CAP 5.La successiva vita adulta di Gesù

GESÙ si era completamente e definitivamente separato dalla gestione degli affari domestici della famiglia di Nazaret e dalla direzione immediata dei suoi membri. Egli continuò fino al momento del suo battesimo a contribuire alle finanze familiari ed a prendere un vivo interesse personale al benessere spirituale di ciascuno dei suoi fratelli e sorelle. Ed era sempre pronto a fare tutto ciò che era umanamente possibile per il conforto e la felicità di sua madre vedova.

Il Figlio dell’Uomo aveva ora preparato ogni cosa per staccarsi permanentemente dalla casa di Nazaret; e ciò non fu facile per lui. Gesù amava naturalmente la sua gente, amava la sua famiglia, e questo affetto naturale era stato enormemente accresciuto dalla sua straordinaria devozione a loro. Più pienamente ci doniamo ai nostri simili e più li amiamo; e poiché Gesù si era così completamente dato ai suoi familiari, li amava di un grande e fervente affetto.

Tutta la famiglia si era a poco a poco resa conto che Gesù si stava preparando a lasciarli. La tristezza della prevista separazione era attenuata soltanto da questo modo graduale di prepararli all’annuncio della sua intenzione di partire. Da più di quattro anni essi percepivano che egli stava progettando questa separazione definitiva.

1. Il ventisettesimo anno (21 d.C.)

In gennaio di quest’anno, 21 d.C., in una piovosa mattina di domenica, Gesù si congedò senza cerimonie dalla sua famiglia, spiegando solamente che sarebbe andato a Tiberiade e poi a visitare le altre città vicine al Mare di Galilea. Li lasciò così, e non fu mai più un membro regolare di quella famiglia.

Egli trascorse una settimana a Tiberiade, la nuova città che doveva presto succedere a Sefforis come capitale della Galilea; e trovandovi poco che lo interessasse, passò successivamente per Magdala e Betsaida per andare a Cafarnao, dove si fermò per far visita a Zebedeo, l’amico di suo padre. I figli di Zebedeo erano pescatori; lui stesso era un costruttore di battelli. Gesù di Nazaret era un progettista ed un costruttore esperto; era un maestro nel lavorare il legno, e Zebedeo conosceva da lunga data l’abilità dell’artigiano di Nazaret. Da molto tempo Zebedeo aveva pensato di costruire battelli migliori; espose ora i suoi progetti a Gesù ed invitò il carpentiere in visita ad unirsi a lui nell’impresa, e Gesù acconsentì immediatamente.

Zebedeo era un uomo moderatamente benestante; i suoi cantieri si trovavano in riva al lago a sud di Cafarnao e la sua casa era situata a valle in riva al lago vicino al centro di pesca di Betsaida. Gesù visse nella casa di Zebedeo durante l’anno e più che rimase a Cafarnao. Egli aveva lavorato a lungo da solo nel mondo, cioè senza un padre, ed apprezzò molto questo periodo di lavoro con un partner-padre.

La moglie di Zebedeo, Salomè, era parente di Anna, un tempo sommo sacerdote a Gerusalemme ed ancora il membro più influente del gruppo dei Sadducei, essendo non più in carica da soli otto anni. Salomè divenne una grande ammiratrice di Gesù. Essa lo amava quanto i suoi stessi figli Giacomo, Giovanni e Davide, mentre le sue quattro figlie consideravano Gesù come il loro fratello maggiore. Gesù andava spesso a pescare con Giacomo, Giovanni e Davide, ed essi costatarono che era un esperto pescatore quanto un abile costruttore di battelli.

Durante tutto quest’anno Gesù inviò ogni mese del denaro a Giacomo. Egli ritornò a Nazaret in ottobre per assistere al matrimonio di Marta, ed in seguito non fu di nuovo a Nazaret per più di due anni, quando tornò brevemente per il duplice matrimonio di Simone e di Giuda.

Per tutto quest’anno Gesù costruì battelli e continuò ad osservare come vivevano gli uomini sulla Terra. Egli andava spesso a visitare la stazione delle carovane, essendo Cafarnao sulla rotta dei viaggi diretti da Damasco verso il sud. Cafarnao era un’importante base militare romana, e l’ufficiale che comandava la guarnigione era un Gentile credente in Yahweh, “un uomo devoto”, come gli Ebrei erano soliti designare questi proseliti. Questo ufficiale apparteneva ad una ricca famiglia romana e s’incaricò di costruire una bella sinagoga a Cafarnao, che era stata offerta agli Ebrei poco prima che Gesù venisse a vivere con Zebedeo. Gesù condusse i servizi in questa nuova sinagoga per più della metà di quest’anno, ed alcuni carovanieri che vi assistettero per caso si ricordarono che era il carpentiere di Nazaret.

Quando arrivò il momento di pagare le tasse, Gesù si registrò come “artigiano qualificato di Cafarnao”. Da quel giorno e fino al termine della sua vita terrena egli fu conosciuto come residente a Cafarnao. Non si avvalse mai più di nessun’altra residenza legale, benché, per diverse ragioni, abbia permesso ad altri di domiciliarlo a Damasco, a Betania, a Nazaret ed anche ad Alessandria.

Alla sinagoga di Cafarnao egli trovò molti nuovi libri nelle casse della biblioteca, e passò almeno cinque sere per settimana in intensi studi. Egli dedicava una sera alla vita sociale con gli adulti e passava una sera con i giovani. C’era nella personalità di Gesù qualcosa di affabile e d’ispirante che attirava invariabilmente i giovani. Egli li faceva sempre sentire a loro agio in sua presenza. Il suo grande segreto per intendersi con loro consisteva forse nel duplice fatto che egli era sempre interessato alle loro occupazioni, dando loro raramente dei consigli a meno che non glieli chiedessero.

Una volta alla settimana Gesù teneva una riunione con tutte le persone della casa, del laboratorio e con gli aiutanti del cantiere, perché Zebedeo aveva molti operai. E fu da questi lavoratori che Gesù fu chiamato per la prima volta “il Maestro”. Essi lo amavano tutti. Il suo lavoro a Cafarnao con Zebedeo gli piaceva, ma gli mancavano i ragazzi che giocavano a fianco del laboratorio di carpenteria di Nazaret.

Tra i figli di Zebedeo era Giacomo il più interessato a Gesù come insegnante e filosofo. Giovanni preferiva il suo insegnamento e le sue opinioni religiose. Davide lo rispettava come artigiano, ma s’interessava poco ai suoi punti di vista religiosi e ai suoi insegnamenti filosofici.

