LUNEDÌ mattina presto, come precedentemente convenuto, Gesù e gli apostoli si riunirono a casa di Simone a Betania e, dopo una breve riunione, partirono per Gerusalemme. I dodici restarono stranamente silenziosi durante il tragitto verso il tempio; essi non si erano ripresi dall’esperienza del giorno precedente. Erano ansiosi, timorosi e profondamente colpiti da un certo sentimento di distacco dovuto all’improvviso cambiamento di tattica del Maestro, unito al suo ordine che non dovevano impegnarsi in alcun insegnamento pubblico per tutta questa settimana di Pasqua.
Mentre questo gruppo scendeva dal Monte Oliveto, Gesù stava davanti e gli apostoli lo seguivano da vicino in meditativo silenzio. C’era un solo pensiero dominante nella mente di tutti, salvo in quella di Giuda Iscariota, ed era: che cosa farà il Maestro oggi? Giuda era assorbito da un solo pensiero: che cosa farò io? Continuerò a rimanere con Gesù ed i miei collaboratori o mi ritirerò? E se li lascio, come romperò?
Erano circa le nove di questa splendida mattina quando questi uomini arrivarono al tempio. Essi andarono subito nel grande cortile dove Gesù aveva spesso insegnato, e dopo aver salutato i credenti che lo aspettavano, Gesù salì su una delle pedane riservate agli insegnanti e cominciò a parlare alla folla che si stava riunendo. Gli apostoli si allontanarono a breve distanza ed attesero gli sviluppi.
Un enorme traffico commerciale si era sviluppato in connessione con i servizi e le cerimonie del culto nel tempio. C’era il commercio consistente nel fornire animali appropriati per i vari sacrifici. Sebbene fosse permesso ai fedeli di portare il proprio sacrificio, restava il fatto che questi animali dovevano essere esenti da ogni “difetto” nel senso della legge levitica e secondo l’interpretazione degli ispettori ufficiali del tempio. Molti fedeli avevano subito l’umiliazione di vedere il loro animale, ritenuto perfetto, respinto dagli esaminatori del tempio. Divenne perciò pratica generale acquistare gli animali sacrificali al tempio, e benché ci fossero parecchi allevamenti sul vicino Oliveto in cui potevano essere comperati, era divenuto costume acquistare questi animali direttamente nei recinti del tempio. Gradualmente si era sviluppato questo costume di vendere ogni sorta di animali sacrificali nei cortili del tempio. Era così sorto un esteso commercio da cui si traevano enormi profitti. Parte di questi guadagni era riservata al tesoro del tempio, ma la maggior parte tornava indirettamente nelle mani delle famiglie dell’alto sacerdozio che governava.
Questa vendita di animali nel tempio prosperava perché, quando il fedele acquistava un tale animale, sebbene il prezzo fosse un po’ elevato, non c’erano più tasse da pagare e si era certi che il sacrificio presentato non sarebbe stato respinto sotto il pretesto di avere difetti reali o teorici. Di tanto in tanto venivano praticati al popolo comune esorbitanti aumenti di prezzo, specialmente durante le grandi feste nazionali. Ad un certo momento gli avidi sacerdoti arrivarono fino a chiedere l’equivalente di una settimana di lavoro per una coppia di piccioni che sarebbero stati venduti ai poveri per pochi soldi. I “figli di Anna” avevano già cominciato ad installare i loro bazar nei recinti del tempio, in quegli stessi luoghi di mercato che persisterono fino al momento della loro definitiva demolizione da parte del popolino tre anni prima della distruzione del tempio stesso.
Ma il traffico di animali sacrificali e di mercanzie varie non era il solo modo in cui i cortili del tempio erano profanati. In quel periodo si era sviluppato un esteso sistema di scambi bancari e commerciali che era praticato nei recinti del tempio. E tutto ciò avvenne nel modo seguente: durante la dinastia degli Asmonei, gli Ebrei coniarono una loro moneta d’argento, e si era stabilita la pratica di esigere che la tassa del tempio di mezzo siclo e tutte le altre quote del tempio fossero pagate con questa moneta ebrea. Questa regola rese necessario che dei cambiavalute fossero autorizzati a cambiare i molti tipi di monete in circolazione in tutta la Palestina e nelle altre province dell’Impero Romano con questo siclo ortodosso di conio ebraico. La principale tassa del tempio, dovuta da tutti eccetto le donne, gli schiavi e i minori, era di mezzo siclo, una moneta della misura di un pezzo da dieci centesimi ma spessa il doppio. All’epoca di Gesù anche i sacerdoti erano stati esentati dal pagamento dell’imposta del tempio. Di conseguenza, dal 15 al 25 del mese precedente la Pasqua, dei cambiavalute accreditati erigevano le loro bancarelle nelle principali città della Palestina allo scopo di fornire agli Ebrei la moneta appropriata per pagare le tasse del tempio al loro arrivo a Gerusalemme. Dopo questo periodo di dieci giorni, questi cambiavalute andavano a Gerusalemme ed installavano i loro banchi di cambio nei cortili del tempio. Essi erano autorizzati a chiedere una commissione che andava da tre a quattro centesimi per il cambio di una moneta che valeva circa dieci centesimi, e nel caso fosse stata presentata per il cambio una moneta di valore superiore, era loro permesso chiedere il doppio. Questi banchieri del tempio traevano anche profitto dal cambio di tutto il denaro destinato all’acquisto degli animali sacrificali, al pagamento di voti e alle offerte.
Questi cambiavalute del tempio non solo conducevano regolari affari di banca per trarre profitto dal cambio di più di venti tipi di monete che periodicamente i pellegrini in visita portavano a Gerusalemme, ma s’impegnavano anche in tutti gli altri tipi di transazioni connesse con l’attività bancaria. Il tesoro del tempio e i capi religiosi traevano immensi profitti da queste attività commerciali. Non era raro che il tesoro del tempio contenesse l’equivalente di più di dieci milioni di dollari, mentre il popolo comune languiva nella miseria e continuava a pagare queste tasse ingiuste.
In mezzo a questa rumorosa aggregazione di cambiavalute, di venditori e di mercanti di bestiame, Gesù, questo lunedì mattina, tentò d’insegnare il Vangelo del Regno dei cieli. Egli non era il solo ad indignarsi per questa profanazione del tempio; il popolo comune, specialmente gli Ebrei in visita provenienti dalle province straniere, erano anch’essi profondamente risentiti per questo affarismo profanatore della loro casa nazionale di culto. In questo periodo il Sinedrio stesso teneva le sue riunioni ordinarie in una sala circondata da tutto questo vociare e questa confusione di commerci e di baratti.
Nel momento in cui Gesù stava per iniziare il suo discorso, accaddero due fatti che attirarono la sua attenzione. Al banco di un vicino cambiavalute era sorta una violenta ed animata discussione circa una commissione ritenuta troppo elevata da un Ebreo di Alessandria, mentre contemporaneamente l’aria era lacerata dai muggiti di una mandria di un centinaio di buoi che stavano per essere trasferiti da una sezione dei recinti per il bestiame ad un’altra. Mentre Gesù si fermava, osservando silenziosamente ma pensierosamente questa scena di commercio e di confusione, notò vicino a lui un candido Galileo, un uomo con cui egli aveva parlato in passato ad Iron, che veniva deriso e spintonato da Giudei arroganti ed altezzosi; e tutto ciò si combinò per provocare nell’anima di Gesù uno di quegli strani periodici accessi d’indignata emozione.
