MENTRE si stava installando il campo di Pella, Gesù, conducendo con sé Natanaele e Tommaso, andò segretamente a Gerusalemme per assistere alla festa della Dedicazione. I due apostoli si resero conto che il loro Maestro stava andando a Gerusalemme solo dopo aver attraversato il Giordano al guado di Betania. Quando percepirono che egli intendeva realmente essere presente alla festa della Dedicazione, essi protestarono con lui molto energicamente, e facendo ricorso ad ogni sorta di argomenti cercarono di dissuaderlo. Ma i loro sforzi non servirono a nulla; Gesù era determinato a recarsi a Gerusalemme. A tutte le loro suppliche e a tutti i loro avvertimenti che ponevano in evidenza la follia ed il pericolo di mettersi nelle mani del Sinedrio, egli rispose soltanto: “Vorrei dare a questi educatori d’Israele un’altra opportunità di vedere la luce prima che giunga la mia ora.”
Mentre proseguivano verso Gerusalemme, i due apostoli continuarono a manifestare i loro sentimenti di paura e ad esprimere i loro dubbi sulla saggezza di una simile impresa apparentemente presuntuosa. Essi raggiunsero Gerico verso le quattro e mezzo e si prepararono ad alloggiarvi per la notte.
Quella sera un considerevole numero di persone si riunì attorno a Gesù e ai due apostoli per porre delle domande, a molte delle quali risposero gli apostoli, mentre altre furono discusse dal Maestro. Nel corso della sera un certo legista, cercando di raggirare Gesù con una discussione compromettente, disse: “Maestro, vorrei chiederti che cosa dovrei fare esattamente per ereditare la vita eterna?” Gesù rispose: “Che cosa sta scritto nella legge e nei profeti; come leggi tu le Scritture?” Il legista, conoscendo sia gli insegnamenti di Gesù che quelli dei Farisei, rispose: “Di amare il Signore Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente e con tutta la forza, ed il prossimo tuo come te stesso.” Allora Gesù disse: “Hai risposto esattamente; questo, se lo fai veramente, ti porterà alla vita eterna.”
Ma il dottore della legge non era del tutto sincero nel porre questa domanda, e desiderando giustificarsi mentre sperava anche di porre in imbarazzo Gesù, si avventurò a porre un’altra domanda. Avvicinandosi un po’ di più al Maestro disse: “Ma, Maestro, vorrei che tu mi dicessi chi è esattamente il mio prossimo?” Il dottore della legge pose questa domanda sperando d’intrappolare Gesù inducendolo a fare qualche affermazione che contravvenisse alla legge ebraica che definiva il proprio prossimo “i figli del proprio popolo”. Gli Ebrei consideravano tutti gli altri come “cani Gentili”. Questo dottore della legge conosceva alquanto gli insegnamenti di Gesù e perciò sapeva bene che il Maestro pensava diversamente; egli sperava così d’indurlo a dire qualcosa che potesse essere interpretato come un attacco alla legge sacra.
Ma Gesù comprese lo scopo del legista, e invece di cadere nella rete raccontò ai suoi ascoltatori una storia, una storia che poteva essere pienamente apprezzata da tutti gli abitanti di Gerico. Gesù disse: “Un tale stava scendendo da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani di briganti crudeli che lo derubarono, lo spogliarono, lo riempirono di botte e andarono via lasciandolo mezzo morto. Subito dopo, per caso, un sacerdote stava scendendo quella strada, e quando giunse presso l’uomo ferito, vedendo il suo stato pietoso, passò oltre dall’altro lato della strada. Ed allo stesso modo anche un Levita, quando giunse e vide l’uomo, passò oltre dall’altro lato. Ora, in questo momento, un Samaritano in viaggio verso Gerico incrociò quest’uomo ferito, e quando vide che era stato derubato e malmenato, fu mosso a compassione, e avvicinandosi a lui medicò le sue ferite versandovi dell’olio e del vino, e caricato l’uomo sul suo animale da soma lo portò alla vicina locanda e si prese cura di lui. E l’indomani egli tirò fuori del denaro e, dandolo al locandiere, disse: ‘Abbi cura del mio amico e se la spesa è maggiore, quando ritornerò, ti rimborserò.’
Ora permetti che ti chieda: quale di questi tre risultò essere il prossimo di colui che cadde in mano ai ladri?” Quando il dottore della legge percepì che era caduto nella sua stessa trappola, rispose: “Quello che gli mostrò misericordia.” E Gesù disse: “Va e fa la stessa cosa.”
Il dottore della legge rispose: “Colui che ha mostrato misericordia” per evitare di pronunciare quell’odiosa parola, Samaritano. Il dottore della legge fu costretto a dare la risposta giusta alla domanda: “Chi è il mio prossimo?” che Gesù desiderava fosse data, e che, se Gesù avesse data lui stesso, l’avrebbe direttamente coinvolto nell’accusa d’eresia. Gesù non solo confuse il dottore della legge disonesto, ma raccontò ai suoi ascoltatori una storia che era allo stesso tempo una stupenda ammonizione a tutti i suoi discepoli ed un eccezionale rimprovero a tutti gli Ebrei circa il loro atteggiamento verso i Samaritani. E questa storia ha continuato a promuovere fraternamente l’amore fra tutti coloro che hanno successivamente creduto al Vangelo di Gesù.
Gesù aveva assistito alla festa dei Tabernacoli per poter proclamare il Vangelo ai pellegrini provenienti da tutte le parti dell’impero; ora andava alla festa della Dedicazione per un solo proposito: dare al Sinedrio e ai dirigenti ebrei un’altra opportunità di vedere la luce. Il principale avvenimento di questi pochi giorni a Gerusalemme avvenne venerdì sera a casa di Nicodemo. Qui si erano riuniti circa venticinque dirigenti ebrei che credevano all’insegnamento di Gesù. In questo gruppo c’erano quattordici uomini che erano allora, o erano recentemente stati, membri del Sinedrio. A questo incontro erano presenti Eber, Matadormus e Giuseppe d’Arimatea.
In questa occasione gli ascoltatori di Gesù erano tutti uomini eruditi, e sia essi che i suoi due apostoli rimasero stupiti dalla vastità e dalla profondità delle osservazioni che il Maestro fece a questo eminente gruppo. Dai tempi in cui aveva insegnato ad Alessandria, a Roma e nelle isole del Mediterraneo, egli non aveva più manifestato tale erudizione e mostrato una tale comprensione degli affari umani, sia secolari che religiosi.
Quando questo breve incontro ebbe termine, andarono tutti via disorientati dalla personalità del Maestro, affascinati dalle sue maniere gentili e piene d’amore per l’uomo. Essi avevano cercato di consigliare Gesù riguardo al suo desiderio di conquistare alla sua causa gli altri membri del Sinedrio. Il Maestro ascoltò attentamente, ma in silenzio, tutte le loro proposte. Egli sapeva bene che nessuno dei loro piani avrebbe funzionato. Presumeva che la maggior parte dei dirigenti ebrei non avrebbe mai accettato il Vangelo del Regno; tuttavia diede a tutti loro quest’altra opportunità di scegliere. Ma quando se ne andò quella sera con Natanaele e Tommaso ad alloggiare sul Monte degli Olivi, egli non aveva ancora deciso il metodo che avrebbe adottato per portare ancora una volta la sua opera all’attenzione del Sinedrio.