Giuda veniva spesso di sabato per ascoltare Gesù parlare nella sinagoga e rimaneva per fargli visita. E più Giuda vedeva di suo fratello maggiore, più si convinceva che Gesù era veramente un grande uomo.

Quest’anno Gesù fece grandi progressi nella padronanza ascendente della sua mente umana e raggiunse nuovi ed elevati livelli di contatto cosciente con il suo Spirito interiore.

Questo fu il suo ultimo anno di vita stabile. Mai più Gesù trascorse un intero anno nello stesso luogo o presso la stessa azienda. Il momento dei suoi pellegrinaggi terreni si avvicinava rapidamente. Non erano lontani nel futuro dei periodi d’intensa attività, ma tra la sua vita semplice ma molto attiva del passato ed il suo ministero pubblico ancora più intenso e arduo stavano ora per frapporsi alcuni anni in cui egli avrebbe viaggiato molto ed in cui la sua attività personale sarebbe stata assai diversificata. La sua formazione come uomo del regno doveva essere completata prima di poter iniziare l’incarico d’insegnamento e di predicazione quale Dio-uomo divenuto perfetto delle fasi divine e post umane del suo conferimento sulla Terra.

2. Il ventottesimo anno (22 d.C.)

Nel marzo dell’anno 22 d.C. Gesù prese congedo da Zebedeo e da Cafarnao. Egli chiese una piccola somma di denaro per coprire le sue spese fino a Gerusalemme. Mentre lavorava con Zebedeo egli aveva prelevato solo modeste somme di denaro, che inviava ogni mese alla sua famiglia a Nazaret. Un mese era Giuseppe che veniva a Cafarnao a prendere il denaro; il mese seguente era Giuda che veniva a Cafarnao a prendere il denaro da Gesù e a portarlo a Nazaret. Il centro di pesca in cui lavorava Giuda si trovava soltanto a pochi chilometri a sud di Cafarnao.

Quando Gesù lasciò la famiglia di Zebedeo, fu d’accordo di restare a Gerusalemme fino al tempo di Pasqua, ed essi promisero tutti di essere presenti a questo avvenimento. Si accordarono anche di celebrare insieme la cena di Pasqua. Essi furono tutti rattristati quando Gesù li lasciò, specialmente le figlie di Zebedeo.

Prima di lasciare Cafarnao, Gesù ebbe una lunga conversazione con il suo nuovo amico e compagno intimo, Giovanni Zebedeo. Egli disse a Giovanni che si proponeva di viaggiare molto fino a quando “la mia ora sarà giunta”, e chiese a Giovanni di agire in sua vece nell’inviare ogni mese del denaro alla sua famiglia a Nazaret fino all’esaurimento di quanto dovutogli. E Giovanni gli fece questa promessa: “Mio Maestro, occupati dei tuoi affari, compi il tuo lavoro in questo mondo; io agirò per te in questa come in ogni altra materia, e veglierò sulla tua famiglia come se dovessi mantenere la mia stessa madre ed occuparmi dei miei stessi fratelli e sorelle. Disporrò dei tuoi fondi conservati da mio padre come tu hai indicato e secondo le loro necessità, e quando il tuo denaro sarà finito, se non ne riceverò più da te e se tua madre sarà nel bisogno, allora dividerò i miei stessi guadagni con lei. Va in pace. Io agirò per tuo conto in tutte queste materie.”

Dopo la partenza di Gesù per Gerusalemme, Giovanni si consultò dunque con suo padre Zebedeo riguardo al denaro dovuto a Gesù, e fu sorpreso che l’importo fosse così elevato. Poiché Gesù aveva lasciato l’intera questione nelle loro mani, essi convennero che il piano migliore fosse d’investire questi fondi in immobili e d’impiegarne il ricavato per aiutare la famiglia di Nazaret. E siccome Zebedeo sapeva di una piccola casa a Cafarnao che era ipotecata ed in vendita, raccomandò a Giovanni di acquistare questa casa con il denaro di Gesù e di conservare il titolo in custodia per il suo amico. E Giovanni fece come suo padre gli aveva consigliato. Per due anni il ricavato di questa casa fu destinato a rimborsare l’ipoteca, e ciò, con l’aggiunta di una grossa somma che Gesù inviò presto a Giovanni perché fosse utilizzata per le necessità della famiglia, fu quasi sufficiente per coprire il prezzo d’acquisto. E Zebedeo ci mise la differenza, cosicché Giovanni pagò il rimanente dell’ipoteca alla scadenza, acquisendo così la completa proprietà di questa casa di due stanze. In tal modo Gesù divenne proprietario di una casa a Cafarnao, ma egli non era stato informato di questo.

Quando i membri della famiglia di Nazaret seppero che Gesù era partito da Cafarnao, essi, non conoscendo l’accordo finanziario fatto con Giovanni, credettero che fosse venuto per loro il momento di arrangiarsi senza più contare sull’aiuto di Gesù. Giacomo si ricordò del suo accordo con Gesù e con l’aiuto dei suoi fratelli assunse subito la piena responsabilità della cura della famiglia.

Gesù aveva portato con sé a Gerusalemme una lettera di Salomè, moglie di Zebedeo, che lo presentava all’anziano sommo sacerdote Anna come “uno dei miei stessi figli”. Anna gli dedicò molto tempo, conducendolo personalmente a visitare le numerose accademie degli insegnanti religiosi di Gerusalemme. Mentre Gesù esaminava a fondo queste scuole ed osservava attentamente i loro metodi d’insegnamento, non pose la più piccola domanda in pubblico. Benché Anna considerasse Gesù un grande uomo, era perplesso su come consigliarlo. Egli riconosceva che sarebbe stato sciocco suggerirgli di entrare come studente in una delle scuole di Gerusalemme, e tuttavia sapeva bene che non sarebbe mai stato accordato a Gesù lo status d’insegnante regolare senza essere stato preparato in queste scuole.

Il tempo della Pasqua si avvicinava e tra la folla che giungeva da ogni luogo arrivarono a Gerusalemme, da Cafarnao, Zebedeo e tutta la sua famiglia. Essi si fermarono tutti nella spaziosa casa di Anna, in cui celebrarono la Pasqua come un’unica famiglia felice.