Con meraviglia dei suoi apostoli, che stavano nelle immediate vicinanze e che si astennero dal partecipare alla scena che seguì subito, Gesù scese dalla pedana d’insegnamento e, dirigendosi verso il ragazzo che stava conducendo il bestiame attraverso il cortile, gli tolse la frusta di corde e condusse immediatamente gli animali fuori del tempio. E questo non fu tutto; davanti agli sguardi meravigliati delle migliaia di persone riunite nel cortile del tempio egli avanzò maestosamente a grandi passi verso il recinto più lontano del bestiame e si mise ad aprire le porte di ogni stalla e a condurre fuori gli animali imprigionati. Allora i pellegrini riuniti furono galvanizzati, e con clamore tumultuoso andarono verso i bazar e cominciarono a rovesciare i tavoli dei cambiavalute. In meno di cinque minuti ogni commercio era stato spazzato via dal tempio. Nel momento in cui le vicine guardie romane apparvero sulla scena tutto era tranquillo e la folla si era calmata. Gesù, risalendo sulla pedana degli oratori, disse alla moltitudine: “Voi siete stati testimoni in questo giorno di ciò che sta scritto nelle Scritture: ‘La mia casa sarà chiamata una casa di preghiera per tutte le nazioni, ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri.’ ”
Ma prima che egli potesse pronunciare altre parole, la grande assemblea proruppe in osanna di lode, e subito un gruppo di giovani uscì dalla folla per cantare inni di riconoscenza perché i mercanti profani e speculatori erano stati cacciati dal tempio sacro. Nel frattempo erano arrivati sulla scena alcuni sacerdoti, e uno di loro disse a Gesù: “Non ascolti tu ciò che dicono i figli dei Leviti?” E il Maestro rispose: “Non hai mai letto tu: ‘La lode è uscita perfetta dalla bocca dei bambini e dei lattanti’?” E per tutto il resto di quel giorno, mentre Gesù insegnava, delle guardie incaricate dal popolo sorvegliarono ogni portico e non permisero a nessuno di trasportare nemmeno un recipiente vuoto attraverso i cortili del tempio.
Quando i capi dei sacerdoti e gli Scribi seppero di questi avvenimenti, furono sbalorditi. Essi temettero ancora di più il Maestro e furono ancor più determinati ad ucciderlo. Ma erano perplessi. Essi non sapevano come portare a compimento la sua morte, perché temevano grandemente le moltitudini che avevano ora manifestato così apertamente la loro approvazione all’espulsione degli speculatori profani. E per tutto questo giorno, un giorno di quiete e di pace nei cortili del tempio, il popolo ascoltò l’insegnamento di Gesù e fu letteralmente sospeso alle sue labbra.
Questo sorprendente atto di Gesù oltrepassò la comprensione dei suoi apostoli. Essi furono talmente colti di sorpresa da questa azione improvvisa ed inattesa del loro Maestro che rimasero per tutto l’episodio raggruppati vicino alla pedana degli oratori; essi non alzarono mai un dito per appoggiare questa purificazione del tempio. Se questo spettacolare avvenimento fosse accaduto il giorno prima, al momento dell’arrivo trionfale di Gesù al tempio al termine della tumultuosa processione attraverso le porte della città, acclamato senza sosta ad alta voce dalla moltitudine, essi sarebbero stati pronti ad agire, ma per il modo in cui ciò accadde, erano totalmente impreparati a parteciparvi.
Questa purificazione del tempio rivelò l’atteggiamento del Maestro verso la commercializzazione delle pratiche religiose come pure la sua repulsione per tutte le forme d’ingiustizia e di speculazione a spese dei poveri e degli ignoranti. Questo episodio dimostrò anche che Gesù non approvava il rifiuto d’impiegare la forza per proteggere la maggioranza di un dato gruppo umano contro le pratiche inique e soggioganti di minoranze ingiuste capaci di trincerarsi dietro il potere politico, finanziario o ecclesiastico. Non si deve permettere a degli uomini astuti, perversi ed intriganti di organizzarsi per sfruttare ed opprimere coloro che, a causa del loro idealismo, non sono disposti a ricorrere alla forza per proteggersi o per mettere in esecuzione i loro lodevoli progetti di vita.
L’entrata trionfale a Gerusalemme di domenica intimorì talmente i dirigenti ebrei che si astennero dall’arrestare Gesù. Oggi, questa purificazione spettacolare del tempio rinviò altrettanto efficacemente l’arresto del Maestro. Giorno dopo giorno i capi degli Ebrei divenivano sempre più determinati ad ucciderlo, ma ne erano impediti da due timori che concorrevano a ritardare il momento di colpire. I capi dei sacerdoti e gli Scribi non volevano arrestare Gesù in pubblico per timore che la folla potesse rivoltarsi contro di loro in preda al risentimento; essi paventavano anche la possibilità che le guardie romane fossero chiamate a reprimere una rivolta popolare.
Nella sessione di mezzogiorno del Sinedrio fu deciso all’unanimità che Gesù doveva essere eliminato rapidamente, poiché nessuno degli amici del Maestro assisteva a questa riunione. Ma essi non riuscirono a mettersi d’accordo su quando e come egli sarebbe stato arrestato. Alla fine decisero di designare cinque gruppi che andassero tra la gente e cercassero di confonderlo nel suo insegnamento o di screditarlo in qualche altro modo agli occhi di coloro che ascoltavano la sua istruzione. Così, verso le due, quando Gesù aveva appena cominciato il suo discorso su “La libertà della filiazione”, un gruppo di questi anziani d’Israele si aprì un varco per avvicinarsi a Gesù e, interrottolo nella solita maniera, gli posero questa domanda: “Con quale autorità fai queste cose? Chi ti ha dato questa autorità?”
Era del tutto appropriato che i dirigenti del tempio e i funzionari del Sinedrio ebreo ponessero questa domanda a chiunque pretendesse d’insegnare e di agire nel modo straordinario che era stato caratteristico di Gesù, specialmente per quanto concerneva la sua recente condotta nel purificare il tempio da ogni commercio. Questi mercanti e cambiavalute operavano tutti con licenza rilasciata direttamente dai dirigenti più elevati, e si supponeva che una percentuale dei loro guadagni andasse direttamente nel tesoro del tempio. Non dimenticate che autorità era la parola d’ordine di tutto il mondo ebraico. I profeti portavano sempre disordine perché pretendevano così audacemente d’insegnare senza autorità, senza essere stati debitamente istruiti nelle accademie rabbiniche ed essere poi regolarmente ordinati dal Sinedrio. L’assenza di questa autorità nell’insegnare ostentatamente in pubblico era considerata come denotante sia un’ignorante presunzione che un’aperta ribellione. In quest’epoca soltanto il Sinedrio poteva conferire l’ordinazione ad un anziano o ad un maestro, e una tale cerimonia doveva avvenire alla presenza di almeno tre persone che erano state precedentemente ordinate allo stesso modo. Questa ordinazione conferiva il titolo di “rabbi” all’insegnante e lo qualificava anche per agire come giudice “legando e sciogliendo le questioni che fossero state sottoposte a lui per essere giudicate”.
I capi del tempio erano venuti davanti a Gesù a quest’ora del pomeriggio per sfidare non solo il suo insegnamento ma anche i suoi atti. Gesù sapeva bene che questi stessi uomini avevano insegnato a lungo pubblicamente che la sua autorità ad insegnare era satanica e che tutte le sue potenti opere erano state compiute con il potere del principe dei demoni. Perciò il Maestro cominciò la sua risposta alla loro domanda ponendo loro una contro domanda. Disse Gesù: “ Vorrei porvi anch’io una domanda, e se voi mi risponderete vi dirò anch’io con quale autorità compio queste opere. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Giovanni traeva la sua autorità dal cielo o dagli uomini?”
