CAP 35.Ultime esortazioni ed avvertimenti

DOPO la conclusione del discorso di addio agli undici, Gesù si trattenne informalmente con loro e ricordò molte esperienze che li riguardavano come gruppo e come individui. Alla fine cominciò a farsi evidente a questi Galilei che il loro amico e maestro stava per lasciarli, e la loro speranza si aggrappava alla promessa che, poco tempo dopo, egli sarebbe stato di nuovo con loro, ma essi erano inclini a dimenticare che questa visita di ritorno sarebbe stata anch’essa di breve durata. Molti degli apostoli e dei principali discepoli credevano realmente che questa promessa di tornare per breve tempo (il breve intervallo tra la risurrezione e l’ascensione) indicasse che Gesù se ne stava andando solo per una breve visita a suo Padre, dopo di che sarebbe tornato per instaurare il regno. Una tale interpretazione del suo insegnamento era conforme sia alle loro credenze preconcette che alle loro ardenti speranze. Poiché le loro antiche credenze e speranze di vedere realizzati i loro voti erano in tal modo corrisposte, non fu difficile per loro trovare un’interpretazione delle parole del Maestro che giustificasse i loro intensi desideri.

Dopo che il discorso di addio fu analizzato e cominciò ad essere assimilato dalla loro mente, Gesù riunì di nuovo gli apostoli per comunicare le sue ultime esortazioni ed avvertimenti.

1. Le ultime parole di conforto

Quando gli undici ebbero ripreso il loro posto, Gesù si alzò e disse loro: “Fintanto che io sono con voi nella carne, posso essere solo un individuo tra voi o nel mondo intero. Ma quando sarò stato liberato da questo rivestimento di natura mortale, sarò in grado di ritornare come presenza spirituale in ciascuno di voi e in tutti gli altri credenti in questo Vangelo del Regno. In tal modo il Figlio dell’Uomo diverrà un’incarnazione spirituale nell’anima di tutti i veri credenti.

“Quando sarò ritornato a vivere in voi e ad operare attraverso voi, potrò condurvi nel miglior modo possibile in questa vita e guidarvi attraverso le numerose dimore della vita futura nel cielo dei cieli. La vita nella creazione eterna del Padre non è un riposo senza fine nell’inattività e nelle proprie comodità, ma piuttosto una progressione incessante in grazia, in verità ed in gloria. Ognuna delle numerosissime tappe nella casa di mio Padre è un luogo di sosta, una vita destinata a prepararvi per quella successiva. E così i figli della luce proseguiranno di gloria in gloria fino a raggiungere lo stato divino in cui saranno spiritualmente resi perfetti, così come il Padre è perfetto in tutte le cose.

“Se voleste seguirmi quando vi lascerò, fate i vostri sforzi più ferventi per vivere conformemente allo spirito dei miei insegnamenti e all’ideale della mia vita - il compimento della volontà di mio Padre. Fate questo invece di tentare d’imitare la mia vita naturale nella carne quale mi è stata chiesta, per necessità, di vivere in questo mondo.

“Il Padre mi ha mandato in questo mondo, ma solo pochi di voi hanno scelto di accogliermi pienamente. Io spargerò il mio spirito su tutta la carne, ma non tutti gli uomini sceglieranno di ricevere questo nuovo istruttore come guida e consigliere della loro anima. Ma tutti quelli che lo riceveranno saranno illuminati, purificati e confortati. E questo Spirito della Verità diverrà in loro una sorgente d’acqua viva che zampillerà fino alla vita eterna.

“Ed ora, mentre sto per lasciarvi, vorrei pronunciare delle parole di conforto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Vi faccio questi doni non alla maniera del mondo - con parsimonia - io do a ciascuno di voi tutto ciò che vuole ricevere. Che il vostro cuore non sia turbato, né timoroso. Io ho vinto il mondo, ed in me voi trionferete tutti per mezzo della fede. Vi ho avvertiti che il Figlio dell’Uomo sarà ucciso, ma vi assicuro che ritornerò prima di andare dal Padre, anche se sarà solo per poco. E dopo che sarò asceso al Padre, vi manderò certamente il nuovo maestro perché stia con voi e dimori nel vostro stesso cuore. E quando vedrete accadere tutto ciò, non spaventatevi, ma piuttosto credete, poiché avete conosciuto tutto ciò in anticipo. Io vi ho amato con grande affetto e non vorrei lasciarvi, ma questa è la volontà di mio Padre. La mia ora è venuta.

“Non dubitate di alcuna di queste verità, anche dopo che sarete dispersi dalle persecuzioni ed abbattuti per i molti dispiaceri. Quando vi sentirete soli nel mondo, io saprò del vostro isolamento così come, quando sarete dispersi ciascuno per conto proprio, lasciando il Figlio dell’Uomo nelle mani dei suoi nemici, voi saprete del mio. Ma io non sono mai solo; il Padre è sempre con me. Anche in un tale momento io pregherò per voi. Io vi ho detto tutte queste cose perché possiate avere la pace ed averla più abbondantemente. In questo mondo voi avrete delle tribolazioni, ma abbiate coraggio; io ho trionfato nel mondo e vi ho mostrato la via per la gioia eterna ed il servizio perpetuo.”

Gesù dona la pace a chi compie con lui la volontà di Dio, ma non per le gioie e le soddisfazioni di questo mondo materiale. I materialisti e fatalisti non credenti possono sperare di godere soltanto due tipi di pace e di conforto dell’anima: devono essere o stoici, con una ferma risoluzione ad affrontare l’inevitabile e a sopportare il peggio; oppure devono essere ottimisti, indulgendo sempre a quella speranza che sgorga eternamente nel seno degli uomini, desiderando vanamente una pace che in realtà non viene mai.

Una certa quantità di stoicismo e di ottimismo sono utili per vivere una vita sulla terra, ma nessuno dei due ha niente a che fare con quella pace stupenda che il Figlio di Dio diffonde sui suoi fratelli incarnati. La pace che Gesù dona ai suoi figli terreni è quella pace stessa che ha riempito la sua anima quando egli ha vissuto la vita mortale nella carne in questo stesso mondo. La pace di Gesù è la gioia e la soddisfazione di una persona che conosce Dio e che è giunta al trionfo d’imparare pienamente come fare la volontà di Dio mentre vive la vita mortale nella carne. La pace mentale di Gesù era fondata su una fede umana assoluta nella realtà della saggia ed affettuosa attenzione del Padre divino. Gesù ebbe delle difficoltà sulla terra, fu anche chiamato a torto “l’uomo dei dolori”, ma in tutte queste esperienze, ed attraverso esse, egli godette del conforto di quella fiducia che gli permise sempre di proseguire nel proposito della sua vita con la piena certezza che stava compiendo la volontà del Padre.

Gesù era determinato, perseverante ed interamente consacrato al compimento della sua missione, ma non era uno stoico insensibile e indurito; egli cercava sempre gli aspetti incoraggianti delle sue esperienze di vita, ma non era un ottimista cieco ed auto-illuso. Il Maestro conosceva tutto ciò che lo aspettava, e non lo temeva. Dopo aver diffuso questa pace su ciascuno dei suoi discepoli, egli poteva coerentemente dire: “Che il vostro cuore non sia turbato, né abbia timore.”

La pace di Gesù è allora la pace e la certezza di un figlio che crede fermamente che il suo percorso nel tempo e nell’eternità sia pienamente e sicuramente nella cura e nella custodia di un Padre spirituale infinitamente saggio, infinitamente amorevole ed onnipotente. E questa è, in verità, una pace che trascende la comprensione di una mente mortale, ma che può essere goduta pienamente dal cuore umano che crede.

2. Le esortazioni personali di commiato

Il Maestro aveva terminato di dare le sue istruzioni di commiato e d’impartire le sue esortazioni finali agli apostoli come gruppo. Egli si accinse ora a salutarli individualmente e a dare a ciascuno dei consigli personali, assieme alla sua benedizione di congedo. Gli apostoli erano ancora seduti a tavola nell’ordine in cui si erano posti all’inizio per partecipare all’Ultima Cena, e via via che il Maestro girò attorno alla tavola per parlare loro, ciascuno si alzò in piedi quando Gesù si rivolse a lui.

A Giovanni, Gesù disse: “Tu, Giovanni, sei il più giovane dei miei fratelli. Tu sei stato molto vicino a me, e pur amandovi tutti con lo stesso amore che un padre conferisce ai suoi figli, tu fosti designato da Andrea come uno dei tre che dovevano rimanere sempre vicino a me. Inoltre, tu hai agito in vece mia, e devi continuare a farlo, in molte questioni concernenti la mia famiglia terrena. Ed io vado dal Padre, Giovanni, con la piena fiducia che tu continuerai ad aver cura di coloro che sono miei nella carne. Bada a che la loro attuale confusione riguardo alla mia missione non t’impedisca in alcun modo di accordare loro ogni comprensione, consiglio ed aiuto, come sai che avrei fatto io se fossi rimasto nella carne. E quando giungeranno tutti a vedere la luce e ad entrare pienamente nel regno, mentre voi tutti li accoglierete con gioia, conto su di te, Giovanni, per dar loro il benvenuto da parte mia.

“Ed ora, mentre entro nelle ore finali della mia missione terrena, restami vicino affinché io possa lasciarti qualche messaggio riguardante la mia famiglia. Quanto all’opera affidatami dal Padre, è ora compiuta salvo la mia morte nella carne, ed io sono pronto a bere quest’ultima coppa. Ma per quanto concerne le responsabilità lasciatemi da mio padre terreno, Giuseppe, mentre le ho assunte durante la mia vita, devo ora contare su di te perché tu agisca in vece mia in tutte queste materie. Ed ho scelto te per fare ciò per me, Giovanni, perché tu sei il più giovane e perciò vivrai molto probabilmente più a lungo di questi altri apostoli.

“Un tempo chiamavamo te e tuo fratello figli del tuono. Tu hai cominciato con noi autoritario ed intollerante, ma sei molto cambiato dal giorno in cui volevi che facessi scendere il fuoco sulla testa di non credenti sciocchi ed ignoranti. E devi cambiare ancora di più. Tu dovresti diventare l’apostolo del nuovo comandamento che vi ho dato questa sera. Consacra la tua vita ad insegnare ai tuoi fratelli come amarsi l’un l’altro, così come io ho amato voi.”

Mentre Giovanni Zebedeo stava là in piedi nella sala al piano superiore, con le lacrime che scendevano sulle sue guance, guardò in viso il Maestro e disse: “E così farò, mio Maestro, ma come posso imparare ad amare di più i miei fratelli?” Ed allora Gesù rispose: “Imparerai ad amare di più i tuoi fratelli quando imparerai prima ad amare di più il loro Padre che è nei cieli, e dopo essere divenuto veramente più interessato al loro benessere nel tempo e nell’eternità. E tutto questo interesse umano è nutrito da una comprensione affettuosa, un servizio disinteressato ed un perdono illimitato. Nessuno dovrebbe disprezzare la tua giovinezza, ma ti esorto sempre a tenere in debita considerazione il fatto che l’età rappresenta spesso l’esperienza, e che negli affari umani nulla può prendere il posto di un’effettiva esperienza. Sforzati di vivere in pace con tutti gli uomini, specialmente con i tuoi amici nella fraternità del regno celeste. E, Giovanni, ricordati sempre di non lottare con le anime che vorresti conquistare al regno.”

“E poi il Maestro, girando attorno al proprio posto, si fermò un istante vicino a quello di Giuda Iscariota. Gli apostoli erano piuttosto sorpresi che Giuda non fosse ancora tornato, ed erano molto curiosi di conoscere il significato della triste espressione di Gesù mentre stava vicino al posto vuoto del traditore. Ma nessuno di loro, salvo forse Andrea, sospettava minimamente che il loro tesoriere fosse andato a tradire il suo Maestro, come Gesù aveva annunciato loro all’inizio della serata e durante la cena. Erano successe così tante cose che, per il momento, essi avevano completamente dimenticato l’annuncio del Maestro che uno di loro l’avrebbe tradito.

Gesù si avvicinò poi a Simone Zelota, che si alzò ed ascoltò questa esortazione: “Tu sei un vero figlio di Abramo, ma quanto ci è voluto per fare di te un figlio di questo regno celeste. Io ti amo e così ti amano tutti i tuoi fratelli. Io so che mi ami, Simone, e che ami anche il regno, ma tu sei ancora fermo all’idea di rendere questo regno conforme al tuo gradimento. So benissimo che alla fine afferrerai la natura ed il significato spirituali del mio Vangelo, e che lavorerai valorosamente alla sua proclamazione, ma sono preoccupato per ciò che potrà succederti dopo la mia partenza. Mi piacerebbe sapere che non vacillerai; sarei felice se potessi sapere che, dopo che sarò andato dal Padre, non cesserai di essere mio apostolo, e che ti comporterai in modo accettabile come ambasciatore del regno celeste.”

Gesù aveva appena finito di parlare a Simone Zelota che il fiero patriota, asciugandosi gli occhi, rispose: “Maestro, non temere per la mia fedeltà. Ho girato le spalle a tutto per poter consacrare la mia vita all’instaurazione del tuo regno sulla terra, e non vacillerò. Fino ad ora sono sopravvissuto a tutte le delusioni, e non ti abbandonerò.”

Ed allora, posando la sua mano sulla spalla di Simone, Gesù disse: “In verità è confortante sentirti parlare così, specialmente in un momento come questo, ma, mio buon amico, tu non sai ancora di che cosa stai parlando. Io non dubito per un solo istante della tua fedeltà, della tua devozione; so che non esiteresti a lanciarti nella battaglia e a morire per me, come farebbero tutti gli altri” (ed essi fecero tutti un vigoroso cenno di approvazione), “ma ciò non ti sarà richiesto. Ti ho detto ripetutamente che il mio regno non è di questo mondo e che i miei discepoli non combatteranno per la sua instaurazione. Ti ho detto questo molte volte, Simone, ma tu rifiuti di guardare in faccia la verità. Io non sono preoccupato per la tua fedeltà a me ed al regno, ma che cosa farai quando io sarò partito e tu infine ti sveglierai alla realizzazione che non avevi colto il significato del mio insegnamento, e che devi aggiustare le tue errate interpretazioni alla realtà di un altro ordine spirituale degli affari del regno?”

Simone voleva parlare ancora, ma Gesù alzò la mano per fermarlo e proseguì a dire: “Nessuno dei miei apostoli è più sincero ed onesto di cuore di te, ma nessuno di loro sarà così sconvolto ed abbattuto come te dopo la mia partenza. In tutto il tuo scoraggiamento il mio spirito dimorerà in te, e questi tuoi fratelli non ti abbandoneranno. Non dimenticare ciò che ti ho insegnato sui rapporti tra la cittadinanza sulla terra e la filiazione nel regno spirituale del Padre. Rifletti bene su tutto ciò che ti ho detto circa il rendere a Cesare le cose che sono di Cesare e a Dio le cose che sono di Dio. Consacra la tua vita, Simone, a mostrare come un uomo mortale può adempiere accettabilmente la mia ingiunzione concernente il riconoscimento simultaneo del dovere temporale verso i poteri civili e del servizio spirituale nella fraternità del regno. Se tu accetterai di essere istruito dallo Spirito della Verità, non ci sarà mai conflitto tra le esigenze della cittadinanza sulla terra e la filiazione nel cielo, a meno che i capi temporali non pretendano di esigere da te l’omaggio e l’adorazione che spettano solo a Dio.