Prima della fine di questa settimana di Pasqua, apparentemente per caso, Gesù incontrò un ricco viaggiatore e suo figlio, un giovane di circa diciassette anni. Questi viaggiatori venivano dall’India, ed essendo diretti a visitare Roma e diversi altri punti del Mediterraneo, avevano fatto in modo di arrivare a Gerusalemme durante la Pasqua, sperando di trovare qualcuno da poter assumere come interprete per entrambi e come precettore per il figlio. Il padre insisté perché Gesù acconsentisse a viaggiare con loro. Gesù gli parlò della sua famiglia e gli disse che sarebbe stato molto difficile allontanarsi per quasi due anni, durante i quali i suoi avrebbero potuto trovarsi nel bisogno. Di fronte a ciò, questo viaggiatore proveniente dall’Oriente propose di anticipare a Gesù il salario di un anno perché potesse affidare tali fondi ai suoi amici per preservare la sua famiglia dalle ristrettezze. E Gesù accettò di fare il viaggio.

Gesù inviò questa importante somma a Giovanni, il figlio di Zebedeo. E Giovanni impiegò questo denaro per liquidare l’ipoteca sulla proprietà di Cafarnao. Gesù mise Zebedeo interamente al corrente di questo viaggio nel Mediterraneo, ma gli ingiunse di non parlarne a nessuno, nemmeno a quelli della sua stessa carne e del suo stesso sangue, e Zebedeo non rivelò mai che conosceva i luoghi di soggiorno di Gesù durante questo lungo periodo di quasi due anni. Prima del ritorno di Gesù da questo viaggio, la famiglia di Nazaret era sul punto di considerarlo morto. Solo le assicurazioni di Zebedeo, che venne a Nazaret in parecchie occasioni con suo figlio Giovanni, lasciarono viva la speranza nel cuore di Maria.

Durante questo tempo la famiglia di Nazaret se la passava molto bene. Giuda aveva considerevolmente aumentato la sua quota e mantenne questa contribuzione supplementare fino al suo matrimonio. Nonostante richiedessero poca assistenza, Giovanni Zebedeo continuò a portare ogni mese dei doni a Maria e a Rut, secondo le istruzioni di Gesù.

3. Il ventinovesimo anno (23 d.C.)

L’intero ventinovesimo anno di Gesù fu impiegato a completare il giro del mondo mediterraneo. Durante questo giro del mondo romano, per diverse ragioni, Gesù fu conosciuto come lo Scriba di Damasco. A Corinto ed in altri scali del viaggio di ritorno egli fu tuttavia conosciuto come il Precettore Ebreo.

Questo fu un periodo movimentato nella vita di Gesù. Durante questo viaggio egli prese numerosi contatti con i suoi simili, ma questa esperienza è una fase della sua vita che non rivelò mai ad alcun membro della sua famiglia né ad alcuno degli apostoli. Gesù visse sino alla fine la sua vita nella carne e lasciò questo mondo senza che nessuno (salvo Zebedeo di Betsaida) conoscesse che aveva fatto questo grande viaggio. Alcuni dei suoi amici credevano che fosse ritornato a Damasco; altri pensarono che fosse andato in India. I membri della sua stessa famiglia erano inclini a credere che fosse ad Alessandria, perché sapevano che una volta era stato invitato a recarvisi per diventare assistente del Cazan.

Quando Gesù ritornò in Palestina non fece niente per cambiare l’opinione della sua famiglia che credeva fosse andato da Gerusalemme ad Alessandria; egli permise loro di continuare a credere che tutto il tempo in cui era stato assente dalla Palestina fosse stato trascorso in quella città di sapere e di cultura. Solo Zebedeo, il costruttore di battelli di Betsaida, conosceva la verità su questo argomento, e Zebedeo non ne parlò a nessuno.

Questa sua estrema riservatezza sui suoi viaggi e sulle nuove conoscenze, era dettata dalla necessità di non costruire una missione personale troppo affascinante e che attirasse troppa attenzione. Cercava di non fare alcun ricorso all’insolito o all’irresistibile verso i suoi simili. Egli era votato all’opera di rivelare il Padre Celeste ed il suo amore ai suoi simili mortali e allo stesso tempo era consacrato al compito sublime di vivere la sua vita terrena di mortale restando costantemente sottomesso alla volontà dello stesso Padre del Paradiso.

Il Figlio dell’Uomo, durante il periodo ed attraverso le esperienze di questo giro del mondo romano, completò praticamente la sua preparazione educativa grazie al contatto con i diversi popoli del mondo del suo tempo e della sua generazione. Al momento del suo ritorno a Nazaret, grazie a questo viaggio istruttivo, egli aveva praticamente appreso come gli uomini vivevano e forgiavano la propria esistenza sulla Terra.

Il proposito reale del suo viaggio attorno al bacino del Mediterraneo era di conoscere gli uomini. Durante questo viaggio egli venne a contatto molto stretto con centinaia di esseri umani. Incontrò ed amò ogni sorta di uomini, ricchi e poveri, elevati ed umili, neri e bianchi, istruiti ed ignoranti, colti ed incolti, animaleschi e spirituali, religiosi ed irreligiosi, morali ed immorali.

Nel corso di questo viaggio mediterraneo Gesù fece grandi progressi nel suo compito umano di dominare la mente materiale e mortale, ed il suo Spirito interiore fece grandi progressi nella conquista ascensionale e spirituale di questo stesso intelletto umano. Alla fine di questo giro Gesù sapeva praticamente - in tutta certezza umana - che era un Figlio di Dio, un Figlio Creatore del Padre Universale. Il suo Spirito era sempre più capace di far sorgere nella mente del Figlio dell’Uomo dei ricordi nebbiosi della sua esperienza in Paradiso in associazione con il suo Padre divino prima di partire per organizzare ed amministrare questo Universo. Così, a poco a poco, lo Spirito portò nella coscienza umana di Gesù quei ricordi necessari della sua esistenza divina anteriore nelle varie epoche. L’ultimo episodio della sua esperienza preumana ad essere messo in luce dallo Spirito fu il suo incontro di commiato con Emanuele giusto prima che abbandonasse la sua personalità cosciente per intraprendere la sua incarnazione sulla Terra. L’immagine di quest’ultimo ricordo della sua esistenza preumana fu resa chiara nella coscienza di Gesù il giorno stesso del suo battesimo da parte di Giovanni nel Giordano.

4. I viaggi a Roma e in Grecia

IL GIRO del mondo romano assorbì la maggior parte del ventottesimo anno e tutto il ventinovesimo anno della vita terrena di Gesù. Gesù e i due nativi dell’India - Gonod e suo figlio Ganid - lasciarono Gerusalemme domenica mattina, 26 aprile, dell’anno 22 d.C. Essi compirono il loro viaggio secondo il programma previsto, e Gesù diede l’addio al padre e al figlio nella città di Charax sul Golfo Persico il 10 dicembre dell’anno seguente, 23 d.C.

