CAP 24.Il giro della Decapoli

QUANDO Gesù e i dodici arrivarono al Parco di Magadan, trovarono ad attenderli un gruppo di circa cento evangelisti e discepoli, compreso il corpo delle donne, i quali si prepararono subito ad iniziare il giro d’insegnamento e di predicazione nelle città della Decapoli.

Questo giovedì mattina 18 agosto il Maestro riunì i suoi discepoli e ordinò che ciascuno degli apostoli si associasse con uno dei dodici evangelisti, e che con altri evangelisti andassero in dodici gruppi a lavorare nelle città e nei villaggi della Decapoli. Al corpo delle donne e ad altri discepoli egli ordinò di rimanere con lui. Gesù concesse quattro settimane per questo giro, dando istruzioni ai suoi discepoli di ritornare a Magadan non più tardi di venerdì 16 settembre. Egli promise di far loro visita spesso durante questo periodo. Nel corso di questo mese i dodici gruppi lavorarono a Gerasa, Gamala, Hippos, Zafon, Gadara, Abila, Edrei, Filadelfia, Chesbon, Dion, Scitopoli e in molte altre città. Durante questo giro non avvenne alcun miracolo di guarigione o altro avvenimento straordinario.

1. Il discorso sul perdono

Una sera ad Hippos, in risposta alla domanda di un discepolo, Gesù insegnò la lezione sul perdono. Il Maestro disse:

“Se un uomo di buon cuore ha cento pecore ed una di loro si perde, non abbandona subito le novantanove per andare in cerca di quella che si è perduta? E se è un buon pastore, non proseguirà la sua ricerca della pecora smarrita fino a che non l’avrà trovata? E poi, quando il pastore ha trovato la sua pecora perduta, la carica sulle sue spalle e, andando a casa contento, grida ai suoi amici e vicini: ‘Gioite con me, perché ho trovato la mia pecora che si era perduta.’ Io dichiaro che c’è più gioia in cielo per un peccatore che si pente che per novantanove giusti che non hanno bisogno di pentirsi. Ciononostante, è volontà di mio Padre che è nei cieli che nessuno di questi piccoli si perda, e ancor meno che essi periscano. Nella vostra religione Dio può ricevere dei peccatori che si pentono; nel Vangelo del Regno il Padre va alla loro ricerca prima ancora che essi abbiano seriamente pensato di pentirsi.

“Il Padre che è nei cieli ama i suoi figli, e perciò voi dovreste imparare ad amarvi gli uni con gli altri. Il Padre che è nei cieli perdona i vostri peccati; perciò voi dovreste imparare a perdonarvi gli uni con gli altri. Se tuo fratello pecca contro di te, va da lui e con tatto e pazienza mostragli il suo errore. E fa tutto ciò tra te e lui soltanto. Se egli ti ascolterà, allora avrai conquistato tuo fratello. Ma se tuo fratello non vuole ascoltarti, se persiste nell’errore, torna da lui portando con te uno o due amici comuni, affinché tu possa così avere due o tre testimoni che confermino la tua testimonianza e provino il fatto che tu hai agito con giustizia e misericordia con tuo fratello che ti ha offeso. Ora, se egli rifiuta di ascoltare i tuoi fratelli, tu puoi raccontare tutta la storia alla congregazione, e poi, se rifiuta di ascoltare la fraternità, che essa prenda le misure che giudicherà sagge; che un tale membro indisciplinato divenga un proscritto del regno. Anche se voi non potete pretendere di giudicare l’anima dei vostri simili, ed anche se non potete perdonare i peccati o presumere di usurpare altrimenti le prerogative dei supervisori delle schiere celesti, allo stesso tempo vi è stato affidato il mantenimento dell’ordine temporale del regno sulla terra. Anche se non potete immischiarvi nei decreti divini concernenti la vita eterna, voi determinerete le linee di condotta che concernono il benessere temporale della fraternità sulla terra. E così, in tutte queste materie connesse con la disciplina della fraternità, tutto ciò che decreterete sulla terra sarà riconosciuto in cielo. Sebbene non possiate determinare il destino eterno dell’individuo, voi potete legiferare riguardo alla condotta del gruppo, perché, dove due o tre di voi sono d’accordo su qualunque di queste cose e si rivolgono a me, ciò vi sarà concesso se la vostra supplica non è incompatibile con la volontà di mio Padre che è nei cieli. E tutto ciò è sempre vero, perché, dove due o tre credenti sono riuniti, là sono io in mezzo a loro.”

Simon Pietro era l’apostolo responsabile di quelli che operavano ad Hippos, e quando sentì Gesù parlare così, chiese: “Signore, quante volte mio fratello peccherà contro di me ed io lo perdonerò? Fino a sette volte?” E Gesù rispose a Pietro: “Non solo sette volte ma anche settantasette volte. Perciò il regno dei cieli può essere paragonato ad un re che ordinò la verifica contabile dei suoi intendenti. E quando s’iniziò questo esame dei conti, fu condotto davanti a lui uno dei suoi principali dipendenti che confessò di dovere al suo re diecimila talenti. Ora questo funzionario della corte reale addusse a giustificazione che aveva avuto dei guai e che non aveva di che pagare quanto doveva. Così il re ordinò di confiscare le sue proprietà e che i suoi figli fossero venduti per pagare il suo debito. Quando questo capo intendente udì questo duro decreto, cadde faccia a terra davanti al re e lo implorò di avere misericordia e di concedergli una dilazione, dicendo: ‘Signore, abbi un po’ più di pazienza con me e ti pagherò tutto.’ E quando il re guardò questo servitore negligente e la sua famiglia, fu mosso a compassione. Ordinò che fosse rilasciato e che il suo debito fosse interamente condonato.

“E questo capo intendente, avendo così ricevuto misericordia e perdono da parte del re, ritornò ai suoi affari, e trovato uno dei suoi intendenti subordinati che gli doveva la modesta somma di cento denari, lo assalì e prendendolo per la gola disse: ‘Pagami tutto quello che mi devi.’ Allora questo collega intendente cadde faccia a terra davanti al capo intendente e supplicandolo disse: ‘Abbi solo pazienza con me e sarò presto in grado di pagarti.’ Ma il capo intendente non volle mostrare misericordia verso il suo compagno intendente e lo fece invece mettere in prigione fino a che non avesse pagato il suo debito. Quando i suoi colleghi servitori videro ciò che era successo, furono talmente indignati che andarono a riferirlo al re, loro signore e padrone. Quando il re seppe quello che aveva fatto il suo capo intendente, chiamò quest’uomo ingrato ed inesorabile davanti a lui e disse: ‘Tu sei un intendente malvagio e indegno. Quando hai chiesto compassione io ti ho generosamente condonato tutto il tuo debito. Perché non hai anche tu mostrato misericordia verso il tuo compagno intendente, come io ho mostrato misericordia con te?’ Ed il re era talmente adirato che consegnò il suo ingrato capo intendente ai carcerieri perché lo trattenessero fino a che non avesse pagato tutto il suo debito. Allo stesso modo mio Padre Celeste mostrerà la più abbondante misericordia verso coloro che mostrano generosamente misericordia verso il loro prossimo. Come potete avvicinarvi a Dio chiedendo considerazione per le vostre mancanze quando voi siete soliti punire i vostri fratelli perché colpevoli di queste stesse fragilità umane? Io dico a voi tutti: avete ricevuto generosamente le buone cose del regno; date dunque generosamente ai vostri simili sulla terra.”

Così Gesù insegnò i pericoli ed illustrò l’iniquità del giudizio personale sui propri simili. La disciplina deve essere mantenuta, la giustizia deve essere amministrata, ma in tutte queste materie la saggezza della fratellanza dovrebbe prevalere. Gesù conferì autorità legislativa e giudiziaria al gruppo, non all’individuo. Anche questo conferimento d’autorità al gruppo non deve essere esercitato come autorità personale. C’è sempre il pericolo che il verdetto di un individuo possa essere falsato dal pregiudizio o distorto dalla passione. Il giudizio di gruppo ha più probabilità di allontanare i pericoli e di eliminare l’iniquità dei pregiudizi personali. Gesù cercò sempre di ridurre al minimo gli elementi d’ingiustizia, di rappresaglia e di vendetta.

2. Il predicatore straniero

Gesù andò a Gamala per visitare Giovanni e quelli che lavoravano con lui in quel luogo. Quella sera, dopo la sessione di domande e risposte, Giovanni disse a Gesù: “Maestro, ieri sono andato ad Astarot a vedere un uomo che stava insegnando in nome tuo e che sosteneva anche di essere capace di cacciare i demoni. Ora questo individuo non era mai stato con noi, né ci segue; perciò gli ho proibito di fare tali cose.” Allora Gesù disse: “Non proibirglielo. Non percepisci che questo Vangelo del Regno sarà presto proclamato in tutto il mondo? Come puoi sperare che tutti quelli che crederanno nel Vangelo saranno sottomessi alle tue direttive? Rallegrati che il nostro insegnamento abbia già cominciato a manifestarsi fuori dei confini della nostra influenza personale. Non vedi, Giovanni, che quelli che professano di fare grandi opere in nome mio finiranno per sostenere la nostra causa? Essi certamente non saranno impazienti di parlare male di me. Figlio mio, in questioni di questo genere sarebbe meglio per te pensare che chi non è contro di noi è con noi. Nelle generazioni future molti che non sono del tutto degni faranno molte cose strane in mio nome, ma io non glielo impedirò. Io ti dico che, anche quando una coppa d’acqua fresca viene data ad un’anima assetata, i messaggeri del Padre registreranno sempre un tale servizio d’amore.”