E poi, Simone, quando alla fine vedrai tutto ciò, e dopo che ti sarai liberato della tua depressione e sarai partito per proclamare questo Vangelo con grande potenza, non dimenticare mai che io ero con te in tutti i tuoi periodi di scoraggiamento, e che sarò con te sino alla fine. Tu sarai sempre mio apostolo, e dopo che avrai accettato di vedere con l’occhio dello spirito e di sottomettere più pienamente la tua volontà alla volontà del Padre che è nei cieli, allora tornerai a lavorare come mio ambasciatore, e nessuno ti toglierà l’autorità che ti ho conferito a causa della tua lentezza a comprendere le verità che ti ho insegnato. E così, Simone, ti avverto ancora una volta che coloro che combattono con la spada periscono di spada, mentre coloro che lavorano nello spirito ottengono la vita eterna nel regno futuro con la gioia e la pace nel regno presente. E quando il lavoro che ti è affidato sarà terminato sulla terra, tu, Simone, sederai con me nel mio regno dell’aldilà. Tu vedrai realmente il regno che hai ardentemente desiderato, ma non in questa vita. Continua a credere in me ed in ciò che ti ho rivelato, e riceverai il dono della vita eterna.”

Quando Gesù ebbe finito di parlare a Simone Zelota, andò da Matteo Levi e disse: “Tu non avrai più il compito di provvedere alla tesoreria del gruppo apostolico. Presto, molto presto, voi sarete tutti dispersi; non vi sarà permesso di godere dell’associazione confortante e sostenitrice di nessuno dei vostri fratelli. Mentre proseguite la predicazione di questo Vangelo del Regno, dovrete trovarvi dei nuovi collaboratori. Io vi ho fatto uscire a due a due durante i periodi della vostra formazione, ma ora che vi sto lasciando, dopo che vi sarete ripresi dallo shock, uscirete da soli e sino ai confini sulla Terra proclamando questa buona novella: che i mortali vivificati dalla fede sono i figli di Dio.”

Allora Matteo disse: “Ma, Maestro, chi ci manderà e come sapremo dove andare? Andrea ci mostrerà la via?” E Gesù rispose: “No, Levi, Andrea non vi guiderà più nella proclamazione del Vangelo. Egli continuerà, in verità, ad essere vostro amico e consigliere fino al giorno in cui verrà il nuovo maestro, ed allora lo Spirito della Verità guiderà ciascuno di voi lontano a lavorare per l’espansione del regno. Molti cambiamenti sono avvenuti in te dal giorno in cui eri nell’ufficio della dogana e cominciasti per la prima volta a seguirmi; ma devi subirne molti altri prima che tu possa avere la visione di una fraternità in cui il Gentile siede accanto all’Ebreo in associazione fraterna. Ma continua con il tuo bisogno di conquistare i tuoi fratelli ebrei fino a che non sarai pienamente soddisfatto, e poi rivolgiti con potenza verso i Gentili. Di una cosa puoi essere certo, Levi: tu hai conquistato la fiducia e l’affetto dei tuoi fratelli; essi ti amano tutti. (E tutti e dieci manifestarono il loro assenso alle parole del Maestro.)

“Levi, io so molto delle tue preoccupazioni, dei tuoi sacrifici e dei tuoi sforzi per rifornire la tesoreria che i tuoi fratelli non sanno, e sono contento che, sebbene colui che portava la borsa sia assente, l’ambasciatore pubblicano sia qui alla mia riunione di addio con i messaggeri del regno. Io prego affinché tu possa discernere il significato del mio insegnamento con gli occhi dello spirito. E quando il nuovo maestro verrà nel tuo cuore, seguilo dove ti condurrà e fa vedere ai tuoi fratelli - e al mondo intero - ciò che il Padre può fare per un esattore d’imposte odiato che ha osato seguire il Figlio dell’Uomo e credere nel Vangelo del Regno. Fin dall’inizio, Levi, io ti ho amato come ho amato questi altri Galilei. Sapendo allora così bene che né il Padre né il Figlio fanno eccezione di persone, bada di non fare tali distinzioni tra coloro che diverranno credenti al Vangelo grazie al tuo ministero. E così, Matteo, consacra tutta la tua vita futura di servizio a mostrare a tutti gli uomini che Dio non fa eccezione di persone; che agli occhi di Dio e nella comunità del regno tutti gli uomini sono uguali, tutti i credenti sono figli di Dio.”

Poi Gesù andò da Giacomo Zebedeo, che stette in piedi in silenzio mentre il Maestro si rivolgeva a lui dicendo: “Giacomo, quando tu e tuo fratello più giovane siete venuti un giorno da me per chiedere di essere preferiti negli onori del regno, ed io vi ho detto che spettava al Padre dispensare tali onori, vi ho chiesto se eravate capaci di bere la mia coppa, ed entrambi avete risposto di sì. Anche se non eravate capaci allora e se non siete capaci ora, sarete presto pronti per un tale servizio grazie all’esperienza per la quale state per passare. Con tale condotta tu hai irritato i tuoi fratelli in quel momento. Se essi non ti hanno già interamente perdonato, lo faranno quando ti vedranno bere la mia coppa. Che il tuo ministero sia lungo o breve, mantieni calma la tua anima. Quando verrà il nuovo maestro, lascia che egli t’insegni l’equilibrio della compassione e quella tolleranza affettuosa che nasce dalla sublime fiducia in me e dalla perfetta sottomissione alla volontà del Padre. Consacra la tua vita alla dimostrazione di quell’affetto umano congiunto alla dignità divina del discepolo che conosce Dio e che crede nel Figlio. E tutti coloro che vivono così riveleranno il Vangelo anche nel loro modo di morire. Tu e tuo fratello Giovanni seguirete vie diverse, ed uno di voi potrà sedere con me nel regno eterno molto prima dell’altro. Ti aiuterebbe molto se imparassi che la vera saggezza include il discernimento così come il coraggio. Dovresti imparare ad accompagnare la sagacia alla tua aggressività. Arriveranno quei momenti supremi in cui i miei discepoli non esiteranno a sacrificare la loro vita per questo Vangelo, ma in tutte le circostanze ordinarie sarebbe molto meglio placare la collera dei non credenti affinché possiate vivere e continuare a predicare la buona novella. Per quanto è in tuo potere, vivi a lungo sulla terra affinché la tua vita di molti anni possa conquistare molte anime al regno celeste.”

Quando il Maestro ebbe finito di parlare a Giacomo Zebedeo, girò attorno all’estremità della tavola dov’era seduto Andrea, e guardando il suo fedele aiutante negli occhi disse: “Andrea, tu mi hai rappresentato fedelmente come capo aggiunto degli ambasciatori del regno celeste. Sebbene tu abbia talvolta dubitato ed in altri momenti manifestato una timidezza pericolosa, tuttavia sei sempre stato sinceramente giusto ed eminentemente equo nei rapporti con i tuoi collaboratori. Dopo l’ordinazione di te e dei tuoi fratelli come messaggeri del regno, tu hai agito in modo autonomo in tutti gli affari amministrativi del gruppo, salvo che ti ho designato come capo aggiunto di questi uomini scelti. In nessun’altra materia temporale ho agito per dirigere od influenzare le tue decisioni. Ed ho fatto questo allo scopo di preparare un capo che dirigesse tutte le vostre successive deliberazioni di gruppo. Nel mio Universo, e nell’Universo degli universi di mio Padre, i nostri fratelli figli sono trattati come individui in tutte le loro relazioni spirituali, ma in tutte le relazioni di gruppo noi stabiliamo invariabilmente un capo definito. Il nostro regno è un regno d’ordine, e dove agiscono in cooperazione due o più creature dotate di volontà, è sempre prevista l’autorità di un capo.

“Ed ora, Andrea, poiché tu sei il capo dei tuoi fratelli in virtù dell’autorità che ti ho conferito, e poiché hai servito in tale ruolo come mio rappresentante personale, e visto che sto per lasciarvi per andare da mio Padre, ti sciolgo da ogni responsabilità per quanto concerne questi affari temporali ed amministrativi. D’ora in poi non potrai esercitare alcuna giurisdizione sui tuoi fratelli, salvo quella che ti sei meritato con la tua capacità come capo spirituale, e che i tuoi fratelli quindi riconosceranno liberamente. Da questo momento tu non potrai esercitare alcuna autorità sui tuoi fratelli, a meno che essi non ti rimettano tale giurisdizione con un loro atto legislativo formale dopo che io sarò tornato dal Padre. Ma questa liberazione dalla responsabilità di capo amministrativo di questo gruppo non sminuisce in alcun modo la tua responsabilità morale di fare quanto è in tuo potere per tenere uniti i tuoi fratelli con mano ferma ed amorevole durante le ore difficili che stanno per giungere, quei giorni che devono intercorrere tra la mia partenza nella carne e l’invio del nuovo maestro che vivrà nel vostro cuore e che alla fine vi condurrà a tutta la verità. Mentre mi preparo a lasciarvi, vorrei liberarti da ogni responsabilità amministrativa che ha il suo inizio e la sua autorità nella mia presenza come uno tra di voi. D’ora in poi io eserciterò su di voi e tra di voi solo un’autorità spirituale.

“Se i tuoi fratelli desiderano mantenerti come loro consigliere, ti ordino di fare tutto il possibile, in tutte le questioni temporali e spirituali, per promuovere la pace e l’armonia tra i vari gruppi di credenti sinceri al Vangelo. Dedica il resto della tua vita a promuovere gli aspetti pratici dell’amore fraterno tra i tuoi fratelli. Sii benevolo con i miei fratelli di sangue quando giungeranno a credere pienamente a questo Vangelo; manifesta una devozione affettuosa ed imparziale verso i Greci ad occidente e verso Abner ad oriente. Anche se questi miei apostoli dovranno presto disperdersi ai quattro angoli sulla Terra per proclamarvi la buona novella di salvezza della filiazione con Dio, spetta a te tenerli uniti durante le ore difficili imminenti, quel periodo d’intensa prova durante il quale dovrete imparare a credere in questo Vangelo senza la mia presenza personale, mentre aspettate pazientemente l’arrivo del nuovo maestro, lo Spirito della Verità. E così, Andrea, benché possa non spettare a te compiere le grandi opere dal punto di vista umano, accontentati di essere l’insegnante ed il consigliere di coloro che compiono tali cose. Prosegui il tuo lavoro sulla terra sino alla fine, e poi continuerai questo ministero nel regno eterno, perché non ti ho detto molte volte che ho altre pecore che non sono di questo gregge?”

Gesù andò poi dai gemelli Alfeo e stando tra di loro disse: “Miei piccoli figli, voi siete una delle tre coppie di fratelli che hanno scelto di seguirmi. Tutti e sei avete fatto bene a lavorare in pace con il vostro fratello di sangue, ma nessuno l’ha fatto meglio di voi. Ci attendono momenti duri. Voi potete non comprendere tutto ciò che accadrà a voi e ai vostri fratelli, ma non dubitate mai di essere stati chiamati un giorno a lavorare per il regno. Per qualche tempo non vi saranno moltitudini da guidare, ma non scoraggiatevi; quando il lavoro della vostra vita sarà terminato, io vi riceverò nell’alto, dove in gloria racconterete della vostra salvezza alle schiere serafiche e alle moltitudini dei Figli elevati di Dio. Consacrate la vostra vita all’esaltazione del duro lavoro ordinario. Mostrate a tutti gli uomini sulla terra e agli angeli del cielo come un uomo mortale può ritornare con gioia e coraggio al suo lavoro di prima, dopo essere stato chiamato a lavorare per un certo tempo nel servizio speciale di Dio. Se per il momento il vostro lavoro negli affari esterni del regno fosse completato, dovreste ritornare alle vostre occupazioni precedenti con la nuova illuminazione dell’esperienza della filiazione con Dio e con la realizzazione elevata che, per colui che conosce Dio, non esiste né lavoro banale né fatica secolare. Per voi che avete lavorato con me, tutte le cose sono divenute sacre, ed ogni lavoro terreno è divenuto un servizio anche per Dio il Padre. E quando sentirete parlare delle opere dei vostri vecchi collaboratori apostolici, gioite con loro e continuate il vostro lavoro quotidiano come coloro che aspettano Dio e servono mentre aspettano. Voi siete stati miei apostoli e lo sarete sempre, ed io mi ricorderò di voi nel regno futuro.”

Poi Gesù andò da Filippo, il quale, alzatosi, ascoltò questo messaggio dal suo Maestro: “Filippo, tu mi hai posto molte domande insensate, ed io ho fatto quanto possibile per rispondere a ciascuna di esse, ed ora vorrei rispondere all’ultima di queste domande che è sorta nella tua mente molto onesta ma poco spirituale. Mentre giravo attorno alla tavola per venire da te, ti stavi chiedendo: ‘Che cosa farò se il Maestro se ne va e ci lascia soli nel mondo?’ O uomo di poca fede! Eppure ne hai quasi quanto quella di molti dei tuoi fratelli. Tu sei stato un buon amministratore, Filippo. Hai sbagliato solo poche volte, ed abbiamo utilizzato uno di questi errori per manifestare la gloria del Padre. Il tuo servizio d’intendente sta per finire. Dovrai presto svolgere più pienamente il lavoro che eri stato chiamato a compiere - la predicazione di questo Vangelo del Regno. Filippo, tu hai sempre voluto delle dimostrazioni, e molto presto vedrai grandi cose. Sarebbe stato molto meglio che tu avessi visto tutto ciò per mezzo della fede, ma poiché eri sincero anche nelle tue vedute materiali, vivrai per vedere il compimento delle mie parole. E poi, quando sarai stato benedetto dalla visione spirituale, va a fare il tuo lavoro consacrando la tua vita alla causa di guidare l’umanità alla ricerca di Dio e delle realtà eterne con l’occhio della fede spirituale e non con gli occhi della mente materiale. Ricordati, Filippo, che tu hai una grande missione sulla terra, perché il mondo è pieno di coloro che guardano alla vita esattamente come hai avuto tendenza a fare tu. Tu hai un importante lavoro da svolgere, e quando esso sarà compiuto nella fede, verrai da me nel mio regno ed io proverò grande piacere a mostrarti ciò che l’occhio non ha visto, l’orecchio non ha udito, né la mente mortale ha concepito. Nel frattempo divieni come un bambino nel regno dello spirito e permettimi, in quanto spirito del nuovo maestro, di guidarti verso il regno spirituale. Ed in questo modo potrò fare per te molte cose che non ho potuto compiere quando soggiornavo con te come mortale del regno. E ricordati sempre, Filippo, che chi ha visto me ha visto il Padre.”