Da Gerusalemme essi andarono a Cesarea passando per Giaffa. A Cesarea presero un battello per Alessandria. Da Alessandria salparono per Lasea a Creta. Da Creta fecero vela per Cartagine, con scalo a Cirene. A Cartagine presero un battello per Napoli, fermandosi a Malta, a Siracusa e a Messina. Da Napoli andarono a Capua, da dove viaggiarono per la Via Appia fino a Roma.

Dopo il loro soggiorno a Roma essi si recarono per via di terra a Taranto, dove presero il mare per Atene in Grecia, fermandosi a Nicopoli e a Corinto. Da Atene andarono ad Efeso per la strada della Troade. Da Efeso fecero vela per Cipro, facendo scalo a Rodi. Trascorsero molto tempo a visitare Cipro ed a riposarvi, e poi s’imbarcarono per Antiochia in Siria. Da Antiochia viaggiarono verso sud fino a Sidone e poi andarono a Damasco. Da là proseguirono per carovana fino in Mesopotamia, passando per Tapsaco e Larissa. Soggiornarono per qualche tempo a Babilonia, visitarono Ur ed altri luoghi, e andarono poi a Susa. Da Susa si recarono a Charax, da dove Gonod e Ganid s’imbarcarono per l’India.

Fu nel corso dei quattro mesi di lavoro a Damasco che Gesù aveva appreso i rudimenti della lingua parlata da Gonod e Ganid. Mentre era là egli aveva lavorato per molto tempo a traduzioni dal greco in una delle lingue dell’India, con l’assistenza di un nativo della regione di provenienza di Gonod.

Durante questo giro attorno al Mediterraneo, Gesù dedicò circa la metà di ogni giorno ad istruire Ganid e a servire da interprete a Gonod nei suoi incontri d’affari e nei suoi contatti sociali. Il resto di ogni giorno, che era a sua disposizione, egli lo dedicava a stabilire quegli stretti contatti personali con i suoi simili, quelle intime associazioni con i mortali del regno che caratterizzarono tanto le sue attività durante questi anni immediatamente precedenti il suo ministero pubblico.

Grazie all’osservazione di prima mano ed al contatto reale, Gesù fece conoscenza con la civiltà materiale ed intellettuale superiore dell’Occidente e del Levante. Da Gonod e dal suo brillante figlio egli apprese molto sulla civiltà e la cultura dell’India e della Cina, perché Gonod, cittadino dell’India, aveva fatto tre grandi viaggi nell’impero della razza gialla.

Ganid, il giovane uomo, imparò molto da Gesù durante questa lunga e stretta associazione. Essi svilupparono un grande affetto l’uno per l’altro, ed il padre del giovane tentò molte volte di persuadere Gesù a ritornare con loro in India, ma Gesù rifiutò sempre, sostenendo la necessità di ritornare dalla sua famiglia in Palestina.

5. Il Gesù umano

Per le intelligenze celesti dell’Universo che l’osservavano, questo viaggio mediterraneo fu la più seducente delle esperienze terrene di Gesù, o almeno di tutta il suo percorso fino alla sua crocifissione e morte umana. Questo fu l’affascinante periodo del suo ministero personale, in contrasto con l’epoca del suo ministero pubblico che seguì ben presto. Questo episodio straordinario fu tanto più avvincente in quanto in questo momento egli era ancora il carpentiere di Nazaret, il costruttore di battelli di Cafarnao, lo Scriba di Damasco; era ancora il Figlio dell’Uomo. Egli non aveva ancora acquisito la completa padronanza della sua mente umana; lo Spirito non aveva ancora pienamente controllato e formato la contropartita dell’identità mortale. Egli era ancora un uomo tra gli uomini.

L’esperienza religiosa puramente umana - la crescita spirituale personale - del Figlio dell’Uomo raggiunse quasi il suo culmine di realizzazione durante questo ventinovesimo anno. Questa esperienza di sviluppo spirituale fu una crescita costantemente graduale a partire dal momento dell’ iniziale arrivo dello Spirito fino al giorno della completa integrazione della mente umana con lo Spirito interiore che il Figlio dell’Uomo raggiunse definitivamente, quale mortale incarnato del regno, nel giorno del suo battesimo nel Giordano.

Durante tutti questi anni, mentre non sembrava impegnato in così numerosi periodi di comunione formale con suo Padre Celeste, egli mise a punto dei metodi sempre più efficaci di comunicazione personale con la presenza spirituale interiore del Padre del Paradiso. Egli visse una vita reale, una vita piena ed una vita nella carne veramente normale, naturale e ordinaria.

Il Figlio dell’Uomo sperimentò la vasta gamma delle emozioni umane che si estendono dalla gioia splendida al dolore profondo. Egli era un ragazzo gaio ed un essere di raro buonumore; era anche un “uomo di dolori ed abituato alla sofferenza”. In senso spirituale egli visse la vita di mortale dal punto più basso a quello più alto, dall’inizio alla fine. Da un punto di vista di vita vissuta, potrebbe sembrare che Gesù non abbia pienamente vissuto i due estremi sociali dell’esistenza umana, ma intellettualmente familiarizzò completamente con l’intera e completa esperienza dell’umanità.

Gesù conosce i pensieri ed i sentimenti, i bisogni e gli impulsi, dei mortali evoluzionari ed ascendenti dei regni, dalla loro nascita alla loro morte. Egli ha vissuto la vita umana dagli inizi dell’individualità fisica, intellettuale e spirituale, passando per l’infanzia, la fanciullezza, la giovinezza e la maturità - fino all’esperienza umana della morte. Egli non solo passò per questi periodi umani normali e familiari di avanzamento intellettuale e spirituale, ma sperimentò anche pienamente quelle fasi superiori e più evolute dell’armonizzazione tra l’uomo e Lo Spirito che così pochi mortali sulla Terra raggiungono. E sperimentò così pienamente la vita dell’uomo mortale, così com’è vissuta nel mondo.

Sebbene questa vita perfetta che egli visse nelle sembianze della carne mortale possa non aver ricevuto l’approvazione da parte di tutti coloro che per caso sono stati suoi contemporanei sulla Terra, tuttavia, la vita che Gesù di Nazaret visse nella carne ha ricevuto la piena ed assoluta approvazione dal Padre Universale come una duplice vita, quella divina vissuta nella pienezza della rivelazione del Dio Eterno all’uomo mortale e quella pienamente umana resa perfetta dalla obbedienza al Creatore Infinito.