Quella notte Natanaele e Tommaso dormirono poco; erano troppo colpiti da quello che avevano udito a casa di Nicodemo. Essi meditarono a lungo sull’osservazione finale di Gesù concernente l’offerta dei membri passati e presenti del Sinedrio di presentarsi con lui davanti ai settanta. Il Maestro disse: “No, fratelli miei, non servirebbe a nulla. Moltiplichereste la collera che ricadrebbe sulle vostre teste, senza mitigare minimamente l’odio che portano a me. Andate, ciascuno di voi, ad occuparvi degli affari del Padre secondo le direttive dello spirito, mentre io ancora una volta porterò il regno alla loro attenzione nella maniera che mio Padre m’indicherà.”
Il mattino successivo i tre andarono a casa di Marta a Betania per la colazione e poi si recarono immediatamente a Gerusalemme. Questo sabato mattina, mentre Gesù e i suoi due apostoli si avvicinavano al tempio, incontrarono un mendicante molto conosciuto, un uomo che era nato cieco, seduto al suo posto abituale. Sebbene questi mendicanti non sollecitassero né ricevessero elemosine nel giorno di sabato, era loro permesso sedersi al loro posto abituale. Gesù si fermò e osservò il mendicante. Mentre fissava quest’uomo che era nato cieco, gli venne in mente l’idea di come portare ancora una volta la sua missione sulla terra all’attenzione del Sinedrio e degli altri dirigenti ed istruttori religiosi ebrei.
Mentre il Maestro stava là davanti al cieco, assorbito in profondi pensieri, Natanaele, riflettendo sulla possibile causa della cecità di quest’uomo, chiese: “Maestro, chi ha peccato, quest’uomo o i suoi genitori, per essere lui nato cieco?”
I rabbini insegnavano che tutti questi casi di cecità dalla nascita erano causati dal peccato. Non solo i bambini erano concepiti e nati nel peccato, ma un figlio poteva nascere cieco come punizione per qualche specifico peccato commesso da suo padre. Essi insegnavano anche che un figlio stesso poteva peccare prima di venire al mondo. Insegnavano pure che tali difetti potevano essere causati da qualche peccato o altra debolezza della madre durante la gravidanza.
In tutte queste regioni c’era una vaga credenza nella reincarnazione. Gli antichi insegnanti ebrei, così come Platone, Filone e molti degli Esseni, tolleravano la teoria che gli uomini possono raccogliere in un’incarnazione ciò che hanno seminato in un’esistenza precedente; così si credeva che in una vita essi espiassero i peccati commessi nelle vite precedenti. Il Maestro trovò difficile far credere agli uomini che la loro anima non aveva avuto esistenze precedenti.
Tuttavia, per quanto sembrasse incoerente, benché tale cecità si ritenesse essere il risultato di un peccato, gli Ebrei stimavano altamente meritorio dare elemosine a questi mendicanti ciechi. Era abitudine di questi ciechi salmodiare continuamente ai passanti: “O sensibili di cuore, acquistate merito aiutando il cieco.”
Gesù intavolò una discussione su questo caso con Natanaele e Tommaso, non solo perché aveva già deciso di utilizzare questo cieco come mezzo per portare quel giorno, ancora una volta, la sua missione all’attenzione dei dirigenti ebrei in modo eclatante, ma anche perché egli incoraggiava sempre i suoi apostoli a ricercare le vere cause di tutti i fenomeni, naturali o spirituali. Egli li aveva avvertiti spesso di evitare la tendenza comune di attribuire delle cause spirituali ad avvenimenti fisici ordinari.
Gesù decise di utilizzare questo mendicante nei suoi piani per il lavoro di quel giorno, ma prima di fare qualcosa per l’uomo cieco, di nome Giosia, procedette a rispondere alla domanda di Natanaele. Disse il Maestro: “Né quest’uomo né i suoi genitori hanno peccato perché le opere di Dio si manifestassero in lui. Questa cecità gli è venuta nel corso naturale degli eventi, ma noi dobbiamo ora compiere le opere di Colui che mi ha mandato mentre è ancora giorno, perché arriverà certamente la notte durante la quale sarà impossibile fare il lavoro che stiamo per compiere. Mentre sono nel mondo, io sono la luce del mondo, ma tra poco non sarò più con voi.”
Quando Gesù ebbe parlato, disse a Natanaele e a Tommaso: “Creiamo la vista a quest’uomo cieco in questo giorno di sabato, affinché gli Scribi e i Farisei possano avere l’occasione giusta che cercano per accusare il Figlio dell’Uomo.” Poi, chinatosi, sputò per terra e mescolò dell’argilla con lo sputo, e parlando di tutto ciò in modo che il cieco potesse sentirlo, si avvicinò a Giosia e mise l’argilla sui suoi occhi ciechi dicendo: “Figlio mio, va a lavare via questa argilla nella piscina di Siloe e recupererai immediatamente la tua vista.” E quando Giosia si fu lavato così nella piscina di Siloe, ritornò dai suoi amici e alla sua famiglia vedendo.
Essendo sempre stato un mendicante, egli non sapeva fare nient’altro; così, quando la prima eccitazione dovuta alla creazione della vista fu passata, egli ritornò al suo posto abituale in cui chiedeva l’elemosina. I suoi amici, i vicini e tutti coloro che l’avevano conosciuto precedentemente, quando notarono che poteva vedere dissero tutti: “Costui non è Giosia il mendicante cieco?” Alcuni dicevano che era lui, mentre altri dicevano: “No, è uno che gli assomiglia, ma quest’uomo può vedere.” Ma quando chiesero all’uomo stesso, egli rispose: “Sono io.”
Quando cominciarono a chiedergli come fosse divenuto capace di vedere, egli rispose loro: “Un uomo chiamato Gesù è passato da qui, e mentre parlava di me con i suoi amici, ha mescolato dell’argilla con uno sputo, ha unto i miei occhi e mi ha ordinato di andare a lavarmi nella piscina di Siloe. Io ho fatto quello che quest’uomo mi ha detto ed ho ricevuto immediatamente la vista. E ciò solo poche ore fa. Io non conosco ancora il significato di molte cose che vedo.” E quando la gente che cominciava a riunirsi attorno a lui chiese dove si poteva trovare lo strano uomo che l’aveva guarito, Giosia poté solo rispondere che non lo sapeva.
Questo è uno dei miracoli più strani del Maestro. Quest’uomo non chiedeva di essere guarito. Egli non sapeva che il Gesù che gli aveva ordinato di lavarsi a Siloe, e che gli aveva promesso che avrebbe visto, fosse il profeta della Galilea che aveva predicato a Gerusalemme durante la festa dei Tabernacoli. Quest’uomo aveva poca fiducia di poter ricevere la vista, ma le persone di quel tempo avevano grande fiducia nell’efficacia dello sputo di un grande o santo uomo; e dalla conversazione di Gesù con Natanaele e Tommaso, Giosia aveva concluso che il suo sedicente benefattore fosse un grand’uomo, un maestro erudito o un santo profeta; conseguentemente egli fece come Gesù gli aveva ordinato.
Gesù utilizzò l’argilla e lo sputo e gli ordinò di lavarsi nella piscina simbolica di Siloe per tre ragioni:
1. Questo non era un miracolo in risposta alla fede di un individuo. Era un prodigio che Gesù scelse di compiere per un proposito personale, ma che egli predispose in modo tale che quest’uomo potesse trarne un profitto permanente.