Poi il Maestro andò da Natanaele. Quando Natanaele si alzò, Gesù lo pregò di rimanere seduto e, sedutosi al suo fianco, disse: “Natanaele, tu hai imparato a vivere al di sopra dei pregiudizi e a praticare una tolleranza accresciuta dopo che sei divenuto mio apostolo. Ma hai ancora molto da imparare. Tu sei stato una benedizione per i tuoi compagni perché essi sono stati sempre esortati dalla tua perseverante sincerità. Dopo la mia partenza può darsi che la tua franchezza t’impedisca di andare d’accordo con i tuoi fratelli, sia vecchi che nuovi. Dovresti imparare che anche l’espressione di un pensiero buono deve essere modulata in armonia con lo status intellettuale e lo sviluppo spirituale dell’ascoltatore. La sincerità è maggiormente utile nell’opera del regno quando è unita al discernimento.

“Se tu imparassi a lavorare con i tuoi fratelli, potresti compiere delle opere più durevoli, ma se vai in cerca di coloro che la pensano come te, in tal caso consacra la tua vita a provare che il discepolo che conosce Dio può diventare un costruttore del regno anche quando è solo nel mondo e totalmente isolato dai suoi compagni credenti. Io so che sarai fedele sino alla fine, e ti accoglierò un giorno nel servizio più esteso del mio regno nell’alto.”

Allora Natanaele parlò, ponendo a Gesù questa domanda: “Ho ascoltato il tuo insegnamento fin dal momento in cui mi hai chiamato al servizio di questo regno, ma onestamente non riesco a comprendere il pieno significato di tutto ciò che ci dici. Io non so che cosa devo aspettarmi, e credo che la maggior parte dei miei fratelli siano ugualmente disorientati, ma che esitino a confessare la loro confusione. Puoi tu aiutarmi?” Gesù, ponendo la sua mano sulla spalla di Natanaele, disse: “Amico mio, non c’è da sorprendersi che tu sia imbarazzato nel tentare di cogliere il significato dei miei insegnamenti spirituali dal momento che sei talmente condizionato dalle tue idee preconcette della tradizione ebraica e così confuso dalla tua persistente tendenza ad interpretare il mio Vangelo secondo gli insegnamenti degli Scribi e dei Farisei.

“Io vi ho insegnato molte cose con la parola ed ho vissuto la mia vita tra di voi. Ho fatto tutto il possibile per illuminare la vostra mente e per liberare la vostra anima, e ciò che non siete stati capaci di trarre dai miei insegnamenti e dalla mia vita dovete ora prepararvi ad acquisire dalla mano del maestro di tutti gli insegnanti - l’esperienza reale. Ed in tutta questa nuova esperienza che ora vi aspetta, io vi precederò e lo Spirito della Verità sarà con voi. Non temete; ciò che ora non comprendete, il nuovo maestro, quando sarà venuto, ve lo rivelerà per tutto il resto della vostra vita sulla terra ed oltre durante la vostra preparazione nelle ere eterne.”

E poi il Maestro, rivolgendosi a tutti loro, disse: “Non siate costernati perché non riuscite a cogliere il pieno significato del Vangelo. Voi siete solo degli esseri finiti, degli uomini mortali, e ciò che vi ho insegnato è infinito, divino ed eterno. Siate pazienti ed abbiate coraggio, poiché avete le ere eterne davanti a voi nelle quali continuare il vostro conseguimento progressivo dell’esperienza di divenire perfetti, così come vostro Padre in Paradiso è perfetto.”

E poi Gesù andò da Tommaso, il quale, alzatosi in piedi, lo ascoltò dire: “Tommaso, hai spesso mancato di fede; tuttavia, quando hai avuto i tuoi momenti di dubbio, non hai mai mancato di coraggio. So bene che i falsi profeti e gli insegnanti illegittimi non t’inganneranno. Dopo la mia partenza i tuoi fratelli apprezzeranno di più il tuo modo critico di considerare i nuovi insegnamenti. E quando sarete tutti dispersi ai confini sulla Terra nei tempi futuri, ricordati che sei ancora mio ambasciatore. Consacra la tua vita alla grande opera di mostrare come la mente critica materiale dell’uomo può trionfare sull’inerzia del dubbio intellettuale quando si trova di fronte alla dimostrazione della manifestazione della verità vivente quale opera nell’esperienza degli uomini e delle donne nati dallo spirito, che producono i frutti dello spirito nella loro vita e che si amano l’un l’altro, così come io ho amato voi. Tommaso, sono felice che ti sia unito a noi, e so che dopo un breve periodo di perplessità continuerai nel servizio del regno. I tuoi dubbi hanno confuso i tuoi fratelli, ma non hanno mai turbato me. Io ho fiducia in te e ti precederò sino ai confini estremi della terra.”

Poi il Maestro andò da Simon Pietro, che si alzò in piedi mentre Gesù gli diceva: “Pietro, so che mi ami e che consacrerai la tua vita alla proclamazione pubblica di questo Vangelo del Regno agli Ebrei e ai Gentili, ma sono addolorato che i tuoi anni di una tale stretta associazione con me non ti abbiano aiutato di più a riflettere prima di parlare. Per quale esperienza devi passare per imparare a mettere un freno alle tue labbra? Quante difficoltà ci hai causato con il tuo parlare impulsivo, con la tua presuntuosa fiducia in te stesso! E sei destinato ad attirarti ancora maggiori difficoltà se non domini questo difetto. Tu sai che i tuoi fratelli ti amano malgrado questa debolezza, e dovresti anche comprendere che questo difetto non intacca minimamente il mio affetto per te, ma esso diminuisce la tua utilità e non cessa mai di procurarti delle noie. Ma tu riceverai senza dubbio un grande aiuto dall’esperienza per la quale passerai questa notte stessa. E ciò che dico ora a te, Simon Pietro, lo dico anche a tutti i tuoi fratelli qui riuniti: questa sera sarete tutti in grande pericolo di vacillare riguardo a me. Voi sapete che sta scritto: ‘Il pastore sarà percosso e le pecore saranno disperse.’ Quando sarò assente, ci sarà grande pericolo che alcuni di voi soccombano ai dubbi e vacillino a causa di ciò che accade a me. Ma vi prometto ora che ritornerò da voi per breve tempo e che poi vi precederò in Galilea.”

Allora Pietro, ponendo la sua mano sulla spalla di Gesù, disse: “Poco importa se tutti i miei fratelli dovessero soccombere ai dubbi nei tuoi confronti; io prometto che non vacillerò su qualunque cosa tu potrai fare. Io verrò con te e se necessario morirò per te.”

Mentre Pietro stava là davanti al suo Maestro, tutto tremante d’intensa emozione e straripante d’amore sincero per lui, Gesù lo guardò diritto nei suoi occhi umidi di lacrime e disse: “Pietro, in verità, in verità ti dico, questa notte il gallo non canterà prima che tu non mi abbia rinnegato tre o quattro volte. E così ciò che non hai imparato dalla pacifica associazione con me, lo imparerai attraverso molte difficoltà e grandi dispiaceri. E dopo che avrai realmente imparato questa indispensabile lezione, dovrai fortificare i tuoi fratelli e continuare a vivere una vita consacrata a predicare questo Vangelo, anche se potrai essere messo in prigione e forse seguirmi nel pagare il prezzo supremo del servizio amorevole nell’edificazione del regno del Padre.

“Ma ricordati la mia promessa: quando sarò risuscitato, mi fermerò con voi per qualche tempo prima di andare dal Padre. E questa sera stessa supplicherò il Padre di fortificare ciascuno di voi per le prove che dovrete affrontare tra breve. Io vi amo tutti con l’amore con cui il Padre ama me, e quindi voi dovreste amarvi d’ora innanzi l’un l’altro, così come io ho amato voi.”

E poi, dopo aver cantato un inno, essi partirono per il campo sul Monte degli Olivi.

3. Al Getsemani

ERANO circa le dieci di questo giovedì sera quando Gesù condusse gli undici apostoli dalla casa di Elia e di Maria Marco sulla via del ritorno al campo di Getsemani. Da quel giorno sulle colline, Giovanni Marco si era assunto l’incarico di tenere un occhio vigile su Gesù. Giovanni, avendo bisogno di dormire, aveva riposato parecchie ore mentre il Maestro era rimasto con i suoi apostoli nella sala al piano superiore, ma sentendoli scendere, egli si alzò e, buttatosi in fretta sulle spalle un mantello di lino, li seguì attraverso la città, passò il torrente Cedron, e proseguì fino al loro accampamento privato adiacente al Parco di Getsemani. E Giovanni Marco rimase talmente vicino al Maestro per tutta questa notte ed il giorno successivo, che fu testimone di ogni cosa ed ascoltò di nascosto gran parte di ciò che il Maestro disse da questo momento fino all’ora della crocifissione.

Mentre Gesù e gli undici tornavano al campo, gli apostoli cominciarono ad interrogarsi sul significato della prolungata assenza di Giuda, e discussero tra di loro sulla predizione del Maestro che uno di loro l’avrebbe tradito, e per la prima volta sospettarono che non tutto andasse bene con Giuda Iscariota. Ma essi non s’impegnarono in aperti commenti su Giuda prima di raggiungere il campo e costatare che egli non era là ad aspettare per accoglierli. Quando assediarono tutti Andrea per sapere che cosa era successo di Giuda, il loro capo si limitò a rispondere: “Non so dove sia Giuda, ma temo che ci abbia abbandonato.”

4. L’ultima preghiera in comune

Alcuni istanti dopo il loro arrivo al campo, Gesù disse loro: “Amici e fratelli miei, il mio tempo con voi è ora pochissimo, e desidero che ci appartiamo per pregare nostro Padre che è nei cieli di darci la forza per sostenerci in quest’ora e per il futuro in tutta l’opera che dobbiamo compiere in nome suo.”

Dopo aver parlato così, egli li condusse a breve distanza sull’Oliveto, ed in piena vista di Gerusalemme li invitò ad inginocchiarsi su una larga roccia piatta in cerchio attorno a lui, come avevano fatto nel giorno della loro ordinazione; e poi, mentre egli stava là in piedi in mezzo a loro glorificato nella dolce luce lunare, alzò gli occhi al cielo e pregò:

“Padre, la mia ora è venuta; glorifica ora tuo Figlio affinché il Figlio possa glorificare te. So che mi hai dato piena autorità su tutte le creature viventi del mio regno, ed io darò la vita eterna a tutti coloro che diverranno figli di Dio per fede. E questa è la vita eterna: che le mie creature ti conoscano come il solo vero Dio e Padre di tutti, e che credano in colui che hai mandato in questo mondo. Padre, io ti ho esaltato sulla terra ed ho portato a termine l’opera che mi hai dato da compiere. Ho quasi terminato il mio conferimento ai figli da noi stessi creati; non mi rimane che abbandonare la mia vita nella carne. Ed ora, o Padre mio, glorificami con la gloria che avevo presso di te prima che questo mondo fosse ed accoglimi ancora una volta alla tua destra.

“Io ti ho manifestato agli uomini che hai scelto dal mondo e che mi hai dato. Essi sono tuoi - come tutta la vita è nelle tue mani - tu me li hai dati ed io ho vissuto tra di loro, insegnando loro la via della vita, ed essi hanno creduto. Questi uomini stanno imparando che tutto ciò che io ho proviene da te, e che la vita che vivo nella carne è destinata a far conoscere mio Padre ai mondi. La verità che tu mi hai dato io l’ho rivelata a loro. Questi miei amici ed ambasciatori hanno sinceramente accettato di ricevere la tua parola. Ho detto loro che sono provenuto da te, che tu mi hai mandato in questo mondo e che sto per ritornare da te. Padre, io prego per questi uomini scelti. E prego per loro non come pregherei per il mondo, ma come per coloro che ho scelto dal mondo per rappresentarmi nel mondo dopo che sarò ritornato alla tua opera, così come io ho rappresentato te in questo mondo durante il mio soggiorno nella carne. Questi uomini sono miei; tu me li hai dati; ma tutte le cose che sono mie sono sempre tue, e tutto ciò che era tuo tu hai ora ordinato che sia mio. Tu sei stato esaltato in me, ed ora io prego di poter essere onorato in questi uomini. Io non posso rimanere più a lungo in questo mondo; sto per ritornare al lavoro che mi hai dato da compiere. Devo lasciare indietro questi uomini a rappresentare noi ed il nostro regno tra gli uomini. Padre, preserva fedeli questi uomini mentre io mi preparo ad abbandonare la mia vita nella carne. Aiuta questi miei amici ad essere uno in spirito, così come noi siamo uno. Finché potevo stare con loro, potevo vegliare su di loro e guidarli, ma ora sto per partire. Rimani vicino a loro, Padre, finché non possiamo inviare il nuovo maestro a confortarli e fortificarli.

“Tu mi hai dato dodici uomini, ed io li ho conservati tutti salvo uno, il figlio della vendetta, che non ha voluto rimanere ancora con noi. Questi uomini sono deboli e fragili, ma so che possiamo avere fiducia in loro; io li ho messi alla prova; essi mi amano, così come riveriscono te. Benché essi debbano soffrire molto a causa mia, io desidero che siano anche ripieni di gioia nella certezza della filiazione nel regno celeste. Ho dato la tua parola a questi uomini ed ho insegnato loro la verità. Il mondo può odiarli, così come ha odiato me, ma io non chiedo che tu li porti fuori dal mondo, ma solo che li preservi dal male che è nel mondo. Santificali nella verità; la tua parola è verità. E come tu hai mandato me in questo mondo, così io sto per mandare questi uomini nel mondo. Per loro io ho vissuto tra gli uomini ed ho consacrato la mia vita al tuo servizio per poterli ispirare e perché fossero purificati attraverso la verità che ho insegnato loro e all’amore che ho rivelato loro. So bene, Padre mio, che non ho bisogno di chiederti di vegliare su questi fratelli dopo che me ne sarò andato; so che tu li ami quanto me, ma faccio questo perché essi possano comprendere meglio che il Padre ama gli uomini mortali come li ama il Figlio.

“Ed ora, Padre mio, vorrei pregare non solo per questi undici uomini, ma anche per tutti gli altri che ora credono, o che potranno credere in seguito nel Vangelo del Regno grazie alla parola del loro futuro ministero. Io desidero che tutti loro siano uno, così come tu ed io siamo uno. Tu sei in me ed io in te, ed io desidero che questi credenti siano anch’essi in noi; che entrambi i nostri spiriti dimorino in loro. Se i miei figli sono uno come noi siamo uno, e se essi si amano l’un l’altro come io li ho amati, allora tutti gli uomini crederanno che io provengo da te ed accetteranno di ricevere la rivelazione della verità e della gloria che io ho fatto. La gloria che tu mi hai dato io l’ho rivelata a questi credenti. Come tu hai vissuto con me in spirito, così io ho vissuto con loro nella carne. Come tu sei stato uno con me, così io sono stato uno con loro, e così il nuovo maestro sarà sempre uno con loro ed in loro. Ed ho fatto tutto ciò perché i miei fratelli nella carne possano sapere che il Padre li ama quanto li ama il Figlio, e che tu ami loro come ami me. Padre, opera con me per salvare questi credenti, affinché possano presto venire a stare con me in gloria e proseguire poi per unirsi a te nell’abbraccio del Paradiso. Coloro che servono con me nell’umiliazione li vorrei con me in gloria, affinché possano vedere tutto quello che tu hai posto nelle mie mani come messe eterna del seme del tempo nelle sembianze della carne mortale. Io desidero ardentemente mostrare ai miei fratelli terreni la gloria che avevo con te prima della fondazione di questo mondo. Questo mondo conosce molto poco di te, o Padre giusto, ma io ti conosco e ti ho fatto conoscere a questi credenti, ed essi faranno conoscere il tuo nome ad altre generazioni. Ed ora io prometto loro che tu sarai con loro nel mondo come sei stato con me - così sia.”