Questo era il suo vero e supremo proposito. Egli non è sceso a vivere sulla Terra come un esempio perfetto e dettagliato per ogni bambino o adulto, per ogni uomo o donna, di quell’epoca o di qualsiasi altra. La verità è, in realtà, che nella sua piena, ricca, bella e nobile vita noi tutti possiamo trovare molte cose che sono squisitamente esemplari, divinamente ispiranti, ma ciò è dovuto al fatto che egli ha vissuto una vita veramente ed autenticamente umana. Gesù non ha vissuto la sua vita sulla terra per fornire a tutti gli altri esseri umani un esempio da copiare. Egli visse questa vita nella carne con lo stesso ministero di misericordia che noi tutti possiamo utilizzare per vivere la nostra vita sulla terra. E come egli visse la sua vita di mortale nella sua epoca e com’era, così egli diede in tal modo a tutti noi l’esempio di come vivere la nostra vita nella nostra epoca e come siamo. Noi non possiamo aspirare a vivere la sua vita, ma possiamo decidere di vivere la nostra vita com’egli ha vissuto la sua, e con gli stessi mezzi. Gesù può non essere l’esempio tecnico e dettagliato per tutti i mortali di tutte le ere su tutti i regni di questo Universo, ma egli è eternamente l’ispirazione e la guida di tutti i pellegrini del Paradiso provenienti dai mondi che si elevano attraverso l’Universo fino al Paradiso. Gesù è la via nuova e vivente che va dall’uomo a Dio, dal parziale al perfetto, dal terreno al celeste, dal tempo all’eternità.

Alla fine del suo ventinovesimo anno Gesù di Nazaret aveva praticamente finito di vivere la vita che si richiede ai mortali che soggiornano nella carne. Egli era venuto sulla terra come la pienezza di Dio da manifestare agli uomini; ora aveva quasi raggiunto la perfezione dell’uomo che aspetta l’occasione di manifestarsi a Dio. E fece tutto questo prima di aver raggiunto i trent’anni di età.

6. Gli anni di transizione

DURANTE il suo viaggio attorno al Mediterraneo, Gesù aveva studiato attentamente la gente incontrata ed i paesi attraversati, ed in quest’epoca giunse alla sua decisione finale concernente il resto della sua vita sulla terra. Egli aveva pienamente considerato ed oramai definitivamente approvato il piano che prevedeva la sua nascita da genitori ebrei in Palestina, e tornò dunque deliberatamente in Galilea per aspettare l’inizio della sua opera come insegnante pubblico della verità. Egli si mise a fare dei piani per una missione pubblica nella terra del popolo di suo padre Giuseppe, e fece questo di sua libera volontà.

Gesù aveva costatato per esperienza personale ed umana che in tutto il mondo romano la Palestina era il luogo migliore per sviluppare gli ultimi capitoli, e per svolgere le scene finali, della sua vita terrena. Per la prima volta egli fu pienamente soddisfatto del programma di manifestare apertamente la sua vera natura e di rivelare la sua divina identità tra gli Ebrei ed i Gentili della sua Palestina natale. Egli decise definitivamente di terminare la sua vita sulla terra e di completare il suo percorso d’esistenza mortale nello stesso paese in cui aveva iniziato l’esperienza umana come un bambino inerme. Il suo percorso sulla Terra era cominciata tra gli Ebrei in Palestina ed egli scelse di terminare la sua vita in Palestina e tra gli Ebrei.

7. Il trentesimo anno (24 d.C.)

Dopo essersi congedato da Gonod e Ganid a Charax (nel dicembre dell’anno 23 d.C.), Gesù ritornò per la via di Ur in Babilonia, dove si unì ad una carovana del deserto che stava andando a Damasco. Da Damasco egli andò a Nazaret, fermandosi solo alcune ore a Cafarnao, dove sostò per far visita alla famiglia di Zebedeo. Qui incontrò suo fratello Giacomo, che era venuto qualche tempo prima a lavorare al suo posto nel cantiere navale di Zebedeo. Dopo aver parlato con Giacomo e Giuda (che pure si trovava casualmente a Cafarnao) e dopo aver trasferito a suo fratello Giacomo la piccola casa che Giovanni Zebedeo era riuscito ad acquistare, Gesù andò a Nazaret.

Alla fine del suo viaggio nel Mediterraneo, Gesù aveva ricevuto denaro sufficiente per far fronte al suo mantenimento quasi fino all’inizio del suo ministero pubblico. Ma all’infuori di Zebedeo a Cafarnao e delle persone che incontrò nel corso di questo giro straordinario, nessuno seppe mai che egli aveva fatto questo viaggio. La sua famiglia credette sempre che egli avesse trascorso questo tempo a studiare ad Alessandria. Gesù non confermò mai queste credenze né smentì mai apertamente questo equivoco.

Durante il suo soggiorno di alcune settimane a Nazaret, Gesù fece visita alla sua famiglia ed ai suoi amici, passò qualche tempo al laboratorio di riparazioni con suo fratello Giuseppe, ma dedicò la maggior parte della sua attenzione a Maria e a Rut. Rut aveva allora quasi quindici anni e questa era la prima opportunità per Gesù di parlare a lungo con lei da quando era divenuta giovane donna.

Da qualche tempo Simone e Giuda desideravano sposarsi, ma sarebbe loro dispiaciuto farlo senza il consenso di Gesù; di conseguenza avevano ritardato questo avvenimento sperando nel ritorno del loro fratello maggiore. Sebbene tutti loro considerassero Giacomo come il capo della famiglia per la maggior parte delle questioni, quando decisero di sposarsi volevano la benedizione di Gesù. Così Simone e Giuda si sposarono con un duplice matrimonio all’inizio di marzo di quest’anno, 24 d.C. Tutti i figli adulti erano ora sposati; solo Rut, la più giovane, rimaneva in casa con Maria.

Gesù s’incontrò con i singoli membri della sua famiglia in modo del tutto normale e naturale, ma quando furono tutti riuniti egli ebbe così poco da dire che lo rimarcarono tra di loro. Nel momento in cui Gesù si stava preparando a lasciare Nazaret, il conducente di una grossa carovana che era di passaggio per la città si ammalò gravemente, e Gesù, essendo un poliglotta, si offrì di rimpiazzarlo. Poiché questo viaggio comportava la sua assenza per un anno e giacché tutti i suoi fratelli erano sposati e sua madre viveva sola in casa con Rut, Gesù fece una riunione di famiglia nella quale propose che sua madre e Rut andassero a vivere a Cafarnao nella casa che aveva recentemente ceduto a Giacomo. Di conseguenza, pochi giorni dopo che Gesù fu partito con la carovana, Maria e Rut andarono ad abitare a Cafarnao nella casa fornita da Gesù. Giuseppe e la sua famiglia andarono ad abitare nella vecchia casa di Nazaret.