Questo insegnamento lasciò Giovanni molto perplesso. Egli non aveva sentito il Maestro dire: “Chi non è con me è contro di me”? Ed egli non percepì che in questo caso Gesù si riferiva alla relazione personale dell’uomo con gli insegnamenti spirituali del regno, mentre nell’altro caso faceva riferimento alle vaste relazioni sociali esterne tra credenti, concernenti le questioni di controllo amministrativo e la giurisdizione di un gruppo di credenti sul lavoro di altri gruppi che avrebbero alla fine costituito la futura fratellanza mondiale.

Giovanni raccontò spesso questa esperienza in connessione con le sue attività successive a favore del regno. Tuttavia gli apostoli se la presero molte volte con coloro che osavano insegnare in nome del Maestro. A loro sembrò sempre fuori luogo che coloro che non si erano mai seduti ai piedi di Gesù osassero insegnare in nome suo.

Quest’uomo al quale Giovanni proibì d’insegnare e di operare in nome di Gesù non dette ascolto all’ingiunzione dell’apostolo. Egli proseguì nei suoi sforzi e mise insieme un gruppo considerevole di credenti a Kanata prima di andare in Mesopotamia. Quest’uomo, di nome Aden, era stato portato a credere in Gesù dalla testimonianza del demente che Gesù guarì vicino a Keresa, e che credette con tanta sicurezza che i supposti spiriti cattivi che il Maestro cacciò fuori da lui entrarono nel branco di porci e li spinsero oltre la rupe verso la loro distruzione.

3. Istruzioni per gli insegnanti ed i credenti

Ad Edrei, dove lavoravano Tommaso ed i suoi collaboratori, Gesù passò un giorno e una notte, e nel corso della discussione della sera espresse i princìpi che avrebbero dovuto guidare quelli che predicavano la verità e animare tutti coloro che insegnavano il Vangelo del Regno. Riassunto e riesposto in linguaggio moderno, l’insegnamento di Gesù fu:

Rispettate sempre la personalità dell’uomo. Una causa giusta non dovrebbe mai essere promossa con la forza; le vittorie spirituali possono essere conseguite soltanto con il potere spirituale. Questa ingiunzione contro l’impiego d’influenze materiali si riferisce sia alla forza psichica che alla forza fisica. Non si devono impiegare né argomenti opprimenti né superiorità mentale per costringere gli uomini e le donne ad entrare nel regno. La mente umana non deve essere oppressa dal semplice peso della logica o intimidita da un’eloquenza acuta. Anche se l’emozione, come fattore nelle decisioni umane, non può essere interamente eliminata, non dovrebbe esservi fatto appello direttamente negli insegnamenti di coloro che vorrebbero far progredire la causa del regno. Fate i vostri appelli direttamente allo spirito divino che risiede nella mente degli uomini. Non fate appello alla paura, alla pietà o al semplice sentimento. Appellandovi agli uomini, siate equi; controllatevi ed esibite un debito riserbo; mostrate il dovuto rispetto per la personalità dei vostri allievi. Ricordatevi che io ho detto: “Ecco, io sto alla porta e busso, e se qualcuno mi aprirà, io entrerò.”

Nel condurre gli uomini nel regno, non diminuite o distruggete il loro rispetto di sé. Mentre l’eccessivo rispetto di se stessi può distruggere l’umiltà appropriata e finire in orgoglio, in vanità e in arroganza, la perdita del rispetto di sé porta spesso alla paralisi della volontà. Questo Vangelo si propone di ristabilire il rispetto di se stessi in coloro che l’hanno perduto e di frenarlo in coloro che ce l’hanno. Non commettete l’errore di condannare soltanto ciò che vi è di cattivo nella vita dei vostri allievi; ricordatevi anche di accordare un generoso riconoscimento alle cose più degne di lode nella loro vita. Non dimenticate che nulla mi fermerà dal ristabilire il rispetto di sé in coloro che l’hanno perduto e che desiderano realmente riacquistarlo.

State attenti a non ferire il rispetto si sé stessi delle anime esitanti e timorose. Non siate sarcastici nei confronti dei miei fratelli dalla mente semplice. Non siate cinici con i miei figli dominati dalla paura. L’ozio distrugge il rispetto di sé; dunque, raccomandate ai vostri fratelli di occuparsi sempre attivamente dei compiti che hanno scelto, e fate ogni sforzo per procurare del lavoro a coloro che sono senza impiego.

Non fate mai ricorso a tattiche indegne come quella di cercare di spaventare gli uomini e le donne per portarli nel regno. Un padre amorevole non spaventa i suoi figli perché obbediscano alle sue giuste richieste.

Prima o poi i figli del regno comprenderanno che le forti sensazioni emotive non sono l’equivalente delle direttive dello spirito divino. Essere fortemente ed insolitamente spinti a fare qualcosa o ad andare in un certo luogo non significa necessariamente che tali impulsi siano le direttive dello spirito interiore.

Preavvertite tutti i credenti riguardo alla zona di conflitto che deve essere attraversata da tutti coloro che passano dalla vita qual è vissuta nella carne alla vita più elevata qual è vissuta nello spirito. Per coloro che vivono interamente in uno dei due regni c’è poco conflitto o confusione, ma tutti sono destinati a sperimentare maggiore o minore incertezza durante i periodi di transizione tra i due livelli di vita. Entrando nel regno, voi non potete sfuggire alle sue responsabilità né eludere i suoi obblighi, ma ricordate: il giogo del Vangelo è facile da portare ed il fardello della verità è leggero.

Il mondo è pieno di anime affamate che soffrono la fame alla presenza stessa del pane della vita; gli uomini muoiono cercando lo stesso Dio che vive in loro. Gli uomini cercano i tesori del regno con cuore bramoso e passo affaticato quando sono tutti a portata immediata della fede vivente. La fede è per la religione ciò che le vele sono per una nave; essa è un supplemento di potere, non un ulteriore fardello della vita. C’è una sola lotta per coloro che entrano nel regno, ed è di combattere la buona battaglia della fede. Il credente ha soltanto una battaglia da fare, ed è contro il dubbio - il non credere.

Predicando il Vangelo del Regno, voi insegnate semplicemente l’amicizia con Dio. E questa comunione farà appello sia agli uomini che alle donne, in quanto tutti vi troveranno ciò che soddisfa maggiormente i desideri e gli ideali che li caratterizzano. Dite ai miei figli che io sono non solo sensibile ai loro sentimenti e paziente con le loro debolezze, ma che sono anche implacabile con il peccato ed intollerante dell’iniquità. Io sono certamente mite ed umile nella presenza di mio Padre, ma sono egualmente ed implacabilmente inesorabile dove c’è una malvagità deliberata ed una ribellione colpevole contro la volontà di mio Padre che è nei cieli.

Non dipingete il vostro maestro come un uomo triste. Le generazioni future conosceranno anche lo splendore della nostra gioia, l’allegria della nostra buona volontà e l’ispirazione del nostro buon umore. Noi proclamiamo un messaggio di buone novelle che è contagioso nel suo potere trasformatore. La nostra religione palpita di nuova vita e di nuovi significati. Coloro che accettano questo insegnamento sono pieni di gioia e nel loro cuore sono costretti a gioire eternamente. Una felicità crescente è sempre l’esperienza di tutti coloro che sono sicuri di Dio.

Insegnate a tutti i credenti di evitare di appoggiarsi sui sostegni insicuri della falsa compassione. Voi non potete sviluppare un carattere forte dall’indulgenza all’autocompassione; sforzatevi onestamente di evitare l’influenza ingannatrice della semplice comunione nella miseria. Estendete la simpatia ai valorosi e ai coraggiosi, senza accordare troppa pietà a quelle anime codarde che affrontano solo con indifferenza le prove della vita. Non offrite consolazione a coloro che rinunciano davanti agli ostacoli senza lottare. Non simpatizzate con i vostri simili soltanto per ricevere in cambio la loro simpatia.

Una volta che i miei figli divengono autocoscienti della certezza della presenza divina, una tale fede espanderà la loro mente, nobiliterà l’anima, fortificherà la personalità, accrescerà la felicità, aumenterà la percezione spirituale ed eleverà il potere di amare e di essere amati.

Insegnate a tutti i credenti che coloro che entrano nel regno non sono con ciò resi immuni dagli accidenti del tempo né dalle catastrofi ordinarie della natura. La credenza al Vangelo non impedirà di avere dei problemi, ma assicurerà che non avrete oaura quando le difficoltà vi assaliranno. Se osate credere in me e continuate a seguirmi con tutto il cuore, sarete certissimi che così facendo entrerete nel sentiero sicuro che porta alle difficoltà. Io non vi prometto di liberarvi dalle acque dell’avversità, ma prometto di attraversarle tutte con voi.

E Gesù insegnò molte altre cose a questo gruppo di credenti prima che si preparassero ad andare a dormire. E coloro che ascoltarono queste parole le custodirono nel loro cuore e le ripeterono spesso per l’edificazione degli apostoli e dei discepoli che non erano presenti quando furono pronunciate.