Gli undici rimasero inginocchiati in questo cerchio attorno a Gesù per parecchi minuti prima di alzarsi e di ritornare in silenzio al campo vicino.

Gesù pregò per l’unità tra i suoi discepoli, ma egli non desiderava l’uniformità. Il peccato crea un livello sterile d’inerzia cattiva, ma la rettitudine nutre lo Spirito Creativo dell’esperienza individuale nelle realtà viventi della verità eterna e nella comunione progressiva degli spiriti divini del Padre e del Figlio. Nella comunione spirituale del figlio credente con il Padre divino non ci può mai essere finalità dottrinale e superiorità settaria di coscienza di gruppo.

Nel corso di questa preghiera finale con i suoi apostoli il Maestro fece allusione al fatto che egli aveva manifestato il nome del Padre al mondo. E questo è veramente ciò che egli fece rivelando Dio mediante la sua vita perfezionata nella carne. Il Padre che è nei cieli aveva cercato di rivelarsi a Mosè, ma non poté andare oltre che fosse detto “IO SONO”. E quando fu pressato per una maggiore rivelazione di se stesso, fu solo svelato: “IO SONO ciò che IO SONO”. Ma quando Gesù ebbe terminato la sua vita terrena, questo nome del Padre era stato talmente rivelato che il Maestro, che era il Padre incarnato, poteva veramente dire:

Io sono il pane della vita.

Io sono l’acqua vivente.

Io sono la luce del mondo.

Io sono il desiderio di tutte le ere.

Io sono la porta aperta alla salvezza eterna.

Io sono la realtà della vita senza fine.

Io sono il buon pastore.

Io sono il sentiero della perfezione infinita.

Io sono la risurrezione e la vita.

Io sono il segreto della sopravvivenza eterna.

Io sono la via, la verità e la vita.

Io sono il Padre infinito dei miei figli finiti.

Io sono la vera vite; voi siete i tralci.

Io sono la speranza di tutti coloro che conoscono la verità vivente.

Io sono il ponte vivente da un mondo all’altro.

Io sono il legame vivente tra il tempo e l’eternità.

In tal modo Gesù ampliò la rivelazione vivente del nome di Dio per tutte le generazioni. Come l’amore divino rivela la natura di Dio, la verità eterna svela il suo nome in proporzioni sempre maggiori.

5. L’ultima ora prima del tradimento

Gli apostoli furono grandemente sorpresi quando tornarono al campo e non trovarono Giuda. Mentre gli undici erano impegnati in un’accesa discussione sul loro compagno apostolo traditore, Davide Zebedeo e Giovanni Marco presero Gesù da parte e gli rivelarono che avevano tenuto Giuda sotto osservazione per parecchi giorni, e che sapevano che egli intendeva consegnarlo nelle mani dei suoi nemici. Gesù li ascoltò, ma disse solo: “Amici miei, niente può accadere al Figlio dell’Uomo a meno che il Padre che è nei cieli non lo voglia. Che il vostro cuore non sia turbato; tutte le cose lavoreranno insieme per la gloria di Dio e la salvezza degli uomini.”

L’atteggiamento gioioso di Gesù stava scemando. Con il passare del tempo egli diveniva sempre più serio, persino triste. Gli apostoli, essendo molto agitati, erano restii a ritornare nelle loro tende anche quando il Maestro stesso li invitò a farlo. Al ritorno dal suo incontro con Davide e Giovanni, egli rivolse le sue ultime parole a tutti gli undici dicendo: “Amici miei, andate a riposare. Preparatevi per il lavoro di domani. Ricordatevi che dovremmo sottometterci tutti alla volontà del Padre che è nei cieli. Vi lascio la mia pace.” E dopo aver parlato così, egli fece loro cenno di andare alle loro tende, ma mentre vi andavano, chiamò Pietro, Giacomo e Giovanni, dicendo loro: “Desidero che voi restiate con me per qualche momento.”

Gli apostoli si addormentarono solo perché erano letteralmente esausti; dal loro arrivo a Gerusalemme essi avevano dormito poco. Prima che andassero nei loro singoli alloggi a dormire, Simone Zelota li portò tutti nella sua tenda, dove erano conservate le spade ed altre armi, e fornì a ciascuno di loro questo equipaggiamento da combattimento. Tutti loro ricevettero queste armi e se ne cinsero, salvo Natanaele. Natanaele, rifiutando di armarsi, disse: “Fratelli miei, il Maestro ci ha detto ripetutamente che il suo regno non è di questo mondo e che i suoi discepoli non dovrebbero combattere con la spada per determinarne l’instaurazione. Io credo a ciò; non penso che il Maestro abbia bisogno che noi usiamo la spada per difenderlo. Abbiamo visto tutti il suo enorme potere e sappiamo che potrebbe difendersi dai suoi nemici se lo volesse. Se egli non vuole resistere ai suoi nemici, deve essere perché questa linea di condotta rappresenta il suo tentativo di compiere la volontà di suo Padre. Io pregherò, ma non brandirò la spada.” Dopo che ebbe ascoltato il discorso di Natanaele, Andrea restituì la sua spada a Simone Zelota. E così nove di loro erano armati quando si separarono per la notte.

Il risentimento per il fatto che Giuda era un traditore eclissava per il momento ogni altra cosa nella mente degli apostoli. Il commento del Maestro su Giuda, fatto nel corso dell’ultima preghiera, aveva aperto i loro occhi sul fatto che egli li aveva abbandonati.

Dopo che gli otto apostoli si furono infine ritirati nelle loro tende, e mentre Pietro, Giacomo e Giovanni erano pronti a ricevere gli ordini del Maestro, Gesù disse a Davide Zebedeo: “Mandami il tuo messaggero più veloce e fidato.” Quando Davide condusse dal Maestro un certo Giacobbe, un tempo corriere nel servizio dei messaggeri notturni tra Gerusalemme e Betsaida, Gesù, rivolgendosi a lui, disse: “Recati in tutta fretta da Abner a Filadelfia e digli: ‘Il Maestro ti manda i suoi saluti di pace e dice che è venuta l’ora in cui egli sarà consegnato nelle mani dei suoi nemici che lo metteranno a morte, ma che risusciterà dalla morte e ti apparirà presto, prima di andare dal Padre, e ti darà allora le direttive sul momento in cui il nuovo maestro verrà a vivere nel vostro cuore.’” E dopo che Giacobbe ebbe ripetuto questo messaggio con soddisfazione del Maestro, Gesù lo sollecitò a partire dicendo: “Non temere che qualcuno possa farti qualcosa, Giacobbe, perché questa notte un messaggero invisibile correrà al tuo fianco.”

Poi Gesù si rivolse al capo dei visitatori greci che erano accampati con loro e disse: “Fratello mio, non essere turbato da ciò che sta per accadere, poiché ti ho già preavvertito. Il Figlio dell’Uomo sarà messo a morte per istigazione dei suoi nemici, i capi dei sacerdoti e i dirigenti ebrei, ma io risusciterò per restare un po’ di tempo con voi prima di andare dal Padre. E quando avrai visto accadere tutto ciò, glorifica Dio e fortifica i tuoi fratelli.”

In circostanze ordinarie gli apostoli avrebbero augurato personalmente la buona notte al Maestro, ma questa sera erano talmente preoccupati per la realizzazione improvvisa della diserzione di Giuda, ed erano così commossi per la natura insolita della preghiera di commiato del Maestro, che si limitarono ad ascoltare il suo saluto di addio e andarono via in silenzio. Gesù disse questo ad Andrea quando lo lasciò quella notte: “Andrea, fa ciò che puoi per tenere uniti i tuoi fratelli fino a quando ritornerò da voi dopo aver bevuto questa coppa. Fortifica i tuoi fratelli, poiché ti ho già detto tutto. La pace sia con te.”

Nessuno degli apostoli si aspettava che capitasse qualcosa di straordinario quella notte perché era già molto tardi. Essi cercarono di dormire per potersi alzare presto il mattino dopo ed essere preparati al peggio. Essi pensavano che i capi dei sacerdoti avrebbero tentato d’impadronirsi del loro Maestro il mattino presto, perché nessun lavoro profano veniva mai fatto dopo il mezzogiorno nella giornata di preparazione alla Pasqua. Solo Davide Zebedeo e Giovanni Marco compresero che gli avversari di Gesù sarebbero venuti con Giuda quella notte stessa.

Davide aveva disposto di stare di guardia quella notte sulla pista superiore che portava alla strada da Betania a Gerusalemme, mentre Giovanni Marco doveva vegliare lungo la strada che saliva dal Cedron verso Getsemani. Prima di partire per il suo incarico volontario di servizio esterno, Davide prese congedo da Gesù dicendo: “Maestro, ho provato grande gioia nel mio servizio con te. I miei fratelli sono tuoi apostoli, ma io ho provato piacere nel fare le cose più piccole come dovevano essere fatte, e ti rimpiangerò con tutto il mio cuore quando sarai partito”. Ed allora Gesù disse a Davide: “Davide, figlio mio, gli altri hanno fatto ciò che era stato loro ordinato di fare, ma questo servizio tu l’hai fatto di tua iniziativa, ed ho notato la tua devozione. Anche tu un giorno servirai con me nel regno eterno.”

Ed allora, mentre si preparava ad andare a montare di guardia sulla pista superiore, Davide disse a Gesù: “Tu sai, Maestro, che ho mandato a chiamare la tua famiglia, ed ho notizia da un messaggero che essi sono questa notte a Gerico. Saranno qui domani mattina presto, perché sarebbe stato rischioso per loro salire di notte questo sentiero pericoloso.” E Gesù, guardando Davide, disse solo: “Così sia, Davide.”

Quando Davide fu salito sull’Oliveto, Giovanni Marco si mise di guardia vicino alla strada che scendeva lungo il torrente verso Gerusalemme. E Giovanni sarebbe rimasto in questo posto se non fosse stato per il suo grande desiderio di essere vicino a Gesù e di sapere ciò che stava accadendo. Poco dopo che Davide l’ebbe lasciato, e dopo che Giovanni Marco ebbe notato Gesù ritirarsi con Pietro, Giacomo e Giovanni in una forra vicina, fu talmente sopraffatto dalla devozione unita alla curiosità che abbandonò il suo posto di sentinella e li seguì, nascondendosi nei cespugli, da dove vide e sentì tutto ciò che accadde durante quegli ultimi momenti nel giardino e poco prima che Giuda e le guardie armate apparissero per arrestare Gesù. Mentre avveniva tutto questo al campo del Maestro, Giuda Iscariota stava conferendo con il capitano delle guardie del tempio, che aveva riunito i suoi uomini in vista di partire, sotto la guida del traditore, per arrestare Gesù.

6. Da solo al Getsemani

Quando tutto fu silenzioso e tranquillo nel campo, Gesù, con Pietro, Giacomo e Giovanni, raggiunse a breve distanza una vicina forra dove egli era andato spesso in precedenza a pregare e a comunicare. I tre apostoli non poterono fare a meno di costatare che egli era profondamente depresso; essi non avevano mai visto prima il loro Maestro così triste ed abbattuto. Quando giunsero sul luogo delle sue devozioni, egli invitò i tre a sedersi e a vegliare con lui mentre si allontanava ad un tiro di sasso per pregare. Dopo essere caduto faccia a terra, egli pregò: “Padre mio, io sono venuto in questo mondo per fare la tua volontà, e così ho fatto. So che è giunta l’ora di sacrificare questa vita nella carne, e non mi sottraggo a ciò, ma vorrei sapere se è tua volontà che io beva questa coppa. Dammi l’assicurazione che ti soddisferò nella mia morte così come ho fatto nella mia vita.”

Il Maestro rimase in atteggiamento di preghiera per alcuni istanti, e poi, tornato verso i tre apostoli, li trovò profondamente addormentati, perché le loro pupille erano pesanti e non riuscivano a rimanere svegli. Dopo averli svegliati, Gesù disse: “Come! Non potete vegliare con me nemmeno per un’ora? Non riuscite a vedere che la mia anima è estremamente triste, di una tristezza mortale, e che desidero ardentemente la vostra compagnia?” Dopo che i tre si furono destati dal loro torpore, il Maestro si appartò di nuovo e, prostratosi a terra, pregò ancora: “Padre, so che è possibile evitare questa coppa - tutto è possibile per te - ma io sono venuto a fare la tua volontà, e benché questa coppa sia amara, la berrò se tale è la tua volontà.” E dopo che ebbe pregato così, un angelo possente discese al suo fianco e, parlandogli, lo toccò e lo fortificò.

Quando Gesù tornò a parlare con i tre apostoli, li trovò di nuovo profondamente addormentati. Egli li svegliò e disse: “In un tale momento ho bisogno che vegliate e preghiate con me - ancor più avete bisogno di pregare per non soccombere alla tentazione - perché vi addormentate quando vi lascio?”

E poi, per una terza volta, il Maestro si ritirò e pregò: “Padre, tu vedi i miei apostoli addormentati; abbi misericordia di loro. In verità lo spirito è pronto, ma la carne è debole. Ed ora, o Padre, se questa coppa non può essere allontanata, allora la berrò. Sia fatta non la mia, ma la tua volontà.” E quando ebbe finito di pregare, egli rimase per un momento prostrato al suolo. Quando si alzò e ritornò dai suoi apostoli, ancora una volta li trovò addormentati. Egli li osservò e, con un gesto di pietà, disse teneramente: “Continuate a dormire ora e riposatevi; il momento della decisione è passato. È ormai prossima l’ora in cui il Figlio dell’Uomo sarà tradito nelle mani dei suoi nemici.” Mentre si piegò per scuoterli e svegliarli, egli disse: “Alzatevi, ritorniamo al campo, perché, ecco, colui che mi tradisce è vicino, ed è giunta l’ora in cui il mio gregge sarà disperso. Ma io vi ho già parlato di queste cose.”

Durante gli anni che Gesù visse tra i suoi discepoli, essi ebbero in verità molte prove della sua natura divina, ma proprio ora essi stanno per avere nuove prove della sua umanità. Giusto prima della più grande di tutte le rivelazioni della sua divinità, la sua risurrezione, devono ora venire le prove più grandi della sua natura mortale, la sua umiliazione e la sua crocifissione.

Ogni volta che egli aveva pregato nel giardino, la sua umanità si era appoggiata fermamente, mediante la fede, sulla sua divinità; la sua volontà umana divenne più completamente una con la volontà divina di suo Padre. Tra le altre parole dettegli dal possente angelo c’era il messaggio che il Padre desiderava che suo Figlio terminasse il suo conferimento terreno passando per l’esperienza della morte come creatura, proprio come tutte le creature mortali devono fare l’esperienza della dissoluzione materiale passando dall’esistenza del tempo alla progressione dell’eternità.