Questo fu uno degli anni più straordinari nell’esperienza interiore del Figlio dell’Uomo; egli fece grandi progressi nella realizzazione di un’armonia funzionale tra la sua mente umana ed il suo Spirito interiore. Lo Spirito era stato attivamente impegnato a riorganizzare i pensieri di Gesù ed a preparare la sua mente in vista dei grandi avvenimenti che si sarebbero prodotti nell’allora non lontano futuro. La personalità di Gesù si stava preparando ad un grande cambiamento di atteggiamento nei riguardi del mondo. Questo fu il periodo intermedio, lo stadio di transizione di quell’essere che cominciò la vita come Dio apparendo come uomo, e che si stava preparando ora a completare il suo percorso terreno come uomo che appariva come Dio.

8. Il viaggio della carovana verso il Caspio

Era il primo aprile dell’anno 24 d.C. quando Gesù lasciò Nazaret per il viaggio con la carovana verso la regione del Mar Caspio. La carovana alla quale Gesù si era unito come conduttore stava andando da Gerusalemme, per la via di Damasco ed il Lago di Urmia, attraverso l’Assiria, la Media e la Partia, fino alla regione sudorientale del Mar Caspio. Passò un anno intero prima che egli tornasse da questo viaggio.

Per Gesù questo viaggio con la carovana fu un’altra avventura di esplorazione e di ministero personale. Egli ebbe un’esperienza interessante con i membri della sua carovana - passeggeri, custodi e conducenti di cammelli. Decine di uomini, di donne e di bambini, residenti lungo la via seguita dalla carovana, vissero una vita più ricca a seguito del loro contatto con Gesù, per loro lo straordinario conduttore di una normale carovana. Non tutti quelli che beneficiarono in queste occasioni del suo ministero personale ne trassero profitto, ma la grande maggioranza di coloro che lo incontrarono e che parlarono con lui furono resi migliori per il resto della loro vita terrena.

Tra tutti i suoi viaggi nel mondo, questo del Mar Caspio fu quello che condusse Gesù più vicino all’Oriente e gli permise di acquisire una comprensione migliore dei popoli dell’Estremo Oriente. Egli stabilì contatti diretti e personali con ciascuna delle razze sopravviventi della Terra, salvo quella rossa. Trasse uguale piacere dal suo ministero personale verso ciascuna di queste differenti razze e di questi popoli misti, e tutti furono ricettivi alla verità vivente che portava loro. Sia gli Europei dell’Estremo Occidente che gli Asiatici dell’Estremo Oriente prestarono attenzione alle sue parole di speranza e di vita eterna, e furono influenzati in uguale misura dalla vita di servizio amorevole e di ministero spirituale che egli visse tra di loro con tanta grazia.

Il viaggio della carovana riuscì sotto tutti i punti di vista. Questo fu uno degli episodi più interessanti nella vita umana di Gesù, perché egli operò durante quest’anno con funzioni esecutive, essendo responsabile dei beni materiali affidatigli e della salvaguardia dei viaggiatori che facevano parte della carovana. Ed egli adempì i suoi molteplici doveri con fedeltà, efficienza e saggezza estreme.

Al ritorno dalla regione del Caspio, Gesù lasciò la direzione della carovana al Lago di Urmia, dove si fermò per poco più di due settimane. Egli ritornò come passeggero con un’altra carovana a Damasco, dove i proprietari dei cammelli gli chiesero di restare al loro servizio. Declinando questa offerta, egli proseguì il suo viaggio con il convoglio della carovana fino a Cafarnao, dove arrivò il primo aprile dell’anno 25 d.C. Egli non considerava più Nazaret come sua residenza. Cafarnao era divenuta la residenza di Gesù, di Giacomo, di Maria e di Rut. Ma Gesù non visse mai più con la sua famiglia; quando si trovava a Cafarnao abitava presso gli Zebedei.

9. Il trentunesimo anno (25 d.C.)

Quando Gesù ritornò dal viaggio nel Mar Caspio (vedi Appendice), sapeva che i suoi giri per il mondo erano quasi terminati. Fece soltanto un altro viaggio fuori della Palestina, e fu per andare in Siria. Dopo un breve soggiorno a Cafarnao, egli andò a Nazaret, dove si fermò alcuni giorni per fare delle visite. A metà aprile lasciò Nazaret per Tiro. Da là si diresse verso nord, fermandosi alcuni giorni a Sidone, ma la sua destinazione era Antiochia.

Questo è l’anno del vagabondare solitario di Gesù attraverso la Palestina e la Siria. Nel corso di quest’anno di peregrinazioni egli fu conosciuto con nomi diversi nelle differenti parti del paese: il carpentiere di Nazaret, il costruttore di battelli di Cafarnao, lo Scriba di Damasco ed il maestro di Alessandria.

Ad Antiochia il Figlio dell’Uomo visse per più di due mesi, lavorando, osservando, studiando, facendo visite, assistendo, ed imparando nel frattempo come vivono gli uomini, come pensano, come si sentono e come reagiscono all’ambiente dell’esistenza umana. Per tre settimane di questo periodo egli lavorò come fabbricante di tende. Rimase ad Antiochia più a lungo che in qualunque altro posto che visitò in questo viaggio. Dieci anni più tardi, quando l’apostolo Paolo predicò ad Antiochia e sentì i suoi seguaci parlare delle dottrine dello Scriba di Damasco, non sospettò affatto che i suoi allievi avessero sentito la voce ed ascoltato gli insegnamenti del Maestro stesso.

Da Antiochia Gesù scese a sud lungo la costa fino a Cesarea, dove si fermò per alcune settimane, proseguendo poi lungo la costa fino a Giaffa. Da Giaffa si diresse verso l’interno, passando per Jamnia, Asdod e Gaza. Da Gaza egli prese la pista interna verso Bersabea, dove si fermò una settimana.