2. Poiché il cieco non aveva chiesto la guarigione, e poiché la sua fede era debole, questi atti materiali furono suggeriti per incoraggiarlo. Egli credeva nella superstizione dell’efficacia dello sputo e sapeva che la piscina di Siloe era un luogo quasi sacro. Ma difficilmente vi sarebbe andato se non fosse stato necessario per lavare l’argilla con cui era stato unto. L’operazione comportava sufficiente cerimoniale da indurlo ad agire.
3. Ma Gesù aveva una terza ragione per ricorrere a questi metodi materiali in connessione con tale operazione straordinaria: questo era un miracolo prodotto unicamente in obbedienza alla propria scelta, ed in tal modo egli desiderava insegnare ai suoi discepoli di quel tempo e di tutte le epoche successive a non disprezzare o trascurare i metodi materiali per guarire gli ammalati. Egli voleva insegnare loro che dovevano smettere di considerare i miracoli come il solo metodo per curare le malattie umane.
Gesù donò la vista a quest’uomo con un atto miracoloso, questo sabato mattina e a Gerusalemme vicino al tempio, con il proposito primario di compiere quest’atto in aperta sfida al Sinedrio e a tutti gli insegnanti ed i capi religiosi ebrei. Questo fu il suo modo di proclamare un’aperta rottura con i Farisei. Egli era sempre positivo in ogni cosa che faceva. Ed era con il proposito di portare tali materie davanti al Sinedrio che Gesù condusse i suoi due apostoli da quest’uomo nel primo pomeriggio di questo giorno di sabato e provocò deliberatamente quelle discussioni che obbligarono i Farisei a prestare attenzione al miracolo.
A metà del pomeriggio la guarigione di Giosia aveva sollevato tali discussioni attorno al tempio che i capi del Sinedrio decisero di convocare il consiglio nel suo luogo abituale di riunione nel tempio. Ed essi fecero questo in violazione ad una regola stabilita che proibiva la riunione del Sinedrio nel giorno di sabato. Gesù sapeva che la violazione del sabato sarebbe stata una delle principali accuse portate contro di lui al momento della prova finale, e desiderava essere portato davanti al Sinedrio sotto l’imputazione di aver guarito un uomo cieco nel giorno di sabato, quando la sessione stessa dell’alta corte ebraica, sedendo per giudicarlo su questo atto di misericordia, avesse deliberato su tali materie nel giorno di sabato e in diretta violazione delle leggi che si era imposta essa stessa.
Ma essi non chiamarono Gesù davanti a loro; avevano paura di farlo. Invece mandarono subito a chiamare Giosia. Dopo un interrogatorio preliminare, il portavoce del Sinedrio (di cui erano presenti una cinquantina di membri) ordinò a Giosia di raccontare ciò che gli era successo. Dopo la sua guarigione di quella mattina Giosia aveva appreso da Tommaso, da Natanaele e da altri che i Farisei erano irritati perché egli era stato guarito di sabato, e che avrebbero probabilmente creato dei fastidi a tutti gli interessati; ma Giosia non percepiva ancora che Gesù era colui che chiamavano il Liberatore. Così, quando i Farisei lo interrogarono, egli disse: “Quest’uomo è venuto, ha messo dell’argilla sui miei occhi, mi ha detto di andare a lavarmi a Siloe, ed ora io vedo.”
Uno dei Farisei anziani, dopo aver fatto un lungo discorso, disse: “Quest’uomo non può venire da Dio perché potete vedere che non osserva il sabato. Egli viola la legge, primo lavorando l’argilla, poi mandando questo mendicante a lavarsi a Siloe nel giorno di sabato. Un tale uomo non può essere un maestro mandato da Dio.”
Allora uno degli uomini più giovani che credeva segretamente in Gesù disse: “Se quest’uomo non è mandato da Dio, come può fare queste cose? Noi sappiamo che un comune peccatore non può operare tali miracoli. Conosciamo tutti questo mendicante e sappiamo che era nato cieco; ora egli vede. Direte ancora che questo profeta compie tutti questi prodigi con il potere del principe dei demoni?” E per ogni Fariseo che osava accusare e denunciare Gesù se ne alzava un altro per porre delle domande d’intralcio e imbarazzanti, cosicché si formò una seria divisione tra di loro. Il presidente vide che il dibattito stava degenerando e per calmare la discussione si preparò ad interrogare nuovamente l’uomo stesso. Rivolgendosi a Giosia egli disse: “Che cosa hai da dire su quest’uomo, questo Gesù, che tu affermi abbia aperto i tuoi occhi?” E Giosia rispose: “Io penso che sia un profeta.”
I dirigenti furono molto turbati e, non sapendo cos’altro fare, decisero di mandare a chiamare i genitori di Giosia per sapere se egli fosse realmente nato cieco. Essi non volevano credere che il mendicante fosse stato guarito.
Si sapeva bene a Gerusalemme, non solo che l’entrata a tutte le sinagoghe era interdetta a Gesù, ma che tutti coloro che credevano nel suo insegnamento erano similmente espulsi dalla sinagoga, scomunicati dalla congregazione d’Israele; e ciò significava essere privati di tutti i diritti e privilegi d’ogni tipo in tutto il mondo ebraico, salvo il diritto di acquistare il necessario per vivere.
Quando perciò i genitori di Giosia, anime povere ed impaurite, comparvero davanti all’augusto Sinedrio, temevano di parlare liberamente. Il portavoce della corte disse: “Costui è vostro figlio? È corretto da parte nostra ritenere che sia nato cieco? Se questo è vero, com’è che egli ora può vedere?” Ed allora il padre di Giosia, assecondato dalla madre, rispose: “Noi sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco, ma come egli sia giunto a vedere e chi sia stato ad aprire i suoi occhi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui; è in età da rispondere; parli lui per se stesso.”
Essi chiamarono allora Giosia davanti a loro una seconda volta. Essi non stavano approdando a nulla con il loro piano di tenere un processo formale, ed alcuni cominciavano a sentirsi a disagio facendo questo di sabato. Di conseguenza, quando richiamarono Giosia, tentarono d’intrappolarlo con un metodo d’attacco differente. Il funzionario della corte parlò all’ex cieco dicendo: “Perché non rendi gloria a Dio per questo? Perché non ci hai detto tutta la verità su ciò che è accaduto? Sappiamo tutti che quest’uomo è un peccatore. Perché rifiuti di discernere la verità? Sai che tu e quest’uomo siete colpevoli di aver violato il sabato. Non vuoi espiare il tuo peccato riconoscendo Dio come tuo guaritore, se tu affermi ancora che i tuoi occhi sono stati aperti oggi?”
Ma Giosia non era né sciocco né privo d’umorismo; così egli rispose al funzionario della corte: “Se quest’uomo è un peccatore, io non lo so; ma una cosa so - che mentre prima ero cieco ora vedo.” E non riuscendo ad intrappolare Giosia, essi tentarono ancora d’interrogarlo chiedendo: “In quale esatta maniera ti ha aperto gli occhi? Che cosa ti ha effettivamente fatto? Che cosa ti ha detto? Ti ha chiesto di credere in lui?”