A tarda sera non era sembrato così difficile bere la coppa, ma quando il Gesù umano disse addio ai suoi apostoli e li mandò a riposare, la prova divenne più terribile. Gesù provava quel naturale flusso e riflusso di sentimenti che è comune ad ogni esperienza umana, ed in questo momento egli era stanco per il lavoro, spossato dalle lunghe ore di strenua fatica e di penosa ansietà per la sicurezza dei suoi apostoli. Benché nessun mortale possa pretendere di comprendere i pensieri e i sentimenti del Figlio di Dio incarnato in un momento come questo, tuttavia Gesù provò veramente una grande angoscia e soffrì di una tristezza indicibile, perché il sudore colava a grosse gocce sul suo viso. Egli era alla fine convinto che il Padre intendeva lasciare che gli eventi naturali seguissero il loro corso; era pienamente deciso a non impiegare alcuno dei suoi sovrani poteri di capo supremo dell’ Universo per salvare se stesso.

Le schiere riunite degli angeli si stavano ora librando su questa scena sotto il comando di Gabriele e dello Spirito di Gesù..

L’esperienza di separarsi dagli apostoli esercitava una grande tensione sul cuore umano di Gesù; questo dispiacere d’amore si abbatté su di lui e gli rese più difficile affrontare una morte come quella che egli sapeva bene che lo attendeva. Egli realizzò quanto deboli ed impreparati fossero i suoi apostoli, ed aveva paura a lasciarli soli. Egli sapeva bene che era giunto il momento della sua partenza, ma il suo cuore umano cercava ardentemente di scoprire se non ci potesse essere una qualche via d’uscita legittima per sfuggire a questa terribile situazione di sofferenza e di tristezza. E dopo che ebbe cercato così un’alternativa, senza riuscirvi, egli accettò di bere la coppa. La mente divina di Gesù sapeva che aveva fatto del suo meglio per i dodici apostoli, ma il cuore umano di Gesù desiderava che fosse stato fatto di più per loro prima che fossero lasciati soli nel mondo. Il cuore di Gesù stava per essere spezzato; egli amava veramente i suoi fratelli. Egli era isolato dalla sua famiglia carnale; uno dei suoi apostoli scelti lo stava tradendo. Il popolo di suo padre Giuseppe l’aveva respinto ed aveva con ciò suggellato il proprio destino come popolo con una missione speciale sulla terra. La sua anima era torturata dall’amore deluso e dalla misericordia respinta. Era proprio uno di quei terribili momenti umani in cui ogni cosa sembra abbattersi con una crudeltà schiacciante ed un’angoscia terribile.

L’umanità di Gesù non era insensibile a questa situazione di solitudine personale, d’infamia pubblica e di apparente fallimento della sua missione. Tutti questi sentimenti lo schiacciavano con un’oppressione indescrivibile. In questa grande tristezza la sua mente ritornò ai giorni della sua fanciullezza a Nazaret ed ai suoi primi lavori in Galilea. Nel momento di questa grande prova sorsero nella sua mente molte di quelle scene piacevoli del suo ministero terreno. E fu grazie a questi vecchi ricordi di Nazaret, di Cafarnao, del Monte Hermon e del sorgere e tramontare del sole sul scintillante Mare di Galilea che egli si calmò al punto da rendere il suo cuore umano forte e pronto ad incontrare il rinnegato che doveva di lì a poco tradirlo.

Prima che arrivassero Giuda ed i soldati, il Maestro aveva completamente ripreso il suo equilibrio abituale; lo spirito aveva trionfato sulla carne; la fede si era affermata su tutte le tendenze umane alla paura o ad avere dei dubbi. La prova suprema della piena realizzazione della natura umana era stata affrontata ed accettabilmente superata. Ancora una volta il Figlio dell’Uomo era pronto ad affrontare i suoi nemici con serenità e nella piena assicurazione della sua invincibilità come uomo mortale votato senza riserve a fare la volontà di suo Padre.

7. Il tradimento e l’arresto di Gesù

DOPO che Gesù ebbe infine svegliato Pietro, Giacomo e Giovanni, suggerì loro di tornare alle loro tende e di cercare di dormire per prepararsi agli impegni del giorno dopo. Ma oramai i tre apostoli erano del tutto svegli; essi erano stati ristorati dai loro brevi sonnellini, ed inoltre erano stimolati ed eccitati dall’arrivo sulla scena di due messaggeri agitati che chiesero di Davide Zebedeo e partirono in fretta alla sua ricerca quando Pietro li informò dov’era di guardia.

Sebbene otto degli apostoli fossero profondamente addormentati, i Greci che erano accampati vicino a loro erano più timorosi di disordini, al punto che avevano posto una sentinella che desse l’allarme in caso di pericolo. Quando questi due messaggeri entrarono di corsa nel campo, la sentinella greca procedette a svegliare tutti i suoi compatrioti, i quali uscirono dalle loro tende completamente vestiti ed armati. Tutto il campo era ora sveglio salvo gli otto apostoli. Pietro desiderava chiamare i suoi compagni, ma Gesù glielo impedì decisamente. Il Maestro esortò dolcemente tutti a ritornare nelle loro tende, ma essi erano riluttanti a seguire il suo invito.

Non essendo riuscito a disperdere i suoi discepoli, il Maestro li lasciò e scese verso il frantoio vicino all’entrata del Parco di Getsemani. Sebbene i tre apostoli, i Greci e gli altri membri del campo esitassero a seguirlo da vicino, Giovanni Marco fece in fretta il giro attraverso gli olivi e si nascose in una piccola baracca vicino al frantoio. Gesù si allontanò dal campo e dai suoi amici affinché coloro che erano venuti a prenderlo, quando fossero arrivati, potessero arrestarlo senza disturbare i suoi apostoli. Il Maestro temeva che i suoi apostoli fossero svegli e presenti al momento del suo arresto affinché lo spettacolo di Giuda che lo tradiva non suscitasse la loro animosità al punto da farli resistere ai soldati e da essere portati in prigione con lui. Egli temeva che, se fossero stati arrestati con lui, potessero anche morire con lui.

Anche se Gesù sapeva che il piano per farlo morire aveva la sua origine nei consigli dei dirigenti ebrei, era anche consapevole che tutti questi nefasti progetti avevano le piena approvazione di Lucifero, di Satana e di Caligastia. E sapeva bene che questi ribelli dei regni sarebbero stati felici di vedere anche tutti gli apostoli sterminati con lui.

Gesù si sedette da solo sul frantoio, dove attese l’arrivo del traditore, ed era visto in questo momento solo da Giovanni Marco e da una schiera innumerevole di osservatori celesti.

8. La volontà del Padre

C’è un grande pericolo di fraintendere il significato di numerose affermazioni e di molti avvenimenti collaboratori alla fine dell’incarico del Maestro nella carne. Il trattamento crudele di Gesù da parte dei servi ignoranti e dei soldati insensibili, la condotta iniqua del suo giudizio e l’atteggiamento spietato dei capi religiosi riconosciuti, non devono essere confusi con il fatto che Gesù, sottoponendosi pazientemente a tutte queste sofferenze ed umiliazioni, stava compiendo veramente la volontà del Padre del Paradiso. Era di fatto ed in verità volontà del Padre che suo Figlio bevesse fino in fondo la coppa dell’esperienza dei mortali dalla nascita alla morte, ma il Padre Celeste non ebbe assolutamente nulla a che fare con la provocazione della barbara condotta di questi esseri umani presunti civilizzati che torturarono così brutalmente il Maestro e riversarono così orribilmente successive offese sulla sua persona che non opponeva resistenza. Queste esperienze disumane e scioccanti che Gesù fu chiamato a subire nelle ultime ore della sua vita di mortale non facevano parte in alcun senso della volontà divina del Padre, che la sua natura umana si era così trionfalmente impegnata a compiere al momento del rendiconto finale dell’uomo a Dio, come espresso nella triplice preghiera che egli formulò nel giardino mentre i suoi apostoli stanchi dormivano il sonno della spossatezza fisica.

Il Padre che è nei cieli desiderava che il Figlio di conferimento terminasse il suo percorso terreno in modo naturale, proprio come tutti i mortali devono terminare la loro vita sulla terra e nella carne. Gli uomini e le donne ordinari non possono aspettarsi che le loro ultime ore sulla terra ed il susseguente episodio della morte siano facilitati da una dispensa speciale. Di conseguenza Gesù scelse di abbandonare la sua vita nella carne nella maniera conforme al corso degli eventi naturali, e rifiutò fermamente di svincolarsi dalle grinfie crudeli di una perfida cospirazione di avvenimenti disumani che lo portavano con orribile certezza verso la sua incredibile umiliazione e la sua morte ignominiosa. Ed ogni elemento di tutta questa incredibile manifestazione di odio e di questa dimostrazione senza precedenti di crudeltà fu opera di uomini cattivi e di mortali malvagi. Dio nei cieli non ha voluto questo, né è stato ordinato dai nemici accaniti di Gesù, sebbene essi avessero fatto molto per assicurarsi che dei mortali ottusi e malvagi respingessero così il Figlio conferitosi. Anche il padre del peccato distolse il suo sguardo dallo straziante orrore della scena della crocifissione.

9. Giuda in città

Dopo che Giuda lasciò così bruscamente la tavola mentre partecipava all’Ultima Cena, andò direttamente a casa di suo cugino e poi i due andarono di filato dal capitano delle guardie del tempio. Giuda chiese al capitano di riunire le guardie e lo informò che era pronto a condurli da Gesù. Essendo Giuda apparso sulla scena un po’ prima di quanto fosse atteso, ci fu qualche ritardo per essere pronti a partire per la casa di Marco, dove Giuda si aspettava di trovare Gesù ancora in riunione con gli apostoli. Il Maestro e gli undici lasciarono la casa di Elia Marco esattamente quindici minuti prima dell’arrivo del traditore e delle guardie. Al momento in cui il plotone raggiunse la casa di Marco, Gesù e gli undici erano ben fuori delle mura della città ed in cammino verso il campo dell’Oliveto.

Giuda fu molto turbato per non aver trovato Gesù a casa di Marco ed in compagnia degli undici uomini, soltanto due dei quali erano armati per resistere. Gli era capitato di sapere che, nel pomeriggio in cui avevano lasciato il campo, solo Simon Pietro e Simone Zelota si erano cinti di spada. Giuda aveva sperato di prendere Gesù quando la città era tranquilla e quando c’erano poche possibilità di resistenza. Il traditore temeva che, se li aspettava al loro ritorno al campo, avrebbe dovuto affrontare più di sessanta discepoli devoti, e sapeva anche che Simone Zelota disponeva di un’ampia scorta di armi. Giuda stava diventando sempre più nervoso pensando a quanto gli undici apostoli leali l’avrebbero detestato, e temeva che avrebbero cercato tutti di ucciderlo. Egli non solo era sleale, ma in cuor suo era anche un vero codardo.

Quando non trovarono Gesù nella sala al piano superiore, Giuda chiese al capitano delle guardie di ritornare al tempio. A quest’ora i dirigenti avevano cominciato a riunirsi a casa del sommo sacerdote per prepararsi a ricevere Gesù, visto che il loro accordo con il traditore comportava l’arresto di Gesù entro la mezzanotte di quel giorno. Giuda spiegò ai suoi collaboratori che essi avevano mancato Gesù alla casa di Marco, e che sarebbe stato necessario andare a Getsemani per arrestarlo. Il traditore proseguì precisando che più di sessanta discepoli devoti erano accampati con lui e che erano tutti bene armati. I capi degli Ebrei ricordarono a Giuda che Gesù aveva sempre predicato la non resistenza, ma Giuda replicò che non si poteva contare che tutti i discepoli di Gesù obbedissero a tale insegnamento. Egli temeva realmente per se stesso e perciò osò chiedere una compagnia di quaranta soldati armati. Poiché le autorità ebraiche non avevano una tale forza di uomini armati sotto la loro giurisdizione, andarono subito alla fortezza di Antonia e chiesero al comandante romano di fornire loro questa guardia; ma quando sentì che intendevano arrestare Gesù, egli rifiutò immediatamente di acconsentire alla loro richiesta e li mandò dal suo ufficiale superiore. In tal modo fu persa più di un’ora per andare da un’autorità all’altra, fino a che essi furono infine costretti ad andare da Pilato stesso per ottenere l’autorizzazione ad impiegare le guardie armate romane. Era tardi quando arrivarono a casa di Pilato, ed egli si era ritirato con sua moglie nelle proprie stanze private. Egli esitò ad immischiarsi minimamente in questa faccenda, tanto più perché sua moglie gli aveva chiesto di non aderire alla richiesta. Ma poiché era presente il presidente del Sinedrio ebreo per chiedere personalmente questa assistenza, il governatore ritenne saggio aderire alla petizione, pensando di poter rettificare successivamente qualsiasi cattiva azione che essi avessero intenzione di commettere.

Di conseguenza, quando Giuda Iscariota partì dal tempio, verso le undici e mezzo, era accompagnato da più di sessanta persone - guardie del tempio, soldati romani e servi curiosi dei capi dei sacerdoti e dei dirigenti.

10. L’arresto del Maestro

Mentre questa compagnia di soldati e di guardie armate, portando torce e lanterne, si avvicinava al giardino, Giuda camminava molto avanti al gruppo per essere pronto ad identificare rapidamente Gesù in modo che gli incaricati di arrestarlo potessero facilmente mettere le mani su di lui prima che i suoi collaboratori avessero il tempo di radunarsi in sua difesa. E c’era anche un’altra ragione perché Giuda scelse di precedere gli avversari del Maestro: egli pensava che sarebbe sembrato che fosse arrivato sulla scena prima dei soldati, cosicché gli apostoli e gli altri riuniti attorno a Gesù potevano non collegarlo direttamente con le guardie armate che lo seguivano così da vicino. Giuda aveva anche pensato di presentarsi come se si fosse affrettato ad avvertirli della venuta delle guardie per arrestarlo, ma questo piano fu frustrato dal modo sdegnoso di Gesù di salutare il traditore. Anche se il Maestro parlò a Giuda amabilmente, lo salutò come un traditore.

Appena Pietro, Giacomo e Giovanni, con una trentina di loro compagni campeggiatori, videro il gruppo armato munito di torce che superava la cima della collina, capirono che questi soldati stavano venendo ad arrestare Gesù, e scesero tutti precipitosamente verso il frantoio dove il Maestro stava seduto da solo al chiaro di luna. Mentre la compagnia di soldati si avvicinava da un lato, i tre apostoli e i loro collaboratori si avvicinavano dall’altro. Quando Giuda si fece avanti per avvicinarsi al Maestro, i due gruppi si fermarono, immobili, con il Maestro tra di loro, e Giuda che si preparava ad imprimere il bacio traditore sulla sua fronte.

Il traditore aveva sperato, dopo aver condotto le guardie a Getsemani, di poter semplicemente indicare Gesù ai soldati o tutt’al più di mantenere la promessa di salutarlo con un bacio e poi ritirarsi velocemente dalla scena. Giuda temeva grandemente che gli apostoli fossero tutti presenti e concentrassero il loro attacco su di lui per punirlo d’aver osato tradire il loro amato maestro. Ma quando il Maestro l’accolse come un traditore, egli fu talmente confuso che non fece alcun tentativo di fuggire.