Gesù partì poi per il suo ultimo giro, come persona privata, attraverso il cuore della Palestina, andando da Bersabea nel sud fino a Dan nel nord. Nel corso di questo viaggio verso nord si fermò ad Hebron, a Betlemme (dove vide il suo luogo di nascita), a Gerusalemme (non visitò Betania), a Beerot, Lebona, Sicar, Sichem, Samaria, Geba, En-Gannim, Endor e Madon. Attraversando Magdala e Cafarnao proseguì verso nord, e passando ad est delle Acque di Merom si recò per Karata a Dan, o Cesarea di Filippo.

Lo Spirito interiore indusse ora Gesù ad abbandonare i luoghi abitati dagli uomini e a recarsi sul Monte Hermon per terminare l’opera di controllo della sua mente umana e per completare il compito di consacrarsi totalmente al resto del lavoro della sua vita sulla terra. Questa fu una delle epoche eccezionali e straordinarie nella vita terrena del Maestro sulla Terra. Un’altra esperienza molto simile fu quella per la quale egli passò da solo sulle colline vicino a Pella subito dopo il suo battesimo. Questo periodo d’isolamento sul Monte Hermon segnò la fine del suo percorso puramente umano, cioè la conclusione tecnica del suo conferimento mortale, mentre l’isolamento successivo segnò l’inizio della fase più divina del conferimento. E Gesù visse da solo con Dio per sei settimane sulle pendici del Monte Hermon.

10. Il soggiorno sul Monte Hermon

Dopo aver trascorso qualche tempo in prossimità di Cesarea di Filippo, Gesù preparò delle provviste, e dopo essersi procurato una bestia da soma ed un ragazzo di nome Tiglat, procedette lungo la strada di Damasco fino ad un villaggio allora conosciuto come Bet Jenn sulle colline pedemontane del Monte Hermon. Qui, verso la metà di agosto dell’anno 25 d.C., egli stabilì il suo campo base, e lasciate le sue provviste in custodia a Tiglat ascese le pendici disabitate della montagna. In questo primo giorno, Tiglat accompagnò Gesù sulla montagna fino ad un punto situato a circa duemila metri sul livello del mare, dove essi costruirono una nicchia di pietra nella quale Tiglat doveva depositare il cibo due volte alla settimana.

Il primo giorno, dopo aver lasciato Tiglat, Gesù aveva asceso la montagna solo per un breve tratto e poi si fermò a pregare. Tra le altre cose egli chiese a suo Padre di mandare l’angelo guardiano ad “accompagnare Tiglat”. Chiese che gli fosse permesso di salire da solo verso la sua ultima lotta con le realtà dell’esistenza mortale; e la sua richiesta fu accolta. Egli affrontò la grande prova accompagnato soltanto dal suo Spirito interiore per guidarlo e sostenerlo.

Gesù mangiò frugalmente mentre era in montagna; si astenne da ogni cibo soltanto un giorno o due di seguito. Gli esseri super-umani che lo affrontarono su questa montagna e con i quali lottò in spirito e che egli vinse in potenza erano reali. Essi erano i suoi nemici implacabili del sistema di Satania; non erano fantasmi dell’immaginazione usciti dalle fantasticherie intellettuali di un mortale debole ed affamato, incapace di distinguere la realtà dalle visioni di una mente alterata.

Gesù passò le ultime tre settimane di agosto e le prime tre settimane di settembre sul Monte Hermon. Durante queste settimane egli portò a termine il compito mortale di completare il controllo della personalità. In questo periodo di comunione con suo Padre Celeste, lo Spirito interiore completò anch’esso i servizi assegnatili. Lo scopo umano di questa creatura terrena fu allora raggiunto. Restava da completare soltanto la fase finale di armonizzazione della sua mente con il Spirito.

Dopo più di cinque settimane di comunione ininterrotta con suo Padre del Paradiso, Gesù divenne assolutamente sicuro della sua natura e certo del suo trionfo sui livelli materiali di manifestazione della personalità nel tempo-spazio. Egli credette pienamente nella supremazia della sua natura divina sulla sua natura umana, e non esitò ad affermarla.

Verso la fine del suo soggiorno in montagna Gesù chiese a suo Padre l’autorizzazione ad avere un incontro con i suoi nemici di Satania in qualità di Figlio dell’Uomo, come Joshua ben Joseph. Questa richiesta fu accolta. Durante l’ultima settimana sul Monte Hermon la grande tentazione, la prova dell’Universo, ebbe luogo. Satana (che rappresentava Lucifero) ed il Principe Planetario ribelle, Caligastia, erano presenti presso Gesù e gli furono resi pienamente visibili. E questa “tentazione”, questa prova finale di fedeltà umana di fronte alle esposizioni fallaci delle personalità ribelli, non ebbe niente a che vedere con cibo, pinnacoli di templi o atti di presunzione. Non ebbe niente a che vedere con i regni di questo mondo, ma con la sovranità di un potente e glorioso Universo. Le generazioni successive dovrebbero comprendere che il Figlio dell’Uomo sostenne una grande lotta durante quel fatidico giorno sul Monte Hermon.

Alle numerose proposte e controproposte degli emissari di Lucifero, Gesù diede una sola risposta: “Possa la volontà di mio Padre del Paradiso prevalere, e quanto a te, figlio mio ribelle, possa Dio giudicarti divinamente. Io sono il tuo Creatore-padre; io non posso giudicarti in modo giusto, e tu hai già respinto la mia misericordia. Io ti rimetto al giudizio del Giudice più grande.”

A tutti i compromessi e gli espedienti suggeriti da Lucifero, a tutte le capziose proposte circa il conferimento come incarnazione, Gesù si limitò a rispondere: “Sia fatta la volontà di mio Padre del Paradiso.” E quando la difficile battaglia fu terminata, il serafino angelo custode ritornò a fianco di Gesù e gli portò assistenza.

In un pomeriggio di fine estate, in mezzo agli alberi e nel silenzio della natura, Gesù conquistò la sovranità indiscussa del suo Universo. In quel giorno egli completò il compito assegnato di vivere pienamente la vita incarnata nelle sembianze della carne mortale sui mondi evoluzionari del tempo e dello spazio. L’annuncio all’Universo di questa impresa importantissima non fu fatto fino al giorno del suo battesimo, alcuni mesi più tardi, ma tutto avvenne in realtà quel giorno sulla montagna. Quando Gesù discese dal suo soggiorno sul Monte Hermon, la ribellione di Lucifero e la secessione di Caligastia sulla Terra erano praticamente e definitivamente terminate e messe sotto il suo controllo.