4. Il colloquio con Natanaele

Poi Gesù andò ad Abila, dove lavoravano Natanaele ed i suoi collaboratori. Natanaele era molto turbato da certe dichiarazioni di Gesù che sembravano ledere l’autorità delle Scritture ebraiche riconosciute. Di conseguenza quella sera, dopo il consueto periodo di domande e risposte, Natanaele condusse Gesù lontano dagli altri e chiese: “Maestro, hai abbastanza fiducia in me da farmi conoscere la verità sulle Scritture? Io osservo che tu c’insegni soltanto una parte degli scritti sacri - la migliore secondo me - e ne deduco che tu respingi gli insegnamenti dei rabbini riguardanti il fatto che le parole della legge sono le parole stesse di Dio, essendo state con Dio nel cielo ancora prima dei tempi di Abramo e di Mosè. Qual è la verità sulle Scritture?” Quando Gesù ebbe ascoltato la domanda del suo disorientato apostolo, rispose:

“Natanaele, tu hai giudicato bene; io non considero le Scritture alla stregua dei rabbini. Parlerò con te di questa materia a condizione che tu non riferisca queste cose ai tuoi fratelli, che non sono tutti preparati a ricevere questo insegnamento. Le parole della legge di Mosè e gli insegnamenti delle Scritture non esistevano prima di Abramo. Soltanto in tempi recenti le Scritture sono state riunite nella forma in cui le abbiamo ora. Sebbene esse contengano il meglio dei pensieri e delle aspirazioni più elevate del popolo ebreo, contengono anche molte cose che sono lontane dal rappresentare il carattere e gli insegnamenti del Padre che è nei cieli; per questo io devo scegliere tra i migliori insegnamenti quelle verità che sono da raggranellare per il Vangelo del Regno.

“Questi scritti sono opera di uomini, alcuni di essi sono uomini santi, altri non così santi. Gli insegnamenti di questi libri rappresentano il punto di vista e il grado d’illuminazione dei tempi in cui hanno avuto origine. Come rivelazione della verità, gli ultimi sono più attendibili dei primi. Le Scritture sono erronee ed interamente di origine umana, ma attenzione, esse costituiscono la migliore raccolta di saggezza religiosa e di verità spirituale che si possa trovare oggi in tutto il mondo.

“Molti di questi libri non sono stati scritti dalle persone di cui portano il nome, ma ciò non infirma in alcun modo il valore delle verità che contengono. Se la storia di Giona non fosse un fatto, ed anche se Giona non fosse mai vissuto, le profonde verità di questo racconto, l’amore di Dio per Ninive e per i cosiddetti pagani, non sarebbero meno preziosi agli occhi di tutti coloro che amano i loro simili. Le Scritture sono sacre perché presentano i pensieri e gli atti di uomini che cercavano Dio e che hanno lasciato in questi scritti la registrazione dei loro concetti più elevati della rettitudine, della verità e della santità. Le Scritture contengono molte, moltissime cose vere, ma alla luce del vostro attuale insegnamento voi sapete che questi scritti contengono anche molte cose che presentano in modo falsato il Padre che è nei cieli, il Dio amorevole che io sono venuto a rivelare a tutti i mondi.

“Natanaele, non permettere a te stesso per un solo istante di credere al racconto delle Scritture che dice che il Dio d’amore ordinò ai tuoi antenati di andare in battaglia per massacrare tutti i loro nemici - uomini, donne e bambini. Questi racconti sono parole di uomini, di uomini non proprio santi, e non sono la parola di Dio. Le Scritture hanno sempre riflettuto, e rifletteranno sempre, lo status intellettuale, morale e spirituale di coloro che le hanno create. Non hai notato che i concetti di Yahweh crescono in bellezza ed in gloria via via che le scritture dei profeti procedono da Samuele ad Isaia? E ti dovresti ricordare che le Scritture sono destinate all’istruzione religiosa e alla guida spirituale. Esse non sono opera di storici o di filosofi.

“La cosa più deplorevole non è soltanto questa idea errata della perfezione assoluta del contenuto delle Scritture e dell’infallibilità dei loro insegnamenti, ma piuttosto la confusione dovuta all’errata interpretazione di questi scritti sacri da parte degli Scribi e dei Farisei di Gerusalemme schiavi della tradizione. Ed ora essi utilizzeranno sia la dottrina dell’ispirazione delle Scritture che le loro false interpretazioni delle stesse nel loro sforzo risoluto di opporsi a questi nuovi insegnamenti del Vangelo del Regno. Natanaele, non dimenticare mai che il Padre non limita la rivelazione della verità ad una sola generazione o ad un solo popolo. Molti sinceri cercatori della verità sono stati, e continueranno ad essere, confusi e scoraggiati da queste dottrine della perfezione delle Scritture.

“L’autorità della verità è lo spirito stesso che impregna le sue manifestazioni viventi, e non le parole morte degli uomini meno illuminati e ritenuti ispirati di un’altra generazione. Ed anche se questi uomini santi di un tempo hanno vissuto delle vite ispirate e ripiene di spirito, ciò non significa che le loro parole siano altrettanto spiritualmente ispirate. Oggi noi non facciamo alcuna trascrizione degli insegnamenti di questo Vangelo del Regno per timore che, dopo la mia partenza, non vi dividiate rapidamente in vari gruppi che si contendono la verità a causa della diversità della vostra interpretazione dei miei insegnamenti. Per questa generazione è meglio che noi viviamo queste verità evitando di metterle per iscritto.

“Prendi bene nota delle mie parole, Natanaele; niente di ciò che la natura umana ha toccato può essere considerato infallibile. Attraverso la mente dell’uomo la verità divina può brillare veramente, ma sempre con una purezza relativa e una divinità parziale. La creatura può anelare all’infallibilità, ma solo i Creatori la posseggono.

“Ma il più grande errore dell’insegnamento sulle Scritture è la dottrina che le presenta come dei libri sigillati di mistero e di saggezza che soltanto le menti sapienti della nazione osano interpretare. Le rivelazioni della verità divina non sono sigillate che per l’ignoranza umana, la bigotteria e la gretta intolleranza. La luce delle Scritture è solo indebolita dal pregiudizio ed oscurata dalla superstizione. Una falsa paura della sacralità ha impedito alla religione di essere salvaguardata dal senso comune. La paura dell’autorità degli scritti sacri del passato impedisce efficacemente alle anime oneste di oggi di accettare la nuova luce del Vangelo, la luce che questi stessi uomini che conoscevano Dio di una generazione precedente desideravano così intensamente vedere.

“Ma l’aspetto peggiore di tutto ciò è il fatto che taluni insegnanti della santità di questo tradizionalismo conoscono questa stessa verità. Essi comprendono più o meno pienamente questi limiti delle Scritture, ma sono dei codardi morali, intellettualmente disonesti. Essi conoscono la verità riguardo agli scritti sacri, ma preferiscono nascondere al popolo tali fatti inquietanti. E così pervertono e distorcono le Scritture, facendone una guida per i dettagli servili della vita quotidiana ed un’autorità nelle cose non spirituali, invece di fare appello agli scritti sacri in quanto deposito della saggezza morale, dell’ispirazione religiosa e dell’insegnamento spirituale degli uomini che conoscevano Dio delle generazioni precedenti.”

Natanaele fu illuminato, e sconvolto, dalle dichiarazioni del Maestro. Egli meditò a lungo questo colloquio nel profondo della sua anima, ma non raccontò a nessuno di questo incontro fino a dopo l’ascensione di Gesù; ed anche allora egli ebbe timore di rivelare il racconto completo dell’istruzione del Maestro.

5. La natura positiva della religione di Gesù

A Filadelfia, dove stava lavorando Giacomo, Gesù istruì i discepoli sulla natura positiva del Vangelo del Regno. Quando nel corso delle sue osservazioni egli indicò che alcune parti delle Scritture contenevano più verità di altre e raccomandò ai suoi ascoltatori di nutrire la loro anima con il meglio del cibo spirituale, Giacomo interruppe il Maestro chiedendo: “Maestro, avresti la bontà di suggerirci come possiamo scegliere i passaggi migliori dalle Scritture per la nostra edificazione personale?” E Gesù rispose: “Sì, Giacomo, quando leggi le Scritture cerca quegli insegnamenti eternamente veri e divinamente belli, quali:

“Crea in me un cuore puro, o Signore.

“Il Signore è il mio pastore; non mancherò di nulla.

“Dovresti amare il prossimo tuo come te stesso.

“Perché io, il Signore Dio tuo, terrò la tua mano destra dicendo: non aver paura; io ti aiuterò.

“Né le nazioni impareranno più a fare la guerra.”

Ciò è indicativo della maniera in cui Gesù, giorno dopo giorno, si appropriava della crema delle Scritture ebraiche per istruire i suoi discepoli e per includerla negli insegnamenti del nuovo Vangelo del Regno. Altre religioni avevano sostenuto l’idea della vicinanza di Dio all’uomo, ma Gesù presentò l’attenzione di Dio per l’uomo come simile alla sollecitudine di un padre amorevole per il benessere dei suoi figli che dipendono da lui, e fece poi di questo insegnamento la pietra angolare della sua religione. E così la dottrina della paternità di Dio rese imperativa la pratica della fratellanza degli uomini. L’adorazione di Dio e il servizio degli uomini divennero la somma e la sostanza della sua religione. Gesù prese il meglio della religione ebraica e lo trasferì in una degna collocazione nei nuovi insegnamenti del Vangelo del Regno.

Gesù introdusse lo spirito d’azione positiva nelle dottrine passive della religione ebraica. In luogo di una sottomissione negativa alle esigenze cerimoniali, Gesù prescrisse di fare positivamente ciò che la sua nuova religione richiedeva a coloro che l’accettavano. La religione di Gesù non consisteva semplicemente nel credere, ma nel fare realmente quelle cose che il Vangelo richiedeva. Egli non insegnava che l’essenza della sua religione consisteva nel servizio sociale, ma piuttosto che il servizio sociale era uno degli effetti certi del possesso dello spirito della vera religione.