Giosia replicò con un po’ d’impazienza: “Vi ho detto esattamente come tutto ciò è avvenuto, e se non avete creduto alla mia testimonianza, perché volete sentirla di nuovo? Volete per caso divenire anche voi suoi discepoli?” Quando Giosia ebbe parlato in questo modo, il Sinedrio si sciolse nella confusione, quasi nella violenza, perché i capi si precipitarono su Giosia, gridando incolleriti: “Tu puoi dire di essere un discepolo di quest’uomo, ma noi siamo discepoli di Mosè e siamo gli insegnanti delle leggi di Dio. Noi sappiamo che Dio ha parlato tramite Mosè, ma quanto a questo Gesù non sappiamo da dove venga.”
Allora Giosia, salito su uno sgabello, gridò a squarciagola a tutti coloro che potevano udirlo, dicendo: “Ascoltate, voi che sostenete di essere i maestri di tutto Israele, io vi dichiaro che c’è molto da meravigliarsi, poiché voi confessate di non sapere da dove viene quest’uomo, e tuttavia sapete con certezza, dalla testimonianza che avete ascoltato, che egli ha aperto i miei occhi. Noi tutti sappiamo che Dio non compie tali opere per i malvagi; che Dio fa una simile cosa soltanto su richiesta di un sincero adoratore - per uno che è santo e retto. Voi sapete che dall’inizio del mondo non si è mai sentito dell’apertura degli occhi di uno che era nato cieco. Guardatemi allora tutti voi, e rendetevi conto di ciò che è stato fatto oggi a Gerusalemme! Io vi dico che se quest’uomo non veniva da Dio non avrebbe fatto questo.” E mentre i membri del Sinedrio si allontanavano in collera ed in confusione, gli gridavano: “Tu sei nato completamente nel peccato, ed ora pretendi d’insegnare a noi? Forse tu non eri realmente nato cieco, ed inoltre, se i tuoi occhi sono stati aperti nel giorno di sabato, questo è stato fatto grazie al potere del principe dei demoni.” Ed essi andarono subito alla sinagoga per espellere Giosia.
Giosia affrontò questa prova con scarse idee su Gesù e sulla natura della sua guarigione. La maggior parte dell’intrepida testimonianza che egli portò con tanta intelligenza e tanto coraggio davanti a questo tribunale supremo di tutto Israele si sviluppò nella sua mente via via che il dibattimento procedeva in questo modo iniquo ed ingiusto.
Per tutto il tempo in cui era in corso questa sessione del Sinedrio in una delle sale del tempio, in violazione del sabato, Gesù passeggiava nelle vicinanze istruendo il popolo sotto il Portico di Salomone, nella speranza di essere convocato davanti al Sinedrio, dove avrebbe potuto annunciare la buona novella della libertà e della gioia della filiazione divina nel regno di Dio. Ma essi avevano paura di mandarlo a chiamare. Erano sempre sconcertati da queste improvvise apparizioni pubbliche di Gesù a Gerusalemme. L’occasione giusta che avevano così ardentemente cercato, Gesù ora la offriva loro, ma essi temevano di portarlo davanti al Sinedrio anche come testimone, e avevano ancor più paura di arrestarlo.
Si era a metà dell’inverno a Gerusalemme e la gente cercava parziale riparo sotto il Portico di Salomone; e mentre Gesù vi sostava, le folle gli posero molte domande, ed egli le istruì per più di due ore. Alcuni insegnanti ebrei cercarono di prenderlo in trappola chiedendogli pubblicamente: “Per quanto tempo ci terrai in sospeso? Se sei il Messia, perché non ce lo dici apertamente?” Gesù disse: “Vi ho parlato molte volte di me stesso e di mio Padre, ma voi non avete voluto credermi. Non vedete che le opere che compio in nome di mio Padre portano testimonianza per me? Ma molti di voi non credono perché non appartengono al mio gregge. L’insegnante della verità attira soltanto coloro che hanno fame di verità e sete di rettitudine. Le mie pecore ascoltano la mia voce ed io conosco loro ed esse mi seguono. E a tutti coloro che seguono il mio insegnamento io dono la vita eterna; essi non periranno mai e nessuno li strapperà dalle mie mani. Mio Padre, che mi ha dato questi figli, è più grande di tutti, cosicché nessuno può portarli via dalle mani di mio Padre. Il Padre ed io siamo uno.” Alcuni Ebrei non credenti si precipitarono verso dove si stava ancora costruendo il tempio per raccogliere delle pietre e scagliarle su Gesù, ma i credenti glielo impedirono.
Gesù proseguì il suo insegnamento: “Io vi ho mostrato molte opere amorevoli compiute dal Padre, così ora vorrei chiedervi per quale di queste buone opere pensate di lapidarmi?” Ed allora uno dei Farisei rispose: “Noi non vogliamo lapidarti per nessuna delle tue buone opere, ma a causa delle tue bestemmie, perché tu, essendo un uomo, osi eguagliarti a Dio.” E Gesù rispose: “Voi accusate il Figlio dell’Uomo di bestemmia perché rifiutate di credermi quando vi dichiaro che sono stato inviato da Dio. Se non compio le opere di Dio non mi credete, ma se compio le opere di Dio, anche se non credete in me, pensavo che credeste alle opere. Ma affinché possiate essere certi di ciò che proclamo, lasciatemi nuovamente affermare che il Padre è in me ed io nel Padre, e che, come il Padre dimora in me così io dimorerò in ognuno che crede a questo Vangelo.” E quando il popolo udì queste parole, molti di loro corsero a prendere delle pietre per lanciarle su di lui, ma egli uscì dai recinti del tempio e incontrando Natanaele e Tommaso, che avevano assistito alla sessione del Sinedrio, attese con loro vicino al tempio fino a che Giosia non fu uscito dalla sala del consiglio.
Gesù e i due apostoli andarono a cercare Giosia a casa sua solo dopo aver appreso la sua esclusione dalla sinagoga. Quando giunsero a casa sua, Tommaso lo chiamò fuori nel cortile, e Gesù, parlandogli, disse: “Giosia, credi tu nel Figlio di Dio?” E Giosia rispose: “Dimmi chi è affinché io possa credere in lui.” E Gesù disse: “Tu l’hai visto e udito, ed è colui che ora ti parla.” E Giosia disse: “Signore, io credo”, e caduto in ginocchio lo adorò.
Quando Giosia seppe che era stato espulso dalla sinagoga, fu dapprima assai abbattuto, ma fu molto incoraggiato quando Gesù gli ordinò di prepararsi immediatamente ad andare con loro al campo di Pella. Quest’uomo semplice di Gerusalemme era in verità stato espulso da una sinagoga ebrea, ma ecco che il Creatore dell’ Universo lo portava con sé per associarlo alla nobiltà spirituale di quel tempo e di quella generazione.
Ed ora Gesù lasciò Gerusalemme per non ritornarvi più fino all’avvicinarsi del momento in cui si preparava a lasciare questo mondo. Il Maestro ritornò a Pella con i due apostoli e Giosia. E Giosia si dimostrò uno dei beneficiari del ministero miracoloso del Maestro che corrispose fruttuosamente, perché divenne un predicatore del Vangelo del Regno per tutta la sua vita.