E quando i suoi interroganti udirono ciò, si appartarono per consultarsi su quale risposta potessero dare. Essi avevano pensato di porre in imbarazzo Gesù davanti alla folla, ma ora si trovavano essi stessi molto confusi davanti a tutti coloro che erano riuniti in quel momento nel cortile del tempio. E la loro sconfitta fu ancora più evidente quando tornarono da Gesù dicendo: “Sul battesimo di Giovanni non possiamo rispondere; non lo sappiamo.” Ed essi risposero così al Maestro perché avevano ragionato tra di loro: se diremo che viene dal cielo, allora egli dirà: perché non gli avete creduto? E forse aggiungerà che egli ha ricevuto la sua autorità da Giovanni. E se diremo che viene dagli uomini, allora la folla potrebbe rivoltarsi contro di noi, perché la maggior parte di loro ritiene che Giovanni era un profeta. E così essi furono obbligati a tornare davanti a Gesù e al popolo confessando che essi, gli insegnanti religiosi e capi d’Israele, non potevano (o non volevano) esprimere un’opinione sulla missione di Giovanni. E quando essi ebbero parlato, Gesù, guardando in giù verso di loro disse: “Nemmeno io vi dirò con quale autorità faccio queste cose.”
Gesù non aveva mai inteso appellarsi a Giovanni per la sua autorità; Giovanni non era mai stato ordinato dal Sinedrio. L’autorità di Gesù risiedeva in lui stesso e nella supremazia eterna di suo Padre.
Impiegando questo metodo per trattare con i suoi avversari, Gesù non cercò di eludere la domanda. A prima vista può sembrare che egli sia stato colpevole di una magistrale elusione, ma non fu così. Gesù non fu mai disposto a trarre indebito vantaggio nemmeno dai suoi nemici. In questa apparente elusione egli fornì realmente a tutti i suoi ascoltatori la risposta alla domanda dei Farisei sull’autorità che stava dietro alla sua missione. Essi avevano affermato che egli operava con l’autorità del principe dei demoni. Gesù aveva ripetutamente asserito che tutto il suo insegnamento e le sue opere provenivano dal potere e dall’autorità di suo Padre Celeste. I dirigenti ebrei rifiutavano di accettare ciò e cercavano di metterlo alle corde facendogli ammettere che egli era un insegnante irregolare poiché non era mai stato sanzionato dal Sinedrio. Rispondendo loro come fece, senza rivendicare autorità da Giovanni, egli soddisfece così il popolo con la conclusione che lo sforzo dei suoi nemici per prenderlo in trappola si era in effetti rivolto contro loro stessi e che fu molto il loro discredito agli occhi di tutti i presenti.
Fu questo talento del Maestro nel trattare con i suoi avversari che li rese così timorosi di lui. Essi non tentarono più d’interrogarlo quel giorno; si ritirarono per consultarsi di nuovo tra di loro. Ma il popolo non ci mise molto a discernere la mancanza di onestà e di sincerità in queste domande poste dai dirigenti ebrei. Anche il popolo comune non poté fare a meno di distinguere tra la maestà morale del Maestro e l’ipocrisia intrigante dei suoi nemici. Ma la purificazione del tempio aveva portato i Sadducei al fianco dei Farisei nel perfezionare il piano per uccidere Gesù. E i Sadducei rappresentavano ora la maggioranza del Sinedrio.
Mentre i cavillanti Farisei stavano là in silenzio davanti a Gesù, egli guardò giù verso di loro e disse: “Poiché voi dubitate della missione di Giovanni e siete ostili all’insegnamento e alle opere del Figlio dell’Uomo, ascoltate mentre vi racconto una parabola: Un grande e rispettato proprietario terriero aveva due figli, e desiderando l’aiuto dei suoi figli nella conduzione dei suoi vasti possedimenti, andò da uno di loro e disse: ‘Figlio, vai a lavorare oggi nel mio vigneto.’ E questo figlio sventato rispose a suo padre dicendo: ‘Non vi andrò’; ma poi si pentì a vi andò. Quando egli ebbe trovato suo figlio maggiore, disse anche a lui: ‘Figlio, vai a lavorare nel mio vigneto.’ E questo figlio ipocrita ed infedele rispose: ‘Sì, padre mio, ci andrò.’ Ma quando suo padre se ne fu andato, egli non ci andò. Io vi chiedo, quale di questi figli ha realmente fatto la volontà di suo padre?”
Ed il popolo rispose unanimemente dicendo: “Il primo figlio.” Allora Gesù disse: “Proprio così; ed ora io dichiaro che i Pubblicani e le prostitute, anche se sembrano rifiutare l’appello al pentimento, vedranno l’errore della via intrapresa ed entreranno nel regno di Dio prima di voi, che avete tante pretese di servire il Padre che è nei cieli, mentre rifiutate di compiere le opere del Padre. Non eravate voi, Scribi e Farisei, che credevate a Giovanni, ma piuttosto i Pubblicani e i peccatori; e voi non credete nemmeno al mio insegnamento, ma il popolo comune ascolta le mie parole con gioia.”
Gesù non rimproverava i Farisei e i Sadducei personalmente. Erano i loro sistemi d’insegnamento e di pratica che cercava di screditare. Egli non era ostile a nessuno, ma qui stava avvenendo l’inevitabile conflitto tra una religione nuova e vivente dello spirito e la vecchia religione di cerimonia, di tradizione e d’autorità.
Per tutto questo tempo i dodici apostoli rimasero vicino al Maestro, ma non parteciparono in alcun modo a queste operazioni. Ciascuno dei dodici stava reagendo nel proprio modo particolare agli avvenimenti di questi ultimi giorni di ministero di Gesù nella carne, ed ognuno similmente rimaneva obbediente all’ingiunzione del Maestro di astenersi da ogni insegnamento e predicazione in pubblico durante questa settimana di Pasqua.
Quando i capi dei Farisei e gli Scribi che avevano cercato d’intrappolare Gesù con le loro domande ebbero finito di ascoltare la storia dei due figli, si ritirarono per consultarsi di nuovo, e il Maestro, volgendo la sua attenzione alla folla che ascoltava, raccontò un’altra parabola:
“C’era un uomo dabbene che possedeva una proprietà, e piantò un vigneto. Egli pose una siepe attorno ad esso, scavò una buca per il torchio e costruì una torre di controllo per le guardie. Poi diede in affitto questo vigneto e partì per un lungo viaggio in un altro paese. E quando si avvicinò la stagione della vendemmia, egli mandò dei servi dagli affittuari per riscuotere l’affitto. Ma essi si consultarono tra loro e rifiutarono di dare a questi servi i frutti dovuti al loro padrone; si gettarono invece sui suoi servi, percuotendone uno, lapidandone un altro e mandando via gli altri a mani vuote. Quando il proprietario seppe tutto ciò, mandò altri servi più fidati per trattare con questi malvagi affittuari, ma essi li ferirono e li trattarono anche in modo vergognoso. Allora il proprietario inviò il suo servo favorito, il suo intendente, ed essi lo uccisero. Ed ancora con pazienza e indulgenza egli mandò molti altri servi, ma essi non vollero riceverne alcuno. Ne percossero alcuni ed uccisero gli altri; e quando il proprietario fu trattato in questo modo, decise di mandare suo figlio a trattare con questi affittuari ingrati, dicendo a se stesso: ‘Essi possono maltrattare i miei servi, ma sicuramente mostreranno rispetto per il mio figlio prediletto.’ Ma quando questi impenitenti e malvagi affittuari videro il figlio, ragionarono tra loro: ‘Costui è l’erede; uccidiamolo ed allora l’eredità sarà nostra.’ Così lo presero, e dopo averlo buttato fuori dal vigneto, lo uccisero. Quando il padrone di questo vigneto saprà che essi hanno respinto ed ucciso suo figlio, che cosa farà egli a questi ingrati e malvagi fittavoli?”