Gesù non esitò ad appropriarsi della metà migliore di una Scrittura ripudiando la parte meno importante. La sua grande esortazione: “Ama il prossimo tuo come te stesso”, la prese dalla Scrittura che dice: “Non ti vendicherai contro i figli del tuo popolo, ma amerai il prossimo tuo come te stesso.” Gesù si appropriò della parte positiva di questa Scrittura e rifiutò la parte negativa. Egli si oppose anche alla non resistenza negativa o puramente passiva. Egli disse: “Quando un nemico ti colpisce su una guancia, non restare zitto e passivo, ma con atteggiamento positivo porgigli l’altra; cioè, fai attivamente del tuo meglio per portare tuo fratello che è nell’errore dai cattivi sentieri nelle vie migliori del retto vivere.” Gesù chiese ai suoi discepoli di reagire positivamente e dinamicamente ad ogni situazione della vita. Il fatto di porgere l’altra guancia, o qualunque atto che può simboleggiarlo, richiede iniziativa, necessita di un’espressione vigorosa, attiva e coraggiosa della personalità del credente.

Gesù non sosteneva la pratica di una sottomissione negativa agli oltraggi di coloro che potevano cercare intenzionalmente di approfittare dei praticanti la non resistenza al male, ma piuttosto che i suoi discepoli fossero saggi e vigilanti nella reazione rapida e positiva del bene verso il male al fine di poter effettivamente trionfare sul male con il bene. Non dimenticate che il vero bene è invariabilmente più potente del male più cattivo. Il Maestro insegnò un modello positivo di rettitudine: “Chiunque desidera essere mio discepolo non si curi di se stesso ed assuma la piena misura delle sue responsabilità quotidiane per seguirmi.” E ne diede l’esempio egli stesso “andando in giro facendo del bene”. Questo aspetto del Vangelo fu bene illustrato da molte parabole che egli raccontò più tardi ai suoi discepoli. Egli non esortò mai i suoi discepoli a sopportare pazientemente i loro obblighi, ma piuttosto a vivere con energia ed entusiasmo la piena misura delle loro responsabilità umane e dei loro privilegi divini nel regno di Dio.

Quando Gesù insegnò ai suoi apostoli che offrissero anche la tunica se avessero ingiustamente tolto loro il mantello, non si riferiva tanto ad una letterale seconda veste, quanto all’idea di fare qualcosa di positivo per salvare il malfattore, invece del vecchio consiglio di rivalersi - “occhio per occhio” e così via. Gesù aborriva l’idea sia della rappresaglia che di divenire soltanto un sofferente passivo o una vittima dell’ingiustizia. In questa occasione egli insegnò loro le tre maniere di lottare contro il male e di resistergli:

1. Rendere il male per il male - il metodo positivo ma ingiusto.

2. Sopportare il male senza lamentarsi né resistere - il metodo puramente negativo.

3. Rendere il bene per il male, affermare la propria volontà in modo da dominare la situazione, da trionfare sul male con il bene - il metodo positivo e giusto.

Uno degli apostoli chiese una volta: “Maestro, che cosa dovrei fare se uno straniero mi obbligasse a portare il suo bagaglio per un miglio?” Gesù rispose: “Non sederti e non desiderare di riposarti mentre rimproveri sottovoce lo straniero. La rettitudine non scaturisce da questi atteggiamenti passivi. Se non riesci a pensare a nulla di più efficacemente positivo da fare, puoi almeno portare il bagaglio per un secondo miglio. Ciò metterà certamente in difficoltà lo straniero ingiusto ed empio.”

Gli Ebrei avevano sentito parlare di un Dio che avrebbe perdonato i peccatori che si pentono e cercato di dimenticare i loro misfatti, ma mai prima della venuta di Gesù gli uomini avevano sentito parlare di un Dio che andava alla ricerca delle pecore smarrite, che prendeva l’iniziativa di cercare i peccatori e che gioiva quando li trovava disposti a ritornare alla casa del Padre. Questa nota positiva della religione di Gesù si estendeva anche alle sue preghiere. Egli trasformò la regola d’oro negativa in un’esortazione positiva di equità umana.

In tutto il suo insegnamento Gesù eliminò immancabilmente i dettagli che distraevano. Rifuggì dal linguaggio fiorito ed evitò le immagini puramente poetiche del gioco di parole. Egli poneva generalmente grandi significati in piccole espressioni. A titolo esemplificativo, Gesù capovolse i significati correnti di molti termini quali sale, lievito, pesca e bambini. Egli impiegò molto efficacemente l’antitesi, paragonando il minuscolo all’infinito e così via. Le sue raffigurazioni erano sorprendenti, come “il cieco che conduce il cieco”. Ma la forza più grande che si trova nel suo insegnamento illustrativo era la sua naturalezza. Gesù portò la filosofia della religione dal cielo sulla terra. Delineò i bisogni elementari dell’anima da una nuova prospettiva e con una nuova donazione di affetto.

6. Il ritorno a Magadan

La missione di quattro settimane nella Decapoli ebbe un successo moderato. Centinaia di anime furono accolte nel regno, e gli apostoli e gli evangelisti acquisirono un’esperienza preziosa portando avanti la loro opera senza l’ispirazione della presenza personale immediata di Gesù.

Venerdì 16 settembre l’intero corpo di operatori si riunì al Parco di Magadan come precedentemente convenuto. Nel giorno di sabato ci fu un consiglio di più di cento credenti in cui furono studiati a fondo i piani futuri per estendere l’opera del regno. I messaggeri di Davide erano presenti e fecero dei rapporti sulla situazione dei credenti in Giudea, in Samaria, in Galilea e nei distretti limitrofi.

In quest’epoca pochi discepoli di Gesù apprezzavano pienamente il grande valore dei servizi del corpo dei messaggeri. I messaggeri non solo mantenevano i credenti di tutta la Palestina in contatto l’uno con l’altro e con Gesù e gli apostoli, ma durante questi giorni difficili servivano anche da raccoglitori di fondi, non solo per il sostentamento di Gesù e dei suoi collaboratori, ma anche per il supporto delle famiglie dei dodici apostoli e dei dodici evangelisti.

In questo periodo Abner spostò la sua base d’operazioni da Hebron a Betlemme, e quest’ultimo luogo era anche il quartier generale in Giudea per i messaggeri di Davide. Davide manteneva un servizio di collegamento notturno di messaggeri tra Gerusalemme e Betsaida. Questi corrieri partivano da Gerusalemme ogni sera, dandosi il cambio a Sicar e a Scitopoli, e arrivavano a Betsaida il mattino successivo all’ora di colazione.

Gesù e i suoi collaboratori si prepararono ora a prendersi una settimana di riposo prima di affrontare l’ultima fase della loro opera a favore del regno. Questo fu il loro ultimo periodo di riposo, poiché la missione in Perea divenne una campagna di predicazione e d’insegnamento che si estese fino al momento del loro arrivo a Gerusalemme e dell’attuazione degli episodi finali dell’incarico terrena di Gesù.

7. Alla festa dei Tabernacoli

QUANDO Gesù partì per Gerusalemme con i dieci apostoli, decise di passare per la Samaria, essendo quella la via più breve. Di conseguenza essi seguirono la riva orientale del lago e, per la via di Scitopoli, entrarono in Samaria. Al calar della notte Gesù mandò Filippo e Matteo in un villaggio situato sul versante orientale del Monte Gelboe per trovare un alloggio per il gruppo. Si dava il caso che gli abitanti di questo villaggio avessero forti pregiudizi contro gli Ebrei, ancora più forti della media dei Samaritani, e questi sentimenti erano esacerbati in questo particolare momento in cui molte persone si stavano recando alla festa dei Tabernacoli. Questa gente sapeva molto poco di Gesù, e rifiutò di alloggiarlo perché lui e i suoi compagni erano Ebrei. Quando Matteo e Filippo manifestarono la loro indignazione ed informarono questi Samaritani che stavano rifiutando l’ospitalità al Santo d’Israele, gli abitanti del villaggio infuriati li cacciarono fuori della piccola città con bastoni e pietre.

Dopo che Filippo e Matteo furono tornati dai loro compagni ed ebbero raccontato come erano stati cacciati dal villaggio, Giacomo e Giovanni andarono da Gesù e dissero: “Maestro, ti preghiamo di permetterci d’invitare il fuoco a scendere dal cielo per divorare questi insolenti ed impenitenti Samaritani.” Ma quando Gesù udì queste parole di vendetta, si rivolse verso i figli di Zebedeo e li rimproverò severamente: “Voi non conoscete quale genere di comportamento manifestate. La vendetta non è prevista nel regno dei cieli. Piuttosto che contestare, andiamo fino al piccolo villaggio vicino al guado del Giordano.” Così, a causa del loro pregiudizio settario, questi Samaritani si privarono dell’onore di dare ospitalità al Figlio Creatore dell’ Universo.

Gesù e i dieci si fermarono per la notte nel villaggio vicino, presso il guado del Giordano. L’indomani mattina presto essi attraversarono il fiume e proseguirono verso Gerusalemme per la grande strada della riva orientale del Giordano, arrivando a Betania mercoledì sera tardi. Tommaso e Natanaele arrivarono venerdì, essendo stati attardati dai loro incontri con Rodano.

Gesù e i dodici rimasero nelle vicinanze di Gerusalemme sino alla fine del mese seguente (ottobre), circa quattro settimane e mezzo. Gesù stesso entrò in città soltanto poche volte, e queste brevi visite furono fatte durante i giorni della festa dei Tabernacoli. Egli passò gran parte del mese di ottobre a Betlemme con Abner e i suoi collaboratori.