Gesù aveva pagato l’ultimo prezzo richiestogli per ottenere la sovranità del suo Universo, che regola da se stessa lo status di tutti i ribelli e determina che ogni futura sollevazione di tal genere (se mai capitasse) potrà essere trattata sommariamente ed efficacemente. Di conseguenza, si può vedere che la cosiddetta “grande tentazione” di Gesù ebbe luogo qualche tempo prima del suo battesimo e non immediatamente dopo quell’avvenimento.

Alla fine di questo soggiorno sulla montagna, mentre Gesù scendeva, incontrò Tiglat che saliva al posto convenuto con il cibo. Rimandandolo indietro, egli disse solamente: “Il periodo di riposo è finito; devo ritornare agli affari di mio Padre.” Egli era un uomo silenzioso e molto diverso mentre facevano il viaggio di ritorno verso Dan, dove si congedò dal ragazzo facendogli dono dell’asino. Poi si diresse verso sud per la stessa strada per la quale era venuto, e andò a Cafarnao.

11. Il tempo di attesa

Si era ora prossimi alla fine dell’estate, quasi all’epoca del giorno di riparazione e della festa dei Tabernacoli. Gesù tenne una riunione di famiglia a Cafarnao durante il sabato, ed il giorno successivo partì per Gerusalemme con Giovanni, il figlio di Zebedeo, passando ad est del lago e per Gerasa e scendendo la valle del Giordano. Mentre per strada s’intratteneva con il suo compagno, Giovanni notò un grande cambiamento in Gesù.

Gesù e Giovanni si fermarono per la notte a Betania presso Lazzaro e le sue sorelle, e partirono presto il mattino dopo per Gerusalemme. Essi trascorsero quasi tre settimane nella città e nei suoi dintorni, o almeno lo fece Giovanni. Per molti giorni Giovanni andò da solo a Gerusalemme, mentre Gesù camminava sulle colline vicine e s’immergeva in lunghi periodi di comunione spirituale con suo Padre nei cieli.

Tutti e due assistettero ai servizi solenni del giorno di riparazione. Giovanni fu molto colpito dalle cerimonie di questo giorno cruciale del rituale religioso ebraico, ma Gesù rimase uno spettatore pensieroso e silenzioso. Per il Figlio dell’Uomo questo spettacolo era pietoso e patetico. Egli considerò tutto ciò come una falsa rappresentazione del carattere e degli attributi di suo Padre Celeste. Reputò gli avvenimenti di questo giorno una parodia dei fatti della giustizia divina e delle verità della misericordia infinita. Egli bruciava dal desiderio di proclamare la verità reale riguardo al carattere amorevole e alla condotta misericordiosa di suo Padre nell’Universo, ma il suo fedele Spirito lo avvertì che la sua ora non era ancora giunta. Ma quella sera a Betania Gesù si lasciò sfuggire numerose osservazioni che turbarono grandemente Giovanni; e Giovanni non comprese mai pienamente il significato reale di ciò che disse Gesù nel corso del loro colloquio di quella sera.

Gesù programmò di rimanere per tutta la settimana della festa dei Tabernacoli con Giovanni. Questa festa era la vacanza annuale di tutta la Palestina; era il periodo delle ferie ebraiche. Anche se Gesù non partecipò alla festosità di circostanza, era evidente che provava piacere e soddisfazione nel vedere lo spensierato e gioioso abbandono dei giovani e dei vecchi.

A metà della settimana di celebrazione e prima che le festività fossero terminate, Gesù si congedò da Giovanni dicendo che desiderava ritirarsi sulle colline dove poteva comunicare meglio con suo Padre del Paradiso. Giovanni avrebbe voluto andare con lui, ma Gesù insisté perché rimanesse per tutta la durata delle festività dicendo: “Non ti è richiesto di portare il fardello del Figlio dell’Uomo; solo la sentinella deve vegliare mentre la città dorme in pace.” Gesù non ritornò a Gerusalemme. Dopo quasi un’intera settimana passata da solo sulle colline vicino a Betania, partì per Cafarnao. Sulla via del ritorno egli passò un giorno e una notte da solo sulle pendici del Monte Gelboe, vicino al luogo in cui il Re Saul si era suicidato; e quando arrivò a Cafarnao sembrava più sereno di quando aveva lasciato Giovanni a Gerusalemme.

Il mattino successivo Gesù andò al baule contenente i suoi effetti personali, che era rimasto nel laboratorio di Zebedeo, indossò il suo grembiule e si presentò al lavoro dicendo: “È necessario che mi tenga occupato mentre aspetto la mia ora.” E lavorò parecchi mesi, fino al gennaio dell’anno successivo, nel cantiere navale a fianco di suo fratello Giacomo. Dopo questo periodo di lavoro con Gesù, indipendentemente dai dubbi che vennero ad offuscare la comprensione di Giacomo circa l’opera della vita del Figlio dell’Uomo, egli non abbandonò mai più realmente e completamente la sua fede nella missione di Gesù.

Durante questo periodo finale di lavoro al cantiere navale, Gesù passò la maggior parte del suo tempo alla finitura interna di alcuni grandi battelli. Egli metteva grande impegno in tutto il suo lavoro manuale e sembrava provare la soddisfazione del compimento umano quando aveva terminato una buona parte di lavoro. Sebbene spendesse poco tempo nei dettagli, egli era un operaio meticoloso quando si trattava delle cose essenziali di un dato lavoro.

Mentre il tempo passava, giunsero a Cafarnao delle voci su un certo Giovanni che predicava battezzando dei penitenti nel Giordano; e Giovanni predicava: “Il regno dei cieli è vicino; pentitevi e battezzatevi.” Gesù sentì di queste voci mentre Giovanni risaliva lentamente la valle del Giordano dal guado del fiume più vicino a Gerusalemme. Ma Gesù continuò a lavorare, costruendo battelli, fino a che Giovanni ebbe risalito il fiume giungendo ad una località vicina a Pella nel mese di gennaio dell’anno successivo, 26 d.C. Allora Gesù depose i suoi arnesi dicendo: “La mia ora è giunta”, e si presentò ben presto a Giovanni per essere battezzato.

Ma un grande cambiamento si era operato in Gesù. Furono poche le persone che avevano goduto delle sue visite e del suo ministero mentre percorreva il paese in lungo e in largo che riconobbero in seguito nell’istruttore pubblico la stessa persona che avevano conosciuto ed amato come individuo privato negli anni precedenti. E c’era una ragione al fatto che i suoi beneficiari di un tempo non lo riconoscevano nel suo ruolo successivo d’istruttore pubblico ed autorevole. Questa trasformazione di mente e di spirito era proseguita per lunghi anni e si era completata durante il memorabile soggiorno sul Monte Hermon.