E quando il popolo ebbe ascoltato questa parabola e la domanda posta da Gesù, essi risposero: “Annienterà questi miserabili ed affitterà il suo vigneto ad altri onesti coltivatori che gli daranno i frutti alla loro stagione.” E quando alcuni di quelli che ascoltavano compresero che questa parabola si riferiva alla nazione ebraica e al modo in cui aveva trattato i profeti, e all’imminente ripudio di Gesù e del Vangelo del Regno, dissero tristemente: “Che Dio c’impedisca di continuare a fare queste cose.”
Gesù vide che un gruppo di Sadducei e Farisei si apriva un varco tra la folla; si fermò un istante fino a che non furono vicini a lui e poi disse: “Voi sapete come i vostri padri hanno respinto i profeti e sapete bene che siete decisi in cuor vostro di respingere il Figlio dell’Uomo.” E poi, gettando uno sguardo inquisitore sui sacerdoti e gli anziani che stavano vicino a lui, Gesù disse: “Non avete mai letto nella Scrittura della pietra che i costruttori avevano scartato e che, quando il popolo la scoprì, divenne la pietra d’angolo? E così io vi avverto ancora una volta che, se continuerete a respingere questo Vangelo, il regno di Dio vi sarà presto tolto e sarà dato ad un popolo disposto a ricevere la buona novella e a produrre i frutti dello spirito. E c’è un mistero su questa pietra, poiché chiunque inciampa su di essa, mentre sarà ridotto in pezzi, sarà salvato; ma colui sul quale questa pietra cadrà, sarà ridotto in polvere e le sue ceneri saranno disperse ai quattro venti.”
Quando i Farisei udirono queste parole, compresero che Gesù si riferiva a loro stessi e agli altri dirigenti ebrei. Essi desideravano molto prenderlo seduta stante, ma avevano paura della folla. Tuttavia, erano talmente irritati dalle parole del Maestro che si ritirarono per consultarsi nuovamente tra di loro sul modo in cui potevano farlo morire. E quella sera i Sadducei e i Farisei si accordarono per prenderlo in trappola il giorno successivo.
Dopo che gli Scribi e i dirigenti si furono ritirati, Gesù si rivolse di nuovo alla folla riunita e raccontò la parabola del banchetto di nozze. Egli disse:
“Il regno dei cieli può essere paragonato ad un re che diede un banchetto di nozze per suo figlio e mandò dei messaggeri a chiamare coloro che erano stati precedentemente invitati alla festa, dicendo: ‘Tutto è pronto per il pranzo di nozze al palazzo del re.’ Ora, molti di coloro che avevano prima promesso di assistervi, adesso rifiutarono di venire. Quando il re venne a sapere di questi rifiuti al suo invito, mandò altri servi e messaggeri dicendo: ‘Dite a tutti coloro che erano invitati, di venire, perché, ecco, il mio pranzo è pronto. I miei buoi ed i miei animali grassi sono stati uccisi e tutto è pronto per la celebrazione dell’imminente matrimonio di mio figlio.’ Ma di nuovo gli scortesi invitati non dettero peso all’appello del loro re, e andarono uno alla sua fattoria, un altro alla sua fabbrica di ceramiche ed altri alle loro mercanzie. Altri ancora non si accontentarono di disdegnare in questo modo l’invito del re, ma in aperta ribellione presero i messaggeri del re e li maltrattarono in modo infame, anche uccidendo alcuni di loro. Quando il re apprese che i suoi invitati scelti, anche quelli che avevano accettato il suo invito preliminare ed avevano promesso di partecipare alla festa di matrimonio, avevano infine respinto la sua chiamata e, ribellatisi, avevano assalito ed ucciso i suoi messaggeri scelti, fu estremamente adirato. Ed allora questo re offeso mobilitò i suoi eserciti e gli eserciti dei suoi alleati e ordinò loro di annientare questi assassini ribelli e di bruciare la loro città.
“E quando ebbe punito coloro che avevano respinto il suo invito, fissò un altro giorno per la festa di matrimonio e disse ai suoi messaggeri: ‘Quelli che erano invitati prima al matrimonio non erano degni; così andate ora ai crocevia delle strade e sulle strade maestre ed anche oltre i confini della città, ed invitate quanti troverete, anche gli stranieri, a venire ad assistere a questa festa di matrimonio.’ Ed allora questi servi andarono nelle strade maestre e nelle località lontane dalle strade e riunirono quanti trovarono, buoni e cattivi, ricchi e poveri, cosicché alla fine la sala del matrimonio fu riempita di convitati condiscendenti. Quando tutto fu pronto, il re entrò per esaminare i suoi ospiti, e con sua grande sorpresa vide che c’era un uomo senza la veste di nozze. Il re, poiché aveva generosamente fornito di vesti di nozze tutti i suoi invitati, rivolgendosi a quest’uomo disse: ‘Amico, come mai entri nella sala dei miei invitati in questa occasione senza una veste di nozze?’ E quest’uomo impreparato rimase senza parole. Allora il re disse ai suoi servi: ‘Buttate fuori questo ospite sconsiderato dalla mia casa a condividere la sorte di tutti coloro che hanno rifiutato la mia ospitalità e respinto la mia chiamata. Io non voglio nessuno qui eccetto coloro che sono felici di accettare il mio invito e che mi fanno l’onore d’indossare quelle vesti da invitati che ho così largamente fornito a tutti.’ ”
Dopo aver raccontato questa parabola, Gesù stava per congedare la moltitudine quando un credente simpatizzante, facendosi avanti tra la folla verso di lui, chiese: “Ma, Maestro, come conosceremo queste cose? Come ci prepareremo per l’invito del re? Quale segno ci darai perché sappiamo che tu sei il Figlio di Dio?” E dopo che il Maestro ebbe udito ciò, disse: “Vi sarà dato soltanto un segno.” E poi, indicando il suo stesso corpo, continuò: “Distruggete questo tempio, ed in tre giorni io lo ricostruirò.” Ma essi non lo compresero, e disperdendosi parlavano tra di loro dicendo: “Ci sono voluti quasi cinquant’anni per costruire questo tempio, eppure egli dice che lo distruggerà e lo ricostruirà in tre giorni.” Anche i suoi apostoli non compresero il significato di questa espressione, ma successivamente, dopo la sua risurrezione, si ricordarono di ciò che aveva detto.
Alle quattro circa di questo pomeriggio Gesù fece segno ai suoi apostoli e indicò loro di voler lasciare il tempio e andare a Betania per il loro pasto serale e per una notte di riposo. Sulla strada per l’Oliveto Gesù diede istruzioni ad Andrea, Filippo e Tommaso perché il giorno dopo stabilissero un campo più vicino alla città, che potessero occupare durante il resto della settimana di Pasqua. Conformemente a queste istruzioni, il mattino seguente essi piantarono le loro tende nella forra sul fianco della collina sovrastante il campeggio pubblico nel parco di Getsemani, su un appezzamento di terreno appartenente a Simone di Betania.