MARTEDÌ 3 gennaio dell’anno 30 d.C., Abner, il vecchio capo dei dodici apostoli di Giovanni il Battista, un nazireo ed un tempo capo della scuola nazirea di Engaddi, ora capo dei settanta messaggeri del regno, convocò i suoi collaboratori e diede loro le istruzioni finali prima di mandarli in missione in tutte le città ed i villaggi della Perea. Questa missione in Perea proseguì per quasi tre mesi e fu l’ultimo ministero del Maestro. Dopo questi lavori Gesù andò direttamente a Gerusalemme per passare attraverso le sue esperienze finali nella carne. I settanta, supportati dalle attività periodiche di Gesù e dei dodici apostoli, lavorarono nelle seguenti città e cittadine e in una cinquantina di altri villaggi: Zafon, Gadara, Macad, Arbela, Rama, Edrei, Bosora, Caspin, Mispa, Gerasa, Ragaba, Succot, Amatus, Adam, Penuel, Capitolia, Dion, Hatita, Gadda, Filadelfia, Jogbea, Galaad, Bet-Nimrà, Tiro, Elealà, Livia, Chesbon, Callirroe, Bet-Peor, Sittim, Sibma, Medeba, Bet-Meon, Areopoli ed Aroer.
Durante tutto questo giro della Perea il corpo delle donne, ora di sessantadue membri, si addossò la maggior parte del lavoro di curare gli ammalati. Questo fu il periodo finale dello sviluppo degli aspetti spirituali più elevati del Vangelo del Regno, e di conseguenza non fu compiuto alcun miracolo. In nessun’altra parte della Palestina gli apostoli e i discepoli di Gesù lavorarono così a fondo, e in nessun’altra regione l’insegnamento del Maestro fu accettato così generalmente dalle classi migliori di cittadini.
La Perea in questo periodo era popolata quasi ugualmente da Gentili e da Ebrei; in genere gli Ebrei erano stati trasferiti da queste regioni durante l’epoca di Giuda Maccabeo. La Perea era la più bella e pittoresca provincia di tutta la Palestina. Gli Ebrei la chiamavano generalmente “il paese al di là del Giordano”
Per tutto questo periodo Gesù divise il suo tempo tra il campo di Pella e gli spostamenti con i dodici per assistere i settanta nelle varie città dove essi insegnavano e predicavano. Seguendo le istruzioni di Abner, i settanta battezzavano tutti i credenti, sebbene Gesù non li avesse incaricati di farlo.
A metà gennaio più di milleduecento persone erano riunite a Pella, e Gesù istruiva questa moltitudine almeno una volta il giorno quando risiedeva al campo, parlando di solito alle nove di mattina se non era ostacolato dalla pioggia. Pietro e gli altri apostoli insegnavano ogni pomeriggio. Gesù riservava la sera per le sessioni abituali di domande e risposte con i dodici ed altri discepoli avanzati. I gruppi serali erano di circa cinquanta persone.
A metà marzo, al momento in cui Gesù cominciò il suo viaggio verso Gerusalemme, più di quattromila persone componevano il vasto uditorio che ascoltava Gesù o Pietro predicare tutte le mattine. Il Maestro scelse di terminare la sua opera sulla terra quando l’interesse per il suo messaggio aveva raggiunto un punto elevato, il punto più alto raggiunto in questa seconda fase del progresso del regno, o fase senza miracoli. Mentre i componenti i tre quarti della moltitudine erano dei cercatori di verità, era anche presente un gran numero di Farisei provenienti da Gerusalemme e da altre parti, così come numerosi increduli e cavillatori.
Gesù e i dodici apostoli dedicarono molto del loro tempo alla moltitudine riunita al campo di Pella. I dodici prestarono poca o nessuna attenzione al lavoro al campo; essi si limitarono ad uscire con Gesù per visitare di tanto in tanto gli collaboratori di Abner. Abner conosceva molto bene il distretto della Perea, poiché questo era il territorio in cui il suo precedente maestro, Giovanni il Battista, aveva svolto la maggior parte della sua opera. Dopo aver iniziato la missione in Perea, Abner e i settanta non tornarono mai più al campo di Pella.
Un gruppo di più di trecento abitanti di Gerusalemme, Farisei ed altri, seguì Gesù verso il nord a Pella quando egli fuggì in fretta dalla giurisdizione dei dirigenti ebrei alla fine della festa della Dedicazione. E fu in presenza di questi insegnanti e capi ebrei, così come dei dodici apostoli, che Gesù predicò il discorso sul “Buon pastore”. Dopo mezz’ora di discussioni informali, parlando ad un gruppo di un centinaio di persone, Gesù disse:
“Questa sera ho parecchie cose da dirvi, e poiché molti di voi sono miei discepoli ed alcuni di voi miei acerrimi nemici, presenterò il mio insegnamento in forma di parabola, in modo che ciascuno di voi possa prendere per sé ciò che trova accoglienza nel suo cuore.
“Questa sera, qui davanti a me, ci sono degli uomini disposti a morire per me e per questo Vangelo del Regno, e alcuni di loro si sacrificheranno così negli anni futuri; e qui vi sono anche alcuni di voi, schiavi della tradizione, che mi hanno seguito da Gerusalemme e che, con i loro capi ottenebrati ed illusi, cercano di uccidere il Figlio dell’Uomo. La vita che io vivo ora nella carne giudicherà le due categorie, i veri pastori ed i falsi pastori. Se il falso pastore fosse cieco, non sarebbe colpevole di peccato; ma voi sostenete di vedere, professate di essere i maestri d’Israele; perciò il vostro peccato rimane su di voi.
“Il vero pastore riunisce il suo gregge nell’ovile per la notte nei momenti di pericolo. E quando si fa giorno entra nell’ovile per la porta, e quando chiama, le pecore conoscono la sua voce. Ogni pastore che entra nell’ovile in qualsiasi altro modo se non per la porta è un ladro e un predone. Il vero pastore entra nell’ovile dopo che il guardiano gli ha aperto la porta, e le sue pecore, conoscendo la sua voce, escono al suo richiamo; e quando quelle sue si sono riunite, il vero pastore va davanti a loro; egli va in testa e le pecore lo seguono. Le sue pecore lo seguono perché conoscono la sua voce; non seguiranno uno straniero. Esse fuggiranno dallo straniero perché non conoscono la sua voce. Questa folla che è riunita qui presso di noi è simile a delle pecore senza un pastore, ma quando noi le parliamo, essa conosce la voce del pastore e ci segue; o almeno lo fanno coloro che hanno fame di verità e sete di rettitudine. Alcuni di voi non appartengono al mio ovile; voi non conoscete la mia voce e non mi seguite. E poiché voi siete dei falsi pastori, le pecore non conoscono la vostra voce e non vi seguiranno.”
E quando Gesù ebbe raccontato questa parabola, nessuno gli pose domande. Dopo qualche momento egli riprese a parlare e proseguì analizzando la parabola:
“Voi che vorreste essere i pastori ausiliari delle greggi di mio Padre dovete non solo essere dei capi degni, ma dovete anche nutrire il gregge con del buon cibo; voi non siete veri pastori se non conducete le vostre greggi in pascoli verdi e ad acque tranquille.
“Ed ora, per tema che alcuni di voi comprendano troppo facilmente questa parabola, dichiarerò che io sono la porta dell’ovile del Padre e allo stesso tempo il vero pastore delle greggi di mio Padre. Ogni pastore che cerca di entrare nell’ovile senza di me non ci riuscirà, e le pecore non ascolteranno la sua voce. Io, con coloro che lavorano con me, sono la porta. Ogni anima che entra nella via eterna mediante i mezzi che ho creato e ordinato sarà salvata e potrà proseguire verso il raggiungimento dei pascoli eterni del Paradiso.