Gesù fece un ultimo sforzo per evitare a Giuda di tradirlo effettivamente; prima che il traditore lo raggiungesse, fece qualche passo di lato, e rivolgendosi al primo soldato sulla sinistra, il capitano dei Romani, disse: “Chi cerchi?” Il capitano rispose: “Gesù di Nazaret.” Allora Gesù si pose immediatamente davanti all’ufficiale e, stando là nella serena maestà del Dio di tutta questa creazione, disse: “Sono io.” Molti di questo gruppo armato avevano sentito Gesù insegnare nel tempio, altri avevano inteso parlare delle sue potenti opere, e quando lo sentirono annunciare così coraggiosamente la sua identità, quelli delle prime file indietreggiarono subito. Essi furono sopraffatti dalla sorpresa di fronte al suo calmo e maestoso annuncio della sua identità. Non c’era, dunque, alcun bisogno che Giuda proseguisse nel suo piano di tradimento. Il Maestro si era coraggiosamente rivelato ai suoi nemici, ed essi avrebbero potuto prenderlo senza l’assistenza di Giuda. Ma il traditore doveva fare qualcosa per giustificare la sua presenza con questa truppa armata, ed inoltre voleva dare una dimostrazione di compiere la sua parte dell’accordo di tradimento fatto con i capi degli Ebrei, al fine di meritare le grosse ricompense e i grandi onori di cui sperava essere colmato a compenso della sua promessa di consegnare Gesù nelle loro mani.

Mentre le guardie si riprendevano dalla loro iniziale esitazione alla vista di Gesù e al suono della sua voce straordinaria, e mentre gli apostoli e i discepoli si avvicinavano, Giuda avanzò verso Gesù e, dandogli un bacio sulla sua fronte, disse: “Salve, Signore e Maestro.” E quando Giuda abbracciò in questo modo il suo Maestro, Gesù disse: “Amico, non ti basta fare questo! Vuoi anche tradire il Figlio dell’Uomo con un bacio?”

Gli apostoli e i discepoli erano letteralmente sbalorditi da ciò che vedevano. Per un istante nessuno si mosse. Poi Gesù, liberandosi dall’abbraccio traditore di Giuda, avanzò verso le guardie e i soldati e chiese di nuovo: “Chi cercate?” E di nuovo il capitano disse: “Gesù di Nazaret.” E di nuovo Gesù rispose: “Ti ho detto che sono io. Se dunque cerchi me, lascia che questi altri vadano per la loro strada. Io sono pronto a seguirti.”

Gesù era pronto a ritornare a Gerusalemme con le guardie, e il capitano dei soldati era pienamente disposto a permettere ai tre apostoli e ai loro collaboratori di andare in pace per la loro strada. Ma prima che essi avessero potuto ripartire, mentre Gesù stava là aspettando gli ordini del capitano, un certo Malchus, la guardia del corpo siriana del sommo sacerdote, avanzò verso Gesù e si preparò a legargli le mani dietro la schiena, benché il capitano romano non avesse ordinato che Gesù fosse legato in tal modo. Quando Pietro e i suoi collaboratori videro il loro Maestro sottoposto a questo affronto, non riuscirono più a trattenersi. Pietro trasse la sua spada e si precipitò avanti con gli altri per colpire Malchus. Ma prima che i soldati potessero accorrere in difesa del servo del sommo sacerdote, Gesù alzò una mano verso Pietro in un gesto d’interdizione, e parlandogli aspramente disse: “Pietro, rinfodera la tua spada. Coloro che prendono la spada moriranno di spada. Non comprendi che è volontà del Padre che io beva questa coppa? Non sai nemmeno che anche ora potrei comandare più di dodici legioni di angeli e di loro collaboratori, che mi libererebbero dalle mani di questi pochi uomini?”

Benché Gesù avesse posto fine così a questa dimostrazione di resistenza fisica da parte dei suoi discepoli, ciò fu sufficiente per suscitare la paura del capitano delle guardie che ora, con l’aiuto dei suoi soldati, mise le sue forti mani su Gesù e lo legò rapidamente. E mentre essi gli legavano le mani con delle robuste corde, Gesù disse loro: “Perché uscite contro di me con spade e con bastoni come se doveste prendere un ladro? Sono stato tutti i giorni con voi nel tempio, insegnando pubblicamente al popolo e non avete fatto alcun tentativo di prendermi.”

Quando Gesù fu legato, il capitano, temendo che i discepoli del Maestro tentassero di liberarlo, diede ordine che fossero arrestati; ma i soldati non furono abbastanza rapidi perché, avendo sentito gli ordini del capitano di arrestarli, i discepoli di Gesù fuggirono in fretta nella forra. Per tutto questo tempo Giovanni Marco era rimasto rinchiuso nella vicina baracca. Quando le guardie ripartirono per Gerusalemme con Gesù, Giovanni Marco tentò di uscire furtivamente dalla baracca per raggiungere gli apostoli e i discepoli che stavano fuggendo; ma proprio mentre usciva, uno degli ultimi soldati che tornavano dall’aver inseguito i discepoli in fuga stava passando vicino, e vedendo questo giovane nella sua tunica di lino, gli diede la caccia, riuscendo quasi a prenderlo. In effetti, il soldato arrivò abbastanza vicino a Giovanni da afferrare la sua tunica, ma il giovane si liberò della veste, fuggendo nudo mentre il soldato teneva la tunica vuota. Giovanni Marco si recò in tutta fretta da Davide Zebedeo sulla pista superiore. Quando ebbe raccontato a Davide ciò che era successo, ritornarono entrambi velocemente alle tende degli apostoli che dormivano ed informarono tutti gli otto del tradimento e dell’arresto del Maestro.

Nel momento in cui gli otto apostoli stavano per essere svegliati, quelli che erano fuggiti nella forra stavano tornando, e si radunarono tutti vicino al frantoio per discutere su che cosa si dovesse fare. Nel frattempo Simon Pietro e Giovanni Zebedeo, che si erano nascosti tra gli olivi, erano già partiti per seguire il gruppo di soldati, guardie e servi che stavano ora conducendo Gesù a Gerusalemme come avrebbero condotto un criminale inveterato. Giovanni seguiva la marmaglia da vicino, e Pietro seguiva più lontano. Dopo che Giovanni Marco era fuggito dalle grinfie del soldato, si era coperto con un mantello che aveva trovato nella tenda di Simon Pietro e di Giovanni Zebedeo. Egli sospettava che le guardie stessero andando a portare Gesù a casa di Anna, il sommo sacerdote emerito; così egli fece un lungo giro attraverso gli oliveti ed arrivò là prima del gruppo, nascondendosi vicino alla porta d’entrata del palazzo del sommo sacerdote.

11. La discussione presso il frantoio

Giacomo Zebedeo si trovò separato da Simon Pietro e da suo fratello Giovanni, cosicché si unì ora agli altri apostoli e ai loro compagni campeggiatori presso il frantoio per decidere che cosa si dovesse fare riguardo all’arresto del Maestro.

Andrea era stato sciolto da ogni responsabilità nella direzione del gruppo dei suoi compagni apostoli; di conseguenza, nella più grande di tutte le crisi della loro vita, egli rimase in silenzio. Dopo una breve discussione informale, Simone Zelota salì su un muretto di pietra del frantoio e, facendo un’appassionata perorazione a favore della fedeltà al Maestro e alla causa del regno, esortò i suoi compagni apostoli e gli altri discepoli a correre dietro alla marmaglia per liberare Gesù. La maggior parte del gruppo sarebbe stata disposta a seguire la sua condotta aggressiva se non fosse stato per il parere di Natanaele, il quale si alzò quando Simone ebbe finito di parlare e richiamò la loro attenzione sui ripetuti insegnamenti di Gesù circa la non resistenza. Egli ricordò loro inoltre che quella stessa notte Gesù aveva ordinato loro di preservare la loro vita per i tempi in cui fossero andati nel mondo a proclamare la buona novella del Vangelo del Regno celeste. E Natanaele fu incoraggiato in questo atteggiamento da Giacomo Zebedeo, il quale raccontò ora come Pietro ed altri avevano sfoderato le loro spade per impedire l’arresto del Maestro, e come Gesù invitò Simon Pietro ed i suoi compagni armati a rinfoderare le loro lame. Anche Matteo e Filippo parlarono, ma niente di preciso uscì da questa discussione fino a che Tommaso, richiamando la loro attenzione sul fatto che Gesù aveva consigliato a Lazzaro di non esporsi alla morte, fece notare che essi non potevano fare niente per salvare il loro Maestro, poiché egli aveva rifiutato di consentire ai suoi amici di difenderlo e poiché persisteva nell’astenersi dall’usare i suoi poteri divini per contrastare i suoi nemici umani. Tommaso li persuase a disperdersi, ciascuno per conto proprio, con l’intesa che Davide Zebedeo restasse al campo per mantenere un punto di riferimento ed un quartier generale di messaggeri per il gruppo. Verso le due e mezzo di quel mattino il campo veniva abbandonato; solo Davide restava a disposizione con tre o quattro messaggeri, avendo spedito gli altri a raccogliere informazioni sul luogo in cui era stato portato Gesù e su che cosa stessero facendo di lui.

Cinque degli apostoli, Natanaele, Matteo, Filippo e i gemelli, andarono a nascondersi a Betfage e a Betania. Tommaso, Andrea, Giacomo e Simone Zelota si nascosero in città. Simon Pietro e Giovanni Zebedeo proseguirono verso la casa di Anna.

Poco dopo l’alba, Simon Pietro, una mesta immagine di profonda disperazione, ritornò al campo di Getsemani. Davide lo fece accompagnare da un messaggero perché raggiungesse suo fratello Andrea, che era a casa di Nicodemo a Gerusalemme.

Sino alla fine estrema della crocifissione, Giovanni Zebedeo rimase sempre vicino, come Gesù gli aveva ordinato, e fu lui che fornì ora per ora ai messaggeri di Davide le informazioni che essi portavano a Davide al campo del giardino, e che erano poi ritrasmesse agli apostoli nascosti e alla famiglia di Gesù.

Certo, il pastore è percosso e le pecore sono disperse! Mentre essi realizzano vagamente che Gesù li ha preavvertiti di questa stessa situazione, sono troppo duramente colpiti dall’improvvisa scomparsa del Maestro per essere capaci di utilizzare normalmente la loro mente.

Fu appena dopo l’alba e poco dopo che Pietro era stato mandato a raggiungere suo fratello, che Giuda, il fratello carnale di Gesù, arrivò al campo quasi senza fiato e in anticipo sul resto della famiglia di Gesù, per sapere solo che il Maestro era già stato posto in stato d’arresto; ed egli si affrettò a ridiscendere la strada di Gerico per portare questa informazione a sua madre e ai suoi fratelli e sorelle. Davide Zebedeo mandò a dire alla famiglia di Gesù, tramite Giuda, di riunirsi a casa di Marta e Maria a Betania e di aspettare là le notizie che i suoi messaggeri avrebbero regolarmente portato loro.

Questa era la situazione durante la seconda metà della notte di giovedì e le prime ore del mattino di venerdì riguardo agli apostoli, ai principali discepoli e alla famiglia terrena di Gesù. E tutti questi gruppi e questi individui rimanevano in contatto tra di loro tramite il servizio di messaggeri che Davide Zebedeo continuava a far funzionare dal suo quartier generale al campo di Getsemani.

12. Al palazzo del sommo sacerdote

Prima di partire dal giardino con Gesù, si accese una disputa tra il capitano ebreo delle guardie del tempio e il capitano romano della compagnia di soldati su dove dovessero portare Gesù. Il capitano delle guardie del tempio diede ordine che fosse portato da Caifa, il sommo sacerdote in carica. Il capitano dei soldati romani ordinò che Gesù fosse condotto al palazzo di Anna, il precedente sommo sacerdote e suocero di Caifa. Ed egli fece questo perché i Romani avevano l’abitudine di trattare direttamente con Anna tutte le questioni concernenti l’applicazione delle leggi ecclesiastiche ebraiche. E gli ordini del capitano romano furono eseguiti; essi portarono Gesù a casa di Anna per un interrogatorio preliminare.

Giuda camminava vicino ai capitani, udendo tutto ciò che veniva detto, ma senza prendere parte alla disputa, perché sia il capitano ebreo che l’ufficiale romano non volevano nemmeno parlare al traditore - talmente essi lo disprezzavano.

In questo momento Giovanni Zebedeo, ricordandosi le istruzioni del suo Maestro di restare sempre nelle vicinanze, si portò vicino a Gesù che camminava tra i due capitani. Il comandante delle guardie del tempio, vedendo Giovanni venirgli vicino, disse al suo assistente: “Prendi quest’uomo e legalo. È uno dei discepoli di costui.” Ma quando il capitano romano udì ciò e, voltatosi vide Giovanni, diede ordine che l’apostolo venisse vicino a lui e che nessuno lo molestasse. Poi il capitano romano disse al capitano ebreo: “Quest’uomo non è né un traditore né un codardo. Io l’ho visto nel giardino, ed egli non ha tirato fuori la spada per resisterci. Egli ha il coraggio di farsi avanti per stare con il suo Maestro e nessuno metterà le mani su di lui. La legge romana permette che ogni prigioniero possa avere almeno un amico che l’accompagni alla sbarra del tribunale, e non sarà impedito a quest’uomo di restare a fianco del suo Maestro, il prigioniero.” E quando Giuda udì ciò, ebbe tale vergogna ed umiliazione che si ritirò dietro al gruppo, arrivando al palazzo di Anna da solo.

Ciò spiega perché Giovanni Zebedeo poté restare vicino a Gesù per tutta la durata delle sue dure esperienze questa notte ed il giorno successivo. Gli Ebrei temevano di dire alcunché a Giovanni o di molestarlo in qualunque modo perché aveva un po’ lo status di un consigliere romano designato ad agire come osservatore delle operazioni del tribunale ecclesiastico ebreo. La posizione di privilegio di Giovanni fu tanto più sicura quando, consegnando Gesù al capitano delle guardie del tempio alla porta del palazzo di Anna, il capitano romano, rivolgendosi al suo assistente, disse: “Accompagna questo prigioniero e vedi che questi Ebrei non lo uccidano senza il consenso di Pilato. Bada che essi non lo assassinino e vedi che il suo amico, il Galileo, possa stargli vicino ed osservare tutto ciò che accade.” E così Giovanni fu in grado di essere vicino a Gesù fino al momento della sua morte sulla croce, mentre gli altri dieci apostoli furono costretti a rimanere nascosti. Giovanni era sotto la protezione romana e gli Ebrei non osarono molestarlo fino a dopo la morte del Maestro.

E per tutto il tragitto fino al palazzo di Anna, Gesù non aprì bocca. Dal momento del suo arresto fino alla sua apparizione davanti ad Anna, il Figlio dell’Uomo non disse una parola.

13. Davanti al tribunale del Sinedrio

DEGLI incaricati di Anna avevano ordinato segretamente al capitano dei soldati romani di condurre immediatamente Gesù al palazzo di Anna dopo il suo arresto. Il vecchio sommo sacerdote desiderava mantenere il suo prestigio come principale autorità ecclesiastica degli Ebrei. Egli aveva anche un altro scopo trattenendo Gesù a casa sua per alcune ore, ed era di consentire di convocare legalmente il tribunale del Sinedrio. Era illegale riunire il tribunale del Sinedrio prima dell’offerta del sacrificio mattutino nel tempio, e questo sacrificio era offerto verso le tre del mattino.