Di nuovo ci fu un gruppo silenzioso di Ebrei che salì il versante occidentale dell’Oliveto questo lunedì sera. Questi dodici uomini stavano cominciando a percepire, come mai prima, che qualcosa di tragico stava per accadere. Mentre la spettacolare purificazione del tempio nelle prime ore del mattino aveva risvegliato le loro speranze di vedere il Maestro affermare se stesso e manifestare i suoi possenti poteri, gli avvenimenti dell’intero pomeriggio avevano operato solo come una delusione, nel senso che indicavano tutti il rifiuto certo dell’insegnamento di Gesù da parte delle autorità ebraiche. Gli apostoli erano avvinti dall’ansia ed erano tenuti nella forte presa di una terribile incertezza. Essi capivano che solo pochi brevi giorni potevano intercorrere tra gli avvenimenti del giorno appena trascorso e il disastro di un’imminente condanna. Essi sentivano tutti che stava per accadere qualcosa di tremendo, ma non sapevano che cosa aspettarsi. Essi andarono ai loro vari posti per riposare, ma dormirono molto poco. Anche i gemelli Alfeo giunsero infine a comprendere che gli avvenimenti della vita del Maestro si stavano rapidamente muovendo verso il loro epilogo finale.
VERSO le sette di questo martedì mattina, Gesù riunì gli apostoli, il corpo delle donne e circa due dozzine di altri discepoli influenti nella casa di Simone. In questa riunione egli dette il saluto di addio a Lazzaro e gli diede le istruzioni che lo indussero a fuggire subito a Filadelfia, in Perea, dove si legò più tardi con il movimento missionario che aveva la sua sede in quella città. Gesù si congedò anche dal vecchio Simone e diede i suoi ultimi consigli al corpo femminile, perché non parlò mai più loro ufficialmente.
Questa mattina egli salutò ognuno dei dodici con un saluto personale. Ad Andrea disse: “Non lasciarti scoraggiare dagli avvenimenti imminenti. Mantieni una ferma autorità sui tuoi fratelli e bada che non ti trovino abbattuto.” A Pietro disse: “Non riporre la tua fiducia né nel braccio di carne né nelle armi di acciaio. Stabilisciti sulle fondamenta spirituali delle rocce eterne.” A Giacomo disse: “Non vacillare a causa delle apparenze esteriori. Resta saldo nella tua fede e conoscerai presto la realtà di ciò che credi.” A Giovanni disse: “Sii garbato; ama anche i tuoi nemici; sii tollerante. E ricorda che ti ho affidato molte cose.” A Natanaele disse: “Non giudicare dalle apparenze; resta saldo nella tua fede quando tutto sembrerà svanire; sii fedele al tuo incarico di ambasciatore del regno.” A Filippo disse: “Non lasciarti scuotere dagli avvenimenti imminenti. Resta impassibile, anche quando non riesci a vedere la via. Sii fedele al tuo giuramento di consacrazione.” A Matteo disse: “Non dimenticare la misericordia che ti ha accolto nel regno. Non permettere a nessuno di defraudarti della tua ricompensa eterna. Poiché hai resistito alle tendenze della natura umana, sii propenso ad essere risoluto.” A Tommaso disse: “Per quanto difficile possa essere, ora tu devi camminare per mezzo della fede e non della vista. Non dubitare che io non sia capace di terminare l’opera che ho iniziato e che non vedrò alla fine tutti i miei fedeli ambasciatori nel regno dell’aldilà.” Ai gemelli Alfeo disse: “Non permettete che le cose che non comprendete vi schiaccino. Siate fedeli agli affetti del vostro cuore e non riponete la vostra fiducia nei grandi uomini o nell’atteggiamento mutevole del popolo. Restate con i vostri fratelli”. A Simone Zelota disse: “Simone, tu potrai essere schiacciato dalla delusione, ma il tuo spirito si eleverà al di sopra di tutto ciò che potrà capitarti. Quello che non sei riuscito ad imparare da me, te lo insegnerà il mio spirito. Cerca le vere realtà dello spirito e cessa di essere attratto da ombre irreali e materiali.” E a Giuda Iscariota disse: “Giuda, io ti ho amato e ho pregato perché tu amassi i tuoi fratelli. Non stancarti di fare il bene; e vorrei avvertirti di guardarti dai sentieri infidi della lusinga e dai dardi velenosi del ridicolo.”
E quando ebbe completato questi saluti, egli partì per Gerusalemme con Andrea, Pietro, Giacomo e Giovanni, mentre gli altri apostoli si occupavano d’installare il campo di Getsemani, dove sarebbero andati quella sera e dove posero il loro quartier generale per il resto della vita incarnata del Maestro. Circa a metà discesa del versante dell’Oliveto, Gesù si fermò e si trattenne per più di un’ora con i quattro apostoli.
Da parecchi giorni Pietro e Giacomo avevano cominciato a discutere delle loro divergenze d’opinione sull’insegnamento del Maestro riguardo al perdono dei peccati. Essi avevano convenuto di sottoporre la materia a Gesù, e Pietro colse quest’occasione come un’adeguata opportunità per ottenere il parere del Maestro. Di conseguenza, Simon Pietro interruppe la conversazione sulle differenze tra la preghiera e l’adorazione per chiedere: “Maestro, Giacomo ed io non siamo d’accordo riguardo ai tuoi insegnamenti sul perdono dei peccati. Giacomo afferma che tu insegni che il Padre ci perdona ancora prima che noi glielo chiediamo, ed io sostengo che il pentimento e la confessione devono precedere il perdono. Chi di noi ha ragione? Che cosa dici tu?”
Dopo un breve silenzio Gesù guardò significativamente tutti e quattro gli apostoli e rispose: “Fratelli miei, vi sbagliate nelle vostre opinioni perché non comprendete la natura delle relazioni intime ed amorevoli tra la creatura e il Creatore, tra uomo e Dio. Voi non riuscite a cogliere la simpatia comprensiva che il genitore saggio ha per il suo figlio immaturo e talvolta sviato. È in verità dubbio che dei genitori intelligenti ed affettuosi siano mai chiamati a perdonare un figlio ordinario e normale. Rapporti comprensivi, collaboratori ad atteggiamenti d’amore, prevengono efficacemente tutte quelle disaffezioni che necessitano poi di un raggiustamento di pentimento da parte del figlio con il perdono da parte del genitore.
“Una parte di ciascun padre vive nel figlio. Il padre gode di priorità e di superiorità di comprensione in tutte le materie connesse con la relazione tra figlio e genitore. Il genitore è capace di considerare l’immaturità del figlio alla luce della maturità più avanzata di genitore, dell’esperienza più completa di partner più anziano. Nel caso del figlio terreno e del Padre Celeste, il genitore divino possiede infinità e divinità di sensibilità e capacità per una comprensione amorevole. Il perdono divino è inevitabile; esso è insito e inalienabile nella comprensione infinita di Dio, nella sua conoscenza perfetta di tutto ciò che concerne il falso giudizio e la scelta errata del figlio. La giustizia divina è così eternamente equa da incorporare infallibilmente una misericordia comprensiva.
“Quando un uomo saggio comprende gli impulsi interiori dei suoi simili, li amerà. E quando voi amate vostro fratello, l’avete già perdonato. Questa capacità di comprendere la natura dell’uomo e di perdonare le sue azioni apparentemente cattive è propria di Dio. Se siete genitori saggi, è così che amerete e comprenderete i vostri figli, perdonandoli anche quando delle incomprensioni temporanee vi hanno apparentemente separati. Il figlio, essendo immaturo e mancante della comprensione più completa della profondità della relazione tra figlio e padre, deve spesso provare un sentimento di separazione colpevole dalla piena approvazione di un padre, ma il vero padre non è mai cosciente di una tale separazione. Il peccato è un’esperienza della coscienza della creatura; non è parte della coscienza di Dio.