“Ma io sono anche il vero pastore che è disposto pure ad offrire la sua vita per le pecore. Il ladro penetra nell’ovile solo per rubare, uccidere e distruggere; ma io sono venuto affinché voi tutti possiate avere la vita, ed averla più abbondantemente. Il mercenario, quando giunge un pericolo, fuggirà e lascerà che le pecore siano disperse e uccise; ma il vero pastore non fuggirà quando arriva il lupo; egli proteggerà il suo gregge e, se necessario, darà la sua vita per le sue pecore. In verità, in verità vi dico, amici e nemici, io sono il vero pastore; io conosco i miei ed i miei conoscono me. Io non fuggirò di fronte al pericolo. Terminerò questo servizio di completamento della volontà di mio Padre e non abbandonerò il gregge che il Padre ha affidato alla mia custodia.
“Ma io ho molte altre pecore che non sono di questo ovile, e queste parole sono valide non soltanto per questo mondo. Queste altre pecore ascoltano e conoscono anch’esse la mia voce, ed io ho promesso a mio Padre che esse saranno tutte riunite in un solo ovile, in una sola fraternità dei figli di Dio. Ed allora voi conoscerete tutti la voce di un solo pastore, del vero pastore, e riconoscerete tutti la paternità di Dio.
“E così saprete perché il Padre mi ama ed ha messo tutte le sue greggi di questo dominio nelle mie mani affinché le custodisca; questo perché il Padre sa che io non vacillerò nella salvaguardia dell’ovile, che non abbandonerò le mie pecore e che, se sarà necessario, non esiterò a donare la mia vita al servizio delle sue molteplici greggi. Ma ricordatevi, se io abbandono la mia vita, la riprenderò. Nessun uomo né nessun’altra creatura possono togliermi la vita. Io ho il diritto e il potere di donare la mia vita, ed ho lo stesso potere e lo stesso diritto di riprenderla. Voi non potete comprendere questo, ma io ho ricevuto tale autorità da mio Padre ancora prima che questo mondo fosse.”
Quando udirono queste parole, i suoi apostoli furono confusi, i suoi discepoli stupefatti, mentre i Farisei di Gerusalemme e dei dintorni si allontanarono nella notte dicendo: “O è matto o è posseduto da un demone.” Ma alcuni insegnanti di Gerusalemme dicevano anche: “Egli parla come uno che ha autorità; d’altronde, chi ha mai visto uno posseduto da un demone aprire gli occhi di un uomo nato cieco e compiere tutte le cose meravigliose che quest’uomo ha compiuto?”
L’indomani circa la metà di questi insegnanti ebrei professarono di credere in Gesù, e l’altra metà ritornò sgomenta a Gerusalemme a casa propria.
Alla fine di gennaio le moltitudini del sabato pomeriggio contavano quasi tremila persone. Sabato 28 gennaio Gesù pronunciò il memorabile discorso su “Fiducia e preparazione spirituale”. Dopo alcune osservazioni preliminari di Simon Pietro, il Maestro disse:
“Ciò che ho detto molte volte ai miei apostoli e ai miei discepoli ora lo dichiaro a questa folla: guardatevi dal lievito dei Farisei che è l’ipocrisia, nata dal pregiudizio e nutrita nella schiavitù della tradizione, sebbene molti di questi Farisei siano onesti di cuore ed alcuni di loro si trovino qui come miei discepoli. Fra poco comprenderete tutti il mio insegnamento, perché ora non c’è niente di segreto che non sarà rivelato. Ciò che vi è ora nascosto sarà fatto conoscere a tutti quando il Figlio dell’Uomo avrà completato la sua missione sulla terra e nella carne.
“Presto, molto presto, le cose che i nostri nemici progettano ora in segreto e nell’oscurità saranno portate alla luce e proclamate dai tetti delle case. Ma io vi dico, amici miei, quando essi cercheranno di distruggere il Figlio dell’Uomo non abbiate paura di loro. Non temete coloro che, pur essendo capaci di uccidere il corpo, non hanno poi più alcun potere su di voi. Io vi esorto a non temere nessuno, né in cielo né in terra, ma di godere nella conoscenza di Colui che ha il potere di liberarvi da ogni iniquità e di presentarvi irreprensibili davanti al tribunale di un Universo.
“Non si vendono cinque passeri per due soldi? E tuttavia, quando questi uccelli volano in cerca di cibo, nessuno di loro esiste all’insaputa del Padre, sorgente di tutta la vita. Per i Guardiani Serafici i capelli stessi della vostra testa sono contati. E se tutto ciò è vero, perché dovreste vivere nel timore delle numerose inezie che insorgono nella vostra vita quotidiana? Io vi dico: non temete; voi avete ben più valore di molti passeri.
“Tutti quelli tra di voi che hanno avuto il coraggio di confessare la loro fede nel mio Vangelo davanti agli uomini io li riconoscerò subito davanti agli angeli del cielo; ma chiunque avrà coscientemente negato la verità dei miei insegnamenti davanti agli uomini sarà rinnegato dal suo guardiano del destino anche davanti agli angeli del cielo.
“Dite ciò che volete sul Figlio dell’Uomo, e ciò sarà perdonato; ma chiunque osa bestemmiare contro Dio non troverà perdono. Quando gli uomini giungono al punto di attribuire coscientemente gli atti di Dio alle forze del male, tali ribelli deliberati non troveranno perdono per i loro peccati.
“E quando i nostri nemici vi porteranno davanti ai dirigenti delle sinagoghe e davanti alle altre elevate autorità, non preoccupatevi di ciò che dovreste dire e non inquietativi per come dovreste rispondere alle loro domande, perché lo spirito che dimora in voi v’insegnerà certamente in quel preciso momento ciò che dovreste dire in onore del Vangelo del Regno.
“Per quanto tempo indulgerete nella valle della decisione? Perché vi fermate tra due opinioni? Perché un Ebreo o un Gentile dovrebbe esitare ad accettare la buona novella che egli è un figlio del Dio eterno? Quanto tempo vi ci vorrà per persuadervi ad entrare gioiosamente nella vostra eredità spirituale? Io sono venuto in questo mondo per rivelarvi il Padre e per condurvi al Padre. Io ho fatto la prima cosa, ma la seconda non posso farla senza il vostro consenso; il Padre non obbliga mai nessuno ad entrare nel regno. L’invito è sempre stato e sarà sempre: chiunque lo voglia, venga e partecipi liberamente dell’acqua della vita.”
Quando Gesù ebbe finito di parlare, molti andarono a farsi battezzare dagli apostoli nel Giordano, mentre egli ascoltava le domande di coloro che erano rimasti.