Anna sapeva che un tribunale di Sacerdoti del Sinedrio era in attesa nel palazzo di suo genero, Caifa. Una trentina di membri del Sinedrio si erano riuniti a casa del sommo sacerdote verso mezzanotte per essere pronti a giudicare Gesù quando fosse stato condotto davanti a loro. Erano stati convocati solo quei membri che erano fortemente ed apertamente contrari a Gesù e ai suoi insegnamenti, poiché ne bastavano soltanto ventitré per costituire una corte di giudizio.

Gesù passò circa tre ore al palazzo di Anna sul Monte Oliveto, non lontano dal giardino di Getsemani, dove fu arrestato. Giovanni Zebedeo era libero e sicuro nel palazzo di Anna, non solo a causa della parola del capitano romano, ma anche perché lui e suo fratello Giacomo erano ben conosciuti dai servitori più anziani, essendo stati molte volte ospiti a palazzo, in quanto il vecchio sommo sacerdote era un lontano parente della loro madre, Salomè.

14. L’interrogatorio da parte di Anna

Anna, arricchito dalle entrate del tempio, con suo genero sommo sacerdote in carica, e per le sue relazioni con le autorità romane, era veramente la personalità più potente di tutto il mondo ebraico. Egli era garbato e abile nei suoi piani e nei suoi intrighi. Egli desiderava prendere in mano la questione dell’eliminazione di Gesù; temeva di affidare una tale importante operazione interamente al suo rude ed aggressivo genero. Anna voleva essere certo che il giudizio del Maestro restasse nelle mani dei Sadducei; temeva la possibile simpatia di alcuni Farisei, perché praticamente tutti quei membri del Sinedrio che avevano sposato la causa di Gesù erano Farisei.

Anna non aveva visto Gesù da parecchi anni, dall’epoca in cui il Maestro venne a casa sua e andò via immediatamente notando la sua freddezza ed il riserbo nel riceverlo. Anna aveva pensato di fare assegnamento su questa vecchia conoscenza per tentare di persuadere Gesù ad abbandonare le sue pretese e a lasciare la Palestina. Egli era riluttante a partecipare all’uccisione di un uomo per bene ed aveva pensato che Gesù potesse scegliere di lasciare il paese piuttosto che subire la morte. Ma quando Anna si trovò davanti il forte e risoluto Galileo, si rese subito conto che sarebbe stato inutile fare tali proposte. Gesù era ancora più maestoso e padrone di sé di quanto Anna lo ricordasse.

Quando Gesù era giovane, Anna si era molto interessato a lui, ma ora le sue entrate erano minacciate da ciò che Gesù aveva recentemente fatto cacciando i cambiavalute e gli altri commercianti dal tempio. Questo atto aveva suscitato l’inimicizia del vecchio sommo sacerdote molto più di quanto avessero fatto gli insegnamenti di Gesù.

Anna entrò nella sua spaziosa sala delle udienze, si sedette su una grande poltrona e ordinò che Gesù fosse condotto davanti a lui. Dopo aver osservato il Maestro in silenzio per alcuni istanti, egli disse: “Tu comprendi che si deve fare qualcosa riguardo al tuo insegnamento, poiché stai turbando la pace e l’ordine del nostro paese.” Mentre Anna gettava uno sguardo indagatore su Gesù, il Maestro lo guardò dritto negli occhi ma non diede alcuna risposta. Anna riprese a dire: “Quali sono i nomi dei tuoi discepoli, oltre a Simone Zelota, l’agitatore?” Di nuovo Gesù lo guardò, ma non rispose.

Anna fu molto seccato dal rifiuto di Gesù di rispondere alle sue domande, al punto che gli disse: “Non ti preoccupa affatto che io sia o meno ben disposto verso di te? Non hai alcuna considerazione per il potere di cui dispongo per determinare l’esito del tuo prossimo giudizio?” Quando Gesù sentì ciò, disse: “Anna, tu sai che non potresti avere alcun potere su di me senza il permesso di mio Padre. Alcuni vorrebbero uccidere il Figlio dell’Uomo perché sono ignoranti; essi non conoscono niente di meglio, ma tu, amico, sai ciò che stai facendo. Come puoi, dunque, respingere la luce di Dio?”

L’amabile maniera con cui Gesù parlò ad Anna quasi lo sconcertò. Ma egli aveva già deciso nella sua mente che Gesù dovesse lasciare la Palestina o morire; così fece appello al suo coraggio e chiese: “Che cos’è esattamente che stai tentando d’insegnare al popolo? Che cosa pretendi di essere?” Gesù rispose: “Tu sai molto bene che ho parlato apertamente al mondo. Ho insegnato nelle sinagoghe e molte volte nel tempio, dove tutti gli Ebrei e molti dei Gentili mi hanno ascoltato. Io non ho detto nulla in segreto; perché allora m’interroghi sul mio insegnamento? Perché non convochi coloro che mi hanno ascoltato e non chiedi a loro? Ecco, tutta Gerusalemme ha ascoltato ciò che ho detto, anche se non hai ascoltato tu stesso questi insegnamenti.” Ma prima che Anna avesse potuto rispondere, il capo degli intendenti del palazzo, che si trovava vicino, colpì Gesù in viso con la mano dicendo: “Come osi rispondere in questo modo al sommo sacerdote?” Anna non fece alcun rimprovero al suo intendente, ma Gesù si rivolse a lui dicendo: “Amico mio, se ho parlato male, testimonia contro il male; ma se ho detto la verità, perché allora mi colpisci?”

Benché Anna fosse dispiaciuto che il suo intendente avesse colpito Gesù, era troppo orgoglioso per dare peso alla cosa. Nella sua confusione egli andò in un’altra stanza, lasciando Gesù da solo con i servi della casa e le guardie del tempio per quasi un’ora. Quando ritornò, avvicinatosi al Maestro, egli disse: “Tu pretendi di essere il Messia, il liberatore d’Israele?” Gesù disse: “Anna, mi hai conosciuto dai tempi della mia giovinezza. Tu sai che io non pretendo di essere nient’altro che ciò che mio Padre ha stabilito, e che sono stato mandato a tutti gli uomini, sia Gentili che Ebrei.” Allora Anna disse: “Mi è stato detto che hai preteso di essere il Messia; è vero?” Gesù guardò Anna, ma rispose soltanto: “Così tu hai detto.”

In quel momento arrivarono dal palazzo di Caifa dei messaggeri per sapere quando Gesù sarebbe stato condotto davanti al tribunale del Sinedrio, e poiché era quasi l’alba, Anna pensò fosse meglio mandare Gesù, legato e in custodia alle guardie del tempio, da Caifa. Egli stesso li seguì poco dopo.

15. Pietro nel cortile

Mentre il gruppo di guardie e di soldati si avvicinava all’entrata del palazzo di Anna, Giovanni Zebedeo camminava a fianco del capitano dei soldati romani. Giuda era rimasto dietro ad una certa distanza, e Simon Pietro seguiva da lontano. Dopo che Giovanni fu entrato nel cortile del palazzo con Gesù e le guardie, Giuda arrivò al portone ma, vedendo Gesù e Giovanni, proseguì verso la casa di Caifa, dove sapeva che avrebbe avuto luogo più tardi il vero giudizio del Maestro. Subito dopo che Giuda se ne fu andato, arrivò Simon Pietro, e mentre stava davanti al portone, Giovanni lo vide proprio nel momento in cui stavano per condurre Gesù dentro il palazzo. La portinaia che aprì il portone conosceva Giovanni, e quando si rivolse a lei, chiedendole di far entrare Pietro, essa acconsentì di buon grado.

Entrato nel cortile, Pietro si diresse verso il fuoco di carbone di legna e cercò di riscaldarsi, perché la notte era fredda. Egli si sentiva molto fuori posto qui tra gli avversari di Gesù, ed in verità non era al suo posto. Il Maestro non gli aveva ordinato di restare nelle vicinanze come aveva chiesto a Giovanni. Pietro faceva parte degli altri apostoli, che erano stati espressamente avvertiti di non mettere in pericolo la loro vita durante questi momenti del giudizio e della crocifissione del loro Maestro.

Pietro si era sbarazzato della sua spada poco prima di arrivare al portone del palazzo, cosicché entrò nel cortile di Anna disarmato. La sua mente era in un turbine di confusione; egli non riusciva a concepire che Gesù fosse stato arrestato. Non arrivava a cogliere la realtà della situazione - che egli era qui, nel cortile di Anna, a scaldarsi accanto ai servi del sommo sacerdote. Egli si chiedeva che cosa stessero facendo gli altri apostoli, e rimuginando nella sua mente come Giovanni avesse potuto essere ammesso a palazzo, concluse che era perché era conosciuto dai servi, poiché aveva chiesto alla portinaia di lasciarlo entrare.

Poco dopo che la portinaia ebbe consentito a Pietro di entrare, e mentre egli si stava scaldando vicino al fuoco, essa si avvicinò a lui e disse maliziosamente: “Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?” Ora Pietro non avrebbe dovuto essere sorpreso da questo riconoscimento, perché era stato Giovanni che aveva chiesto alla donna di lasciarlo passare per il portone del palazzo; ma egli era in un tale stato di tensione nervosa che questa identificazione come discepolo gli fece perdere il suo controllo, e con un solo pensiero dominante nella sua mente - quello di uscire vivo - rispose prontamente alla domanda della serva dicendo: “Non lo sono.”

Subito dopo un’altra serva si avvicinò a Pietro e gli chiese: “Non ti ho visto nel giardino quando hanno arrestato quest’uomo? Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?” Pietro era ora completamente spaventato; egli non vedeva alcun modo per fuggire sano e salvo da questi accusatori; così negò con veemenza ogni connessione con Gesù, dicendo: “Non conosco quest’uomo, né sono uno dei suoi discepoli.”

In questo momento la portinaia trasse Pietro da parte e disse: “Io sono sicura che tu sei un discepolo di questo Gesù, non solo perché uno dei suoi seguaci mi ha chiesto di lasciarti entrare nel cortile, ma anche perché mia sorella qui ti ha visto nel tempio con quest’uomo. Perché neghi ciò?” Quando Pietro sentì la serva accusarlo, negò di conoscere Gesù con molte imprecazioni e giuramenti, dicendo nuovamente: “Io non sono un discepolo di quest’uomo; non lo conosco nemmeno; non ho mai sentito parlare di lui prima.”

Pietro si allontanò dal fuoco per qualche istante e camminò nel cortile. Egli avrebbe desiderato fuggire, ma temeva di attirare l’attenzione su di lui. Avendo freddo, ritornò presso il fuoco, ed uno degli uomini che si trovavano vicino a lui disse: “Certamente tu sei uno dei discepoli di quest’uomo. Questo Gesù è un Galileo e il tuo modo di parlare ti tradisce, perché anche tu parli come un Galileo.” E di nuovo Pietro negò ogni connessione con il suo Maestro.

Pietro era talmente agitato che cercò di evitare il contatto con i suoi accusatori allontanandosi dal fuoco e mettendosi per conto suo sotto il portico. Dopo più di un’ora di questo isolamento, la portinaia e sua sorella lo incontrarono per caso ed entrambe lo accusarono di nuovo in modo molesto di essere un discepolo di Gesù. E di nuovo egli negò l’accusa. Proprio quando egli ebbe negato ancora una volta ogni connessione con Gesù, il gallo cantò, e Pietro ricordò le parole di avvertimento dettegli dal suo Maestro in precedenza quella stessa notte. Mentre egli stava là, con il cuore greve ed oppresso dal senso di colpa, le porte del palazzo si aprirono ed uscirono le guardie per condurre Gesù da Caifa. Mentre il Maestro passava vicino a Pietro, vide, alla luce delle torce, l’espressione di disperazione sul viso del suo vecchio apostolo sicuro di sé e superficialmente coraggioso, e si voltò a guardare Pietro. Pietro non dimenticò mai quello sguardo finché visse. Era un tale sguardo misto di pietà e d’amore quale un uomo mortale non aveva mai visto sul viso del Maestro.

Dopo che Gesù e le guardie ebbero oltrepassato le porte del palazzo, Pietro li seguì, ma solo per un breve tratto. Non riuscì ad andare oltre. Egli si sedette sul lato della strada e pianse amaramente. E dopo aver versato queste lacrime di angoscia, riprese il cammino verso il campo, sperando di trovarvi suo fratello Andrea. Arrivato al campo, egli trovò solo Davide Zebedeo, il quale mandò un messaggero a guidarlo fino al luogo in cui suo fratello era andato a nascondersi a Gerusalemme.

L’intera esperienza di Pietro ebbe luogo nel cortile del palazzo di Anna sul Monte Oliveto. Egli non seguì Gesù al palazzo del sommo sacerdote Caifa. Il fatto che Pietro sia stato indotto a rendersi conto di aver ripetutamente rinnegato il suo Maestro dal canto di un gallo indica che tutto ciò accadde fuori di Gerusalemme, poiché era contro la legge tenere del pollame all’interno della città vera e propria.

Finché il canto del gallo non ebbe riportato Pietro al suo buon senso, egli aveva soltanto pensato, mentre camminava su e giù sotto il portico per riscaldarsi, a come aveva abilmente eluso le accuse dei servi e al modo in cui aveva frustrato il loro proposito d’identificarlo con Gesù. Per il momento egli aveva soltanto considerato che questi servi non avevano alcun diritto morale o legale d’interrogarlo in quel modo, e si congratulò realmente con se stesso per il modo in cui credeva di avere evitato di essere identificato e forse arrestato ed imprigionato. Fino al canto del gallo Pietro non si rese conto di aver rinnegato il suo Maestro. Fino a che Gesù non lo guardò, egli non realizzò di non aver tenuto fede ai suoi privilegi di ambasciatore del regno.

Dopo aver fatto il primo passo sul sentiero del compromesso e della minima resistenza, Pietro non vide altra soluzione che proseguire la linea di condotta che aveva adottato. Ci vuole un grande e nobile carattere, dopo aver cominciato male, per tornare indietro e prendere la via giusta. Troppo spesso la nostra mente tende a giustificare la prosecuzione sulla via dell’errore una volta che vi è entrata.

Pietro non credette mai totalmente che sarebbe stato perdonato fino a che non incontrò il suo Maestro dopo la risurrezione e vide che era accolto esattamente come prima delle esperienze di questa tragica notte dei dinieghi.

16. Davanti al tribunale del Sinedrio

Erano circa le tre e mezzo di questo venerdì mattina quando il sommo sacerdote Caifa riunì il tribunale d’inchiesta del Sinedrio per chiedere che Gesù fosse condotto davanti a loro per il suo giudizio formale. In tre precedenti occasioni il Sinedrio, a larga maggioranza di voti, aveva decretato la morte di Gesù; aveva deciso che era meritevole di morte sotto l’imputazione ufficiosa di violazione della legge, di bestemmia e di disprezzo delle tradizioni dei padri d’Israele.