8. I pericoli della visita a Gerusalemme

Molto prima che fuggissero dalla Galilea, i discepoli di Gesù l’avevano supplicato di andare a Gerusalemme a proclamare il Vangelo del Regno, affinché il suo messaggio potesse avere il prestigio di essere stato predicato nel centro della cultura e del sapere ebraici; ma ora che egli era effettivamente venuto ad insegnare a Gerusalemme essi temevano per la sua vita. Sapendo che il Sinedrio aveva cercato di portare Gesù a Gerusalemme per giudicarlo, e ricordando le dichiarazioni recentemente ribadite dal Maestro che egli doveva essere messo a morte, gli apostoli erano rimasti letteralmente stupiti dalla sua improvvisa decisione di assistere alla festa dei Tabernacoli. A tutte le loro precedenti sollecitazioni di andare a Gerusalemme egli aveva risposto: “L’ora non è ancora giunta.” Ora, davanti alle loro timorose proteste, si limitò a rispondere: “Ma l’ora è giunta.”

Durante la festa dei Tabernacoli Gesù entrò coraggiosamente a Gerusalemme in parecchie occasioni ed insegnò pubblicamente nel tempio. Egli fece questo nonostante gli sforzi dei suoi apostoli per dissuaderlo. Sebbene essi l’avessero spinto a lungo a proclamare il suo messaggio a Gerusalemme, temevano ora di vederlo entrare in città in questo momento, sapendo benissimo che gli Scribi e i Farisei erano intenzionati a metterlo a morte.

L’audace apparizione di Gesù a Gerusalemme confuse più che mai i suoi seguaci. Molti dei suoi discepoli, ed anche Giuda Iscariota, l’apostolo, avevano osato pensare che Gesù era fuggito precipitosamente in Fenicia per paura dei dirigenti ebrei e di Erode Antipa. Essi non riuscivano a comprendere il significato degli spostamenti del Maestro. La sua presenza a Gerusalemme alla festa dei Tabernacoli, anche contro il parere contrario dei suoi discepoli, bastò a porre fine per sempre a tutte le maldicenze sulla sua paura e la sua codardia.

Durante la festa dei Tabernacoli migliaia di credenti venuti da ogni parte dell’Impero Romano videro Gesù, l’ascoltarono insegnare, e molti andarono anche a Betania per conferire con lui riguardo al progresso del regno nei distretti in cui abitavano.

C’erano molte ragioni per le quali Gesù poté predicare pubblicamente nei cortili del tempio durante i giorni della festa, e la principale di queste era la paura che aveva assalito gli ufficiali del Sinedrio a seguito della segreta divisione di sentimenti tra le loro stesse fila. Era un fatto che molti membri del Sinedrio credevano tacitamente in Gesù o erano fermamente contrari ad arrestarlo durante la festa, quando un così gran numero di persone era presente a Gerusalemme, molte delle quali credevano in lui o quantomeno simpatizzavano con il movimento spirituale che egli sosteneva.

Gli sforzi di Abner e dei suoi collaboratori in tutta la Giudea avevano anch’essi contribuito molto a consolidare un sentimento favorevole al regno, al punto che i nemici di Gesù non osavano manifestare troppo apertamente la loro opposizione. Questa fu una delle ragioni per le quali Gesù poté frequentare pubblicamente Gerusalemme ed uscirne vivo. Uno o due mesi prima egli sarebbe stato certamente messo a morte.

Ma l’intrepido coraggio di Gesù di apparire in pubblico a Gerusalemme intimidì i suoi nemici; essi non erano preparati ad una sfida così audace. Parecchie volte durante questo mese il Sinedrio fece dei deboli tentativi di fare arrestare il Maestro, ma questi sforzi non approdarono a nulla. I suoi nemici furono talmente sconcertati dall’inattesa apparizione pubblica di Gesù a Gerusalemme che supposero gli dovesse essere stata promessa protezione dalle autorità romane. Sapendo che Filippo (il fratello di Erode Antipa) era quasi un seguace di Gesù, i membri del Sinedrio immaginarono che Filippo avesse ottenuto per Gesù delle promesse di protezione contro i suoi nemici. Gesù era partito dalla loro giurisdizione prima che essi si fossero resi conto che si erano sbagliati nel credere che la sua improvvisa e audace apparizione a Gerusalemme fosse dovuta ad un accordo segreto con gli ufficiali romani.

Solo i dodici apostoli avevano saputo che Gesù intendeva assistere alla festa dei Tabernacoli quando erano partiti da Magadan. Gli altri discepoli del Maestro furono grandemente meravigliati quando egli apparve nei cortili del tempio e cominciò ad insegnare pubblicamente; e le autorità ebraiche furono sorprese oltre ogni dire quando seppero che egli stava insegnando nel tempio.

Benché i suoi discepoli non si aspettassero che Gesù assistesse alla festa, la grande maggioranza dei pellegrini provenienti da lontano, che avevano sentito parlare di lui, speravano di poterlo vedere a Gerusalemme. Ed essi non furono delusi, perché in parecchie occasioni egli insegnò sotto il Portico di Salomone e altrove nei cortili del tempio. Questi insegnamenti furono veramente la proclamazione ufficiale e formale della divinità di Gesù al popolo ebreo e al mondo intero.

La moltitudine che ascoltava gli insegnamenti del Maestro era divisa nelle sue opinioni. Alcuni dicevano che egli era un brav’uomo; alcuni un profeta; alcuni che era veramente il Messia; altri dicevano che era uno scaltro intrigante, che stava sviando il popolo con le sue strane dottrine. I suoi nemici esitavano ad accusarlo apertamente per timore dei suoi partigiani, mentre i suoi amici temevano di riconoscerlo apertamente per paura dei dirigenti ebrei, sapendo che il Sinedrio era determinato a metterlo a morte. Ma anche i suoi nemici si meravigliavano del suo insegnamento, sapendo che egli non era stato istruito nelle scuole dei rabbini.

Ogni volta che Gesù andava a Gerusalemme i suoi apostoli erano pieni di terrore. Giorno dopo giorno essi erano più spaventati nell’ascoltare le sue dichiarazioni sempre più audaci sulla natura della sua missione sulla terra. Essi non erano abituati a sentire Gesù fare delle rivendicazioni così perentorie e delle affermazioni così sorprendenti, nemmeno quando predicava tra i suoi amici.

9. La prima discussione al tempio

Il primo pomeriggio in cui Gesù insegnò nel tempio, una folla considerevole era seduta ad ascoltare le sue parole che descrivevano la libertà del nuovo Vangelo e la gioia di coloro che credono alla buona novella, quando un ascoltatore curioso l’interruppe per chiedere: “Maestro, com’è che tu puoi citare le Scritture ed istruire il popolo in modo così fluente quando mi si dice che non sei stato istruito nella cultura dei rabbini?” Gesù rispose: “Nessun uomo mi ha insegnato le verità che vi proclamo. Questo insegnamento non è mio ma di Colui che mi ha mandato. Se un uomo desidera realmente fare la volontà di mio Padre, saprà certamente se il mio insegnamento viene da Dio o se io parlo per me stesso. Colui che parla per se stesso cerca la propria gloria, ma quando io proclamo le parole del Padre cerco la gloria di Colui che mi ha mandato. Ma prima di cercare di entrare nella nuova luce non dovreste piuttosto seguire la luce che avete già? Mosè vi ha dato la legge, e tuttavia quanti di voi cercano onestamente di soddisfare le sue esigenze? In questa legge Mosè v’ingiunge: ‘Tu non ucciderai’; nonostante questo comandamento alcuni di voi cercano di uccidere il Figlio dell’Uomo.”

Quando i presenti udirono queste parole si misero a litigare tra di loro. Alcuni dicevano che era pazzo, altri che era posseduto da un demone. Altri dicevano che era in verità il profeta della Galilea che gli Scribi e i Farisei avevano cercato a lungo di uccidere. Alcuni dicevano che le autorità religiose avevano paura di molestarlo, altri pensavano che essi non avevano messo le mani su di lui perché erano divenuti credenti in lui. Dopo una prolungata discussione, uno della folla si fece avanti e chiese a Gesù: “Perché i capi cercano di ucciderti?” Ed egli rispose: “I capi cercano di uccidermi perché sono irritati per il mio insegnamento sulla buona novella del regno, un Vangelo che libera gli uomini dalle pesanti tradizioni di una religione formale di cerimonie che questi insegnanti sono determinati a mantenere ad ogni costo. Essi circoncidono conformemente alla legge nel giorno di sabato, ma vorrebbero uccidermi perché una volta nel giorno di sabato ho liberato un uomo dalla schiavitù di un’afflizione. Essi mi seguono di sabato per spiarmi, ma vorrebbero uccidermi perché in un’altra occasione ho deciso di guarire completamente un uomo gravemente ammalato in un giorno di sabato. Essi cercano di uccidermi perché sanno bene che, se voi credete onestamente al mio insegnamento ed osate accettarlo, il loro sistema di religione tradizionale sarà rovesciato, distrutto per sempre. Così essi saranno privati dell’autorità su ciò cui hanno consacrato la loro vita, dal momento che hanno fermamente rifiutato di accettare questo nuovo e più glorioso Vangelo del Regno di Dio. Ed ora faccio appello a ciascuno di voi: non giudicate dalle apparenze esteriori, ma giudicate piuttosto secondo il vero spirito di questi insegnamenti; giudicate con rettitudine.”

Allora un altro investigatore disse: “Sì, Maestro, Noi cerchiamo il Messia, ma quando verrà sappiamo che la sua apparizione avverrà nel mistero. Noi sappiamo da dove vieni tu. Tu sei stato tra i nostri fratelli fin dall’inizio. Il liberatore verrà in potenza a ristabilire il trono del regno di Davide. Pretendi tu realmente di essere il Messia?” E Gesù rispose: “Tu pretendi di conoscermi e di sapere da dove vengo. Io vorrei che le tue supposizioni fossero esatte, perché in verità troveresti allora una vita abbondante in questa conoscenza. Ma io dichiaro che non sono venuto a voi da me stesso; io sono stato mandato dal Padre, e colui che mi ha mandato è sincero e fedele. Rifiutando di ascoltare me, voi rifiutate di ricevere colui che mi manda. Se voi accetterete questo Vangelo, conoscerete colui che mi manda. Io conosco il Padre, perché sono venuto dal Padre per proclamarlo e rivelarlo a voi.”