Mentre gli apostoli battezzavano i credenti, il Maestro parlava a coloro che aspettavano. Ed un giovane uomo gli disse: “Maestro, mio padre è morto lasciando molti beni a me e a mio fratello, ma mio fratello rifiuta di darmi ciò che è mio. Vuoi tu, allora, chiedere a mio fratello di dividere questa eredità con me?” Gesù s’indignò un po’ che questo giovane di mente materiale portasse in discussione una simile questione d’affari, ma approfittò dell’occasione per impartire ulteriori insegnamenti. Disse Gesù: “Uomo, chi mi ha incaricato come vostro divisore? Dove hai preso l’idea che io presti attenzione agli affari materiali di questo mondo?” E poi, rivolgendosi a tutti coloro che erano vicino a lui, disse: “Fate attenzione e guardatevi dalla cupidigia; la vita di un uomo non consiste nell’abbondanza delle cose che possiede. La felicità non deriva dal potere delle proprietà e la gioia non proviene dalle ricchezze. La ricchezza, in se stessa, non è una maledizione, ma l’amore per le ricchezze molte volte porta ad una tale devozione per le cose di questo mondo che l’anima diviene cieca alle splendide attrattive delle realtà spirituali del regno di Dio sulla terra e alle gioie della vita eterna in cielo.
“Lasciate che vi racconti la storia di un uomo ricco le cui terre producevano abbondanti raccolti, e quando fu diventato molto ricco, egli si mise a ragionare tra sé e sé dicendo: ‘Che cosa farò di tutte le mie ricchezze? Possiedo ora così tanto che non ho posto per immagazzinare la mia ricchezza.’ Dopo che ebbe meditato sul suo problema disse: ‘Farò questo; demolirò i miei granai e ne costruirò di più grandi, e così avrò spazio sufficiente in cui immagazzinare i miei frutti ed i miei beni. Allora potrò dire alla mia anima: anima, hai molti beni di riserva per molti anni; prendine ora a tuo piacere; mangia, bevi e sii felice, perché sei ricca e i tuoi beni sono aumentati.’
“Ma questo uomo ricco era anche insensato. Provvedendo alle necessità materiali della sua mente e del suo corpo egli aveva dimenticato di accumulare dei tesori in cielo per la soddisfazione dello spirito e la salvezza dell’anima. Ed inoltre non avrebbe goduto del piacere di consumare le sue ricchezze accumulate, perché quella notte stessa la sua anima gli fu richiesta. Quella notte vennero i briganti che penetrarono nella sua casa e lo uccisero, e dopo aver saccheggiato i suoi granai bruciarono ciò che restava. Quanto ai beni che sfuggirono ai ladri, i suoi eredi si misero a litigare tra di loro. Quest’uomo aveva ammassato dei tesori per se stesso sulla terra, ma non era ricco verso Dio.”
Gesù si comportò così con il giovane uomo e la sua eredità perché sapeva che il suo problema era la cupidigia. Anche se questo non fosse stato il caso, il Maestro non avrebbe interferito, perché non s’immischiava mai negli affari temporali anche dei suoi apostoli, e tanto meno in quelli dei suoi discepoli.
Quando Gesù ebbe terminato la sua storia, un altro uomo si alzò e gli chiese: “Maestro, so che i tuoi apostoli hanno venduto tutti i loro beni terreni per seguirti, e che essi hanno ogni cosa in comune come fanno gli Esseni, ma vorresti che tutti noi che siamo tuoi discepoli facessimo altrettanto? È peccato possedere una ricchezza onesta?” E Gesù rispose a questa domanda: “Amico mio, non è peccato avere una ricchezza onorevole; ma è peccato se converti la ricchezza di beni materiali in tesori che possono assorbire il tuo interesse e stornare la tua affezione dalla devozione agli scopi spirituali del regno. Non c’è peccato a possedere dei beni onesti sulla terra, purché il vostro tesoro sia in cielo, perché dov’è il vostro tesoro là sarà anche il vostro cuore. C’è una grande differenza tra la ricchezza che conduce alla cupidigia e all’egoismo e quella che è posseduta e dispensata nello spirito di gestione da coloro che hanno un’abbondanza di questi beni del mondo, e che contribuiscono così generosamente al sostentamento di coloro che consacrano tutte le loro energie all’opera del regno. Molti di voi che siete qui privi di denaro siete nutriti ed alloggiati nel vicino villaggio di tende perché uomini e donne abbondanti di mezzi hanno dato dei fondi al vostro ospite, Davide Zebedeo, a tale scopo.
“Ma non dimenticate mai che, dopotutto, la ricchezza non è duratura. L’amore per le ricchezze troppo spesso offusca, ed anche distrugge, la visione spirituale. Non mancate di riconoscere il pericolo che la ricchezza divenga, non il vostro servo, ma il vostro padrone.”
Gesù non insegnò né incoraggiò l’imprevidenza, l’ozio, l’indifferenza a provvedere alle necessità materiali della propria famiglia, o di dipendere da elemosine. Ma insegnò che ciò che è materiale e temporale deve essere subordinato al benessere dell’anima e al progresso della natura spirituale nel regno dei cieli.
Poi, mentre la gente scendeva verso il fiume per assistere ai battesimi, il primo uomo venne in privato da Gesù per parlare della sua eredità, perché riteneva che Gesù l’avesse trattato duramente; e dopo che il Maestro l’ebbe ascoltato di nuovo, replicò: “Figlio mio, perché tralasci l’opportunità di nutrirti del pane della vita in un giorno come questo per indulgere alla tua inclinazione alla cupidigia? Non sai che le leggi ebraiche sull’eredità saranno applicate con giustizia se andrai a portare la tua lagnanza al tribunale della sinagoga? Non vedi che la mia opera consiste nell’assicurarmi che tu conosca la tua eredità celeste? Non hai letto nella Scrittura: ‘C’è colui che diventa ricco per la sua prudenza e per la grande parsimonia, e questa è la parte della sua ricompensa, poiché egli dice: ‘ho trovato la tranquillità ed ora potrò mangiare continuamente dei mie beni, non sapendo egli ancora ciò che il tempo gli porterà ed anche che dovrà lasciare tutte queste cose agli altri quando morirà.’ Non hai letto il comandamento: ‘Tu non sarai bramoso.’ Ed anche: ‘Essi hanno mangiato e si sono saziati e sono diventati grassi, e poi si sono rivolti ad altri dei.’ Hai letto nei Salmi che ‘il Signore detesta i bramosi’ e che ‘il poco che possiede un uomo retto vale di più delle ricchezze di molti malvagi.’ ‘Se la tua ricchezza aumenta, non attaccare il tuo cuore ad essa.’ Hai letto dove Geremia dice: ‘Che il ricco non si glorifichi nelle sue ricchezze’; ed Ezechiele espresse la verità quando disse: ‘Con la loro bocca fanno mostra d’amore, ma il loro cuore è attaccato ai loro profitti egoisti.’ ”
Gesù congedò il giovane uomo, dicendogli: “Figlio mio, quale profitto avrai se conquisterai il mondo intero e perderai la tua anima?”
Ad un altro che stava vicino e che chiese a Gesù come sarebbe stato trattato il ricco nel giorno del giudizio, egli rispose: “Io non sono venuto a giudicare né il ricco né il povero, ma la vita che gli uomini vivono li giudicherà tutti. Per quanto concerne il giudizio del ricco, tutti coloro che hanno acquisito una grande ricchezza dovranno rispondere ad almeno tre domande, e queste domande sono:
“1. Quanta ricchezza hai accumulato?
“2. Come hai acquisito questa ricchezza?
“3. Come hai impiegato la tua ricchezza?”
Poi Gesù si ritirò nella sua tenda per riposarsi un po’ prima del pasto della sera. Quando gli apostoli ebbero finito di battezzare, tornarono anch’essi e avrebbero voluto parlare con lui della ricchezza sulla terra e del tesoro in cielo, ma egli dormiva.