“La vostra incapacità o riluttanza a perdonare i vostri simili è la misura della vostra immaturità, del vostro mancato raggiungimento di una sensibilità, di una comprensione e di un amore adulti. Voi mantenete dei rancori e nutrite delle idee di vendetta in proporzione diretta alla vostra ignoranza della natura interiore e dei veri desideri dei vostri figli e dei vostri simili. L’amore è la manifestazione dell’impulso vitale interiore e divino. Esso è fondato sulla comprensione, alimentato dal servizio disinteressato e reso perfetto nella saggezza.”
Lunedì sera era stato tenuto un consiglio tra il Sinedrio ed una cinquantina di altri dirigenti scelti tra gli Scribi, i Farisei e i Sadducei. Fu opinione unanime di quest’assemblea che sarebbe stato pericoloso arrestare Gesù in pubblico a causa della sua presa sugli affetti del popolo comune. Fu anche opinione della maggioranza che si dovesse fare uno sforzo risoluto per screditarlo agli occhi della moltitudine prima che fosse arrestato e portato in giudizio. Di conseguenza, parecchi gruppi di eruditi furono designati per essere pronti il mattino seguente nel tempio a tentare d’irretirlo con domande difficili ed a cercare di metterlo in difficoltà in altri modi davanti al popolo. Alla fine, i Farisei, i Sadducei ed anche gli Erodiani erano tutti uniti in questo sforzo per screditare Gesù agli occhi delle moltitudini della Pasqua.
Martedì mattina, quando Gesù arrivò nel cortile del tempio e cominciò ad insegnare, aveva pronunciato solo poche parole quando un gruppo di giovani studenti delle accademie, che erano stati preparati a tale scopo, si fecero avanti e, tramite il loro portavoce, chiesero a Gesù: “Maestro, sappiamo che tu sei un insegnante giusto, e sappiamo che proclami le vie della verità e che servi solo Dio, perché non temi nessun uomo e non fai eccezione di persone. Noi siamo soltanto degli studenti e vorremmo conoscere la verità su una questione che ci affligge. Il nostro problema è questo: È lecito per noi pagare il tributo a Cesare? Dobbiamo o non dobbiamo pagarlo?” Gesù, percependo la loro ipocrisia e la loro astuzia, disse loro: “Perché venite a tentarmi in questo modo? Mostratemi la moneta del tributo e vi risponderò.” E quando essi gli porsero un denaro, egli lo esaminò e disse: “Questa moneta di chi porta l’effigie e l’iscrizione?” E quando essi gli risposero: “Di Cesare”, Gesù disse: “Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e rendete a Dio ciò che è di Dio.”
Quando egli ebbe risposto così ai giovani Scribi e ai loro complici Erodiani, essi si ritirarono dalla sua presenza, e il popolo, compresi i Sadducei, godettero per la loro sconfitta. Anche i giovani che avevano tentato di prenderlo in trappola si meravigliarono grandemente dell’inattesa sagacia della risposta del Maestro.
Il giorno precedente i dirigenti avevano cercato d’indurlo in errore davanti alla folla su questioni di autorità ecclesiastica, e non essendovi riusciti, cercavano ora di coinvolgerlo in una discussione compromettente sull’autorità civile. Pilato ed Erode erano entrambi a Gerusalemme in questo momento, e i nemici di Gesù pensarono che, se egli avesse osato sconsigliare il pagamento del tributo a Cesare, sarebbero andati immediatamente dalle autorità romane per accusarlo di sedizione. D’altra parte, se egli avesse consigliato il pagamento del tributo con un lungo discorso, essi calcolavano giustamente che una tale dichiarazione avrebbe profondamente ferito l’orgoglio nazionale dei suoi ascoltatori ebrei, cosa che gli avrebbe alienato la benevolenza e l’affetto della moltitudine.
In tutto ciò gli avversari di Gesù furono sconfitti perché c’era un ben noto decreto del Sinedrio, fatto per il comportamento degli Ebrei dispersi tra le nazioni pagane, che il “diritto di battere moneta comportava il diritto di riscuotere delle imposte”. In tal modo Gesù evitò la loro trappola. Se avesse risposto “no” alla loro domanda sarebbe stato equivalente ad incitarli alla ribellione; se avesse risposto “sì” avrebbe colpito i sentimenti nazionalisti profondamente radicati di quel tempo. Il Maestro non eluse la domanda; impiegò semplicemente la saggezza di dare una doppia risposta. Gesù non fu mai evasivo, ma fu sempre accorto nel trattare con coloro che cercavano di molestarlo e di distruggerlo.
Prima che Gesù potesse cominciare il suo insegnamento, un altro gruppo si fece avanti per interrogarlo; questa volta era un gruppo di Sadducei scaltri ed eruditi. Il loro portavoce, avvicinatosi a lui, disse: “Maestro, Mosè ha detto che, se un uomo sposato morisse senza lasciare figli, suo fratello dovrebbe sposare la moglie e generare una discendenza per suo fratello deceduto. Ora è accaduto un caso in cui un uomo che aveva sei fratelli morì senza figli; il fratello che veniva dopo di lui sposò sua moglie, ma presto morì anche lui senza lasciare figli. Similmente il secondo fratello sposò la moglie, ma anche lui morì senza lasciare discendenza. E così di seguito fino a che tutti e sei i fratelli non l’ebbero sposata e tutti e sei non furono morti senza lasciare figli. E poi, dopo tutti loro, morì anche la donna. Ora, quello che desideriamo chiederti è questo: Alla risurrezione di chi sarà moglie essa, visto che tutti e sette questi fratelli l’hanno sposata?”
Gesù sapeva, e così il popolo, che questi Sadducei non erano sinceri nel porre questa domanda, perché era poco probabile che un tale caso potesse realmente accadere; inoltre, questa pratica dei fratelli di un morto di cercare di generare dei figli per lui era praticamente lettera morta in quest’epoca tra gli Ebrei. Ciononostante, Gesù accondiscese a rispondere alla loro insidiosa domanda. Egli disse: “Voi tutti vi sbagliate nel porre tali domande perché non conoscete né le Scritture né il potere vivente di Dio. Voi sapete che i figli di questo mondo possono sposarsi ed essere dati in matrimonio, ma non sembrate comprendere che coloro che sono ritenuti degni di raggiungere i mondi futuri mediante la risurrezione dei giusti, né si sposano né sono dati in matrimonio. Coloro che sperimentano la risurrezione dalla morte sono più simili agli angeli del cielo, e non muoiono mai. Questi risuscitati sono eternamente i figli di Dio; essi sono i figli della luce risuscitati nel progresso della vita eterna. Anche vostro padre Mosè comprese ciò, perché, in connessione con le sue esperienze presso il rovo ardente, udì il Padre dire: ‘Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe.’ E così, con Mosé, io dichiaro che mio Padre non è il Dio dei morti, ma dei viventi. In lui vivete tutti, vi riproducete e possedete la vostra esistenza di mortali.”
Quando Gesù ebbe finito di rispondere a queste domande, i Sadducei si ritirarono, ed alcuni Farisei persero il controllo al punto da esclamare: “È vero, è vero Maestro, hai risposto bene a questi Sadducei miscredenti.” I Sadducei non osarono più porgli altre domande, e il popolo si meravigliò della saggezza del suo insegnamento.