Gli agenti degli Scribi volevano mettere le mani su di lui, ma temevano la folla, perché molti credevano in lui. L’opera di Gesù dopo il suo battesimo era divenuta molto conosciuta in tutto il mondo ebraico, e quando molti di costoro parlavano di queste cose, si dicevano tra di loro: “Anche se questo istruttore viene dalla Galilea, e anche se non risponde a tutte le nostre attese riguardo al Messia, ci chiediamo se il liberatore, alla sua venuta, farà realmente qualcosa di più stupefacente di quello che questo Gesù di Nazaret ha già fatto.”

Quando i Farisei e i loro agenti udirono la gente parlare in questo modo, si consultarono con i loro capi e decisero che bisognava fare immediatamente qualcosa per porre fine a queste apparizioni pubbliche di Gesù nei cortili del tempio. In generale, i capi degli Ebrei erano disposti ad evitare un conflitto aperto con Gesù, credendo che le autorità romane gli avessero promesso l’immunità. Essi non trovavano altra spiegazione alla sua audacia di venire in questo momento a Gerusalemme; ma i dirigenti del Sinedrio non credevano del tutto a queste voci. Essi ragionarono che i capi romani non avrebbero fatto una cosa simile in segreto e all’insaputa delle più alte autorità governative della nazione ebraica.

Di conseguenza Eber, l’ufficiale incaricato dal Sinedrio, fu mandato con due assistenti ad arrestare Gesù. Mentre Eber si apriva un varco verso Gesù, il Maestro disse: “Non temere di avvicinarti. Vieni vicino ad ascoltare il mio insegnamento. Io so che sei stato mandato a catturarmi, ma dovresti comprendere che non accadrà nulla al Figlio dell’Uomo fino a che non sia giunta la sua ora. Tu non sei contro di me; vieni solo ad eseguire l’ordine dei tuoi padroni, ed anche questi capi degli Ebrei credono veramente di servire Dio quando cercano in segreto di distruggermi.

“Io non porto rancore a nessuno di voi. Il Padre vi ama, e per questo io desidero la vostra liberazione dalla schiavitù del pregiudizio e dalle tenebre della tradizione. Io vi offro la libertà della vita e la gioia della salvezza. Io proclamo la via nuova e vivente, la liberazione dal male e la rottura della schiavitù del peccato. Io sono venuto perché possiate avere la vita, ed averla per l’eternità. Voi cercate di sbarazzarvi di me e dei miei insegnamenti inquietanti. Se solo poteste comprendere che io resterò ancora per poco con voi! Tra poco io ritornerò da colui che mi ha mandato in questo mondo. Ed allora molti di voi mi cercheranno assiduamente, ma non scoprirete la mia presenza, perché voi non potete venire dove io sto per andare. Ma tutti coloro che cercheranno sinceramente di trovarmi raggiungeranno un giorno la vita che conduce alla presenza di mio Padre.”

Alcuni dei dileggiatori dissero tra loro: “Dove andrà quest’uomo perché non possiamo trovarlo? Andrà a vivere tra i Greci? Si suiciderà? Che cosa può voler dire quando dichiara che presto ci lascerà e che noi non possiamo andare dove va lui?”

Eber e i suoi assistenti si rifiutarono di arrestare Gesù; essi ritornarono al loro luogo d’incontro senza di lui. Quando, perciò, i capi dei sacerdoti e i Farisei rimproverarono Eber e i suoi assistenti perché non avevano condotto Gesù con loro, Eber rispose soltanto: “Abbiamo avuto paura di arrestarlo in mezzo alla folla perché molti credono in lui. Inoltre, non abbiamo mai sentito nessuno parlare come quest’uomo. C’è qualcosa di fuori del comune in questo maestro. Fareste tutti bene ad andare ad ascoltarlo.” Quando i principali dirigenti udirono queste parole, rimasero stupiti e dissero sarcasticamente ad Eber: “Ti sei sviato anche tu? Sei sul punto di credere a questo imbroglione? Hai inteso dire che qualcuno dei nostri eruditi o dei nostri dirigenti abbia creduto in lui? Qualcuno degli Scribi o dei Farisei è stato ingannato dai suoi abili insegnamenti? Come mai sei influenzato dalla condotta di questa moltitudine ignorante che non conosce né la legge né i profeti? Non sai che questa gente ignorante è maledetta?” Ed allora Eber rispose: “D’accordo, signori miei, ma quest’uomo rivolge alla moltitudine parole di misericordia e di speranza. Egli dà coraggio a chi è abbattuto e le sue parole sono state di conforto anche per le nostre anime. Che cosa può esserci di cattivo in questi insegnamenti anche se egli può non essere il Messia delle Scritture? Ed anche allora, la nostra legge non esige equità? Condanniamo un uomo prima di ascoltarlo?” Il capo del Sinedrio si arrabbiò con Eber e rivolgendosi a lui disse: “Sei diventato matto? Vieni anche tu per caso dalla Galilea? Esamina le Scritture e scoprirai che dalla Galilea non proviene alcun profeta e tanto meno il Messia.”

Il Sinedrio si sciolse nella confusione e Gesù si ritirò a Betania per la notte.

10. La donna sorpresa in adulterio

Fu durante questa visita a Gerusalemme che Gesù si occupò di una certa donna di cattiva reputazione che fu condotta in sua presenza dai suoi accusatori e dai nemici del Maestro. Il racconto alterato che voi avete di questo episodio lascia intendere che questa donna fu condotta davanti a Gesù dagli Scribi e dai Farisei, e che Gesù li trattò in maniera da indicare che questi capi religiosi degli Ebrei potessero essere stati essi stessi colpevoli d’immoralità. Gesù sapeva bene che, pur essendo questi Scribi e Farisei spiritualmente ciechi ed intellettualmente pieni di pregiudizi per la loro fedeltà alla tradizione, erano da considerare tra gli uomini più completamente morali di quel tempo e di quella generazione.

Ciò che avvenne realmente fu questo. Il mattino presto del terzo giorno della festa, mentre Gesù si avvicinava al tempio, incrociò un gruppo di agenti prezzolati del Sinedrio che stava trascinando con sé una donna. Quando furono vicini, il loro portavoce disse: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in adulterio - in flagrante delitto. Ora, la legge di Mosè ordina di lapidare una tale donna. Che cosa dici che si dovrebbe fare di lei?”

Il piano dei nemici di Gesù era, se egli avallava la legge di Mosè che richiedeva che il trasgressore confesso fosse lapidato, di metterlo in difficoltà con i capi romani, i quali avevano negato agli Ebrei il diritto d’infliggere la pena di morte senza l’approvazione di un tribunale romano. Se egli proibiva di lapidare la donna, essi l’avrebbero accusato davanti al Sinedrio di porsi al di sopra di Mosè e della legge ebraica. Se stava zitto, l’avrebbero accusato di codardia. Ma il Maestro prese in mano la situazione in modo tale che l’intero complotto crollò sotto il suo stesso sordido peso.

Questa donna, un tempo avvenente, era la moglie di un cittadino di Nazaret di ceto inferiore, un uomo che aveva creato fastidi a Gesù per tutta la sua giovinezza. L’uomo, che aveva sposato questa donna, l’indusse molto vergognosamente a guadagnarsi da vivere facendo commercio del proprio corpo. Egli era venuto alla festa a Gerusalemme perché sua moglie potesse così prostituire le sue grazie fisiche per un profitto finanziario. Aveva fatto un accordo con i mercenari dei dirigenti ebrei in modo da tradire la sua stessa moglie nel commercio del suo vizio. E così essi venivano con la donna ed il suo complice nella trasgressione per intrappolare Gesù con qualche affermazione che avesse potuto essere usata contro di lui in caso di suo arresto.

Gesù, gettando uno sguardo sopra la folla, vide il marito di lei che stava dietro agli altri. Egli sapeva quale genere d’uomo egli fosse e percepì che era coinvolto in questa deprecabile transazione. Gesù prima camminò intorno al gruppo per avvicinarsi a dove stava questo marito degenere e scrisse sulla sabbia alcune parole che lo fecero andar via precipitosamente. Poi ritornò davanti alla donna e scrisse di nuovo sul terreno un messaggio destinato ai suoi presunti accusatori; e quando essi ebbero letto le sue parole, se ne andarono anche loro ad uno ad uno. E dopo che il Maestro ebbe scritto sulla sabbia per la terza volta, il complice della donna nel peccato si allontanò a sua volta, cosicché, quando il Maestro si alzò dopo aver finito di scrivere, vide che solo la donna stava davanti a lui. Gesù disse: “Donna, dove sono i tuoi accusatori? Non è rimasto nessuno per lapidarti?” E la donna, alzando gli occhi, rispose: “Nessuno Signore.” Allora Gesù disse: “Conosco il tuo caso; nemmeno io ti condanno. Va in pace per la tua strada.” E questa donna, Hildana, si unì così ai discepoli del regno.

11. La festa dei Tabernacoli

La presenza di persone provenienti da tutto il mondo conosciuto, dalla Spagna all’India, faceva della festa dei Tabernacoli un’occasione ideale per Gesù di proclamare pubblicamente per la prima volta a Gerusalemme tutto il suo Vangelo. Durante questa festa la gente viveva molto all’aria aperta, in capanne coperte di foglie. Questa era la festa del raccolto delle messi, e cadendo nei mesi freschi d’autunno, era generalmente più frequentata dagli Ebrei del mondo di quanto lo fosse la Pasqua alla fine dell’inverno o la Pentecoste all’inizio dell’estate. Gli apostoli vedevano finalmente il loro Maestro annunciare apertamente la sua missione sulla terra, per così dire, davanti al mondo intero.

