vostro appello allo spirito che vive nella mente umana che potete sperare di ottenere un successo duraturo e compiere quelle meravigliose trasformazioni del carattere umano che sono subito mostrate nell’abbondante raccolto di frutti genuini dello spirito nella vita quotidiana di tutti coloro che sono così liberati dalle tenebre del dubbio, con la nascita dello spirito nella luce della fede - nel regno dei cieli.”
Gesù insegnò il richiamo alle emozioni come tecnica per attirare e focalizzare l’attenzione intellettuale. Egli indicò la mente così risvegliata e vivificata quale portale d’accesso all’anima, dove risiede quella natura spirituale dell’uomo che deve riconoscere la verità e rispondere all’appello spirituale del Vangelo al fine di produrre i risultati permanenti delle vere trasformazioni di carattere.
Gesù si sforzò così di preparare gli apostoli allo shock imminente - la crisi nell’atteggiamento del pubblico verso di lui, che si sarebbe manifestata qualche giorno più tardi. Egli spiegò ai dodici che i capi religiosi di Gerusalemme avrebbero cospirato con Erode Antipa per la loro distruzione. I dodici cominciarono a realizzare più pienamente (ma non del tutto) che Gesù non si sarebbe seduto sul trono di Davide. Essi videro più pienamente che la verità spirituale non sarebbe progredita con i prodigi materiali. Cominciarono a rendersi conto che la nutrizione dei cinquemila e la mossa popolare di fare Gesù re era il culmine della ricerca di miracoli e dell’aspettativa del compimento di prodigi da parte del popolo, nonché l’apice dell’acclamazione di Gesù da parte del popolino. Essi compresero vagamente e previdero confusamente l’avvicinarsi del vaglio spirituale e della cruda avversità. Questi dodici uomini si stavano risvegliando lentamente alla comprensione della natura reale del loro compito come ambasciatori del regno, e cominciarono a prepararsi alle rudi e severe prove dell’ultimo anno di ministero del Maestro sulla terra.
Prima di lasciare Gennezaret, Gesù li istruì sulla nutrizione miracolosa dei cinquemila, raccontando loro perché si era impegnato in questa manifestazione straordinaria di potere creatore ed assicurandoli anche che non aveva ceduto alla compassione verso la moltitudine prima di aver accertato che ciò era “conforme alla volontà del Padre”.
Domenica 3 aprile, Gesù, accompagnato soltanto dai dodici apostoli, partì da Betsaida per andare a Gerusalemme. Al fine di evitare le folle e di attirare la minore attenzione possibile, essi viaggiarono per la via di Gerasa e Filadelfia. Egli ingiunse loro di non impartire alcun insegnamento pubblico durante questo viaggio; né permise loro d’insegnare o di predicare durante il soggiorno a Gerusalemme. Essi arrivarono a Betania, vicino a Gerusalemme, nella tarda sera di mercoledì 6 aprile. Per questa sola notte si fermarono a casa di Lazzaro, Marta e Maria, ma il giorno successivo si separarono. Gesù, con Giovanni, si fermò a casa di un credente di nome Simone, vicino alla casa di Lazzaro a Betania. Giuda Iscariota e Simone Zelota si fermarono presso degli amici a Gerusalemme, mentre gli altri apostoli soggiornarono, a due a due, in differenti case.
Gesù entrò a Gerusalemme soltanto una volta durante questa Pasqua, e fu nel grande giorno della festa. Molti credenti di Gerusalemme furono condotti fuori della città da Abner per incontrare Gesù a Betania. Durante questo soggiorno a Gerusalemme i dodici impararono quanto stesse crescendo il sentimento di avversione verso il loro Maestro. Essi partirono da Gerusalemme tutti convinti che una crisi fosse imminente.
Domenica 24 aprile, Gesù e gli apostoli lasciarono Gerusalemme per Betsaida seguendo la via delle città costiere di Giaffa, Cesarea e Tolemaide. Da là, per via di terra, andarono per Rama e Corazin a Betsaida, dove arrivarono venerdì 29 aprile. Appena rientrato a casa, Gesù mandò Andrea a chiedere al capo della sinagoga il permesso di parlare il giorno successivo, sabato, al servizio del pomeriggio. E Gesù sapeva bene che quella sarebbe stata l’ultima volta che gli sarebbe stato permesso di parlare nella sinagoga di Cafarnao.