Questa non era una riunione del Sinedrio convocata regolarmente e non fu tenuta nel luogo abituale, la sala di pietra tagliata nel tempio. Questa era una corte di giudizio speciale composta da una trentina di Sacerdoti del Sinedrio e fu riunita nel palazzo del sommo sacerdote. Giovanni Zebedeo era presente con Gesù per tutto questo cosiddetto giudizio.

Quanto questi capi dei Sacerdoti, Scribi, Sadducei ed alcuni Farisei si compiacevano che Gesù, il disturbatore della loro posizione e lo sfidante della loro autorità, fosse ora al sicuro nelle loro mani! Ed essi erano decisi a non lasciarlo fuggire vivo dalle loro grinfie vendicative.

Ordinariamente gli Ebrei, quando giudicavano qualcuno su un’accusa capitale, procedevano con grande prudenza e fornivano ogni garanzia di equità nella scelta dei testimoni e nell’intera condotta del giudizio. Ma in questa occasione Caifa fu più un accusatore che un giudice imparziale.

Gesù comparve davanti a questo tribunale vestito delle sue vesti abituali e con le mani legate dietro la schiena. Tutta la corte rimase impressionata ed un po’ turbata dalla sua apparenza maestosa. Essi non avevano mai visto un simile prigioniero né erano stati testimoni di una tale compostezza in un uomo in giudizio per la sua vita.

La legge ebraica esigeva che almeno due testimoni fossero d’accordo su un punto qualunque prima che potesse essere portata un’accusa contro il prigioniero. Giuda non poteva essere usato come testimone contro Gesù perché la legge ebraica proibiva specificamente la testimonianza di un traditore. Più di una ventina di falsi testimoni furono pronti a testimoniare contro Gesù, ma la loro testimonianza fu così contraddittoria e così evidentemente inventata che gli stessi Sacerdoti del Sinedrio si vergognarono molto dell’accaduto. Gesù stava là, guardando benignamente questi spergiuri, e la sua stessa calma sconcertava i testimoni menzogneri. Durante tutte queste false testimonianze il Maestro non disse mai una parola; non replicò alcunché alle loro numerose false accuse.

La prima volta che due dei loro testimoni si avvicinarono ad una parvenza di concordanza fu quando due uomini testimoniarono di aver sentito Gesù dire, nel corso di uno dei suoi discorsi nel tempio, che egli avrebbe “distrutto questo tempio fatto da mani ed in tre giorni avrebbe costruito un altro tempio senza mani.” Questo non era esattamente ciò che aveva detto Gesù, indipendentemente dal fatto che egli si riferiva al suo stesso corpo quando fece il commento citato.

Benché il sommo sacerdote avesse gridato a Gesù: “Non rispondi ad alcuna di queste accuse?”, Gesù non aprì bocca. Egli stette là in silenzio mentre tutti questi falsi testimoni portavano la loro testimonianza. Odio, fanatismo ed esagerazione senza scrupoli caratterizzavano talmente le parole di questi spergiuri che le loro testimonianze cadevano nelle loro stesse reti. La confutazione migliore alle loro false accuse era la calma ed il maestoso silenzio del Maestro.

Poco dopo l’inizio della testimonianza dei falsi testimoni arrivò Anna e prese posto accanto a Caifa. Anna si alzò ora e sostenne che questa minaccia di Gesù di distruggere il tempio era sufficiente a garantire tre capi d’accusa contro di lui:

1. Che era un pericoloso diffamatore del popolo. Che insegnava loro delle cose impossibili e che li ingannava in altro modo.

2. Che era un fanatico rivoluzionario, nel senso che propugnava di usare la violenza contro il tempio sacro, altrimenti come avrebbe potuto distruggerlo?

3. Che insegnava la magia in quanto aveva promesso di costruire un nuovo tempio, e ciò senza mani.

Tutti i Sacerdoti del Sinedrio erano già d’accordo che Gesù era colpevole di trasgressioni delle legge ebraica che meritavano la morte, ma ora erano più preoccupati di sviluppare delle accuse riguardo alla sua condotta ed ai suoi insegnamenti che potessero giustificare Pilato a pronunciare la sentenza di morte nei confronti del loro prigioniero. Essi sapevano che dovevano ottenere il consenso del governatore romano prima che Gesù potesse essere messo legalmente a morte. Ed Anna era intenzionato a procedere secondo la linea di condotta tendente a far apparire Gesù come un insegnante troppo pericoloso per essere lasciato libero tra il popolo.

Ma Caifa non riuscì a sopportare più a lungo la vista del Maestro che stava là in perfetta compostezza e in continuo silenzio. Egli pensò di conoscere almeno un modo in cui il prigioniero poteva essere indotto a parlare. Di conseguenza si precipitò accanto a Gesù e, agitando il suo dito accusatore in faccia al Maestro, disse: “T’impongo, nel nome del Dio vivente, di dirci se tu sei il Liberatore, il Figlio di Dio.” Gesù rispose a Caifa: “Lo sono. Presto andrò dal Padre, e subito il Figlio dell’Uomo sarà rivestito del potere e regnerà di nuovo sulle schiere del cielo.”

Quando il sommo sacerdote udì Gesù pronunciare queste parole, si arrabbiò moltissimo, e stracciandosi le vesti esclamò: “Abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito tutti la bestemmia di quest’uomo. Che cosa pensate ora che si debba fare di questo violatore della legge e bestemmiatore?” Ed essi risposero tutti all’unisono: “È meritevole di morte; che sia crocefisso.”

Gesù non manifestò alcun interesse alle domande postegli davanti ad Anna o ai Sacerdoti del Sinedrio, salvo alla domanda relativa alla sua missione di conferimento. Quando gli fu chiesto se egli era il Figlio di Dio, rispose subito ed inequivocabilmente in modo affermativo.

Anna desiderava che il giudizio proseguisse ancora e che fossero formulate delle accuse di natura precisa riguardo ai rapporti di Gesù con la legge romana e le istituzioni romane, per essere presentate poi a Pilato. I consiglieri erano ansiosi di portare a termine rapidamente questa faccenda, non solo perché era il giorno di preparazione alla Pasqua e nessun lavoro profano doveva essere fatto dopo il mezzogiorno, ma anche perché essi temevano che in qualsiasi momento Pilato tornasse a Cesarea, capitale romana della Giudea, poiché era venuto a Gerusalemme solo per la celebrazione della Pasqua.

Ma Anna non riuscì a mantenere il controllo della corte. Dopo che Gesù ebbe risposto a Caifa in modo così inaspettato, il sommo sacerdote si fece avanti e lo colpì in viso con la mano. Anna fu veramente scioccato quando gli altri membri della corte, nell’uscire dalla sala, sputarono in faccia a Gesù, e molti di loro, schernendolo, lo colpirono con il palmo della loro mano. Così, nel disordine ed in una tale confusione senza precedenti, questa prima sessione del giudizio di Gesù da parte dei Sacerdoti del Sinedrio terminò alle quattro e mezzo.

Trenta falsi giudici prevenuti ed accecati dalla tradizione, assieme ai loro falsi testimoni, stavano osando giudicare il virtuoso Creatore di un Universo. E questi accusatori infiammati sono esasperati dal maestoso silenzio e dal magnifico portamento di questo Dio-uomo. Il suo silenzio è terribile da sopportare; le sue parole sono una sfida intrepida. Egli resta impassibile alle loro minacce ed imperterrito ai loro assalti. Gli uomini giudicano Dio, ma anche allora egli li ama e vorrebbe salvarli se potesse.

17. L’ora dell’umiliazione

La legge ebraica esigeva che, quando si doveva emettere una sentenza di morte, vi fossero due sessioni della corte. Questa seconda sessione si doveva tenere il giorno dopo la prima, e l’intervallo doveva essere passato dai membri della corte nel digiuno e nel cordoglio. Ma questi uomini non potevano aspettare il giorno successivo per confermare la loro decisione che Gesù doveva morire. Essi aspettarono soltanto un’ora. Nel frattempo Gesù fu lasciato nella sala delle udienze sotto la custodia delle guardie del tempio, le quali, con i servi del sommo sacerdote, si divertirono a riversare ogni sorta di offese sul Figlio dell’Uomo. Essi si burlarono di lui, sputarono su di lui e lo schiaffeggiarono crudelmente. Essi lo colpivano in viso con una verga e poi dicevano: “Profetizzaci, tu il Liberatore, chi è stato a colpirti.” Ed essi continuarono così per un’ora intera, insultando e maltrattando quest’uomo di Galilea che non opponeva resistenza.

Durante questa tragica ora di sofferenze e di scherni davanti alle guardie e ai servi ignoranti ed insensibili, Giovanni Zebedeo attendeva terrorizzato da solo in una sala adiacente. Quando cominciarono questi maltrattamenti, Gesù indicò a Giovanni con un cenno della testa che si ritirasse. Il Maestro sapeva bene che, se avesse permesso al suo apostolo di restare nella stanza ad assistere a questi oltraggi, Giovanni avrebbe provato un tale risentimento da provocare uno scoppio d’indignata protesta che avrebbe probabilmente portato alla sua morte.

Per tutta questa terribile ora Gesù non pronunciò una parola. Per quest’anima umana delicata e sensibile, unita in relazione di personalità con il Dio di tutto questo Universo, non vi fu parte più amara della sua coppa di umiliazione di questa terribile ora alla mercé di queste guardie e servi ignoranti e crudeli, che erano stati incitati a maltrattarlo dall’esempio dei membri di questo cosiddetto tribunale del Sinedrio.

Il cuore umano non può concepire il fremito d’indignazione che percorse il vasto Universo, mentre le intelligenze celesti assistevano a questo spettacolo del loro amato Sovrano che si sottometteva alla volontà delle sue creature ignoranti e fuorviate sulla sfortunata sfera della Terra offuscata dal peccato.

Che cos’è questo tratto dell’animalità nell’uomo che lo porta a desiderare d’insultare ed a godere nell’ assalire fisicamente ciò che non riesce o non vuole capire, ciò che non può raggiungere spiritualmente o compiere intellettualmente?

Nell’uomo semicivilizzato si cela ancora una brutalità perversa che cerca di sfogarsi su coloro che gli sono superiori in saggezza, in bontà e in completezza spirituale. Quale malvagia rudezza e brutale ferocia risiede ancora in questi uomini reputati civilizzati che traevano una certa forma di piacere animale da questa aggressione fisica al Figlio dell’Uomo che non opponeva resistenza. Mentre questi insulti, sarcasmi e percosse cadevano su Gesù, egli non si difendeva, ma non era senza difesa. Gesù non era vinto; semplicemente non lottava in senso materiale.

Ma questi sono i momenti delle più grandi vittorie del Maestro in tutta la sua lunga e movimentata missione di creatore, di sostenitore e di salvatore di un vasto ed esteso Universo.

Avendo vissuto nella sua pienezza una vita di rivelazione di Dio agli uomini, Gesù era ora impegnato a fare una nuova rivelazione senza precedenti dell’uomo a Dio. Gesù sta ora rivelando ai mondi il trionfo finale su tutte le paure dell’isolamento della personalità delle creature. Il Figlio dell’Uomo ha finalmente raggiunto la realizzazione della sua identità in quanto Figlio di Dio. Gesù non esita ad affermare che lui ed il Padre sono uno; e sulla base del fatto e della verità di questa esperienza suprema e celeste, egli esorta ogni credente al regno a divenire uno con lui, così come lui e suo Padre sono uno. L’esperienza vivente nella religione di Gesù diviene così la tecnica sicura e certa con cui i mortali sulla Terra spiritualmente isolati e cosmicamente soli possono sottrarsi all’isolamento della personalità, con tutte le sue implicazioni di paure e di sentimenti collaboratori d’impotenza. Nelle realtà fraterne del regno dei cieli i figli di Dio per fede trovano la liberazione definitiva dall’isolamento del sé, sia personale che planetario. Il credente che conosce Dio sperimenta sempre più l’estasi e la grandiosità della socializzazione spirituale su scala universale - la cittadinanza celeste associata alla realizzazione eterna del destino divino di raggiungimento della perfezione.

18. La seconda sessione della corte

Alle cinque e mezzo del mattino la corte si riunì nuovamente, e Gesù fu portato nella sala adiacente, dove stava aspettando Giovanni. Qui il soldato romano e le guardie del tempio sorvegliarono Gesù mentre la corte cominciava la formulazione delle accuse che dovevano essere presentate a Pilato. Anna chiarì ai suoi collaboratori che l’accusa di bestemmia non avrebbe avuto alcun peso su Pilato. Giuda era presente durante questa seconda riunione della corte, ma non fornì alcuna testimonianza.

Questa sessione della corte durò soltanto una mezz’ora, e quando l’aggiornarono per andare da Pilato, essi avevano redatto l’imputazione di Gesù come meritevole di morte sotto tre capi d’accusa:

1. Che era un pervertitore della nazione ebraica; ingannava il popolo e lo incitava alla ribellione.

2. Che insegnava al popolo a rifiutare di pagare il tributo a Cesare.

3. Che, pretendendo di essere un re e il fondatore di una nuova sorta di regno, incitava al tradimento contro l’imperatore.

Tutta questa procedura era irregolare e totalmente contraria alle leggi ebraiche. Non vi erano stati due testimoni d’accordo su un punto qualunque, salvo quelli che avevano testimoniato sull’affermazione di Gesù che avrebbe distrutto il tempio e lo avrebbe ricostruito in tre giorni. Ed anche su quel punto nessun testimone aveva parlato a favore della difesa e neppure era stato chiesto a Gesù di spiegare che cosa intendesse dire.

Il solo punto sul quale la corte avrebbe potuto giudicarlo coerentemente era quello di bestemmia, e ciò si sarebbe basato interamente sulla sua stessa testimonianza. Anche riguardo alla bestemmia, essi non avevano proceduto ad una votazione ufficiale sulla pena di morte.

Ed ora si permettevano di formulare tre accuse con cui presentarsi davanti a Pilato, sulle quali nessun testimone era stato ascoltato e sulle quali si erano accordati mentre il prigioniero accusato era assente. Quando ciò fu fatto, tre dei Farisei si ritirarono; essi volevano che Gesù fosse ucciso, ma non volevano formulare delle accuse contro di lui senza testimoni ed in sua assenza.

Gesù non comparve più davanti al tribunale dei Sacerdoti del Sinedrio. Essi non volevano rivedere il suo viso mentre sedevano per giudicare la sua vita innocente. Gesù non conobbe (come uomo) le loro accuse ufficiali fino a quando non le sentì recitare da Pilato.

Mentre Gesù era nella sala con Giovanni e le guardie, e mentre la corte era in seconda sessione, alcune delle donne vicine al palazzo del sommo sacerdote vennero con i loro amici a vedere lo strano prigioniero, ed una di loro gli chiese: “Sei tu il Messia, il Figlio di Dio?” E Gesù rispose: “Se te lo dico, tu non mi crederai; e se te lo chiedo, tu non risponderai.”

Alle sei di quel mattino Gesù fu portato via dalla casa di Caifa per comparire davanti a Pilato per la conferma della sentenza di morte che questa corte di Sacerdoti del Sinedrio aveva così ingiustamente ed irregolarmente decretato.