Questa era la festa delle feste, perché ogni sacrificio non fatto nelle altre festività poteva essere fatto in questo momento. Questa era l’occasione in cui si ricevevano le offerte al tempio; era una combinazione di piacevoli vacanze e di riti solenni del culto religioso. Era un periodo di gioia razziale, mescolata a sacrifici, a canti levitici ed ai solenni squilli delle trombe d’argento dei sacerdoti. Alla sera l’impressionante spettacolo del tempio e delle sue folle di pellegrini era stupendamente illuminato dai grandi candelabri che ardevano luminosi nel cortile delle donne, come pure dal bagliore di decine di torce poste nei cortili del tempio. Tutta la città era gaiamente decorata, eccetto il castello romano di Antonia, che dominava con sinistro contrasto questa scena di festa e di culto. E quanto odiavano gli Ebrei questa reminiscenza sempre presente del giogo romano!

Durante la festa venivano sacrificati settanta buoi, simbolo delle settanta nazioni del mondo pagano. La cerimonia del versamento dell’acqua simbolizzava l’effusione dello spirito divino. Questa cerimonia dell’acqua seguiva la processione al sorgere del sole dei sacerdoti e dei Leviti. I fedeli scendevano i gradini che portavano dal cortile d’Israele al cortile delle donne al suono degli squilli delle trombe d’argento. E poi i fedeli andavano verso la magnifica porta che si apriva sul cortile dei Gentili. Qui essi si giravano per rivolgersi verso ovest, per ripetere i loro canti, e per continuare la loro marcia verso l’acqua simbolica.

L’ultimo giorno della festa officiavano circa quattrocentocinquanta sacerdoti con un numero corrispondente di Leviti. Al sorgere del giorno i pellegrini affluivano da tutte le parti della città, portando ciascuno nella mano destra un fascio di mirto, di rami di salice e di palma, mentre nella mano sinistra ognuno portava un ramo di melo del paradiso - il cedro o “frutto proibito”. Questi pellegrini si dividevano in tre gruppi per questa cerimonia di primo mattino. Una parte rimaneva al tempio per assistere ai sacrifici del mattino, un altro gruppo scendeva da Gerusalemme alla vicina Maza per tagliare i rami di salice destinati ad ornare l’altare sacrificale, mentre il terzo gruppo formava una processione che marciava dal tempio dietro il sacerdote preposto all’acqua, il quale, al suono delle trombe d’argento, portava il vaso d’oro destinato a contenere l’acqua simbolica, passando per Ofel fino a Siloe, dove si trovava il portale della sorgente. Dopo che il vaso d’oro era stato riempito nella piscina di Siloe, la processione ritornava al tempio entrando dal portale dell’acqua e andando direttamente nel cortile dei sacerdoti, dove il sacerdote che portava il vaso d’acqua era raggiunto dal sacerdote che portava il vino per l’offerta della bevanda. Questi due sacerdoti andavano poi agli imbuti d’argento che conducevano alla base dell’altare e vi versavano il contenuto dei vasi. L’esecuzione di questo rito di versamento del vino e dell’acqua era il segnale per i pellegrini riuniti d’iniziare a cantare i Salmi dal 113 al 118 compreso, alternandosi con i Leviti. E mentre recitavano questi versi essi facevano ondeggiare i loro fasci verso l’altare. Poi seguivano i sacrifici del giorno, collaboratori alla ripetizione del Salmo del giorno; il Salmo dell’ultimo giorno della festa era l’ottantadue, a partire dal quinto versetto.

12. Il discorso sulla luce del mondo

La sera del penultimo giorno della festa, mentre la scena era splendidamente illuminata dalle luci dei candelabri e delle torce, Gesù si alzò in mezzo alla folla riunita e disse:

“Io sono la luce del mondo. Chiunque mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita. Pretendendo di portarmi in giudizio e di assumere il ruolo di miei giudici, voi dichiarate che, se io porto testimonianza per me stesso, la mia testimonianza non può essere valida. Ma la creatura non può mai giudicare il Creatore. Anche se io testimonio per me stesso, la mia testimonianza è eternamente vera, perché io so da dove sono venuto, chi sono e dove vado. Voi che vorreste uccidere il Figlio dell’Uomo non sapete da dove sono venuto, chi sono o dove vado. Voi giudicate soltanto dalle apparenze della carne; non percepite le realtà dello spirito. Io non giudico nessuno, nemmeno il mio acerrimo nemico. Ma se scegliessi di giudicare, il mio giudizio sarebbe giusto e retto, perché non giudicherei da solo, ma in associazione con mio Padre, che mi ha mandato nel mondo e che è la fonte di ogni vero giudizio. Voi stessi ammettete che la testimonianza di due persone degne di fiducia può essere accettata - bene, allora io testimonio queste verità; e così fa anche mio Padre che è nei cieli. Quando vi ho detto questo ieri, nella vostra ignoranza mi avete chiesto: ‘Dov’è tuo Padre?’ In verità voi non conoscete né me né mio Padre, perché se aveste conosciuto me, avreste conosciuto anche il Padre.

“Io vi ho già detto che me ne sto andando, e che voi mi cercherete e non mi troverete, perché dove sto andando io voi non potete venire. Voi che vorreste respingere questa luce venite dal basso; io vengo dall’alto. Voi che preferite rimanere nelle tenebre siete di questo mondo; io non sono di questo mondo, e vivo nella luce eterna del Padre delle luci. Voi tutti avete avuto abbondanti opportunità per apprendere chi io sia, ed avrete ancora altre prove a conferma dell’identità del Figlio dell’Uomo. Io sono la luce della vita, e chiunque respinge deliberatamente e coscientemente questa luce salvifica morirà nei suoi peccati. Io vi ho detto molte cose, ma voi siete incapaci di ricevere le mie parole. Tuttavia, colui che mi ha mandato è vero e fedele; mio Padre ama anche i suoi figli sviati. E tutto ciò che mio Padre ha detto anch’io lo proclamo al mondo.

“Quando il Figlio dell’Uomo sarà elevato, allora saprete tutti che io sono lui, e che non ho fatto niente da me stesso, ma solo come il Padre mi ha insegnato. Io rivolgo queste parole a voi e ai vostri figli. E colui che mi ha mandato è anche ora presso di me; egli non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre ciò che piace ai suoi occhi.”

Mentre Gesù insegnava ciò ai pellegrini nei cortili del tempio, molti credettero. E nessuno osò mettere le mani su di lui.

13. Il discorso sull’acqua della vita

L’ultimo giorno, il grande giorno della festa, mentre la processione proveniente dalla piscina di Siloe passava attraverso i cortili del tempio, e subito dopo che l’acqua e il vino erano stati versati sull’altare dai sacerdoti, Gesù, alzatosi in piedi tra i pellegrini, disse: “Se qualcuno ha sete, che venga a me e beva. Dal Padre Celeste io porto a questo mondo l’acqua della vita. Chiunque crede in me sarà ricolmo dello spirito che quest’acqua rappresenta, perché anche le Scritture hanno detto: ‘Da lui scorreranno fiumi d’acqua vivente.’ Quando il Figlio dell’Uomo avrà terminato la sua opera sulla terra, sarà sparso su tutta la carne lo Spirito della Verità vivente. Coloro che riceveranno questo spirito non conosceranno mai la sete spirituale.”

Gesù non interruppe il servizio per pronunciare queste parole. Egli parlò ai fedeli subito dopo il canto dell’Hallel, il ritornello dei Salmi accompagnato dall’ondeggiare dei rami davanti all’altare. A questo punto c’era una pausa mentre venivano preparati i sacrifici, e fu in questo momento che i pellegrini udirono la voce affascinante del Maestro proclamare che egli era il donatore dell’acqua vivente a tutte le anime assetate di spirito.

Alla fine di questo servizio di primo mattino, Gesù continuò ad istruire la moltitudine dicendo: “Non avete letto nella Scrittura: ‘Ecco, come le acque vengono versate sul terreno arido e sparse sul suolo riarso, così io donerò lo spirito di santità perché sia sparso sui vostri figli per la benedizione anche dei figli dei vostri figli’? Perché siete assetati del ministero dello spirito mentre cercate di abbeverare le vostre anime con le tradizioni degli uomini, sgorgate dalle brocche rotte del servizio cerimoniale? Ciò che vedete accadere in questo tempio è il modo in cui i vostri padri cercarono di simbolizzare il conferimento dello spirito divino ai figli della fede, e voi avete fatto bene a perpetuare questi simboli, almeno fino a questo giorno. Ma ora è giunta a questa generazione la rivelazione del Padre degli spiriti tramite il conferimento di suo Figlio, e tutto ciò sarà certamente seguito dal conferimento dello spirito del Padre e del Figlio ai figli degli uomini. Per chiunque ha fede questo conferimento dello spirito diverrà il vero maestro del cammino che conduce alla vita eterna, alle vere acque della vita nel regno dei cieli sulla terra e nel Paradiso del Padre nell’aldilà.”

E Gesù continuò a rispondere alle domande della folla e dei Farisei. Alcuni pensavano che fosse un profeta; alcuni credevano che fosse il Messia; altri dicevano che non poteva essere il Cristo poiché egli veniva dalla Galilea, ed il Messia doveva ristabilire il trono di Davide. Essi non osavano ancora arrestarlo.