Gesù si richiamò solo a Mosè nel suo scontro con i Sadducei perché questa setta politico-religiosa riconosceva la validità solo dei cosiddetti cinque Libri di Mosè; essi non ammettevano che gli insegnamenti dei profeti potessero servire come base di dogmi dottrinali. Nella sua risposta il Maestro, anche se affermò positivamente il fatto della sopravvivenza delle creature mortali mediante la tecnica della risurrezione, non parlò in alcun senso con approvazione della credenza farisaica nella risurrezione del corpo umano fisico. Il punto che Gesù voleva evidenziare era che il Padre aveva detto: “Io sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”, non io ero il loro Dio.
I Sadducei avevano pensato di sottoporre Gesù all’avvilente influenza del ridicolo, sapendo benissimo che una persecuzione in pubblico avrebbe molto certamente creato ulteriore simpatia per lui nelle menti della moltitudine.
Un altro gruppo di Sadducei aveva ricevuto istruzioni di porre a Gesù delle domande imbarazzanti sugli angeli, ma quando videro la sorte dei loro compagni che avevano tentato di prenderlo in trappola con domande concernenti la risurrezione, essi decisero molto saggiamente di starsene tranquilli; si ritirarono senza porre una sola domanda. I Farisei, gli Scribi, i Sadducei e gli Erodiani coalizzati avevano progettato di occupare l’intera giornata con queste domande imbarazzanti, sperando così di screditare Gesù davanti al popolo e allo stesso tempo d’impedire efficacemente che avesse il tempo di proclamare i suoi insegnamenti perturbatori.
Allora si fece avanti uno dei gruppi dei Farisei per porre delle domande insidiose, ed il portavoce, facendo segno a Gesù, disse: “Maestro, io sono un dottore della legge e vorrei chiederti qual è, a tuo avviso, il più grande comandamento?” Gesù rispose: “Non c’è che un solo comandamento, che è il più grande di tutti, e quel comandamento è: ‘Ascolta o Israele, il Signore Dio nostro, il Signore è uno; e tu amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza.’ Questo è il primo e grande comandamento. E il secondo comandamento è simile al primo; in verità deriva direttamente da esso, ed è: ‘Amerai il prossimo tuo come te stesso.’ Non c’è nessun altro comandamento più grande di questi; su questi due comandamenti poggiano tutta la legge e i profeti.”
Quando il dottore della legge percepì che Gesù aveva risposto non solo conformemente al concetto più elevato della religione ebraica, ma che aveva anche risposto saggiamente agli occhi della moltitudine riunita, pensò fosse meglio dar prova di coraggio lodando apertamente la risposta del Maestro. Di conseguenza egli disse: “In verità, Maestro, hai detto bene che Dio è uno e che non ce n’è nessun altro all’infuori di lui; e che amarlo con tutto il cuore, e con tutta l’intelligenza e con tutta la forza, ed anche amare il proprio prossimo come se stessi, è il primo e grande comandamento. Noi siamo d’accordo che questo grande comandamento deve essere molto più considerato di tutte le offerte e di tutti i sacrifici bruciati.” Quando il dottore della legge ebbe risposto così prudentemente, Gesù lo guardò e disse: “Amico mio, percepisco che non sei lontano dal regno di Dio.”
Gesù diceva il vero quando si rivolse a questo dottore della legge come uno “non lontano dal regno”, perché quella stessa sera egli andò al campo del Maestro vicino a Getsemani, professò la sua fede nel Vangelo del Regno e fu battezzato da Giosia, uno dei discepoli di Abner.
Due o tre altri gruppi di Scribi e di Farisei erano presenti ed avevano intenzione di porre delle domande, ma furono sia disarmati dalla risposta di Gesù al dottore della legge sia scoraggiati dalla sconfitta di tutti coloro che avevano tentato di prenderlo in fallo. Dopo di ciò nessuno osò più porgli un’altra domanda in pubblico.
Quando non furono più poste delle domande e poiché l’ora di mezzogiorno era vicina, Gesù non riprese il suo insegnamento, ma si limitò a porre una domanda ai Farisei e ai loro collaboratori. Disse Gesù: “Poiché non ponete più domande, vorrei porvene una io. Che cosa pensate del Liberatore? Cioè, di chi è egli figlio?” Dopo una breve pausa uno degli Scribi rispose: “Il Messia è il figlio di Davide.” E poiché Gesù sapeva che c’erano state numerose discussioni, anche tra i suoi stessi discepoli, sul fatto che egli fosse o meno il figlio di Davide, pose quest’altra domanda: “Se il Liberatore è veramente il figlio di Davide, come mai nel Salmo che voi attribuite a Davide, egli stesso, parlando secondo lo spirito, dice: ‘Il Signore disse al mio signore: siedi alla mia destra fino a che non farò dei tuoi nemici lo sgabello per i tuoi piedi.’ Se Davide lo chiama Signore, allora come può egli essere suo figlio?” I dirigenti, gli Scribi e i capi dei sacerdoti, oltre a non rispondere a questa domanda, si astennero anche dal porgli nuove domande per tentare di confonderlo. Essi non risposero mai a questa domanda che Gesù aveva posto loro, ma dopo la morte del Maestro tentarono di eludere la difficoltà cambiando l’interpretazione di questo Salmo in modo da riferirlo ad Abramo invece che al Messia. Altri tentarono di sfuggire al dilemma negando che Davide fosse l’autore di questo cosiddetto Salmo Messianico.
Qualche momento prima i Farisei si erano rallegrati per la maniera in cui i Sadducei erano stati ridotti al silenzio dal Maestro; ora erano i Sadducei che provavano piacere per la sconfitta dei Farisei. Ma questa rivalità fu solo momentanea; essi dimenticarono rapidamente le loro vecchie divergenze nello sforzo congiunto di porre fine agli insegnamenti e alle azioni di Gesù. Ma nel corso di tutte queste esperienze il popolo comune ascoltò il Maestro con gioia.
Verso mezzogiorno, mentre Filippo comperava delle provviste per il nuovo campo che quel giorno sarebbe stato istituito vicino a Getsemani, fu avvicinato da una delegazione di stranieri, un gruppo di credenti greci di Alessandria, di Atene e di Roma, il cui portavoce disse all’apostolo: “Ci sei stato segnalato da coloro che ti conoscono; così siamo venuti da te, signore, per chiederti di vedere Gesù, il tuo Maestro.” Filippo fu preso alla sprovvista incontrando in tal modo questi eminenti indagatori greci pagani sulla piazza del mercato, e poiché Gesù aveva così esplicitamente ordinato a tutti i dodici di non impegnarsi in alcun insegnamento pubblico durante la settimana di Pasqua, fu un po’ perplesso sul modo migliore di trattare la questione. Egli era anche sconcertato per il fatto che questi uomini erano dei Gentili stranieri. Se fossero stati Ebrei o Gentili vicini e conosciuti egli non avrebbe esitato in modo così marcato. Egli fece questo: chiese a questi Greci di rimanere dov’erano. Mentre egli si allontanava in fretta, essi supposero che fosse andato a cercare Gesù, ma in realtà egli corse a casa di Giuseppe, dove sapeva che Andrea e gli altri apostoli stavano mangiando, e chiamato fuori Andrea, gli spiegò il motivo della sua venuta e poi, accompagnato da Andrea, ritornò dai Greci in attesa.