Quella sera dopo la cena, quando Gesù e i dodici si riunirono per la loro conferenza quotidiana, Andrea chiese: “Maestro, mentre noi battezzavamo i credenti, tu hai detto molte parole alla moltitudine che indugiava e che noi non abbiamo ascoltato. Vorresti ripetere queste parole per il nostro beneficio?” E in risposta alla richiesta di Andrea, Gesù disse:
“Sì, Andrea, vi parlerò di queste materie della ricchezza e dei mezzi di sostentamento, ma le mie parole a voi, gli apostoli, dovranno essere un po’ differenti da quelle dette ai discepoli e alla moltitudine, poiché voi avete lasciato ogni cosa, non solo per seguirmi, ma per essere ordinati ambasciatori del regno. Voi avete già avuto parecchi anni d’esperienza e sapete che il Padre, il cui regno proclamate, non vi abbandonerà. Voi avete consacrato la vostra vita al ministero del regno; perciò non siate inquieti o preoccupati per le cose della vita temporale, per ciò che mangerete, né per il vostro corpo o per ciò che indosserete. Il benessere dell’anima vale più del cibo e della bevanda; il progresso nello spirito trascende di molto il bisogno di vestirsi. Quando siete tentati di dubitare della sicurezza del vostro pane quotidiano, considerate i corvi; essi non seminano né raccolgono, non hanno né magazzini né granai, eppure il Padre provvede il cibo per ciascuno di loro che lo cerca. Quanto più valore avete voi di molti uccelli! Inoltre, ogni vostra ansietà o dubbio inquietante non possono fare nulla per soddisfare i vostri bisogni materiali. Chi di voi con la sua ansietà può aggiungere un palmo di mano alla sua statura o un giorno alla sua vita? Poiché tali materie non sono nelle vostre mani, perché pensate con preoccupazione a tutti questi problemi?
“Considerate i gigli, come crescono; essi non lavorano né filano, e tuttavia io vi dico che nemmeno Salomone, in tutta la sua gloria, è stato abbigliato come uno di loro. Se Dio riveste così l’erba del campo, che oggi vive e domani viene tagliata e gettata nel fuoco, quanto meglio vestirà voi, gli ambasciatori del regno celeste. O voi di poca fede! Mentre vi consacrate di tutto cuore alla proclamazione del Vangelo del Regno non dovreste avere delle menti dubbiose sul mantenimento di voi stessi o delle famiglie che avete abbandonato. Se donate veramente la vostra vita al Vangelo, voi vivrete per mezzo del Vangelo. Se siete soltanto dei discepoli credenti, dovete guadagnare il vostro pane e contribuire al mantenimento di tutti coloro che insegnano e predicano e guariscono. Se siete preoccupati per il cibo e l’acqua, in che cosa siete diversi dalle nazioni del mondo che cercano così assiduamente queste necessità? Consacratevi al vostro lavoro, con la convinzione che il Padre ed io sappiamo entrambi che avete bisogno di tutte queste cose. Lasciate che vi assicuri, una volta per tutte, che se voi dedicate la vostra vita all’opera del regno, tutti i vostri bisogni reali saranno soddisfatti. Cercate la cosa più grande, e troverete quella minore contenuta in essa; chiedete le cose celesti, e le cose terrene vi saranno incluse. L’ombra segue certamente la sostanza.
“Voi siete solo un piccolo gruppo, ma se avete fede, se non vacillerete nella paura, io dichiaro che è grande piacere di mio Padre darvi questo regno. Voi avete ammassato i vostri tesori dove il denaro non diventa vecchio, dove nessun ladro può rubarlo, e dove nessuna tarma può distruggerlo. Come ho detto al popolo, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
“Ma nell’opera che ci attende nell’immediato, e in quella che resterà per voi dopo che io andrò al Padre, voi sarete severamente messi alla prova. Dovrete stare tutti in guardia contro la paura e i dubbi. Che ciascuno di voi si rimbocchi le maniche nella propria mente e tenga la sua lampada accesa. Comportatevi come degli uomini che stanno aspettando che il loro padrone torni dalla festa di matrimonio, affinché, quando arriva e bussa, possiate aprirgli prontamente. Tali servi vigilanti saranno benedetti dal padrone che li troverà fedeli in questa importante occasione. Allora il padrone farà sedere i suoi servi mentre lui stesso li serve. In verità, in verità vi dico che una crisi è imminente nella vostra vita, ed è necessario che vegliate e siate pronti.
“Voi comprendete bene che nessun uomo lascerebbe che un ladro penetrasse nella sua casa se sapesse in quale ora il ladro verrà. Vegliate anche su voi stessi, perché nel momento che meno sospettate e nella maniera che non immaginate il Figlio dell’Uomo se ne andrà.”
Per alcuni minuti i dodici rimasero seduti in silenzio. Essi avevano già ascoltato in precedenza alcuni di questi avvertimenti, ma non nel contesto presentato loro in questo momento.
Mentre erano seduti a riflettere, Simon Pietro chiese: “Racconti questa parabola per noi, tuoi apostoli, o è destinata a tutti i discepoli? E Gesù rispose:
“Nell’ora della prova si rivela l’anima di un uomo; la prova svela ciò che realmente c’è nel cuore. Quando il servo è fidato e provato, allora il padrone della casa può inserire tale servo nella sua famiglia e fidarsi senza pericolo di questo fedele intendente per badare che i suoi figli siano allevati e nutriti. Similmente io saprò presto a chi posso affidare il benessere dei miei figli dopo che sarò tornato al Padre. Come il padrone della casa affiderà al servo fedele e provato gli affari della sua famiglia, così io eleverò coloro che sopporteranno le prove di quest’ora negli affari del mio regno.
“Ma se il servo è indolente e comincia a dire in cuor suo ‘il mio padrone tarda a tornare’, e comincia a maltrattare i suoi compagni servi e a mangiare e bere con gli ubriaconi, allora il padrone di quel servo giungerà in un momento in cui egli non lo aspetterà, e trovandolo infedele lo caccerà via in disgrazia. Perciò voi farete bene a prepararvi per il giorno in cui sarete visitati improvvisamente ed in maniera inattesa. Ricordatevi che vi è stato dato molto; quindi vi sarà chiesto molto. Terribili prove si stanno avvicinando per voi. Io ho un battesimo a cui devo sottopormi, e vigilerò fino a che ciò non sia compiuto. Voi predicate pace in terra, ma la mia missione non porterà la pace negli affari materiali degli uomini - non per il momento almeno. La divisione può essere il solo risultato quando due membri di una famiglia credono in me e tre membri respingono questo Vangelo. Amici, parenti e persone care sono destinate a mettersi gli uni contro gli altri a causa del Vangelo che predicate. È vero, ognuno di questi credenti avrà una pace grande e duratura nel suo cuore, ma la pace sulla terra non verrà fino a che tutti non saranno disposti a credere e ad entrare nella loro gloriosa eredità di filiazione con Dio. Ciononostante, andate in tutto il mondo a proclamare questo Vangelo a tutte le nazioni, ad ogni uomo, donna e bambino.”
E così terminò un giorno di sabato pieno ed intenso. L’indomani Gesù e i dodici partirono per le città della Perea settentrionale per visitare i settanta che stavano lavorando in queste regioni sotto la supervisione di Abner.