14. Il discorso sulla libertà spirituale

Il pomeriggio dell’ultimo giorno della festa, e dopo che gli apostoli avevano fallito nei loro sforzi per persuaderlo a fuggire da Gerusalemme, Gesù andò nuovamente nel tempio ad insegnare. Trovando un gruppo numeroso di credenti riuniti nel Portico di Salomone, egli parlò loro dicendo:

“Se le mie parole dimorano in voi e se siete disposti a fare la volontà di mio Padre, allora siete veramente miei discepoli. Voi conoscerete la verità, e la verità vi renderà liberi. Io so come mi risponderete: noi siamo i figli di Abramo e non siamo schiavi di nessuno; come saremo dunque resi liberi? Ma io non parlo di sottomissione esteriore al dominio di un altro, mi riferisco alle libertà dell’anima. In verità, in verità vi dico, chiunque commette peccato è un servo del peccato. E voi sapete che il servo non è destinato a rimanere per sempre nella casa del padrone. Voi sapete anche che il figlio rimane nella casa del padre. Se dunque il Figlio vi renderà liberi, vi farà figli, sarete veramente liberi.

“Io so che voi siete il seme di Abramo, eppure i vostri capi cercano di uccidermi perché non hanno permesso alla mia parola di esercitare la sua influenza trasformatrice nel loro cuore. La loro anima è sigillata dal pregiudizio ed accecata dall’orgoglio di vendetta. Io vi proclamo la verità che il Padre eterno mi mostra, mentre questi educatori illusi cercano di fare le cose che hanno imparato solo dai loro padri terreni. E quando voi rispondete che Abramo è vostro padre, allora io vi dico che se foste i figli di Abramo compireste le opere di Abramo. Alcuni di voi credono al mio insegnamento, ma altri cercano di distruggermi perché vi ho detto la verità che ho ricevuto da Dio. Ma Abramo non ha trattato così la verità di Dio. Io percepisco che alcuni tra voi sono determinati a compiere le opere del maligno. Se Dio fosse vostro Padre, voi mi riconoscereste ed amereste la verità che io rivelo. Non vedete che io vengo dal Padre, che sono mandato da Dio, che non sto facendo questo lavoro da me stesso? Perché non comprendete le mie parole? E perché avete scelto di divenire i figli del male? Se siete i figli delle tenebre difficilmente camminerete nella luce della verità che io rivelo. I figli del male seguono solo le vie del loro padre, che era un imbroglione e non sostenne la verità, perché non c’era alcuna verità in lui. Ma ora viene il Figlio dell’Uomo che parla e vive la verità, e molti di voi rifiutano di credere.

“Chi di voi mi convince di peccato? Se io dunque proclamo e vivo la verità mostratami dal Padre, perché voi non credete? Chi è di Dio ascolta con gioia le parole di Dio; per questo molti di voi non ascoltano le mie parole, perché non siete di Dio. I vostri insegnanti hanno anche osato dire che io compio le mie opere con il potere del principe dei demoni. Uno qui vicino ha appena detto che io sono posseduto da un demone, che sono un figlio del demonio. Ma tutti quelli di voi che hanno un rapporto onesto con la propria anima sanno benissimo che io non sono un demone. Voi sapete che io onoro il Padre, mentre voi disonorate me. Io non cerco gloria per me, ma solo la gloria di mio Padre del Paradiso. Ed io non vi giudico, perché c’è uno che giudica per me.

“In verità, in verità, dico a voi che credete nel Vangelo che, se un uomo conserva questa parola di verità viva nel suo cuore, non conoscerà mai la morte. Ed ora proprio a fianco a me uno Scriba dice che questa affermazione prova che io sono posseduto da un demone, poiché Abramo è morto ed anche i profeti. E chiede: ‘Sei tu talmente più grande di Abramo e dei profeti che osi venire qui e dire che chiunque serberà la tua parola non conoscerà la morte? Chi pretendi di essere per osare profferire tali bestemmie?’ Io dico a tutti quelli come lui che, se io glorifico me stesso, la mia gloria non vale niente. Ma è il Padre che mi glorificherà, lo stesso Padre che voi chiamate Dio. Ma voi non siete riusciti a conoscere questo vostro Dio e Padre mio, ed io sono venuto per unirvi insieme, per mostrarvi come divenire veramente i figli di Dio. Sebbene voi non conosciate il Padre, io lo conosco davvero. Abramo stesso ha goduto di vedere il mio giorno, e lo vide per mezzo della fede e fu felice.”

Quando gli Ebrei non credenti e gli agenti del Sinedrio che erano giunti in questo momento udirono queste parole, scatenarono un tumulto, gridando: “Non hai cinquant’anni e parli d’aver visto Abramo; sei un figlio del demonio!” Gesù non fu in grado di proseguire il discorso. Disse soltanto mentre se ne andava: “In verità, in verità vi dico, prima che Abramo fosse, io sono.” Molti dei non credenti si precipitarono alla ricerca di pietre per lapidarlo, e gli agenti del Sinedrio cercarono di arrestarlo, ma il Maestro si aprì rapidamente un varco attraverso i corridoi del tempio e fuggì verso il luogo d’incontro segreto vicino a Betania dove Marta, Maria e Lazzaro lo aspettavano.

15. L’incontro con Marta e Maria

Era stato convenuto che Gesù avrebbe alloggiato con Lazzaro e le sue sorelle nella casa di un amico, mentre gli apostoli si sarebbero sparsi qua e là in piccoli gruppi. Queste precauzioni erano state prese perché le autorità ebraiche stavano divenendo nuovamente audaci con i loro piani per arrestarlo.

Per anni era stata abitudine di questi tre di abbandonare ogni cosa ed ascoltare l’insegnamento di Gesù ogniqualvolta egli veniva a trovarli. Con la morte dei loro genitori, Marta aveva assunto le responsabilità della casa, e così in questa occasione, mentre Lazzaro e Maria erano seduti ai piedi di Gesù, bevendo il suo insegnamento ristoratore, Marta si preparava a servire il pasto della sera. Si deve spiegare che Marta si lasciava inutilmente distrarre da numerosi compiti non necessari, e che si occupava di molte inezie; quello era il suo carattere.

Mentre Marta si occupava di tutti questi supposti doveri, era seccata perché Maria non faceva niente per aiutarla. Perciò essa andò da Gesù e disse: “Maestro, non t’importa che mia sorella mi abbia lasciato da sola a fare tutto il lavoro? Non vorresti dirle di venire ad aiutarmi?” Gesù rispose: “Marta, Marta, perché sei sempre ansiosa per tante cose e turbata da tanti dettagli? Una sola cosa è realmente meritevole d’attenzione, e poiché Maria ha scelto questa parte buona e utile, io non la distoglierò. Ma quando imparerete entrambe a vivere come vi ho insegnato: a servire in cooperazione e ritemprando le vostre anime all’unisono? Non potete apprendere che c’è un tempo per ogni cosa - che le questioni secondarie della vita devono farsi da parte davanti alle cose più grandi del regno dei cieli?”

16. A Betlemme con Abner

Per tutta la settimana che seguì la festa dei Tabernacoli decine di credenti si riunirono a Betania e furono istruiti dai dodici apostoli. Il Sinedrio non fece alcun sforzo per molestare queste riunioni, poiché Gesù non vi partecipava; durante tutto questo tempo egli lavorava con Abner ed i suoi collaboratori a Betlemme. Il giorno seguente alla conclusione della festa Gesù era ripartito per Betania e non insegnò più nel tempio durante questa visita a Gerusalemme.

In questo periodo Abner aveva stabilito il suo quartier generale a Betlemme, e da questo centro molti discepoli erano stati inviati nelle città della Giudea e della Samaria meridionale ed anche ad Alessandria. Entro alcuni giorni dal suo arrivo, Gesù e Abner completarono i progetti per il consolidamento del lavoro dei due gruppi di apostoli.

Durante la sua visita alla festa dei Tabernacoli, Gesù aveva diviso quasi equamente il suo tempo tra Betania e Betlemme. A Betania trascorse molto tempo con i suoi apostoli; a Betlemme istruì a lungo Abner e gli altri precedenti apostoli di Giovanni. E fu questo contatto intimo che li portò finalmente a credere in lui. Questi vecchi apostoli di Giovanni il Battista furono influenzati dal coraggio da lui dimostrato nel suo insegnamento pubblico a Gerusalemme, come pure dall’affettuosa comprensione che sperimentarono nel suo insegnamento privato a Betlemme. Tali influenze conquistarono definitivamente e pienamente ciascuno degli collaboratori di Abner all’aperta accettazione del regno e di tutto ciò che un tale passo implicava.

Prima di lasciare Betlemme per l’ultima volta, il Maestro prese accordi perché tutti loro si unissero a lui nello sforzo comune che doveva precedere la fine del suo percorso terreno nella carne. Fu convenuto che Abner ed i suoi collaboratori avrebbero presto raggiunto Gesù e i dodici al Parco di Magadan.

Conformemente a questo accordo, all’inizio di novembre Abner ed i suoi undici compagni unirono il loro destino a quello di Gesù e dei dodici e lavorarono con loro come una sola organizzazione fino al giorno della crocifissione.

Alla fine di ottobre Gesù e i dodici si allontanarono dalle vicinanze immediate di Gerusalemme. Domenica 30 ottobre Gesù ed i suoi collaboratori lasciarono la città di Efraim, dove egli si era riposato in isolamento per alcuni giorni, e seguendo la grande strada sulla riva occidentale del Giordano andarono direttamente al Parco di Magadan, dove arrivarono nel tardo pomeriggio di mercoledì 2 novembre.

Gli apostoli furono molto sollevati di avere il Maestro di ritorno in terra amica; essi non lo spinsero più ad andare a Gerusalemme per proclamare il Vangelo del Regno.