Poiché Filippo aveva quasi finito di acquistare le provviste, egli e Andrea ritornarono con i Greci a casa di Giuseppe, dove Gesù li ricevette. Essi si sedettero vicino a lui mentre parlava ai suoi apostoli e ad un certo numero di eminenti discepoli riuniti per questo pasto di mezzogiorno. Gesù disse:
Mio Padre mi ha mandato in questo mondo per rivelare la sua amorevole benevolenza ai figli degli uomini, ma coloro presso i quali sono venuto per primi hanno rifiutato di ricevermi. In verità, molti di voi hanno creduto al mio Vangelo da se stessi, ma i figli di Abramo e i loro capi stanno per respingermi, e facendo così respingeranno Colui che mi ha mandato. Io ho largamente proclamato il Vangelo di salvezza a questo popolo; ho parlato loro della filiazione accompagnata dalla gioia, dalla libertà e da una vita più abbondante nello spirito. Mio Padre ha compiuto molte opere meravigliose tra questi figli degli uomini tormentati dalla paura. Il profeta Isaia si riferì con certezza a questo popolo quando scrisse: ‘Signore, chi ha creduto ai nostri insegnamenti? E a chi il Signore è stato rivelato?’ In verità i capi del mio popolo hanno deliberatamente chiuso i loro occhi per non vedere e indurito il loro cuore per timore di credere e di essere salvati. In tutti questi anni io ho cercato di guarirli dalla loro incredulità, perché ricevessero la salvezza eterna del Padre. So che non tutti mi hanno abbandonato; alcuni di voi hanno in verità creduto al mio messaggio. In questa sala vi sono ora una ventina di uomini che erano prima membri del Sinedrio o che hanno occupato alte posizioni nei consigli della nazione, sebbene alcuni di voi siano ancora restii a confessare apertamente la verità per paura di essere espulsi dalla sinagoga. Alcuni di voi sono tentati di preferire la gloria degli uomini alla gloria di Dio. Ma io sono costretto a mostrarmi indulgente, poiché temo per la sicurezza e la fedeltà persino di alcuni di coloro che sono stati così a lungo con me e che hanno vissuto così vicino al mio fianco.
“In questa sala del banchetto percepisco che vi sono riuniti Ebrei e Gentili in numero quasi uguale, e vorrei rivolgermi a voi come al primo ed ultimo gruppo di tal genere che posso istruire sugli affari del regno prima di andare da mio Padre.”
Questi Greci avevano seguito fedelmente l’insegnamento di Gesù nel tempio. Lunedì sera avevano tenuto una riunione a casa di Nicodemo, che era durata fino all’alba, e trenta di loro avevano deciso di entrare nel regno.
Mentre Gesù stava davanti a loro in questo momento, percepì la fine di una dispensazione e l’inizio di un’altra. Volgendo la sua attenzione verso i Greci, il Maestro disse:
“Colui che crede in questo Vangelo, crede non solo in me ma in Colui che mi ha mandato. Quando guardate me, vedete non solo il Figlio dell’Uomo, ma anche Colui che mi ha mandato. Io sono la luce del mondo, e chiunque crederà nel mio insegnamento non dimorerà più nelle tenebre. Se voi Gentili mi ascolterete, riceverete le parole di vita ed entrerete subito nella gioiosa libertà della verità della filiazione con Dio. Se i miei compatrioti, gli Ebrei, scelgono di respingermi e di rifiutare i miei insegnamenti, non sederò in giudizio contro di loro, perché io non sono venuto a giudicare il mondo, ma ad offrirgli la salvezza. Ciononostante, coloro che mi respingono e rifiutano di ricevere il mio insegnamento saranno tradotti in giudizio a tempo debito da mio Padre e da coloro che egli ha incaricato di sedere in giudizio contro tale rifiuto del dono della misericordia e delle verità della salvezza. Ricordatevi, voi tutti, che io non parlo da me stesso, ma che vi ho fedelmente proclamato ciò che il Padre mi ha comandato di rivelare ai figli degli uomini. E queste parole che il Padre mi ha ordinato di dire al mondo sono parole di verità divina, di misericordia perenne e di vita eterna.
“Ma sia agli Ebrei che ai Gentili io dichiaro che è quasi giunta l’ora in cui il Figlio dell’Uomo sarà glorificato. Voi sapete bene che, se un grano di frumento non cade nella terra e muore, resta isolato; ma se muore in un terreno buono, esso sorge di nuovo alla vita e dà molti frutti. Colui che ama egoisticamente la sua vita è in pericolo di perderla; ma colui che è disposto a sacrificare la sua vita per amore mio e per il Vangelo godrà di un’esistenza più abbondante sulla terra e della vita eterna in cielo. Se volete veramente seguirmi, anche dopo che sarò andato da mio Padre, allora diverrete miei discepoli e i servitori fedeli dei vostri simili mortali.
“So che la mia ora si sta avvicinando, e sono turbato. Percepisco che il mio popolo è determinato a respingere il regno, ma sono felice di ricevere questi Gentili ricercatori della verità che sono qui oggi per informarsi sulla via della luce. Tuttavia il mio cuore sente pietà per il mio popolo, e la mia anima è sconvolta per ciò che mi aspetta. Che cosa dirò mentre guardo avanti e discerno ciò che sta per accadermi? Dirò: Padre preservami da quest’ora tremenda? No! Per questo stesso proposito sono venuto nel mondo e sono rimasto fino a quest’ora. Dirò piuttosto, e pregherò perché voi vi uniate a me: Padre, glorifica il tuo nome; sia fatta la tua volontà.”
Quando Gesù ebbe parlato così, lo Spirito che l’aveva abitato prima del suo battesimo apparve davanti a lui, e mentre egli s’interruppe in modo evidente, questo spirito potente che rappresentava il Padre, parlò a Gesù di Nazaret dicendo: “Ho glorificato molte volte il mio nome nei tuoi conferimenti, e lo glorificherò ancora una volta.”
Mentre gli Ebrei e i Gentili qui riuniti non udirono alcuna voce, non mancarono di discernere che il Maestro si era fermato nel parlare mentre un messaggio gli perveniva da qualche fonte super-umana. Essi dissero tutti, ciascuno a quello che era vicino a lui: “Un angelo gli ha parlato.”
Poi Gesù continuò a dire: “Tutto ciò non è accaduto a beneficio mio, ma vostro. Io so con certezza che il Padre mi riceverà ed accetterà la mia missione in vostro favore, ma è necessario che voi siate incoraggiati e preparati alla rude prova che è imminente. Vi assicuro che la vittoria coronerà alla fine i nostri sforzi congiunti per illuminare il mondo e liberare l’umanità. Il vecchio ordine di cose si sta presentando al giudizio. Io ho abbattuto il Principe di questo mondo, e tutti gli uomini saranno liberati dalla luce dello spirito che spargerò su tutta la carne dopo che sarò asceso al Padre che è nei cieli.
“Ed ora vi dichiaro che, se sarò elevato sulla terra e nella vostra vita, attirerò tutti gli uomini a me e nella comunità di mio Padre. Voi avete creduto che il Liberatore abitasse sulla terra per sempre, ma io vi dichiaro che il Figlio dell’Uomo sarà respinto dagli uomini e che ritornerà al Padre. Io sarò con voi soltanto per poco; soltanto per poco tempo la luce vivente resterà tra questa generazione ottenebrata. Camminate mentre avete questa luce, affinché le tenebre e la confusione incombenti non vi sorprendano. Colui che cammina nelle tenebre non sa dove va; ma se voi scegliete di camminare nella luce, in verità diverrete tutti dei figli di Dio liberati. Ed ora, tutti voi, venite con me mentre ritorno al tempio per dire delle parole di addio ai capi dei sacerdoti, agli Scribi, ai Farisei, ai Sadducei, agli Erodiani e ai dirigenti ottenebrati d’Israele.”
Dopo aver parlato così, Gesù s’incamminò in testa nelle strette vie di Gerusalemme per ritornare al tempio. Essi avevano appena sentito il Maestro dire che questo sarebbe stato il suo discorso di addio nel tempio, e lo seguirono in silenzio e in profonda meditazione.